COMUNIONE DEI SANTI
SANTI Per comunione dei santi la Chiesa cattolica intende un'intima unione in Cristo tra i fedeli vivi e defunti, e una mutua comunicazione tra essi di beni spirituali. La Chiesa universale è costituita da tre grandi rami che si chiamano Chiesa "militante", "paziente" e "trionfante", in quanto che i suoi membri o si trovano ancora a lottare tra le battaglie della presente vita, o espiano in purgatorio l'ultimo debito dovuto alla divina giustizia, o finalmente godono in cielo il premio della loro vittoria. Così ripartita essa forma, più che una semplice società, un unico corpo mistico, di cui Cristo è il capo e i fedeli le varie membra. Tale unione è viva e reale, come l'unione in un organismo animato, quantunque in un ordine più sublime.
I meriti infiniti di Cristo stesso, quelli dei giusti che virtuosamente operarono e operano in unione con lui, le preghiere e tutte le buone azioni che si compiono in stato di grazia, formano il cosiddetto "tesoro della Chiesa": le opere virtuose, infatti, non solo giovano a coloro che le compiono, ma per l'unione esistente fra i membri della Chiesa, esercitano il loro influsso benefico anche in tutti gli altri. Cristo, capo del suo mistico corpo, distribuisce e applica i meriti di cui la Chiesa è depositaria, secondo la capacità e le disposizioni di ciascuno; l'individuo perciò non viene assorbito dal tutto, e il lavoro personale è indispensabile per rendersi atto a partecipare dei frutti delle buone opere.
Diverse sono le relazioni esistenti tra i fedeli, secondo la differenza dello stato in cui essi si trovano. I membri della Chiesa militante posseggono in comune il patrimonio di beni spirituali ereditato da Cristo e dai santi. Un fedele può sostituirsi a un altro per soddisfare il reato di pena temporale che a costui era dovuto, e cooperare con esso alla salute. Tuttavia solo chi è in stato di grazia potrà aver parte a questa comunicazione di beni spirituali, poiché solamente le membra vive partecipano all'influsso che emana da tutto l'organismo: dalla società dei fedeli i peccatori possono solo essere eccitati a conseguire la grazia perduta.
Tra i beati del cielo e i fedeli della terra vivissime si mantengono le relazioni, poiché mentre da una parte i fedeli venerano e invocano continuamente i santi, questi intercedono presso Dio in favore dei viventi. Non meno viva è la relazione tra la Chiesa paziente e la militante: questa, compatendo le pene in cui si trovano immerse tante anime sorelle, si sforza di alleviarle con i suffragi, quali la messa, le indulgenze, preghiere, elemosine e altre opere di pietà e penitenza. Le anime purganti da parte loro pregano per le militanti, come piamente si crede, e giunte al possesso della gloria, intercedono presso Dio per esse.
Anche fra la Chiesa trionfante e la paziente si mantiene stretta relazione: i beati non possono più direttamente soccorrere le anime purganti, ma le amano come sorelle, e offrono i meriti con cui essi arricchirono il tesoro della Chiesa, affinché le anime militanti, con le buone opere e le indulgenze, sappiano applicarli a quelle anime bisognose (Summa theol., II-III, p. 83, a. 11).
Il dogma della comunione dei santi si trova nel simbolo degli apostoli (v. credo), espresso con il termine communio sanctorum; ma questa espressione è un'aggiunta che verosimilmente non va oltre l'inizio del sec. V, e si ritrova per la prima volta nell'-xplanatio symboli, n. 10, di Niceta di Remesiana (cfr. Patr. lat., LII, col. 871) e poi anche nel trattato De Spiritu Sancto, I, c. 2, di Fausto di Riez, vissuto nello stesso secolo. La dottrina tuttavia si ricava chiaramente sia dai vangeli (Matteo, X, 40; XVIII, 17; XIX, 28 segg.; Luca, X, 16; Giovanni, XV, 5 segg.), sia da altri scritti del Nuovo Testamento (Rom., XII, 4-6; I Cor., XII, 25 segg.; Efes., I, 22-23; IV, 3-5, 11-16; Apoc., XXI, 10-27; ecc.). Accanto a numerosissimi testi epigrafici, la più remota letteratura cristiana testifica questa fede comune: cfr. Clem. Rom., I Cor., V, 1, 4, 5; XXXVIII,1; LII, 2; LV, 6; Erma, Pastore, vis. III, c. 4; Ignazio di Antiochia, Rom., III, 2; IV, 2; Fil., V, 1, ecc.; Didaché, I, 3; X, 5; Ep. di Barnaba, XXI, 7. Nel sec. IV questa dottrina ebbe per opera dei grandi Padri, quali Basilio, Gregorio Nazianzeno, Epifanio, Ilario, Ambrogio, Agostino, il suo pieno sviluppo, e così poté entrare, senza suscitare opposizioni, nello stesso simbolo di fede.
Bibl.: P. Bernard e R.S. Bour, Communion des Saints, nel Dictionn. de théologie catholique; H. Leclerq, Communion des Saints, nel Dictionn. d'archéol. chrét. et de liturgie; Natale Alessandro, Theologia dogmatica et moralis secundum ordinem cathechismi Tridentini, Parigi 1714, pp. 160-163; Moin, Sanctorum commun., nella Revue d'hist. et de littér. relig., IX (1904), pp. 209-236.