CONCERTO (Nel senso di composizione: fr. concerto; sp. concierto; ted. Konzert; ingl. concerto; nel senso di esecuzione: fr. e ingl. concert; sp. concierto; ted. Konzert)
La parola ha due significati, in origine non sempre nettamente distinguibili. Il primo indica riunione di esecutori (il concerto delle voci, degli strumenti, ecc.: in tedesco Besetzung) e vale tanto per la chiesa quanto per camera, sia o no presente un uditorio. Il secondo indica un tipo di architettura musicale formatosi lentamente nel Seicento, il residuo analitico del quale è un contrasto amebeo di sonorità che diventò, a poco a poco, anche contrasto d'espressione.
Vicende pratiche e stilistiche. - Ma incerti principî, comincia a definirsi, nella composizione, sin dai primi del Cinquecento (Francesco da Milano, Fantasia, per due liuti, e Scipione Bargaglia, pezzo in concerto a lui attribuito dal Burney e dal Fétis). Nella teoria ciò avviene dalla metà del secolo: il Sancta Maria, teorico spagnolo, nel 1565 (ma il privilegio di edizione è del 1556) parla di tañer (suonare) a concierto (in stile concertante). Un ricercare per due organi del Gabrieli (1587) ci dà un esempio di stile concertante per due strumenti.
La parola "concerto" è documentabile, in Italia, sin dal 1519. Si è discusso sulla sua etimologia: da cum-serere o da cum-certare? Ma "conserto" per "concerto" (in Agazzari, Del suonare sopra 'l Basso con tutti gli strumenti e dell'uso loro nel Conserto, Siena 1607) è idiotismo locale (v. Bottrigari, Il Desiderio, pag. 9). Che poi concerto (da cum-certare) significhi soltanto gareggiare insieme di voci o di strumenti, è interpretazione unilaterale che trascura i significati acquisiti, a mano a mano, di disporre insieme, giustapporre, conspirare, conversare, dialogare. Questa è l'accezione che meglio esprime quanto vi ha di tipico nell'architettura del concerto.
Il Bottrigari (p. 43) parla nel 1574 di "continovo conversare cantando e sonando insieme de' cantori e suonatori" come di cosa praticata "ventine" di anni prima (p. 49).
Studî recenti autorizzano a concludere che lo sviluppo storico del concerto è strettamente legato a quello del basso continuo, dalle origini più remote sino alla sua codificazione, definita dal Viadana (1596). Maturatasi la pratica del basso continuo, concerto e concertare significa (Viadana, Concerti ecclesiastici, 1602) separazione netta ed elaborata, cioè non lasciata all'arbitrio dell'improvvisazione tradizionale, tra parte vocale e parte strumentale accompagnante, in una stessa composizione. E Isaac Posch esplicitamente segue il Viadana (1623) pubblicando l'Harmonia concertans id est Cantiones Sacrae (quas Concertos Itali vocant).
Col Sancta Maria, invece, si aveva l'alternarsi di due coppie di parti (tenore e basso - contralto e soprano): la polifonia a quattro si riduceva, in tal modo, al concertare di due duetti: il dialogare è il primo indizio delle nuove tendenze individualistiche della musica. Ma già col contrappunto alla mente sul falso bordone, che ha origine intorno al 1500, queste tendenze individualistiche (e concertistiche) avevano cominciato a farsi luce. Esse si affermano decisamente, dopo il 1600, nella musica operistica e questa, a sua volta, trasmette i suoi andamenti parlanti e patetici alla musica strumentale. Più tardi, col concerto strumentale (concerto grosso) si delinea nettamente la contrapposizione di un gruppo numeroso (concerto grosso) di strumenti (l'orchestra, per intenderci) e di un altro assai ristretto (concertino). Nel concerto solista la funzione del concertino è assunta da un solo strumento, protagonista. L'alternarsi delle sonorità è naturalmente legato a un alternarsi di esposizioni (ed elaborazioni) tematiche e più tardi, specialmente nel concerto solista, ad un contrasto espressivo tra i motivi del primo complesso strumentale e quelli del secondo. L'estetica secentesca degli "effetti musicali" è diventata, nel Settecento, estetica degli effetti musicali e drammatici. Il giuoco di ombre e di luci, di angoli e di rientranze - tipico del barocco - si è risolto nel contrasto di due principî - tipico del romanticismo.
La sonorità piano e forte, a terrazze sovrapposte, si spiana nei profili obliqui del crescendo e del diminuendo o si trasforma nel contrasto di ethos tra maggiore e minore: chiaroscuro d'indole armonica e sentimentale, oltre che dinamica.
Il concerto grosso (v. oltre) offre un'architettura che è tipicamente italiana e rappresenta la sintesi di tendenze che, in varî campi, sono state, e sono, tipiche della musicalità italiana (v. oltre: Architettura del concerto solista). Limitandoci, per ora, all'illustrazione del contrasto di sonorità, possiamo osservare già nelle composizioni vocali veneziane del Cinquecento l'alternarsi di due cori uguali: con o senza accompagnamento di strumenti o d'organo. Lo stesso alternarsi di due o più corpi corici strumentali che si riscontra nelle Sinfonie sacre di G. Gabrieli (1597) non è che una applicazione all'orchestra del tipo veneziano di composizione a due organi (A. Padovano, G. Parabosco, A. Gabrieli, G. Gabrieli), pratica che potrebbe anche essere anteriore a quella dei due cori vocali. Naturalmente, vi sono tipi misti nei quali si alternano voci e strumenti (Quagliati) o cori e strumenti (Monteverdi, Orfeo, atto I, scena 1ª) o il Tutti dell'orchestra con un terzetto cantato, ballato e sonato (Balletto di E. de' Cavalieri, 1589). Quando i due cori diventano disuguali affermando il principio del contrasto di sonorità e quando dal madrigale l'effetto di esso si estende alla musica strumentale (Canzon in Echo di G. Gabrieli, 1597), siamo già sulla soglia dello stile concertante. Sotto questo angolo visuale dobbiamo anche considerare una Toccata del Frescobaldi (1628) nella quale la spinettina risponde al violino e il dialogo dei due strumenti è nettamente simmetrico.
Ma perché si arrivi al concerto, deve prima esaurirsi un nuovo periodo storico: quello della canzone strumentale a base fugata, nella quale i netti contrasti di massa e di sonorità non potevano formarsi. Si noti che dalla scuola veneziana la composizione a due cori passò alla romana (Musica sacra o anche Opera a soggetto sacro) e che Roma è forse la culla del concerto grosso, e, in ogni caso, la sede nella quale esso raggiunge il massimo splendore. Persino l'Oratorio romano offre l'abbondante letteratura dei Dialoghi; altro indizio di quella che è la tendenza estetica dominante.
Concerto grosso è un'espressione che serve, dapprima, a designare l'insieme degli strumenti d'accompagnamento (C. Malvezzi, Intermedii et Concerti, Venezia 1591 - ma eseguiti nel 1589 -) che si chiamarono anche Ripieni. Concertino significa dapprima una composizione a due strumenti concertanti senza accompagnamento di cembalo (ad. es., violino e violoncello nell'op. 4 del Torelli), poi lo strumento polifonico d'accompagnamento (ad es., l'arpicordo), infine, come si disse, un piccolo gruppo di solisti antifonici.
Tipi del concerto - Il concerto strumentale ci offre, in realtà, tre tipi diversi: la sinfonia da concerto (v. sinfonia), il concerto grosso, il concerto con assoli, o, impropriamente ma brevemente, concerto solista. In tal caso, la parola concerto è seguita dalla designazione dello strumento solista: concerto per violino, concerto per cembalo, concerto per oboe. Questo tipo di concerto si chiama poi doppio concerto, concerto triplo, quadruplo, secondo che gli strumenti che eseguiscono successivamente gli assoli sono due, tre o quattro. Ciò non impedisce, naturalmente, che essi suonino talvolta insieme, a modo di concertino.
Storicamente i tre tipi di concerto si succedono nell'ordine indicato, ma, come è naturale, i periodi storici relativi non si susseguono nettamente delimitati, ma sono intrecciati l'uno con l'altro. Si può parlare di tre periodi, in ciascuno dei quali uno di questi tipi predomina, mentre, in origine, abbiamo persino esempî di composizioni le quali, mentre offrono assoli, non hanno ancora il nome di concerto (v. oltre: concerto solista).
Concerto grosso. - La sinfonia viene esplicitamente distinta dal concerto - per la prima volta - nell'opera 5 di Giuseppe Torelli: Sei sinfonie a tre e sei concerti a quattro, Bologna 1692. La prima è in stile severo e legato, il secondo introduce elementi rapsodici. Ma il documento è assai tardivo rispetto alla pratica: G. B. Bononcini, difatti, si serve del nome concerto nei Concerti da camera a tre, due violini e violone con il basso continuo per il Cembalo, op. 2, Bologna 1685; dei quali non si conoscono esemplari, ma il solo titolo. Ma il Bononcini aveva allora tredici anni; egli non fece dunque, probabilmente, che seguire una pratica assai anteriore. E Vincenzo Albrici (nato nel 1650) ci offre una sonata la quale, nonostante il nome, è sostanzialmente un concerto grosso, col cosciente alternarsi del concerto grosso e del concertino.
La composizione dell'Albrici non ha tutti i caratteri formali del concerto grosso; altrimenti essa risolverebbe la lunga questione della data di nascita e della paternità del concerto grosso. Su questo punto raccoglieremo brevemente alcuni dati. Il Corelli (v.) intorno al 1680 dirige a Roma l'esecuzione di concerti grossi; nel 1689 il Berardi cita il "nuovo Orfeo dei nostri giorni" (il Corelli) quale autore di concerti. A. Stradella (morto nel 1682) già nell'oratorio di S. Giovanni Battista (1676) dimostra la sua familiarità con lo stile del concerto grosso e così pure in due sinfonie manoscritte a più strumenti, quantunque in queste il concerto grosso e il concertino non si sommino mai nel Tutti (v. oltre).
I concerti grossi di G. Torelli (morto nel 1708), pubblicati postumi dal fratello (1709), sono, più che concerti grossi, doppî concerti: il concertino consiste in un duetto tra i due violini "che concertano soli". Altri concerti grossi manoscritti del Torelli, con concertini di strumenti a fiato (trombe, corni, tromboni), sono veri concerti grossi, ma la loro data è ignota.
Gian Lorenzo Gregori lucchese, nei suoi Concerti grossi a più strumenti, Lucca 1698, fissa la pratica del Tutti al principio e alla fine degli episodî concertanti (su modelli romani?). Anche Bartolomeo Gregori è designato, da alcuni, quale "inventore" del concerto grosso. Alessandro Scarlatti, nei suoi concerti di data malsicura e di vario stile, non dimostra unità di visione, ma anch'egli è annoverato tra i padri putativi del concerto grosso. Francesco Federici e B. Pasquini sono altri concertisti del gruppo romano.
Data la prevalenza di musicisti vissuti a Roma o almeno legati a Roma (il fratello del Torelli, ad es., dedica al patrizio romano marchese Maccarani l'edizione dei concerti), è probabile si possa considerare Bologna sede elettiva della sinfonia da concerto e Roma del concerto grosso: più ampio, più solenne, più vario e, in particolare, più dispendioso della sinfonia e meglio rispondente alla magnificenza della vita romana nell'età del barocco.
Il concerto grosso, in Italia, fu destinato, in origine, alle funzioni religiose, e conservò sempre un carattere austero e talora estatico. Concerti (e sinfonie) venivano sonati prima e dopo l'uffizio divino. Il concerto grosso entra nella storia affidato al semplice quartetto d'archi (Torelli, op. 5, 1692), ma presto prediligerà orchestre più numerose. Si può considerare derivato dalla sinfonia da concerto nella quale alcune voci (concertino) si liberano dall'insieme polifonico e diventano produttive. Soltanto a poco a poco il concertino riesce a spiccarsi "a tutto tondo" dal corpo della composizione e acquista colore.
Concertino. - Il concertino dei più antichi concerti consiste di due violini e di un basso con l'accompagnamento di uno strumento polifonico (cembalo, spinetta, tiorba, organo, ecc.). Esso è l'insieme caratteristico della sonata a tre e spesso i violini, come nella sonata a tre, non vanno insieme ma duettano, né l'uno predomina sull'altro. Per ciò, alcuni considerano il concerto grosso come una combinazione a dialogo della sinfonia da concerto e della sonata a tre. Gli strumenti del concertino non debbono essere raddoppiati: per l'appunto affinché non abbia ad attenuarsi il tipico contrasto di sonorità del concerto grosso.
Questa pratica fu compresa assai tardi: C. Valentini (op. 7, 1710) e A. Locatelli (op. 1ª 1721) ritengono opportuno di chiarirla con precisione ai lettori e agli esecutori. Il concertino, in progresso di tempo, appare talvolta costituito in modo diverso (Scarlatti, Valentini, Vivaldi). Si possono avere in esso: due violini e viola; tre violini; tre violini e viola; quattro violini, ecc., ma, può dirsi, con predominio sempre maggiore del primo violino, perché l'entelechia della forma la conduce verso il concerto solista. Più tardi ancora (Torelli, Vivaldi, G. S. Bach) appaiono anche concertini di strumenti a fiato, e, in Germania, concertini misti di fiati e di archi. Il concertino di fiati finisce per diventare caratteristica tedesca. Il concertino rinforza, e per così dire fissa in uno stilema, come si accennò, la pratica dell'"eco": caratteristica antica italiana.
Architettura del concerto grosso. - Il concerto grosso - ossia l'insieme contrapposto al concertino - facilita, con la sua massa sonora, il raccordo tra le volute ornamentali del concertino e le masse costruttive del Tutti, per mezzo di rinvii di temi (o di periodi) da un insieme all'altro. Il concerto grosso offre un ciclo di tre tempi (due allegri col tempo lento nel mezzo) o di quattro o di cinque variamente disposti. Spesso altri adagi brevissimi - persino di due sole battute - sono inseriti prima degli allegri, a guisa di introduzione. Gli allegri sono o in stile fugato osservato o di tipo bipartito o tripartito con ripetizione del periodo iniziale; gli adagi o fugati o tripartiti, a guisa di aria col da capo. Una certa libertà domina, tutto sommato, nell'architettura dei varî tempi e dell'intero ciclo di tempi.
Concerto solista. - I primi concerti solisti appaiono nell'op. 6 di Giuseppe Torelli (concerti musicali, op. 6, Augusta 1698), ma la maggior parte di essi risponde al tipo della sinfonia da concerto (v. sinfonia). Ma già Antonio Bertali, in una Sonata a 6 del 1663, ci offre un concerto solista avanti lettera e in un'altra a 3 persino un rudimentale concerto triplo, mentre in una Sonata in Sinfonia conteriuta nei Mottetti in cantilena (1623) di Stefano Bernardi riscontriamo assoli - su accompagnamento d'organo - eseguiti a vicenda dal primo e dal secondo violino, mentre le due voci basse tacciono. Anche nelle sonate di D. Castello ha già inizio la contrapposizione del Tutti e del Solo, caratteristica del concerto solista. Persino nell'opera si riscontra - quasi compresso - il tipo costruttivo del concerto solista, come nella scena del balbuziente Demo, nel Giasone (1649) del Cavalli, segnalata dallo Schering.
È evidente che il concerto solista prese coscienza di sé soltanto a poco a poco. Il che non sorprende, dovendo esso saggiare, mettere in rilievo e sfruttare sempre meglio l'individualità degli strumenti - tanto solisti quanto accompagnatori - e accordare con essi il carattere dei temi. Il concerto solista, ridotto al suo valore di produzione: Tutti-Solo, ha antenati assai remoti nel campo vocale: nella tragedia ellenica, nel salmo ebraico, nell'antifona cristiana, nelle canzoni a ballo nelle quali il canto si avvicenda tra il solista conduttore della danza e il coro.
Analizzando tutto il movimento estetico che conduce ad esso, possiamo dire che, come sempre avviene, il maggior peso ritmico attribuito, a poco a poco, alle voci basse e di mezzo libera gradualmente le voci (o la voce) soprana. Nell'orchestrina dei quattro archi (con o senza raddoppî) dapprima il "continuo" dell'organo, più tardi la maggiore individualità acquistata dalla viola (intorno al 1670) disimpegnano i due violini e finalmente liberano il violino primo che diventa violino principale. Contemporaneamente il perfezionarsi del violino, e, soprattutto, la maggiore robustezza di suono ottenuta - dal 1690 in poi - per opera di Antonio Stradivari e della sua scuola e la maggiore flessibilità dell'archetto - ormai a tensione regolabile - offrono sempre nuove possibilità tecniche ed espressive al violino principale o solista.
Architettura del concerto solista. - È nel concerto solista che il movimento delle masse e i rapporti di pieno e di vuoto, di salienze e di rientranze cominciano a fissarsi permettendo al musicista di pensare a poco a poco quasi soltanto all'elaborazione interna delle varie strofe e all'espressività dei temi, senza preoccupazioni costruttive. Al tema principale segue, già nel primo Tutti, il tema secondario, che a poco a poco diventa antagonista - nel senso antico - e da ultimo contrastante. Inoltre, prima dell'ultimo Tutti degli allegro, specie nel 1° tempo, s'inserisce la cadenza, libera improvvisazione dell'esecutore sul tema o sui temi del tempo. Dall'op. 3 e dall'op. 6 del Vivaldi si può estrarre così lo schema TSTSTSTST (T = tutti, S = solo), dominato dal tema principale e nel quale il tema secondario appare soltanto nel primo e nell'ultimo Tutti, la modulazione alla quinta del tono ha luogo nel terzo Tutti, mentre nel quarto si fanno luce modulazioni secondarie. Oppure gli elementi propulsivi si spostano verso la fine (modulazione alla quinta nel quarto Tutti, modulazioni secondarie o passeggere nell'ultimo) e il tema secondario agisce come da remora, apparendo nel primo, ma impossessandosi subito del secondo e del terzo Tutti.
Questi esempî, fra i tanti, dànno un'idea della varietà dei rapporti che possono essere creati su questo schema con l'ausilio di un tema secondario e di modulazioni armoniche e variando il numero dei Tutti (e per ciò dei Soli che si alternano ad essi) da tre a cinque e più. Vivaldi, specialmente nei concerti inediti da noi studiati, ha così raggiunto altezze espressive non più superate, nell'ambito dello stile barocco e poi del pre-romantico. Nell'epoca preromantica, certamente per merito del Pugnani - come si rivela dai concerti, prettamente mozartiani di stile, del suo allievo Borghi (1770 circa) - il principio costruttivo si fa più equilibrato e insieme più elastico e nasce il vero concerto moderno; vera e propria trasposizione della sonata tripartita (v. Jahn Abert, Mozart, vol. II, pag. 391-92). Quasi contemporaneamente sorge il concerto per pianoforte, erede del concerto per cembalo, del quale abbiamo numerosi esempî germanici e pochi italiani, quantunque si sappia che i cembalisti italiani del settecento, quasi tutti emigrati all'estero, ne componevano per aver modo di fare risaltare la propria virtuosità. Anche il concerto per violoncello, inaugurato da Giuseppe Iacchini (op. 4, 1701), segue lo stesso ciclo stilistico del concerto per violino, mentre il concerto per viola sorge nell'ultimo terzo del Settecento. Il concerto per strumenti a fiato fu, si può dire, coltivato soltanto in Germania.
I nomi più importanti sono, per il concerto grosso, oltre ai già nominati (Corelli, Torelli, i due Gregori, A. Scarlatti, Stradella, Valentini, Locatelli, Vivaldi), Geminiani, G. S. Bach, B. Marcello, Dall'Abaco, Händel, e per il concerto solista: Albinoni, Marcello, Torelli, Vivaldi, G. M. Alberti, Bonporti, F. M. Veracini, Tessarini, Locatelli, Dall'Abaco, Tartini, Pugnani, Borghi, Viotti, Paganini, Mozart, F. E. Bach, G. Cristiano Bach, G. Haydn, Dussek, Beethoven, Weber, Chopin, Mendelssohn, Schumann, Liszt, Brahms, e i francesi Leclair, R. Kreutzer, Rode.
Il concerto come audizione di musica. - In questo senso i concerti, detti anche accademie, sorsero dalle familiari o private riunioni nelle quali i convenuti, o taluno di essi, eseguivano della musica per diletto proprio o anche degl'invitati. Tali furono, ad es., i Collegia Musica in Germania, i Consorts in Inghilterra, altre somiglianti istituzioni in Svizzera e altrove, oltre ai concerti che si tenevano nelle famiglie, nei palazzi patrizî, presso le corti d'Italia e d'altri paesi, come attestano non soltanto cronache antiche, ma quadri di pittori e descrizioni o accenni di scrittori. Più tardi i concerti divennero pubblici e per conseguenza a pagamento: il che sembra essere avvenuto primamente a Londra verso la fine del sec. XVII. Prima di tracciare sommariamente la storia dei pubblici concerti, giova avvertire come possano essere di varie specie: vocali o strumentali, di solisti, di musica da camera, di musica orchestrale, o anche, talora, misti dell'uno e dell'altro di questi generi. Al concerto dato da un solo esecutore gl'Inglesi hanno dato il nome di Recital.
Ai primi concerti pubblici, ideati e promossi a Londra verso la fine del Seicento dal Britton, poi accusato di essersene valso per segrete adunanze di cospiratori politici, seguirono in Inghilterra quelli dell'Accademia della musica antica che risalgono circa al 1710, quelli della Madrigal Society che durarono fin quasi ai tempi nostri, i Professional Concerts (1783), i famosi Concerti Salomon, così chiamati dal nome del loro fondatore Giovanni Pietro Salomon, violinista tedesco, che li condusse al più vivo splendore, e i The King's Concerts istituiti nel 1776, diretti successivamente dal Bates, dal Greatorex, dal Knyvett, dal Bishop e durati fino al 1848. Seguirono la Philharmonic Society (1813) e la New Philharmonic Society (1852) che aveva sede al Palazzo di Cristallo. Sorsero quindi, a Londra, i Monday popular Concerts e i Saturday Concerts, mentre alcune società riunite davano gli annuali Festivals, più particolarmente dedicati all'esecuzione dei grandi Oratorî del Haendel, del Mendelssohn e d'altri. È poi notorio che dalla seconda metà del sec. XIX in poi i concerti hanno preso in Inghilterra uno straordinario sviluppo e che vi concorrono i più grandi artisti d'ogni nazione.
In Francia, i pubblici concerti datano dal sec. XVIII ed ebbero la loro prima importante manifestazione nei cosiddetti Concerts Spirituels. Erano stati istituiti per supplire in qualche modo al silenzio dei teatri nei periodi di feste religiose e specialmente in quello della Pasqua ed ebbero da prima carattere appunto religioso, eseguendovisi composizioni di musica sacra o affine. Poi divennero concerti liberi e vi apparvero i più celebri artisti del tempo, sia cantanti, sia strumentisti. Furono fondati nel 1725 dal Philidor, che ne tenne la direzione fino al 1740; a lui succedettero, come direttori, il Mouret, il Thuret, il Mondonville, il Royer, il Capéran, il Dauvergne, il Berton, il Gaviniès, il Le Gros ed ebbero sede alla Sala degli Svizzeri nelle Tuileries. Interrotti a causa della Rivoluzione, furono ripresi nel 1805 e ripresero il carattere religioso iniziale. Quasi in concorrenza coi Concerts spirituels erano tuttavia sorti a Parigi fino dal 1770 i Concerts des amateurs, che erano diretti dal Gossec e che, dopo il 1870, si trasformarono nei Concerts de la Loge olympique. Altre rinomate istituzioni concertistiche francesi sorte alla fine del sec. XVIII furono quella dei Concerti Italiani, istituiti verso il 1793 alle Tuileries da Crezat e da Gaudion, quella dei Concerts de la rue de Cléry e quella dei Concerts Feydeau, cui seguirono quella della Union Musicale, della Société de Sainte Cécile, e altre, finché, per iniziativa di un comitato, presieduto da Luigi Cherubini, venne fondata la Société des Concerts du Conservatoire che diretta dal Habeneck si inaugurò il 9 marzo del 1828. Vanno finalmente ricordate anche altre istituzioni francesi di concerti: così quella dei Concerts populaires de musique classique che fu fondata nel 1861 e diretta dal Pasdeloup, avendo sua sede al Cirque Napoléon. In questi concerti si fecero conoscere al pubblico non solo le maggiori opere classiche, ma anche quelle di molti moderni, tanto francesi (Saint-Saëns, Lalo, Massenet, Bizet, ecc.) quanto d'altre nazioni. I concerti Pasdeloup, ch'ebbero un periodo luminoso di vita, a poco a poco declinarono anche per la concorrenza di quelli nuovi del Colonne e del Lamoureux e nel 1884 cessarono. Presero allora sviluppo i Nouveaux Concerts istituiti dal Lamoureux, poi chiamati addirittura Concerts Lamoureux, i quali divennero importantissimi e furono un focolaio di wagnerismo a Parigi. Quasi contemporaneamente Édouard Colonne fondava il Concert National, trasformatosi poi nei Concerts du Châtelet (perché passarono dal teatro dell'Odéon a quello dello Châtelet) e finalmente chiamati Concerts Colonne. Né vanno dimenticati i concerti che, quasi a continuazione di quelli che aveva fondato il suo suocero Lamoureux, istituì e diresse a Parigi Camille Chevillard. Oltre a queste che sono le principali, fiorirono e fioriscono a Parigi molte altre società di concerti e numerose sono le sale (Érard, Pleyel, Gaveau, ecc.) nelle quali i concertisti francesi e stranieri si presentano al pubblico della grande metropoli.
È facile immaginare quanto le istituzioni concertistiche siano state e siano numerose e fiorenti nei paesi tedeschi, ove la musica da camera e quella sinfonica sono tanto diffuse e tanto conformi all'indole di quelle popolazioni. Senza volerne dare un elenco neanche approssimativo, non si può omettere di ricordare almeno i Gewandhauskonzerte di Lipsia che, fondati nel 1781, furono successivamente diretti dal Hiller, dal Mendelssohn, dal Gade, dal Reinecke; la Singakademie (1790) e la Liedertafel (1809), rispettivamente composte di voci femminili e di voci maschili per esecuzioni corali; la Philharmonische Gesellschaft di Amburgo (1828), l'Associazione generale dei Musicisti Tedeschi (1858) recantesi in giro per le varie città germaniche, la Tonkünstler-Societät (Florian Gassmann, 1791) e la Musikfreunde-Gesellschaft (1812), entrambe di Vienna, i concerti del Gürzenich di Colonia, oltre alle tante altre moderne istituzioni che in Germania e in Austria fioriscono.
Ricordiamo ancora i Concerts du Conservatoire e i Concerts populaires di Bruxelles, la società Felix Meritis di Amsterdam, le varie società spagnole, quali l'antica e importante Società dei Concerti di Madrid, quelle di Barcellona e di Valencia e soprattutto le eccellenti società corali fra cui primeggiano l'Orfeó Catalá di Barcelona, l'Orfeón Bilbaino, l'Orfeón Pamplones, la società Euterpe di Barcellona, la corale Micalet di Valencia e le molte altre sparse in tutta la Catalogna. Molte società di concerti esistono e sono esistite anche in Russia, come la Società Filarmonica, la Società degli Amatori di Musica, la Società dei Concerti e varie società di Quartetti e numerose ne compaiono ormai in tutti i paesi civili d'Europa e d'America (specialmente a New-York, a Boston, a Philadelphia, a Chicago).
Da qualche tempo a questa parte i concerti hanno poi preso largo sviluppo e assunto notevole importanza anche in Italia. Senza accennare, naturalmente, ai concerti dati per proprio conto dai singoli, ma limitandoci a segnalare le nostre maggiori istituzioni concertistiche, molte delle quali vanno oggi sotto il nome di Amici della Musica, occorre innanzi tutto ricordare che, a parte i concerti tenutisi nelle corti e nei palazzi patrizî in tempi lontani, la vera attività concertistica italiana data soltanto dalla seconda metà del sec. XIX, sebbene a Firenze fino dal 1830 si fosse costituita la Società Filarmonica, alla quale spetta indubbiamente il merito della priorità. A Firenze stessa si fonda poi, nel 1866, la prima Società del Quartetto, alla quale succedettero poi la Società di Musica da Camera, il Trio Fiorentino, il Quartetto Lari, il quintetto Nucci, fino alla più recente società Amici della Musica; mentre nel campo della musica sinfonica vanno ricordate l'antica Società Orchestrale diretta dallo Sbolci, la società Orfeo fondata nel 1871 da Enea Brizzi, appoggiata specialmente sugli strumenti a fiato, la Società Orchestrale Cherubini diretta dal marchese Ottavio de Piccolellis e la recentissima Stabile orchestrale fiorentina.
Altra città fra le prime a promuovere il movimento concertistico, specie nel campo orchestrale, fu Torino, ove nel 1872 s'inaugurò la serie dei Concerti popolari sotto la direzione del maestro Carlo Pedrotti e ove poi sorsero la Società torinese di musica da camera, la Società amici della musica, la Società del doppio Quintetto, la Società Pro-Cultura femminile, la Società orchestrale torinese e altre.
A Roma, oltre al primo Quartetto Romano fondato da Tullio Ramacciotti e al Quartetto Romano attuale, oltre al Quintetto di corte che era diretto dallo Sgambati e al Quintetto Romano della Sala Bach, oltre alla Società Amici della Musica, alla Società Filarmonica e alla Società Polifonica Romana diretta da Monsignor Casimiri, acquistò grandi benemerenze la R. Accademia di S. Cecilia sia con i concerti che ha dati e continua a dare nella sua sede, sia con l'aver creato la grande istituzione sinfonica dell'Augusteo.
Ricordiamo, finalmente, a Milano, la Società del Quartetto, la Camerata italiana, la Società concerti sinfonici, la Federazione audizioni musicali infantili, il Trio italiano, il Trio milanese; a Venezia, la società Benedetto Marcello, la Camerata per la musica italiana, il quartetto veneziano detto del Vittoriale; a Bologna il Quartetto bolognese (Sarti), la nuova Società del Quartetto, la Società musicale felsinea, quelle della Pro-Cultura e del Pensiero musicale; a Napoli la Società del Quartetto, la Società Amici della musica, l'Associazione A. Scarlatti, l'Accademia napoletana dei concerti, la Società di concerti Viterbini; a Padova la Società dei concerti B. Cristofori; alla Spezia la Società Amici della musica e la S. Cecilia; a Ferrara la Società del Quartetto; a Parma la Società dei concerti; a Siena l'istituzione Micat in vertice del conte Guido Chigi-Saracini, il Trio Senese, il Quartetto senese di violoncelli, il Quintetto Senese; a Pesaro la Società Amici della musica; a Perugia il Trio perugino e la Società musicale Morlacchi; a Palermo l'Associazione concerti sinfonici, oltre alle tante società che sotto il titolo di Amici della musica o sotto altra denominazione esistono a Genova, a Bergamo, a Brescia, a Como, a Cremona, a Treviso, a Udine, a Verona, a Trento, a Trieste, a Modena, a Mantova, a Reggio Emilia, a Pisa, a Lucca, a Livorno, a Bari, a Catania, a Salerno, a Cagliari, a Sassari, in tanti altri luoghi e oltre ai molti circoli, alle molte società di cultura, alle università popolari e ad altre istituzioni in cui si dànno concerti.
Né va dimenticata la Corporazione delle nuove musiche, fondata dal Casella, dal Malipiero e dal D'Annunzio, intesa alla diffusione della musica dei contemporanei ed ora sezione italiana della Società internazionale per la musica contemporanea.
Queste società hanno avuto e hanno il merito di aver fatto conoscere ai pubblici italiani, per tanto tempo assorbiti dalla sola musica teatrale, tesori di musica strumentale e vocale da camera e di musica sinfonica, antichi e moderni, italiani e stranieri.
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