Confinamento di atomi
Un problema di grande interesse nella fisica contemporanea concerne la possibilità di intrappolare campioni atomici, ossia confinare il loro moto in una regione finita dello spazio. Nel campo della fisica delle basse energie, un problema strettamente collegato a quello dell'intrappolamento riguarda la possibilità di raffreddare gli atomi, ossia di diminuire la loro velocità media. Negli ultimi venti anni del 20° sec. si è aperto un rivoluzionario campo di ricerca che studia la possibilità di intrappolare e raffreddare campioni atomici con il solo utilizzo di campi elettromagnetici statici e oscillanti. Questa nuova frontiera della fisica permette di produrre campioni di atomi intrappolati in un ambiente ad altissimo vuoto e lontano da pareti materiali: in questo modo si può disporre di tempi di osservazione lunghi e di un isolamento totale del campione intrappolato dall'ambiente esterno.
Nell'ambito della fisica atomica la possibilità di manipolare i gradi di libertà esterni di campioni atomici risulta importante, in particolare, nel campo della spettroscopia di precisione, per la realizzazione di orologi atomici (in cui il riferimento di frequenza è fissato dalla differenza di energia di transizioni elettroniche), e in quello dell'ottica atomica, dove le proprietà ondulatorie di gas atomici a bassissima temperatura (tipicamente pochi μK) vengono utilizzate per esperimenti di interferometria. Inoltre, la possibilità di intrappolare gas atomici in potenziali confinanti realizzati con il solo utilizzo di campi elettromagnetici ha permesso lo sviluppo di nuove tecniche di raffreddamento (raffreddamento evaporativo) che, negli anni Novanta del 20° sec., hanno consentito il raggiungimento del regime di degenerazione quantistica, con la produzione di condensati di Bose-Einstein (nel caso di bosoni, ossia di particelle con spin intero) e gas degeneri di Fermi (nel caso di fermioni, ossia di particelle con spin semintero).
Nel caso di particelle cariche (per es., ioni) il modo più semplice per realizzare delle trappole consiste nell'utilizzare la forza di Coulomb a cui è soggetta la particella carica in un campo elettrico non uniforme. Nel caso di atomi neutri questa tecnica non può essere applicata e si deve ricorrere ad altri metodi, che si basano su diversi processi di interazione. Esistono, quindi, diverse tipologie di trappole per atomi neutri: trappole a pressione di radiazione, le quali sfruttano il trasferimento di impulso fra l'atomo e un campo di radiazione quasi risonante in un processo di assorbimento ed emissione spontanea; trappole magnetiche, che sfruttano l'interazione fra un campo magnetico non uniforme e il momento di dipolo magnetico proprio dell'atomo; trappole ottiche di dipolo, le quali sfruttano l'interazione fra un campo elettrico oscillante e il momento di dipolo elettrico indotto nell'atomo dal campo stesso. Nei paragrafi successivi verranno delineate le caratteristiche principali di questi tipi di trappole.
Trappole a pressione di radiazione
Una serie di tecniche di intrappolamento e raffreddamento molto efficaci sfrutta l'interazione degli atomi con la luce laser. Il principio di funzionamento che sta alla base di queste tecniche è legato allo scambio di impulso nel processo di assorbimento e di emissione di fotoni da parte dell'atomo. In seguito all'assorbimento di un fotone, l'atomo passa in uno stato elettronico eccitato e, per il principio di conservazione dell'impulso, acquista un impulso ℏk, dove k è il vettore d'onda della radiazione incidente e ℏ è la costante di Planck ridotta. Una volta nello stato eccitato, l'atomo può decadere spontaneamente verso lo stato fondamentale, emettendo un fotone - e corrispondentemente acquistando un impulso - in una direzione casuale. In un processo di assorbimento ed emissione spontanea, quindi, il trasferimento medio di impulso è diverso da zero, e questo è all'origine della pressione di radiazione. Utilizzando configurazioni opportune è possibile fare in modo che la pressione di radiazione produca un rallentamento e un intrappolamento degli atomi.
La configurazione più utilizzata è quella della trappola magneto-ottica (MOT, Magneto Optical Trap). In una MOT convenzionale (fig. 1) tre coppie di fasci laser contropropaganti e mutuamente ortogonali si intersecano in una regione dello spazio in cui è presente un gradiente di campo magnetico, ottenuto tipicamente con una coppia di bobine in configurazione antiHelmoltz, ossia percorse da correnti circolanti in direzione opposta. Se la frequenza dei fasci laser è minore della frequenza di risonanza della transizione atomica (corrispondente alla differenza di energia fra i livelli elettronici), un atomo che si muove con velocità v, a causa dell'effetto Doppler, assorbe preferibilmente fotoni da parte del fascio laser che si propaga in direzione opposta a v. L'effetto risultante è quello di una forza di frizione F=−βv, che produce un rallentamento degli atomi. Questa configurazione, detta melassa ottica, è stata inizialmente proposta nel 1975 da Th.W. Hänsch (premio Nobel per la fisica 2005) e A.L. Schawlow (premio Nobel per la fisica 1981) come primo schema di raffreddamento laser. In aggiunta a questo effetto di rallentamento, se la transizione atomica possiede una struttura Zeeman (ossia l'energia dei livelli dipende dal campo magnetico) e i fasci laser sono polarizzati in maniera opportuna, a questa forza viscosa si aggiunge una forza di richiamo F'=−κx indotta dal gradiente di campo magnetico, tendente a riportare gli atomi nella zona a campo magnetico nullo, che viene a coincidere con la regione di intersezione dei fasci. In una MOT convenzionale si riescono a intrappolare circa 109 atomi in una regione di spazio di pochi mm3. La distribuzione di velocità degli atomi intrappolati in una MOT, che può essere misurata studiando l'espansione del campione in seguito al rilascio dalla trappola, corrisponde tipicamente a temperature del campione intrappolato dell'ordine di 100 μK. Affinché una MOT possa funzionare è necessario operare in celle a ultra-alto vuoto (pressioni tipiche di 10−6−10−7 Pa), in modo da diminuire la probabilità di collisioni degli atomi intrappolati con gli atomi del gas di fondo, il quale si trova a temperatura ambiente e possiede un'energia media sufficientemente alta da espellere gli atomi dalla trappola.
La prima MOT è stata realizzata nel 1987 nel gruppo di D. Pritchard (MIT, Massachusetts Institute of Technology) utilizzando un fascio rallentato di atomi di sodio. Numerose altre configurazioni sono state ideate negli anni successivi per migliorare le prestazioni di tali trappole e studi approfonditi hanno permesso di capire a fondo i processi fisici che governano il loro funzionamento. L'importanza delle tecniche di intrappolamento e raffreddamento laser è stata tale da costituire la motivazione per l'assegnazione del premio Nobel per la fisica nel 1997 a S. Chu, C. Cohen-Tannoudji e W.D. Phillips, che hanno dato un contributo decisivo allo studio dei meccanismi fondamentali che stanno alla base di tali processi.
Come già discusso, in una MOT avvengono processi dissipativi che portano a un raffreddamento del campione intrappolato. Il limite inferiore alle temperature ottenibili in una MOT è legato alla velocità minima acquistata da un atomo in un singolo processo di assorbimento, che è tipicamente dell'ordine di pochi mm/s. Per raggiungere temperature più basse, per es., per accedere al regime di degenerazione quantistica, è necessario procedere a ulteriori stadi di raffreddamento, che avvengono in trappole puramente conservative, come le trappole magnetiche o le trappole ottiche di dipolo.
Trappole magnetiche
Una vasta classe di trappole sfrutta l'interazione dell'atomo con un campo magnetico non uniforme. Un atomo possiede un proprio momento di dipolo magnetico μ, che è legato al momento angolare totale dell'atomo (somma del momento angolare nucleare ed elettronico, orbitale e intrinseco). In presenza di un campo di induzione magnetica esterno B sufficientemente intenso, si può assumere che il dipolo magnetico dell'atomo, durante il moto di quest'ultimo, rimanga sempre orientato con la direzione del campo magnetico (approssimazione adiabatica). L'energia di interazione viene quindi a dipendere soltanto dal modulo del campo magnetico esterno: U=μ|B|. Come conseguenza delle equazioni di Maxwell, non è possibile creare un massimo locale di campo magnetico (statico) in una regione dello spazio priva di correnti, ma soltanto minimi locali. Dal momento che il dipolo magnetico μ dipende dallo stato di momento angolare dell'atomo, ne segue che soltanto alcuni stati interni (quelli per i quali risulta μ>0) possono essere magneticamente intrappolati.
Una delle trappole magnetiche più semplici è costituita da una coppia di bobine in configurazione antiHelmoltz, come quelle utilizzate in una trappola magneto-ottica, che producono un campo magnetico che varia linearmente in funzione della posizione (fig. 2 A). A fronte della sua semplicità, uno degli svantaggi di questa configurazione (detta anche di quadrupolo) è che nel centro della trappola gli atomi sono soggetti a un campo magnetico nullo: a conseguenza di ciò, l'approssimazione adiabatica di allineamento del dipolo magnetico con il campo viene a cadere, e gli atomi possono compiere delle transizioni di spin flip verso stati non intrappolati (come previsto da E. Majorana nel 1932). Configurazioni più complesse prevedono l'uso di più bobine che producono un minimo locale di campo magnetico diverso da zero, evitando così il problema delle perdite per spin flip. Questo è il caso della configurazione di bobine mostrata in fig. 2 B, che produce nel centro della trappola un campo magnetico che varia quadraticamente in funzione della posizione intorno a un minimo locale non nullo (configurazione di Ioffe-Pritchard). Il potenziale prodotto da questa configurazione è un potenziale di oscillatore armonico U=(1/2)mω2x2, la cui forza di confinamento può essere caratterizzata dalla frequenza di trappola (ω/c2π). Frequenze di trappola tipicamente ottenibili con trappole magnetiche sono dell'ordine di 100 Hz. La profondità di trappola che si può ottenere (ossia l'energia cinetica massima che una particella può avere per essere catturata) è difficilmente superiore a 100 mK, quindi queste trappole necessitano di essere caricate a partire da campioni preraffreddati. In esperimenti di fisica atomica questo stadio di raffreddamento viene spesso fornito da trappole magneto-ottiche o melasse ottiche.
Sebbene la prima proposta di intrappolamento magnetico di atomi neutri risalga agli anni Sessanta del secolo scorso, la prima evidenza sperimentale è stata ottenuta nel 1985 da W. Phillips e H. Metcalf al NIST (National Institute of Standards and Technology) utilizzando una trappola magnetica di quadrupolo caricata a partire da un fascio rallentato di atomi di sodio.
Una frontiera delle tecniche di intrappolamento magnetico riguarda la possibilità di realizzare trappole magnetiche miniaturizzate su circuiti integrati. Tali microtrappole vengono costruite con conduttori del diametro di pochi micron depositati su substrati di silicio, sagomati in maniera tale da creare dei minimi di campo magnetico a poche decine di micron dalla superficie del chip. Per realizzare tali microchip, i conduttori vengono cresciuti per evaporazione di oro o altro metallo su substrati a semiconduttore trattati con avanzate tecniche fotolitografiche. Il vantaggio di questi dispositivi miniaturizzati è duplice. Innanzitutto la possibilità di intrappolare atomi nella vicinanza dei conduttori permette di utilizzare correnti molto più basse e di dissipare una potenza molto minore. Uno degli svantaggi delle trappole magnetiche convenzionali è difatti quello di funzionare con correnti molto elevate, dell'ordine di 10÷100 A, e con potenze dissipate dell'ordine dei 100÷1000 W, che rendono necessario l'utilizzo di dispositivi di raffreddamento ausiliari. Un secondo vantaggio di questi dispositivi risiede nella possibilità di realizzare geometrie di trappola molto variabili e di integrare su un unico chip elementi molteplici per la manipolazione di atomi ultrafreddi, per es., trappole, guide d'onda, specchi o beam splitter, semplicemente progettando conduttori con la giusta geometria. Questi dispositivi rappresentano dunque una delle frontiere più avanzate per la realizzazione di esperimenti di ottica atomica. L'integrazione di strumenti diversi su uno stesso dispositivo può difatti rendere possibile l'esecuzione di procedure complesse di manipolazione atomica, in maniera simile a come la realizzazione di circuiti integrati ha permesso lo sviluppo di nuovi potenti dispositivi elettronici.
Trappole ottiche di dipolo
Una tipologia diversa di trappole sfrutta l'interazione non risonante fra gli atomi e il campo elettrico della radiazione. Similmente a quanto avviene in una trappola magnetica, anche in questo caso il potenziale intrappolante risulta dall'interazione fra il momento di dipolo elettrico atomico p e un campo elettrico non uniforme E. Tuttavia, a differenza del dipolo magnetico, il dipolo elettrico non è un dipolo permanente, ma è indotto dall'interazione stessa con la luce laser, che produce una polarizzazione della distribuzione elettronica di carica all'interno dell'atomo, risultante in un momento di dipolo αE, dove α è la polarizzabilità atomica. Se la radiazione laser ha una frequenza molto diversa da quella della risonanza atomica, il potenziale risultante è proporzionale a I/δ, dove I è l'intensità della radiazione e δ è il detuning, ossia la differenza fra la frequenza della radiazione e quella di risonanza. Da questo segue che, se il detuning è positivo (o 'blu'), ossia la luce laser ha frequenza maggiore di quella di risonanza, gli atomi tendono a intrappolarsi in un minimo di intensità (che produce un minimo di potenziale), mentre se il detuning è negativo (oppure 'rosso'), ossia la luce laser ha frequenza minore di quella di risonanza, gli atomi tendono a intrappolarsi in un massimo di intensità. A differenza di quanto accade in una melassa ottica oppure in una trappola magnetoottica, dove l'interazione è quasi risonante, in questo tipo di trappola (detta anche trappola di dipolo) non si ha dissipazione di energia: il potenziale risultante è conservativo e non si ha alcun effetto di raffreddamento. In questo senso le trappole ottiche di dipolo funzionano in modo molto simile alle trappole magnetiche, con la differenza che in una trappola ottica si possono intrappolare atomi indipendentemente dal loro stato interno di momento angolare, al contrario di quello che accade in una trappola magnetica, dove soltanto alcuni stati interni risultano essere intrappolabili.
La geometria più semplice di trappola di dipolo si può ottenere con un singolo fascio laser focalizzato avente una lunghezza d'onda maggiore di quella di risonanza (fig. 3 a sinistra). Un atomo che si trova nel fuoco del fascio laser esperimenta un massimo d'intensità, quindi, se ha un'energia sufficientemente bassa, può rimanere intrappolato in un minimo di potenziale. Una trappola di questo tipo è caratterizzata da un potenziale fortemente anisotropo: generalmente il confinamento lungo la direzione di propagazione del fascio laser è molto più debole di quello esercitato nelle direzioni trasverse, in conseguenza della difficoltà di focalizzare il fascio su dimensioni più piccole di qualche lunghezza d'onda, quindi il campione intrappolato ha una forma molto allungata. Per realizzare un confinamento forte nelle tre direzioni si può aggiungere un secondo fascio laser in direzione ortogonale, focalizzato nello stesso fuoco del primo fascio (fig. 3 al centro): in questa trappola a fasci incrociati le frequenze di confinamento sono confrontabili e la geometria di trappola è quasi sferica. Le profondità di trappola ottenibili con configurazioni di questo tipo sono dell'ordine di diverse centinaia di μK, con frequenze di trappola dell'ordine di 100÷1000 Hz.
Uno dei vantaggi principali offerti dalle tecniche di intrappolamento ottico è che queste offrono la possibilità di creare le più svariate geometrie di trappola, che possono essere ottenute facendo interferire fasci laser provenienti da più direzioni. Per fare un esempio, un fascio laser retroriflesso da uno specchio forma un'onda stazionaria: l'ampiezza di oscillazione del campo elettrico risultante è modulata spazialmente con un periodo pari a λ/2. Il potenziale risultante di questa configurazione (detta anche reticolo ottico) è un potenziale periodico, caratterizzato da una successione di buche di potenziale equispaziate (fig. 3 a destra). Un atomo che si muove in un potenziale ottico di questo tipo presenta molte proprietà analoghe a quelle di un elettrone che si propaga nel potenziale periodico generato dagli ioni di un reticolo cristallino o a quelle di un impulso di luce che si propaga all'interno di un cristallo fotonico. Sistemi di questo tipo hanno permesso l'osservazione di molti effetti di fisica dello stato solido legati alla struttura a bande. Atomi ultrafreddi intrappolati in reticoli ottici tridimensionali hanno permesso anche l'osservazione della transizione di fase quantistica da un superfluido a un isolante di Mott. Dal punto di vista della computazione quantistica, questi sistemi offrono anche delle buone potenzialità per la possibile realizzazione di registri di informazione e per l'implementazione di porte logiche quantistiche.
Una caratteristica peculiare dei sistemi di intrappolamento ottico è la possibilità di realizzare configurazioni di trappola molto variabili e di modificare facilmente in tempo reale la forza e la geometria dei potenziali confinanti. In questo modo si possono avere dei gradi di libertà molto ampi per la realizzazione di esperimenti di ottica atomica, soprattutto in combinazione con gas degeneri (per es., condensati di Bose-Einstein). Si possono creare potenziali di doppia buca e studiare l'interferenza quantistica prodotta da due condensati, una volta rilasciati dal potenziale di trappola, al variare della distanza tra le due buche. Così facendo è possibile ricreare l'analogo dell'esperimento della doppia fenditura di Young utilizzando campioni di atomi ultra freddi e studiarne le proprietà di coerenza, come effettuato in un esperimento realizzato al MIT dal gruppo di W. Ketterle.
Prospettive
La possibilità di confinare campioni atomici ultra freddi con il solo utilizzo di campi elettromagnetici ha avuto - e continuerà ad avere in futuro - un ruolo fondamentale nel campo della fisica delle basse energie, soprattutto in connessione con la produzione di campioni atomici alla degenerazione quantistica. L'importanza di queste tecniche di intrappolamento è duplice. Da un lato, infatti, permettono di studiare problemi di fisica fondamentale (per es., transizioni di fase quantistiche e fenomeni di trasporto in potenziali periodici) su campioni perfettamente isolati dall'ambiente esterno e di avere un controllo estremamente preciso delle forze che agiscono sul sistema. Inoltre, da un punto di vista più applicativo, tali tecniche possono essere utilizzate nel campo dell'interferometria atomica come strumenti per lo sviluppo di sensori ad altissima precisione, per es., per la costruzione di sistemi di navigazione o per la misura di forze a piccola distanza.
bibliografia
S. Chu, Nobel lecture: the manipulation of neutral particles, in Review of modern physics, 1998, 70, pp. 685-706.
C.N. Cohen-Tannoudji, Nobel lecture: manipulating atoms with photons, in Review of modern physics, 1998, 70, pp. 707-19.
W.D. Phillips, Nobel lecture: laser cooling and trapping of neutral atoms, in Review of modern physics, 1998, 70, pp. 721-41.
G.M. Tino, M. Inguscio, Experiments on Bose-Einstein condensation, in La rivista del nuovo cimento, 1999, 22, 4, pp.1-43.