conflitto
Concetto cardine della struttura teoricoclinica della psicoanalisi che esprime la contrapposizione tra impulsi incompatibili, tra desideri antitetici. Il c. si ricollega a un dualismo irriducibile, sempre presente nel pensiero di Sigmund Freud, che si configura come antagonismo tra pulsioni diverse, tra forze dinamiche in contrasto, definibili in modo differente a seconda delle fasi dello sviluppo della metapsicologia freudiana (➔ psicoanalisi). Infatti il c. può essere descritto sia come opposizione tra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione, sia come opposizione tra le tre diverse istanze del sistema conscio-inconscio (Es, Io e Super-Io), sia come contrapposizione all’interno stesso dell’Io tra le sue opposte e inconciliabili funzioni consce e inconsce, per cui sono le difese dell’Io a essere di ostacolo alle pulsioni (➔ difesa, meccanismi di). In un terzo momento più avanzato della formulazione metapsicologica della psicoanalisi, Freud interpreta il c. come lotta fra pulsioni di vita e pulsioni di morte (➔ pulsioni; istinti), tra integrazione e disintegrazione, tra Eros e Thanatos.
In rapporto alla genesi della nevrosi o della psicosi, il c. da Freud ritenuto più strutturante per lo sviluppo psichico è quello edipico (➔ complesso di Edipo), in quanto documenta l’inconciliabilità tra pulsioni e divieti, e tra desiderio e interdizione. Il c. edipico può essere considerato allo stesso tempo come un c. intrapsichico e interpsichico caratterizzato dall’aggressività e dalla colpa. Nel contempo, durante questa importante fase dello sviluppo, il riconoscimento, la tolleranza, o il superamento del c. edipico sono considerati essenziali per la maturazione della sfera affettiva e sono ritenuti di grande importanza nella formazione della personalità. La teoria e la clinica psicoanalitica rendono conto del fatto che il c. in generale (e il c. edipico in partic.), quando non risolto, produce aggressività e distruttività; in ogni caso, costituisce una inibizione dei processi di sviluppo dell’affettività. Sul piano della terapia psicoanalitica freudiana classica, il c. edipico nelle sue manifestazioni nell’ambito del transfert è il principale terreno di esplorazione per il lavoro dell’interpretazione, attraverso l’analisi del transfert e del controtransfert.
Secondo Melanie Klein, il c. esiste già a partire dalle primissime fasi della vita e si configura come un antagonismo tra mondo interno e mondo esterno nelle forme della relazione d’oggetto (tra oggetto ‘buono’ e oggetto ‘cattivo’). Questa è caratterizzata dalla scissione, ed è fondata essenzialmente sulla fantasia e sulla dialettica dei cosiddetti ‘fantasmi’, cioè le rappresentazioni – a un tempo cognitive e affettive – che nella mente stanno per e simboleggiano i rapporti tra l’Io, il mondo esterno e quello interno, una sorta di teatro immaginario in cui il soggetto si raffigura le sue modalità di appagamento dei desideri e di rapporto con gli altri. Il modello teorico kleiniano riguarda il tipo di relazione con gli oggetti nel corso delle due posizioni precoci, dalla Klein distinte in posizione schizoparanoide, intrisa di aggressività e distruttività, e in posizione depressiva, volta alla riparazione dei danni inferti o subiti dalle pulsioni aggressive e dalle fantasie persecutorie. Nell’ambito della psicologia del Sé, proposta da Donald W. Winnicott nel quadro della sua teoria dello sviluppo, il c. può manifestarsi tra il Vero Sé, che è la sfera più intima, autentica e profonda degli affetti, e il Falso Sé (➔ identità), che si adatta alle esigenze dell’ambiente e si configura in ragione delle attese sociali. Il contrasto tra queste due modalità può favorire una strutturazione rigida della personalità e un prevalere del Falso Sé sul Vero Sé, generando numerose configurazioni patogene di diversa intensità. Heinz Kohut ritiene essenziali la coesione e l’integrazione del Sé per lo sviluppo emotivo-cognitivo dell’Io, e quando ciò non avviene per un’inadeguata relazione iniziale adulto-bambino, il Sé si disintegra o si irrigidisce in modo difensivo, dando luogo a fenomeni di personalità narcisistica, caratterizzati da idee di onnipotenza e di grandiosità. Nell’ambito di questo modello, che privilegia le prime fasi dello sviluppo psichico pre-conflittuali e pre-edipiche, l’analisi si impegna innanzitutto a contenere, e poi possibilmente a ricostruire, i frammenti scissi dell’esperienza negativa precoce. La posizione winnicottiana è ripresa e sviluppata anche da Eugenio Gaddini, il quale si interessa della ricostruzione del registro percettivo-sensoriale, che egli definisce «mondo delle proto-fantasie». Sul piano terapeutico, nella fase dell’analisi in cui l’analista incontra questo mondo, è data importanza più all’ascolto degli aspetti non verbali della comunicazione e al contenimento delle angosce primitive, che non all’interpretazione transferale del c. irrisolto. Nelle teorizzazioni più recenti, per es. nella rielaborazione concettuale del rapporto conscio-inconscio a opera di Ignacio Matte Blanco, il c. intrapsichico è visto sotto una nuova luce ed esaminato nel contesto della cosiddetta bipolarità bi-logica del simmetrico e dell’asimmetrico, intesi l’uno come la sfera dell’emozione unificante ed espansiva, e l’altro come la sfera del pensiero razionale limitativo e discriminativo. Il contrasto irriducibile tra i due modi di sentire e di pensare, quando variamente non tollerato o non riconosciuto, costituisce la fonte più profonda di c. intrapsichico ed è all’origine di numerose patologie nevrotiche e psicotiche.