PRESENTE, CONGIUNTIVO
Il presente del modo ➔congiuntivo è un tempo verbale usato sia in proposizioni principali, sia in proposizioni subordinate.
Nelle proposizioni ➔principali può essere usato con diverse funzioni:
– per esprimere un dubbio, un’ipotesi, un evento ritenuto poco rilevante; di solito è introdotto dalla congiunzione che
Che Federico venga con noi o no, non fa alcuna differenza
Che anche questo Natale nevichi come l’anno passato?
– per manifestare una volontà, un desiderio
Vogliate farci la cortesia di venire con noi
Che Dio ti aiuti!
– come imperativo di 3a persona, singolare e plurale
Pensi positivo e vedrà che tutto si risolverà
Dottor Rossi, mi lasci lavorare in pace!
– in alcune espressioni idiomatiche
sia quel che sia
costi quel che costi
viva la mamma
Nelle proposizioni ➔subordinate, il presente del congiuntivo si usa per esprimere la contemporaneità dell’azione con quanto espresso dal verbo della proposizione principale. In questo caso dipende da verbi di opinione come credere, pensare, ritenere, o da verbi desiderativi come volere, sperare, desiderare usati al tempo presente o al futuro
Credo che Francesca sia a casa domani
Voglio che tu rimanga qui con me
I tuoi amici penseranno che tu sia matto
In alcuni verbi (come gli ausiliari essere e avere o i ➔servili sapere e volere) il congiuntivo sostituisce anche la 2a persona singolare e plurale dell’➔imperativo.
Per la 2a persona plurale si usano le forme regolari (siate, abbiate, sappiate, vogliate).
Per la 2a singolare si usano, invece, le antiche forme sii, abbi, sappi, vogli ormai scorrette come forme del congiuntivo e di fatto specializzate come forme dell’imperativo.
La forza di attrazione delle forme della I coniugazione sulle altre classi verbali è tale che non è raro incontrare forme scorrette del tipo venghi o venghino, attestate anche in passato ma oggi da considerare scorrette e da evitare.
Spesso forme scorrette di congiuntivo sono usate con evidente intento ironico
Venghino, signori, venghino sulla giostra delle amministrative che sbaraglia gli steccati di partito, di coalizione, persino ideologici («La Repubblica»).
Fino alla fine dell’Ottocento, forme come abbi, facci, vada erano, alla 2a persona singolare, considerate ancora lecite
io credo che tu abbi in capo una mala intenzione (G. Leopardi, Operette morali)
ed erano addirittura prescritte da grammatiche di successo, come quella del purista Basilio Puoti.
Nell’italiano contemporaneo – tranne che nei casi in cui sostituiscono l’imperativo – si tratta di forme scorrette e addirittura ridicole, tanto da essere state usate per la caratterizzazione di una maschera comica come quella del ragionier Ugo Fantozzi.