CONSERVA ALIMENTARE (fr. conserve alimentaire; sp. conserva; ted. Konserve; ingl. preserve, canned foods)
Sostanza alimentare preparata e conservata in modo da non andare in decomposizione e da mantenere il suo potere nutritivo e i caratteri che la rendono gradevole al palato, in qualche caso anche acquistandone di nuovi e migliori. La conservazione praticamente si realizza eliminando quei microrganismi che sono gli agenti delle alterazioni, oppure creando delle condizioni che ne arrestano lo sviluppo.
I più importanti fra questi microrganismi sono le muffe (specie dei generi Penicillium e Aspergillus; ma anche del genere Mucor); i fermenti (Saccharomyces, Mycoderma); batterî (B. aceti, B. acidi lactis); bacilli (B. botulimus, B. mesentericus, B. butyricus); cocchi (Diplococcus, ecc.).
Questi microrganismi non si sviluppano su sostanze secche e neanche su soluzioni che contengano più del 65% di solidi disciolti. Tale limite può essere raggiunto e superato sottraendo acqua alla sostanza da conservare, oppure sciogliendo dei solidi, p. es. del sale marino, nell'acqua che essa contiene. Se s'immergono tessuti animali o vegetali in una soluzione concentrata di sale marino, una parte dell'acqua del contenuto cellulare esce per osmosi dai tessuti stessi, mentre parte del sale vi penetra: così i succhi del tessuto sono portati alla concentrazione necessaria per una buona conservazione. Il sale marino, inoltre, ha una certa azione tossica sui microrganismi, e la maggior parte delle sostanze alimentari si conserva bene quando ne contenga più del 15%. Gli zuccheri agiscono in modo eguale, quanto all'osmosi, e le sostanze che ne contengono più del 70% si conservano bene; però non hanno azione tossica e anzi essi stessi - in soluzioni meno concentrate - sono attaccati e trasformati. L'acido acetico ha azione tossica e anche l'i % basta ad assicurare la conservazione di moltissime sostanze. L'alcool etilico, che alla concentrazione del 70% e un potente antisettico, anche in soluzioni diluite inibisce lo sviluppo dei fermenti. Molti olî essenziali hanno potere antisettico. Anche la glicerina ha una certa azione antifermentativa. Sono, poi, moltissime quelle sostanze che hanno forte azione tossica sui microrganismi, ma non possono essere usate per la conservazione degli alimenti se non in piccole dosi, perché sono più o meno velenose anche per l'uomo: perciò il loro uso è strettamente limitato dalle leggi e proibito per alcune di esse nella massima parte dei paesi del mondo. Fra queste sostanze sono da ricordare l'acido solforoso, l'acido benzoico e i benzoati, l'acido borico e i borati.
I limiti di temperatura entro i quali i fermenti e gli altri microrganismi possono vivere e moltiplicarsi sono molto ristretti. Intorno a 0° il loro sviluppo si arresta, senza però che essi muoiano; ancor meglio resistono le loro spore. La maggior parte dei microrganismi in questione muore invece a circa 100° o anche a temperatura inferiore. Le sostanze alimentari portate per un certo tempo a tali temperature restano sterilizzate; però esse sono di nuovo facilmente inquinate dai microrganismi e dalle loro spore presenti nell'aria. Perciò si fa in modo che le sostanze già sterilizzate restino fuori del contatto dell'aria o, meglio ancora, si sterilizzano in un recipiente chiuso e impermeabile all'aria; così esse possono conservarsi per un tempo lunghissimo. È questo il principio fondamentale del processo Appert.
Nel processo di preparazione, di solito la sostanza alimentare originaria subisce modificazioni più o meno profonde, che peraltro ne migliorano spesso il gusto. Ciò vale specialmente per la salatura, nella quale si hanno fermentazioni speciali.
Essiccazione. - È probabilmente il più antico processo di conservazione usato dall'uomo. Gli alimenti secchi si conservano con maggiore facilità delle altre conserve; tuttavia, quando essi sono inumiditi, anche superficialmente e su piccole zone, sono facilmente attaccati dalle muffe e dagli altri microrganismi. L'essiccazione della carne è praticata da tempo immemorabile in tutti i continenti e sotto tutti i climi (v. carne). Pure antichissima e diffusissima è l'essiccazione della frutta e di alcuni ortaggi che, nei tempi moderni, ha dato luogo a industrie di grande importanza economica (v. essiccazione; frutta). La fabbricazione del biscotto di marina è appunto un processo di conservazione fondato sull'essiccazione e anche la fabbricazione dei biscotti dolci può esser considerata un processo di conservazione.
L'essiccazione modifica profondamente il sapore delle sostanze alimentari. Queste modificazioni sono gradevoli solo nel caso della frutta secca e dei biscotti; sono più o meno sgradevoli negli altri casi; sgradevolissime nel caso della carne secca. Ciò spiega come questo processo sia stato spesso sostituito da altri più moderni.
Affumicatura. - Il fumo del legno e delle fronde d'alberi contiene sostanze velenose per i microrganismi (fenoli, aldeide formica, alcool metilico, acetone) che, penetrando nei tessuti, contribuiscono alla loro conservazione. Questo fatto si utilizza nel processo dell'affumicatura che, insieme alla salatura e all'essiccazione, è specialmente usata per le carni ed i pesci. In qualche caso l'azione del fumo è rafforzata da quella delle spezie.
L'affumicatura si compie in camere, nelle quali si fanno bruciare insieme legno (oppure segatura) di faggio, fronde di ginepro, di alloro, di rosmarino, ecc., ed eventualmente anche pece greca, in modo da avere la massima quantità di fumo e poco calore. Per procedere più rapidamente, invece del fumo taluni usano creosolo, ricavato dal catrame ottenuto per distillazione secca dal legno di faggio.
Salatura. - L'arte di preparare carni e pesci salati è anch'essa antichissima (v. salumi; pesca). Il commercio delle spezie dovette gran parte della sua importanza all'uso che si faceva delle spezie nella preparazione di salumi. Le proprietà antisettiche degli olî essenziali che esse contengono contribuiscono infatti notevolmente alla conservazione.
Secondo la sostanza da trattare, la salatura si compie o cospargendo di sale da cucina, grossolanamente molito, la sostanza stessa, oppure immergendola in una soluzione di sale da cucina o salamoia. Quest'ultimo trattamento è usato per i pesci, per gli ortaggi (fagiolini, cetrioli, cavoli, cavolfiori, ecc.), per certe frutta (olive, ecc.).
Quando i tessuti vegetali sono immersi in salamoia, i carboidrati che essi contengono subiscono fermentazioni per azione di microrganismi, alcuni dei quali sono presenti sui vegetali stessi, altri provengono dall'acqua nella quale è stato disciolto il sale o, in qualche raro caso, sono introdotti artificialmente. Se la salamoia contiene dall'8 al 10% di sale, prevale la fermentazione lattica, che dà prodotti normali; al disotto dell'8% si hanno fermentazioni nocive. Nelle salamoie fortemente concentrate la fermentazione è ostacolata o manca del tutto. Inoltre, i tessuti organici, trovandosi immersi in una soluzione la cui concentrazione è più alta di quella dei loro succhi, cedono, per osmosi, alla salamoia parte della propria acqua, con effetti simili a quelli di un'essiccazione poco prolungata. Nel trattamento in salamoia, oltre a questi, si hanno altri fenomeni molto complessi e ancora non bene studiati. In taluni casi si ottiene un prodotto finito, che viene consumato tal quale; in altri casi la salatura serve semplicemente da trattamento preparatorio per la conservazione sotto aceto, oppure sott'olio, per la canditura, ecc. In qualche caso si evita la fermentazione.
La fermentazione si compie in tini oppure in fusti di legno; in qualche caso anche in vasche in muratura. Generalmente i prodotti trattati hanno densità minore della salamoia e perciò si tengono sommersi disponendovi sopra dei falsi fondi caricati di pesi; in qualche caso si usano pesi così forti, da compiere una vera e propria spremitura dei tessuti. La salamoia viene continuamente diluita dall'acqua che esce dai tessuti; la si riporta alla giusta concentrazione mediante aggiunta di sale.
Conservazione sott'aceto. - È usata da gran tempo nella pratica casalinga e ha importanza non piccola anche nella lavorazione industriale. Si applica specialmente agli ortaggi, cetriolini, cipolline, fagiolini, peperoncini, cavolfiori, pomidori verdi. Questi ortaggi sono dapprima generalmente messi in salamoia e poi sotto aceto. I cetriolini, p. es., dopo essere stati trattati in salamoia per 4-6 settimane, sono lavati per un giorno in acqua corrente, fatti sgocciolare, colorati in soluzione calda di solfato di rame (15 gr. per 100 l.), sciacquati, messi nei recipienti di conservazione insieme con cipolla, timo, aglio, pepe, ecc. e coperti con aceto; dopo pochi giorni si sostituisce l'aceto con altro aceto caldo; e dopo 15 giorni si ripete una terza volta l'operazione. Anche i funghi si conservano sotto aceto, anzitutto lavandoli e facendoli sgocciolare, poi cuocendoli per 20 minuti insieme con aglio, cipolline, alloro, timo, pepe e sale, con aceto addizionato di un bicchiere d'olio d'oliva per ogni 5 litri. La carne e i pesci sono dapprima intrisi di farina e fritti in olio d'oliva, poi si conservano in aceto aromatizzato con alloro, rosmarino e garofano: i prodotti così preparati sono detti marinati.
Conservazione con lo zucchero. - Canditi. - La canditura consiste nell'impregnare di zucchero i tessuti vegetali, fino a raggiungere quella concentrazione che inibisce lo sviluppo ai microrganismi. Si usa per la frutta (albicocche, pesche, pere, ciliegie, prugne, fichi, arance, mandarini, chinotti, cedri, agrumi); per taluni ortaggi (p. es. scorza di melloni) e anche per alcuni fiori, come le viole mammole. I frutti possono essere freschi (in tal caso si preferiscono quelli poco maturi), oppure conservati in diversi modi: in salamoia, con anidride solforosa o anche in scatola col processo Appert. I cedri e le scorze di agrumi normalmente subiscono dapprima la salatura, poi sono dissalati lavandoli in acqua, infine canditi. Alcune specie di frutti freschi (p. es. le arance) sono dapprima cotte in acqua; le castagne, per la preparazione dei marrons glacés, sono cotte anch'esse in acqua, però avendo cura di non portarle all'ebollizione.
La canditura si esegue immergendo i frutti o le scorze in una soluzione di zucchero (sciroppo) bollente, generalmente contenente il 45% di zucchero, e lasciandovela riposare da 12 a 24 ore; sicché per osmosi (come avviene nella salatura) passa nell'interno dei tessuti una certa quantità di zucchero mentre ne esce acqua, che va a diluire la soluzione; questa poi si concentra e vi si immergono nuovamente i frutti. Si ripete l'operazione parecchie volte, fino a tanto che lo sciroppo della concentrazione che si vuole raggiungere (generalmente il 66% di zucchero) non subisce più una diluizione quando vi s'immergono i frutti. I frutti canditi possono essere rifiniti in varî modi: 1. aggiungendo all'ultima soluzione glucosio, lasciando sgocciolare per una giornata e poi essiccando in un ambiente chiuso, riscaldato e ventilato, mantenuto a circa 20° (stufa): in tal modo si ottengono frutti coperti da una patina trasparente e brillante; 2. scaldando i frutti a bagnomaria e poi lasciandoli asciugare in stufa per parecchi giorni; 3. facendo bollire i frutti, bene sgocciolati, in sciroppo al 28% di zucchero, facendoli poi essiccare in stufe per almeno due giorni, e finalmente lasciandoli per una mezza giornata in ambiente fresco, per far cristallizzare lo zucchero; 4. facendo rinvenire i frutti in sciroppo bollente, poi facendoli rotolare, uno a uno, in fondant di zucchero, infine facendoli essiccare in stufa.
Frutta allo sciroppo. - La preparazione di queste frutta è molto più semplice di quella dei canditi; lo sciroppo è semplicemente concentrato per evaporazione, facendolo cuocere insieme ai frutti per portarlo alla concentrazione voluta in una o in due fasi. Nella preparazione casalinga e in pasticceria si spinge la concentrazione fino a rendere possibile la conservazione in vaso aperto; nell'industria lo sciroppo è diluito e la conservazione è ottenuta col processo Appert. Per le marmellate e le gelatine, v. marmellata.
Conservazione nell'alcool. - È usata soltanto per le frutta: specialmente ciliegie, albicocche, pesche, prugne, pere. I frutti, bene scelti e ben maturi, sono dapprima punzecchiati con un grosso ago per farvi meglio penetrare il liquido; poi sono messi, per periodi varianti da 5 a 10 minuti secondo la specie, in acqua bollente, poi fatti raffreddare e infine immersi in un liquido composto di 2 parti di alcool a 85° e di 1 parte di sciroppo, nel quale si lasciano un mese o più prima di consumarli. Fanno eccezione le ciliegie, per le quali si usa solo alcool e si omette il trattamento in acqua bollente.
Conservazione sott'olio. - Gli olî e le altre sostanze grasse impediscono all'aria di venire in contatto con le sostanze in essi immerse. Sterilizzati per riscaldamento, offrono una buona garanzia contro le alterazioni delle sostanze alimentari. Perciò essi sono spesso usati sia nella pratica casalinga, per la conservazione in vasi aperti, sia nella lavorazione industriale, per la conservazione col processo Appert. Si conservano sott'olio le sardine, il tonno e altri pesci, i funghi, le olive, ecc.
Conservazione con prodotti chimici. - Alcune sostanze, che sono velenose in piccole concentrazioni per i batterî, i fermenti e le muffe, non lo sono per l'uomo negli stessi limiti di concentrazione. Esse vengono, perciò, adoperate nella conservazione; ma sempre in piccola misura, perché i giudizî sulla loro innocuità non sono concordi, tanto che spesso le leggi sanitarie ne limitano l'uso. Si adopera, p. es., l'acido benzoico per la carne, la mayonnaise, i succhi di frutta, alcuni pesci; l'acido borico e i suoi sali per le uova, il caviale, alcuni pesci; l'aldeide formica per il caviale; l'acido solforoso per la conservazione di frutta destinate a servire come materia prima per altre lavorazioni.
Per la conservazione col freddo, v. freddo, Industria del.
Processo Appert. - Consiste nello sterilizzare le sostanze alimentari entro recipienti ermeticamente chiusi, nei quali sono poi conservate.
Pare che lo Spallanzani abbia avuto la prima intuizione di questo processo quando nel 1765, confutando alcune conclusioni dell'inglese Needham, dimostrò che certi estratti accuratamente riscaldati in recipienti chiusi non si alteravano fino a tanto che non vi entrava dell'aria non trattata col calore o, come si direbbe oggi, non sterilizzata. Egli, giustamente, indicò quest'aria quale veicolo dell'infezione per la quale le sostanze alimentari finivano con l'alterarsi. Le sue idee, però, non furono accettate da tutti gli scienziati dell'epoca. Lo Scheele nel 1782 consigliò di conservare l'aceto mettendolo in bottiglie e poi riscaldandolo; ma, per quanto buoni fossero i risultati, l'esperimento riuscì poco persuasivo perché era noto che l'aceto si conserva perfettamente senza bisogno di trattamenti speciali.
La scoperta dell'attuale processo industriale spetta indubbiamente a Nicola Appert (da alcuni autori chiamáto Francesco e detto fratello del filantropo Beniamino Nicola Maria; pare erroneamente) il quale nacque nel 1750 a Châlons-sur-Marne e morì nel 1841 a Massy (Seine-et-Oise). Nella sua lunga pratica di pasticceria e di cucina egli aveva avuto occasione di osservare che gli alimenti cotti in recipienti chiusi si conservavano per lungo tempo. Egli cominciò a fare esperienze metodiche per determinare le condizioni nelle quali si verificava questo fenomeno, quando il governo francese, nel 1795, preoccupato dalle perdite che lo scorbuto causava fra i marinai, offrì un premio di 12.000 franchi all'inventore di un metodo perfezionato di conservazione degli alimenti. Dopo lunghi lavori e molte spese, l'Appert finì col creare lo stesso processo che ancor oggi sostanzialmente si usa. Egli lo espose nel suo Le livre de tous les ménages, ou l'art de conserver, pendant plusieurs années, toutes les substances animales et végétales, pubblicato nel 1810, tradotto l'anno stesso in tedesco e nel 1812 in inglese. Egli scriveva che il calore ha la proprietà, se non di distruggere, almeno di arrestare per parecchi anni la tendenza alla decomposizione e che l'applicazione del calore alle sostanze animali e vegetali, dopo averle tolte dal contatto dell'aria, basta a conservarle perfettamente. Fin dal 1804 egli era riuscito a ottenere un attestato, dal quale risultava che della carne, del brodo, dei piselli e dei fagiuoli si erano conservati abbastanza bene col suo processo; negli anni seguenti il suo successo fu ancor meglio riconosciuto. Egli usava dei robusti recipienti di vetro a collo largo, chiusi da tappi accuratamente fatti di parecchi strati di sughero; e sterilizzava in bagno aperto. Più tardi, seguendo l'esempio di alcuni suoi imitatori inglesi, egli usò scatole metalliche e al bagno aperto sostituì l'autoclave che ancora presentava forti pericoli di esplosione, perché mancava di valvola di sicurezza e di manometro, era riscaldato direttamente da un focolare e la pressione si regolava togliendo oppure attivando il fuoco. Va notato che egli raccomandava celerità e massima pulizia nella preparazione delle sostanze alimentari da conservare col suo processo, raccomandazione importantissima e che anche oggi si deve spesso ripetere. Dopo la pubblicazione del suo libro, l'Appert ottenne il premio di 12.000 franchi, che gli permise di organizzare su basi industriali, nel 1812, il suo stabilimento di Massy. Nel 1824 poté dimostrare che le vendite di questo stabilimento superavano i 100.000 franchi; ma non pare che gli affari gli lasciassero molto profitto. L'Appert si occupò anche della conservazione del latte, ideando e applicando un metodo primitivo di pastorizzazione. La ditta da lui fondata esiste ancora.
Gl'Inglesi per molto tempo hanno voluto rivendicare al loro compatriota Donkin la priorità dell'invenzione dell'Appert. Però il Donkin stesso, in una sua pubblicazione, scrisse che doveva l'idea a una persona residente all'estero, accenno che si riferisce certamente all'Appert, sebbene questi non sia esplicitamente nominato. Nel 1807, Thomas Saddington - il quale riconobbe anch'esso di aver appreso quanto sapeva nei suoi viaggi all'estero - fu premiato dalla London Society of Arts per un suo metodo di conservazione delle frutta senza zucchero. Nel 1814 l'Appert stesso si recò in Inghilterra per fare esperimenti col suo metodo, nella speranza di ottenere delle ordinazioni; ma non riuscì a raccogliere altro che lodi. Il che non vuol dire, tuttavia, che l'importanza pratica della sua scoperta sfuggisse allo spirito pratico di quel popolo; alcuni Inglesi, infatti, organizzata una società, cominciarono a preparare conserve col processo Appert, usando scatole di latta invece di recipienti di vetro: in un primo tempo essi subirono perdite enormi per quell'epoca, ma poi ebbero successo.
Il processo Appert fu presto applicato negli Stati Uniti, dove si conservarono dapprincipio pesci, aragoste e ostriche. Il primo ad applicarlo industrialmente pare sia stato un certo Daggett di New York. Nel 1819 cominciò a lavorare con questo metodo Thomas Kensett e press'a poco alla stessa epoca William Underwood, il quale già nel 1821 esportava nell'America Meridionale.
L'Appert non aveva dato una spiegazione scientifica del suo processo. Per molto tempo si credette che la conservazione fosse un effetto dell'esclusione dell'aria, il che era ammissibile per i microrganismi aerobici, ma non per gli altri, che sono ancor più pericolosi. Solo con i lavori di Pasteur si ebbe una spiegazione scientifica del processo che l'Appert aveva scoperto.
Recipienti per la conservazione col processo Appert. - La scatola di latta (fr. boîte; sp. cajeta; ted. Dose; ingl. d'Inghilterra tin; ingl. degli Stati Uniti can) è il recipiente maggiormente usato per la conservazione col processo Appert. Si usano anche recipienti di vetro, recipienti di porcellana e in qualche caso scatole e vasetti di cartone impregnato.
Le scatole di latta pare siano state usate prima del 1800 in Olanda, per conservare pesci in salamoia e sott'olio. Nel 1810 in Inghilterra Pietro Durand ne brevettò l'uso per la conservazione col processo Appert. In seguito fu adottata dall'Appert stesso, il quale, però, finì col preferire grandi scatole di lamiera, stagnate dopo formate, perché i marinai potevano utilizzarle trasformandole in casseruole; ma quest'uso non fu seguito dagli altri industriali.
Le scatole di latta prima furono fabbricate interamente a mano; un abile stagnino poteva farne una sessantina al giorno, in qualche caso anche cento; ma dal 1850 in poi si andarono inventando macchine che compivano alcune delle operazioni di fabbricazione. Le scatole generalmente usate fino al 1900 erano tutte saldate: il coperchio aveva un'apertura circolare, attraverso la quale la scatola si riempiva e che si poteva chiudere saldando sui suoi orli un disco di latta, nel quale era aperto un piccolo foro; questo serviva da sfiatatoio quando si estraeva l'aria dalla scatola e veniva chiuso con una goccia di stagno prima di passare la scatola alla sterilizzazione. Questo modello di scatola fu poi sostituito dalle scatole aggraffate, del tipo che con qualche modificazione è ancora oggi in uso. L'impermeabilità delle aggraffature dei fondi era assicurata con anelli di gomma, oppure di carta. Nel 1893 Charles M. Ams ebbe l'idea di sostituire all'anello una soluzione di gomma, molto più facile ad applicare. Più recentemente furono introdotte le scatole laccate.
Per la fabbricazione della scatola, il rettangolo di latta destinato a formare il corpo della scatola si taglia con cesoia, oppure (nel caso di grandi produzioni) con punzoni su presse. Esso viene poi curvato nella forma desiderata (cilindrica, p. es.) ed eventualmente saldato a mano, fermando gli orli con una tenaglia da saldare. Vi sono macchine per saldare, che eseguono la saldatura per immersione in stagno liquefatto, e altre nelle quali s'interpone fra i due orli una striscia di stagno, che viene poi fusa con una fiamma, realizzando la saldatura. Col metodo americano i corpi sono aggraffati e poi saldati esternamente per assicurare l'ermeticità. I corpi così ottenuti vengono passati alla bordatrice, che ne piega all'infuori gli orli liberi. I fondi e i coperchi delle scatole possono essere di due forme, una delle quali è detta a palpella piana e l'altra a palpella concava. Essi sono tagliati, dai fogli di latta, con punzoni su apposite presse; vi si applica poi, sull'orlo, una guarnizione costituita da un anello di gomma o di carta, oppure da un mastice fluido (compound) che è una soluzione di gomma in solventi volatili. Il fondo è poi aggraffato sul corpo della scatola; quando questa è riempita, prima della sterilizzazione vi si aggraffa il coperchio. Se i fondi e il coperchio sono a palpella piana, l'aggraffatura si compie col metodo dei due rollini; se sono a palpella concava, col metodo della tenaglia e del rollino; ma, quanto a velocità di lavorazione e bontà della chiusura, non c'è differenza fra le macchine che applicano l'uno o l'altro metodo. Per le grandi produzioni ormai vi sono macchine automatiche che consentono una grandissima economia di mano d'opera e lavorano in modo perfetto. Una serie di queste macchine produce 10.000 scatole all'ora, impiegando 6 donne e 2 uomini.
Anticamente, ciascuna fabbrica di conserve fabbricava direttamente le scatole che le occorrevano. Ora quest'uso tende a limitarsi a quelle grandissime fabbriche che possono dar lavoro a una o più serie di macchine automatiche; alle altre provvedono fabbriche di scatole specializzate.
Per assicurare una buona conservazione, è indispensabile che la scatola sia chiusa ermeticamente: basta una spaccatura quasi invisibile ad occhio nudo, una crepa causata dalla pressa, un'aggraffatura non bene stretta, per aprire la via ai microrganismi. Un tempo il fabbricante di conserve si affidava soltanto all'occhio per giudicare la scatola e non di rado la lavorazione di un'intera campagna si chiudeva in perdita per difetti che non erano stati scoperti in tempo. Oggi vi sono delle macchine speciali che verificano le scatole, p. es. immergendole in acqua e riempendole di aria compressa: se vi sono delle fessure anche piccole l'aria esce e gorgoglia nell'acqua, facendo subito scoprire il difetto. Altre di queste macchine operano a secco.
Per il salmone, le aragoste e certi vegetali molto colorati che si altererebbero nella latta ordinaria, si usa latta verniciata a fuoco con una speciale soluzione. Alcuni crostacei, che alla cottura sviluppano sostanze solforate, sono messi in scatola involti in carta pergamenata. Da qualche tempo si sono cominciate a usare, sebbene in piccola quantità, anche scatole di alluminio, che presentano parecchi vantaggi.
I recipienti di vetro sono stati sempre usati nella manifattura casalinga delle conserve; mentre invece l'industria, seguendo l'esempio dell'Appert, ha preferito le scatole di latta. Il più grave difetto dei recipienti di vetro è la facilità di rottura, sia per il cambiamento di temperatura durante la sterilizzazione e il successivo raffreddamento, sia per urti. Essi sono ordinariamente chiusi da coperchi di latta, con guarnizioni diverse per assicurarne l'impermeabilità all'aria. Uno dei metodi più comuni è quello d'interporre fra la palpella piana del coperchio e l'orlo del recipiente, che è bene spianato, un anello di gomma che viene premuto da una striscia di latta i cui orli vengono piegati sulla palpella e sotto il bordo del vetro da un'apposita aggraffatrice. In altri tipi di chiusura la guarnizione è di sughero. Per bottiglie e recipienti a collo stretto si usano anche chiusure nelle quali il coperchio di latta, rivestito internamente di sughero, è aggraffato all'orlo del collo con la stessa palpella, ondulata.
I recipienti di porcellana e di maiolica di tipo artistico sono usati quasi soltanto per le conserve di frutta: offrono il vantaggio di poter essere utilizzati dopo che siano vuotati; ma il loro costo e la fragilità ne ostacolano la diffusione, che è limitatissima. Vasetti semplici si usano per il fegato grasso, per la mostarda, ecc. Alle volte questi vasetti sono confezionati entro scatole di latta per l'esportazione.
Sostanze alimentari che si conservano col processo Appert. - Il processo Appert è applicato in un gran numero di casi, e non soltanto per quelle sostanze che si conservano bene allo stato naturale.
Si conservano con questo processo: le carni; i pesci, specialmente il salmone che dà luogo a un'importante industria; le sardine; il tonno; le aragoste; le ostriche; i gamberi, ecc. Si conservano pure, per quanto su scala limitata, polli e cacciagione.
Fra gli ortaggi e le verdure, il pomodoro, coi diversi prodotti che ne derivano, è quello che dà maggior lavoro all'industria; vengono poi i piselli verdi, i fagiolini verdi, gli spinaci, gli asparagi, i carciofi, i peperoni, ecc. Gli ortaggi sono generalmente conservati in scatole piene di salamoia (v. ortaggi). Negli Stati Uniti è importante l'industria della conservazione del granturco immaturo in salamoia zuccherata, e si usa anche conservare in scatola le zucche, le patate dolci, ecc.
Le frutta si conservano in grandissima quantità nello sciroppo. Quelle che dànno maggior lavoro alle fabbriche sono gli ananas, le pesche, le albicocche; inoltre le pere, le mele, ecc. Negli ultimi anni a Portorico e nella Florida si è affermata l'industria dei grapefruit in scatola: si tratta di spicchi di frutto, liberati anche delle membrane che li ricoprono. Tutte le specie di frutti, poi, sono trasformate in marmellate e gelatine. Per la preparazione di queste si usano anche polpe non zuccherate, che sono conservate in scatola col processo Appert.
Il latte, più o meno condensato, con o senza zucchero, è pure conservato in grande quantità col processo Appert. La lavorazione è molto delicata e, come quella della carne, è compiuta da ditte specializzate.
Sono pure conservati col processo Appert alcuni prodotti che vorrebbero sostituire le pietanze preparate da cuochi esperti, oppure dar modo di prepararle facilmente. Questi vanno dall'aristocratica zuppa di tartaruga e dal pasticcio di fegato grasso di Strasburgo a pietanze popolari, come l'italiano tonno a ragoût e gli americani fagiuoli con carne di maiale (pork and beans). vi sono compresi la carne tritata, preparata con ogni genere di bassi prodotti di macelleria, che serve da ripieno per sandwich e simili, le zuppe più diverse, e quei prodotti tipicamente anglo-sassoni che sono il pudding e la carne per pasticci (mince meat), ecc. Per gl'Italiani può essere oggetto di curiosità, che negli Stati Uniti si vada diffondendo l'uso di spaghetti conservati in scatola, cotti e conditi. Negli Stati Uniti si è poi sviluppata anche l'industria della salsa mayonnaise, conservata col processo Appert in recipienti di vetro. La preparazione su scala industriale di questo prodotto richiede molte cure, poiché tutte le parti metalliche che compongono l'apparecchiatura debbono essere smaltate, oppure stagnate o argentate.
Da tempo si usa chiudere in scatole a chiusura ermetica, quando debbono essere conservati a lungo, specialmente in paesi umidi, molti prodotti che, di per sé, sono di facile conservazione, ma sono danneggiati dagl'insetti e dall'umidità. Così, p. es., farine e anche biscotti. Quest'uso si è esteso anche a prodotti destinati al normale consumo interno e relativamente poco deperibili, principalmente allo scopo di permettere all'industria di produrli su vasta scala, e di venderli a grande distanza senza sacrificio della qualità. Così, p. es., il caffè tostato, le arachidi tostate, le prugne secche, ecc. Nelle scatole di questi prodotti si usa fare il vuoto.
Operazioni preparatorie. - Per la buona riuscita delle conserve è necessario usare materia prima in condizioni perfette; perciò una delle prime operazioni nella preparazione di frutta e di ortaggi per la conservazione, consiste nello scartare i prodotti guasti, poi nel togliere da quelli sani le parti non commestibili. Perciò ciascuna specie di frutta, di ortaggi o di verdure subisce alcune operazioni speciali, che non si scostano molto da quelle usate nelle cucine domestiche se non per il fatto che sono in qualche caso compiute a macchina oppure con l'aiuto di prodotti chimici. Per es., con macchine speciali si sbaccellano e si vagliano i piselli, separandoli per grossezza, si spellano gli asparagi, si torniscono i carciofi, si tolgono i noccioli alle ciliegie, si pelano le pere e le mele, si toglie la scorza dura agli ananas, ecc. Invece, i pomidori si pelano generalmente a mano, dopo averli immersi in acqua bollente. Le pesche e le albicocche si pelano dopo immersione in una soluzione di soda caustica e nell'industria sono usate anche macchine che compiono in modo soddisfacente l'operazione della pelatura. Molte frutta sono anche liberate dai semi. Frutta e ortaggi sono tagliati in pezzi più o meno regolari per la preparazione della macedonia. Altri sono ridotti in purée, per es. i pomidori con le apposite macchine passatrici. I crostacei sono liberati dal guscio, i pesci sventrati e liberati dalla testa e dalle lische, generalmente a mano. Il salmone è sventrato, tagliato a pezzi e liberato della testa con una macchina apposita, il cosiddetto iron Chink ("cinese di ferro").
Un'operazione delle più importanti, specialmente per gli ortaggi, è la lavatura. Si può compiere per immersione in acqua, oppure per mezzo di getti di acqua sotto pressione. L'immersione più o meno prolungata è utile specialmente quando si ha da fare con fango secco, come, p. es., nel caso di radici. La lavatura per immersione è, in qualche caso, completata dal lavaggio con getti d'acqua. Gli apparecchi per il lavaggio sono di diversi tipi: alcuni sono costituiti da cilindri rotanti; altri da trasportatori e tazze perforate, sui quali cadono getti d'acqua.
Cottura preliminare. Concentrazione. - Alcuni prodotti sono cotti prima di essere messi nelle scatole o nei recipienti di vetro: così, p. es., le marmellate e le gelatine di frutta; anche il granturco immaturo degli Stati Uniti è parzialmente cotto prima di esser messo in scatola. Il tonno, prima d'esser messo sott'olio nelle scatole, è cotto in acqua salata e leggermente essiccato. Le sardine anticamente erano essiccate, poi cotte in olio bollente; ora si cuociono in vapor d'acqua (a pressione ordinaria oppure in autoclave) e poi sono messe in scatola. Le aragoste sono cotte in acqua bollente. Anche la carne è cotta prima di esser messa in scatola. Gli spinaci e gli asparagi sono bolliti.
Moltissimi altri prodotti, invece, hanno bisogno soltanto di una leggerissima cottura, per la quale basta quel riscaldamento che si fa nel processo di sterilizzazione e nell'estrazione dell'aria. Sono così trattate le frutta conservate nello sciroppo, il salmone, ecc.
Alcuni ortaggi sono semplicemente scaldati (sbollentati) per immersione in acqua bollente; così, per es., i carciofi, i fagiolini verdi. Sono sbollentate pure le ostriche, in modo che le valve si aprano.
La conserva di pomodoro prima di essere messa in scatola è concentrata, preferibilmente a pressione ridotta. Anche il latte viene concentrato.
Eliminazione dell'aria. - Dopo aver riempito il recipiente e prima di chiuderlo, è buona regola eliminare dall'interno di esso la maggior parte dell'aria, sia quella che si trova sempre nelle sostanze alimentari, nelle salamoie o negli sciroppi, ecc., sia quella che occupa lo spazio vuoto nella parte superiore del recipiente. Gli acidi organici della conserva, in presenza dell'ossigeno di quest'aria, potrebbero determinare la corrosione e la foratura della latta. Inoltre, quando si riscalda la scatola per sterilizzarla, l'aria, espandendosi, potrebbe esercitare pressioni eccessive dall'interno verso l'esterno.
Il modo più semplice di eliminare l'aria consiste nel riscaldare il recipiente insieme alla conserva che esso contiene, portandolo alla temperatura di 70°-80° per un periodo di 4 a 8 minuti. Si è trovato che è preferibile riscaldare per un tempo più lungo a temperatura più bassa: p. es. un riscaldamento di 10-15 minuti a 60°-65° è più efficace di un riscaldamento di 4-6 minuti a 80°. Raffreddando la scatola, l'aria che rimane al disotto del coperchio si raffredda anch'essa e si contrae e parte del vapor d'acqua che la satura si condensa; così la pressione all'interno del recipiente diventa minore dell'esterna. Ciò contribuisce ad assicurare la tenuta dei coperchi dei recipienti di vetro, che sono guarniti con anelli di gomma. Nelle scatole di latta la pressione esterna spinge i fondi verso l'interno, facendo prender loro una forma concava: finché essi mantengono questa forma si può dire che la conserva non è alterata, perché appunto il rigonfiamento dei fondi è indizio di alterazione (v. oltre). Il riscaldamento modernamente si compie in apparecchi nei quali le scatole sono trasportate automaticamente dalla parte d'immissione a quella di scarico, per mezzo di nastri trasportatori o di altri dispositivi. Uno dei tipi più usati in America è costituito da una cassa, entro la quale sono montati dischi dentati girevoli intorno ad assi verticali, ciascuno dei quali trascura il vicino. Delle guide curvilinee formano i fianchi d'un canale a zig-zag che ha per fondo i dischi; questi trascinano le scatole e le costringono ad avanzare. Si usano anche, per l'eliminazione dell'aria, pompe a vuoto.
Sterilizzazione. - È, come si è detto, l'operazione fondamentale del processo Appert: dalla sua riuscita e dalla perfetta ermeticità dei recipienti dipende il successo della lavorazione. Essa serve anche a cuocere la conserva; ma se ciò, in molti casi, contribuisce a darle un nuovo sapore gradevole, non sono pochi i casi in cui accade il contrario. Più la temperatura è elevata, più perfetta riesce la sterilizzazione; ma anche è più facile che la conserva prenda un gusto troppo forte di cotto e anche di bruciato. Non sempre è facile conciliare i due obiettivi.
A parità di altre condizioni, la durata del riscaldamento, che basta ad assicurare la sterilizzazione, è tanto minore quanto più elevata è la temperatura: p. es., a 121° la sterilizzazione si compie in 1/I00 del tempo necessario a 100°. Però, molti ortaggi che non sono danneggiati da un trattamento per 40 minuti a 115°, prendono un troppo forte sapore di cotto a 121°. Il latte non resiste a un trattamento prolungato come quello degli ortaggi, né alla stessa temperatura. Quasi tutte le frutta possono essere bene sterilizzate a 100°. Molti pesci non debbono essere sterilizzati al disopra di 115°; altri resistono a temperature superiori. La carne può essere sterilizzata per un'ora, e anche per due, a 121°.
Temperatura e durata di un'efficace sterilizzazione dipendono, anzitutto, dalla natura dei microrganismi che si vogliono uccidere. Ma la specie e la resistenza di questi microrganismi variano da partita a partita di materia prima, secondo il terreno da cui questa proviene e il trattamento ricevuto durante il trasporto e nelle operazioni preliminari. Per es., i piselli sono sterili finché rimangono entro il loro baccello; ma si infettano più o meno durante la sbaccellatura e dopo. Nella pratica industriale è impossibile determinare caso per caso la natura dell'infezione. Da tempo i fabbricanti di conserve sapevano che l'acidità facilita la sterilizzazione; però questa regola subiva molte eccezioni: per es. il ribes si sterilizzava più difficilmente che non frutti meno acidi; gli acidi formatisi per fermentazione non riuscivano efficaci come quelli presenti nella sostanza naturale, ecc. Queste anomalie sono state chiarite recentemente misurando la concentrazione in ioni idrogeno (pH) delle diverse sostanze. Sono infatti gli ioni idrogeno che hanno azione tossica sui loro microrganismi; ma la loro concentrazione non è direttamente proporzionale all'acidità libera delle diverse sostanze. Fra le sostanze che presentano un'alta concentrazione di ioni idrogeno (o, come suol dirsi, un pH basso) sono alcune specie di prugne fresche (pH = 2,9); le ciliegie amarene (pH = 3,4), le pesche (pH = 3,5), ecc.; le olive mature, invece, sono neutre (pH = 7) e la loro sterilizzazione è difficile. Il pomodoro ha pH = 4,2: appunto per questo si sterilizza facilmente a 100°. Su questo fenomeno si fonda il metodo ora largamente usato dalle massaie della California, dell'aggiunta del 4%, circa di succo di limone alla salamoia, per la conservazione degli ortaggi. Quest'acidità può essere neutralizzata con un alcali al momento di servire la conserva.
Se la conserva è riscaldata rapidamente, e altrettanto rapidamente raffreddata, si può abbreviare la durata della sterilizzazione senza diminuirne l'efficacia. La rapidità del riscaldamento e del raffreddamento dipende dalla natura della conserva: il calore si trasmette molto più lentamente entro una densa pasta o dentro ortaggi fortemente pressati, oppure dentro una sostanza colloidale, che non dentro un recipiente che contenga pochi solidi immersi in molto liquido. Se i recipienti sono agitati, la trasmissione del calore è più rapida. Così pure, è più rapida in una scatola di latta che non in un recipiente di vetro.
La sterilizzazione si può compiere:
a) In bagno aperto. - Si usano vasche in muratura, oppure in ferro, oppure tini di legno, riscaldati sia a fuoco diretto, sia a vapore. I recipienti da sterilizzare sono messi in un paniere metallico forato, che si immerge nel bagno e se ne estrae a sterilizzazione compiuta, generalmente con l'aiuto di una gru. Se si vuole lavorare a temperatura superiore a 100°, è necessario innalzare il punto di ebollizione dell'acqua sciogliendovi un sale, preferibilmente sale di cucina, oppure cloruro di calcio. Per portare il punto di ebollizione dell'acqua a 105° occorre disciogliervi 294 gr. di cloruro di calcio oppure 277 gr. di sale di cucina per litro; per portarlo a 110°, 440 gr. di cloruro di calcio; a 115°, 586 gr. di cloruro di calcio oppure di sale di cucina; a 120°, 736 gr. Il lavoro col bagno aperto richiede molta mano d'opera; inoltre, se si usa il riscaldamento a fuoco diretto, difficilmente la conserva è portata tutta alla medesima temperatura, sicché la sterilizzazione non riesce uniforme. Per queste ragioni, il bagno aperto, un tempo di uso generale, ormai tende sempre più a essere usato solo dalle piccole fabbriche, le quali lo preferiscono per il basso costo d'impianto.
b) In autoclave. - L'autoclave è sostanzialmente un recipiente chiuso che contiene vapore sotto pressione. Può essere riscaldato a fuoco diretto; meglio però a vapore. ve ne sono di diversi tipi. I più semplici son quelli verticali oppure orizzontali, con un paniere forato, nel quale si collocano i recipienti da sterilizzare, che viene introdotto ed estratto con una gru nel primo caso, mentre scorre su rotaie nel secondo; e quelli verticali ad armadio, usati per i recipienti di vetro; in altri autoclavi i recipienti sono agitati durante la sterilizzazione. Uno dei vantaggi della sterilizzazione in autoclave è che la pressione che sollecita i recipienti dall'esterno all'interno è eguale a quella che li sollecita dall'interno all'esterno: si evitano così le deformazioni.
c) In apparecchi continui. - Sono essenzialmente costituiti da una mssa, entro la quale i recipienti da sterilizzare sono trasportati, per mezzo di appositi organi, dalla finestra di ammissione a quella di scarico. La durata della sterilizzazione si può regolare, variando opportunamente la velocità degli organi trasportatori, oppure la lunghezza del percorso dei recipienti da sterilizzare. Alcuni di questi apparecchi operano a pressione ordinaria (cioè a 100°); altri a pressione maggiore. Sono stati creati in epoca relativamente recente: i primi tipi pratici, operanti a pressione ordinaria, apparvero negli Stati Uniti poco prima della guerra mondiale; i primi buoni apparecchi continui a pressione superiore all'ordinaria apparvero verso il 1920.
I primi tipi di questi apparecchi avevano la cassa a sezione rettangolare, con un trasportatore a nastro continuo, di speciale costruzione; erano alimentati a mano e i recipienti non erano agitati durante la sterilizzazione. Questi tipi furono poi sostituiti da altri, nei quali l'alimentazione era automatica e il trasportatore era del tipo attualmente in uso, a canale elicoidale; la cassa era ancora a sezione rettangolare. Nei tipi moderni, come quello Anderson-Barngrover la cassa ha sezione circolare, corrispondente a quella del trasportatore; questa conformazione permette di adoperare una quantità minore di acqua e di vapore. Il trasportatore è costituito da un tamburo il quale ruota internamente a un'elica fissa, montata sulla parete interna della cassa; l'uno e l'altra limitano un canale elicoidale, entro il quale le scatole cilindriche sono costrette, dal moto del tamburo, ad avanzare rotolando intorno al proprio asse. Il tamburo ruota a velocità costante; le finestre di scarico sono distribuite lungo la cassa a differenti distanze dalle finestre di alimentazione; la durata della sterilizzazione si regola facendo avvenire lo scarico dall'una oppure dall'altra di queste finestre (variando, in tal modo, la durata del trattamento). Dallo scarico dell'apparecchio, le scatole passano all'apparecchio di raffreddamento.
L'apparecchio continuo, che opera a pressione superiore all'atmosferica, è sostanzialmente simile a quello a pressione ordinaria sopra descritto; però la cassa è di costruzione più robusta e speciali dispositivi consentono che il passaggio dalla pressione atmosferica a quella, più elevata, che regna nell'interno dell'apparecchio e da questa alla pressione atmosferica - all'ammissione e allo scarico delle scatole rispettivamente - si compiano con la minima perdita di vapore.
Per certi prodotti, che sono danneggiati da un'agitazione troppo forte, sono stati costruiti apparecchi simili a quelli sopra descritti, nei quali, però, le scatole non ruotano intorno al proprio asse. Questi moderni apparecchi continui sono adatti alle grandi produzioni. Automatici come sono, oltre all'economia di mano d'opera essi consentono una più precisa regolazione della temperatura e della durata della sterilizzazione.
Per la sterilizzazione dei recipienti di vetro e anche delle grandi scatole di latta si usano apparecchi speciali, nei quali s'immette anche aria sotto pressione.
La temperatura alla quale si compie la sterilizzazione varia, come si è detto, secondo i prodotti da trattare, secondo le altre condizioni sopra ricordate, e specialmente secondo che i recipienti siano agitati oppur no. Per evitare inconvenienti, ormai si preferisce largheggiare nella durata. Il tempo necessario perché tutta la conserva da sterilizzare, compresa quella che si trova al centro del recipiente, assuma la temperatura dell'apparecchio di sterilizzazione dipende dalle dimensioni del recipiente stesso (oltreché dalla natura della conserva, come si è detto sopra); in un recipiente cilindrico, è proporzionale al suo diametro e alla sua altezza. Per scatole cilindriche di 7 cm. di diametro e 10 di altezza, si raccomanda di eseguire la sterilizzazione alla temperatura e per il tempo qui ricordati: a 100°: pomidori pelati, per 8-30 minuti; purée di pomodoro, per 15 min.; mele, per 4-6 min.; albicocche, per 8 min.; pesche, per 8-12 min.; pere, per 8 min.; ciliegie, per 8-12 min.; fragole, per 4-8 min.; fichi, per 12 min.; ananas, per 15-18 min.; sardine, per 60-120 min.; a 115°: asparagi, per 12-20 min.; fagiuoli, per 20-30 min. (alcune varietà anche per 120 min.); carciofi, per 12-20 min.; cavoli, per 35 min.; sedani, per 20 min.; carote, per 30 min.; tonno, per 70 min. I piselli si possono sterilizzare a 115° per 30-40 min., oppure a 121° per 12-17 min.; il latte a 113° per 40 min. oppure (agitando) a 118° per 17 min. Il salmone si sterilizza a 115°-121° per 90 minuti; l'aragosta a 104° per 120 min.; il grapefruit a 820 per 10 min.; le olive a 990 per 40 min.; gli spinaci a 121° per 20-40 min.; la carne a 120° per 45-120 min., secondo la qualità.
Per il raffreddamento, nelle grandi fabbriche moderne si usano alcuni speciali apparecchi continui, i quali permettono di regolare esattamente la durata.
Alterazioni dei prodotti conservati col processo Appert. - L'insufficiente sterilizzazione ha per effetto lo sviluppo di microrganismi nocivi e la decomposizione della conserva che, oltre a diventare non commestibile, in qualche caso è anche velenosa per la presenza del Bacillus botulinus. Lo stesso effetto ha l'entrata dell'aria nei recipienti, anche se bene sterilizzati. In una scatola l'aria può entrare attraverso fessure della latta (spesso quasi invisibili a occhio nudo), oppure attraverso l'aggraffatura longitudinale, se non è bene coperta di stagno, oppure attraverso l'aggraffatura del fondo, se la guarnizione non è a perfetta tenuta: tutti difetti che, ormai, si possono scoprire facilmente, provando l'ermeticità della scatola con le apposite macchine. Più difficili a scoprirsi sono i difetti di ermeticità nell'aggraffatura del coperchio; ma siccome il fondo e il coperchio di una scatola ermeticamente chiusa si rigonfiano prontamente col riscaldamento e altrettanto prontamente ritornano piani col raffreddamento, un buon metodo - usato da alcuni fabbricanti americani - consiste nello scartare tutte le scatole per le quali questo fatto non si verifica.
Nella decomposizione delle conserve si sviluppano gas che producono il rigonfiamento permanente dei fondi delle scatole; anche se premuti, i fondi ritornano convessi appena cessata la pressione. Il rigonfiamento può essere, però, effetto di cause diverse dalla decomposizione: 1. della formazione d'idrogeno, per corrosione della latta; in tal caso la conserva può rimanere commestibile; aprendo una simile scatola, ne esce dell'idrogeno che brucia facilmente; 2. di una fermentazione alcoolica in tal caso la conserva resta commestibile, ma cambia di sapore; 3. dell'essere la scatola eccessivamente piena, oppure del non esserne stata bene estratta l'aria; in questi casi la conserva è commestibile e il rigonfiamento sparisce quando si raffredda la scatola (p. es. immergendola in acqua fredda) per ricomparire quando la si riporta a temperatura ordinaria. Però, quando il gas sviluppatosi è in piccola quantità, il rigonfiamento sparisce col raffreddamento della scatola, anche se è dovuto a decomposizione della conserva. Per questa ragione, tutte le scatole che presentano rigonfiamento si sogliono ritenere non adatte all'alimentazione umana. se la sterilizzazione è insufficiente, in certi casi gli ortaggi subiscono processi fermentativi, dovuti a batterî che si sviluppano a temperatura superiore a 38°; questi processi si compiono senza notevole sviluppo di gas e, per consegueriza, senza rigonfiamento della scatola; però la conserva diventa acida.
Il colore degli ortaggi conservati in scatola può subire modificazioni profonde e caratteristiche, dovute specialmente al solfuro di ferro, che può formarsi durante la sterilizzazione, per azione di piccole quantità d'idrogeno solforato sul ferro della latta, oppure può formarsi nei trattamenti preliminari, quando gli ortaggi vengono in contatto con ferro, o con solfuro di rame, formatosi per tracce di rame cedute dagli apparecchi; da queste ragioni dipende l'annerimento dei piselli e del granturco. Le frutta, in qualche raro caso, assumono un colore oscuro per effetto dell'uso di zucchero non raffinato contenente tracce di anidride solforosa: le pere e le pesche possono assumere un color rosa quando non sono bene raffreddate dopo la sterilizzazione; le mele, quando l'estrazione dell'aria non è stata ben fatta, possono colorarsi in nero per effetto di una reazione fra il tannino che contengono e il ferro della scatola. I succhi di frutta sono talmente suscettibili di assumere colori sgradevoli che, nella loro preparazione, si usano sempre apparecchi smaltati, oppure di metalli non attaccabili.
Altri difetti dei prodotti in scatola sono talvolta odori o sapori sgradevoli. In qualche caso sono naturali e caratteristici della materia prima come, p. es., il cattivo odore del salmone in scatola, che è erroneamente attribuito a decomposizione e che si elimina prolungando sufficientemente il riscaldamento per l'espulsione dell'aria, prima della chiusura della scatola. In molti altri casi, però, sono dovuti a incipiente alterazione della materia prima, anteriormente alla messa in scatola.
Bibl.: The Canning Trade, A complete course in canning, Baltimora 1924; W. V. Cruess, Commercial fruit and vegetable products, New York 1924; G. D'Onofrio, L'industria delle conserve alimentari, Milano 1924; H. Serger e B. Hempel, Konserventechnisches Taschenbuch, Brunswick 1930. Riviste: The Canner, Chicago; Canning Age, New York; Food Manufacture, Londra; Konserven Industrie, Brunswick; Le conserve alimentari, Roma; L'industria italiana delle conserve alimentari, Parma.
Industria.
L'uso di conservare, specialmente mediante essiccatura o salatura, snstanze alimentari è antichissimo e ci è testimoniato per varî popoli dell'Antico Oriente. Per la Grecia, specie per l'Attica, sappiamo che il pesce salato (τάριχος) era cibo diffusissimo in larghi strati della popolazione, come risulta anche dagli accenni dei comici. Sui processi conservativi di frutta e di sostanze alimentari diverse non mancano prescrizioni e accenni negli scrittori romani di agricoltura, scienze naturali e culinaria, come Plinio, Columella e Apicio.
Nel Medioevo la necessità dell'astinenza quaresimale diede incremento alla preparazione del pesce salato, nella cui lavorazione finirono con lo specializzarsi le popolazioni nordiche (Paesi Bassi, Scandinavia, ecc.). Anche carni affumicate e salumi furono largamente preparati nel Medioevo: notissimo il bue affumicato di Amburgo e le carni insaccate di suini in Francia.
In Italia, fin dal Medioevo veniva iniziata la preparazione del pesce salato in barili a Comacchio e a Ferrara, e quella delle cotognate, pinocchiate, cedrate, rape, savori nel Valdese, nella Savoia, nell'Avignonese, in centri del Mezzogiorno.
Con l'importazione dello zucchero di canna iniziatasi nel sec. XV, si sviluppò, specialmente in Liguria, l'industria dei frutti canditi, che acquistò ben presto fama mondiale. Dopo la scoperta dello zucchero di barbabietola, avvenuta nel 1747, cominciò anche la fabbricazione delle conserve allo zucchero (marmellate, gelatine, composte, sciroppi). Nel campo delle conserve animali, acquistò fama mondiale la fabbricazione delle carni affumicate e delle carni insaccate, che avveniva nell'Emilia e particolarmente a Bologna (v. salumi). Ma la moderna industria delle conserve alimentari, basata su una conoscenza scientifica dei fenomeni di fermentazione delle sostanze, ha avuto origine, come si è visto, solo dopo l'introduzione del processo Appert.
Però, per quanto i brevetti Appert fossero degl'inizî del secolo XIX, l'industria non poté avere immediato grande sviluppo. Per i primi 40 o 50 anni, la fabbricazione fu modesta, condotta del tutto con lavoro manuale, spesso segreta nei suoi particolari, per tema di concorrenza. Solo nel 1860-70, con l'estendersi della frutticoltura specialmente negli Stati Uniti, con l'invenzione di qualche macchina, col perfezionamento dei sistemi di concentrazione nel vuoto, una vera e propria industria delle conserve si poté dire costituita negli Stati Uniti e in Inghilterra e in via di organizzazione in Francia, Germania, Italia. Da quell'epoca in poi lo sviluppo dell'industria è stato invece prodigioso. Negli Stati Uniti si calcola che, mentre nel 1865 il consumo dei generi alimentari conservati era di una scatola per ogni sette persone, nel 1925 detto rapporto era già salito a 25 scatole per persona e nel 1928 a 31. Il migliorato tenore di vita, il fenomeno dell'urbanesimo, l'allontanamento progressivo della donna dalle occupazioni casalinghe, il grande sviluppo dell'ortofrutticoltura, della pesca e dell'allevamento in tutti i paesi, gli sforzi dei produttori nel migliorare e variare le qualità di conserve, sono stati i fattori più notevoli di questo sviluppo. L'industria che all'inizio preparava pochi prodotti: gamberi, salmone, granturco, piselli, fagioli, oggi riduce in conserva un gran numero di frutta, ortaggi e legumi, unitamente a minestre, latte, spaghetti, pesci di ogni sorta, polli, carni triturate, cotolette e perfino bistecche condite.
I processi produttivi sono stati d'altra parte altamente perfezionati. Il lavoro manuale è stato sostituito nei grandi organismi industriali da lavoro meccanico. Si è cercato di conservare tutte le vitamine dei prodotti, il colore e il sapore originario. Nel campo economico si nota una progressiva tendenza dell'industria verso forme di concentrazione e di consolidamento, ai fini anche di ridurre i costi di produzione. Ma nonostante questi perfezionamenti di vario genere, l'industria presenta oggi importanti problemi, non ultimo dei quali è il costante pericolo della sovraproduzione nelle annate di abbondanti raccolti ortofrutticoli, di larga pesca, d'intenso allevamento.
Il massimo sviluppo dell'industria ha avuto luogo negli Stati Uniti, sia per il più alto tenore di vita del popolo, sia per la perfezione tecnica raggiunta dalla lavorazione. Un fattore importante di sviluppo in quel paese è stata, anche, la sostituzione del vecchio barattolo di latta a coperchio saldato con il barattolo cosiddetto sanitary (introdotto nel 1901) che ha la base superiore completamente aperta, per cui il prodotto può esservi facilmente introdotto. L'industria americana si è poi avvantaggiata dell'opera di una particolare organizzazione, la National Canners Association, che dal 1907 spiega nel campo delle conserve una vastissima attività, sia col condurre ricerche nel campo tecnologico, sovvenzionando gabinetti scientifici e laboratorî di ricerche fisiologiche, sia con l'istruire il pubblico sulla bontà e i pregi del prodotto conservato. È interessante notare che uno speciale corpo d'ispettori è mantenuto dall'associazione al fine d'indagare su reclami circa presunti danni o malattie risultanti dall'uso di generi alimentari La National Canners Association lavora anche in stretta collaborazione con le autorità federali per rendere più efficace l'osservanza delle disposizioni sanitarie previste dal Pure Food and Drug Act, decretato nel 1906. L'associazione si è interessata per ottenere che fossero fissati standards di qualità per ogni singolo prodotto in conserva, obbligatorî per i produttori.
Secondo i dati del censimento del 1927, la produzione degli Stati Uniti fu in quell'anno di $ 619.219.000, di cui 234.260.000 di ortaggi e legumi, 168.506.000 di latte, 101.731.000 di frutta, 81.106.000 di pesce e 33.616.000 di carni. L'industria contava nello stesso anno 2773 stabilimenti con 89.923 operai, che durante alcuni periodi salivano a 235.000. Fra le conserve orticole di maggior produzione si citano i fagioli conditi o non ($ 53.069.294), i piselli (34.030.864), i pomidori (33.813.525), il granturco (22.855.387); tra le frutta, le pesche (36.235437), le pere (13.066.554) le albicocche (12.256.317); fra i pesci, il salmone (15.712.497), le sardine (14.517.814), il tonno (8.368.227).
Gli stabilimenti sono locati a preferenza nei dintorni delle regioni produttrici. Naturalmente lo stato della California, che ha vaste colture ortofrutticole, è il più importante centro produttore, con 311 stabilimenti, la cui produzione raggiunse un totale di $ 181.661.000 nel 1927, seguito dallo stato del Maryland con 288 che produssero $ 25.326.800 e da quello di New York, con 229, con una produzione di $ 58.296.000. Nella California è molto estesa soprattutto la produzione della frutta sciroppata, essendo questa lavorazione particolarmente adatta alla frutta americana che ha un ottimo aspetto esterno. Si ricorre a detto metodo di conservazione specie durante la stagione del raccolto, quando la congestione nei mezzi di distribuzione e l'alto costo del trasporto rendono meno profittevole la vendita della frutta fresca sui lontani mercati di consumo. La California ha anche vasta produzione di gelatina di frutta, conserva di pomodoro e di altri ortaggi, di sardine in scatola e di tonno. Importanti sono poi le produzioni di conserve di pesce nel Maine e nell'Alasca.
Il commercio di esportazione delle conserve alimentari dagli Stati Uniti ha subito una rapida espansione durante gli ultimi anni. Nel 1929 le esportazioni americane hanno raggiunto un valore totale di 78.811.000, pari al 12% circa dell'intera produzione. Queste esportazioni sono rappresentate per $ 31.361.000 da frutta conservata, $ 18.731.000 da pesce, $ 13.303.000 da latte, $ 9.451.000 da ortaggi e $ 5.961.000 da carni. Si esportano principalmente asparagi, pesche, pere, mele, albicocche e ananas, minestre, maiale, latte, sardine, salmone. L'Inghilterra rappresenta il principale mercato di sbocco, assorbendo circa un terzo della totale esportazione, e detta preferenza, come quella dell'Australia e del Canada, altri forti importatori, è dovuta soprattutto alla similarità nei gusti di queste popolazioni anglo-sassoni e al forte consumo di frutta da esse praticato. Sui mercati sudamericani e dell'Estremo Oriente, trovano largo sbocco invece le carni e i pesci in conserva; nei primi anche le conserve di pomodoro, delle quali i latini fanno, come è noto, grande consumo. L'importazione americana è relativamente modesta ed è costituita o da prodotti consumati da popolazioni oriunde dei paesi esportatori (conserva di pomodoro per i latini, ocra e fagioli soya per i giapponesi) o da prodotti di alto prezzo, come la marmellata cosiddetta Dundee, prodotta in Scozia con le arance amare della Spagna e anche della Sicilia, da ananas della Malesia, da gelatine francesi Bar le Duc, da Guava di Cuba, ecc. Buona importazione di polpe di frutta si fa anche dall'Europa e di carni conservate dall'Argentina e dall'Uruguay.
Anche in Inghilterra, l'industria delle conserve, specialmente delle marmellate e gelatine di frutta, ha avuto grande sviluppo sebbene debba servirsi in buona parte di materia prima di provenienza estera. Le fabbriche sono modernamente attrezzate e hanno un'ottima organizzazione commerciale di vendita e distribuzione. Il consumo è rilevantissimo, i prodotti essendo di uso comune in tutte le classi della popolazione. Le marmellate di arance amare hanno il più largo consumo; seguono le marmellate di susine, albicocche, fragole, lamponi e uva spina. Va aumentando anche il consumo di frutta allo sciroppo, specialmente pesche, pere, ciliegie, susine, ananas. Notevole è anche il consumo della carne e pesci conservati. L'importazione è rilevante, ed è dominata dall'Olanda e dagli Stati Uniti. Recentemente si è cercato di favorire molto i prodotti dell'Impero con campagne di pubblicità appoggiate e finanziate dal governo e con tariffe preferenziali. Si tratta in genere di conserva di frutta p10veniente dall'Australia e dall'Unione dell'Africa del Sud, dove l'industria si è andata sviluppando con l'incremento della frutticoltura.
In Germania, si preparano largamente sia conserve vegetali sia conserve animali. Nel 1927 la produzione complessiva di conserve vegetali avrebbe raggiunto i 180 milioni di kg., di cui la metà costituita da conserve di legumi e ortaggi, l'altra metà ripartita tra le conserve di frutta e le marmellate. Benché nel territorio del Reich si contino circa 350 fabbriche di conserve di frutta e legumi e circa 250 fabbriche di marmellate, i due terzi della produzione provengono da sole 24 fabbriche, la maggiore delle quali vi partecipa per quasi 5 milioni di kg. Il consumo annuale per abitante è stato calcolato di poco più di 1 kg. per le conserve di legumi e ortaggi e di circa 1/2 kg. per le conserve di frutta. L'importazione ha superato i 100 mila quintali e concerne per la quasi totalità marmellate di frutta e particolarmente albicocche. Dominano il mercato tedesco la Spagna e l'Italia.
La produzione francese è abbondantissima sia nel campo delle conserve di pesce, sia nel campo delle marmellate e delle conserve di frutta e ortaggi in generale. Essa non solo soddisfa al fabbisogno interno, ma alimenta una corrente di esportazione di notevole importanza. Il numero delle fabbriche di marmellate si fa ascendere a un centinaio; quello delle fabbriche di ortaggi in conserva a circa 600; numerose anche quelle di conserve di pesce. Vi è inoltre una vasta categoria di piccoli produttori che fabbricano per i bisogni del proprio commercio. Nel 1929 la Francia importò oltre 170.000 quintali di marmellate e frutta conservate provenienti principalmente dagli Stati Uniti, dal Belgio, dall'Olanda e dalla Germania. L'esportazione nello stesso anno è stata di circa 80.000 q. diretti principalmente in Inghilterra e nel Belgio. Per quanto riguarda gli ortaggi conservati, l'esportazione ascese complessivamente, nel 1929, a circa 110.000 q. e l'importazione, nello stesso periodo, a circa 190.000 q.
In Norvegia ha avuto uno sviluppo rapidissimo la produzione di pesci in conserva che ormai alimenta un'esportazione annua di circa 400.000 tonn. In prima linea vanno considerate le sardine in conserva che vengono pescate d'estate nei fiordi norvegesi ed esportate per circa 100.000 tonn. Vi sono poi le aringhe in conserva, tanto quelle piccole, quanto quelle maggiori della pesca invernale che vengono preparate in grandi quantitativi. Inoltre nel complesso dell'esportazione norvegese entrano forti quantitativi di maccarello in conserva, di gamberi di mare grandi e piccoli pure in conserva, di caviale, nonché le cosiddette polpette di pesce preparate con varie specie di pesci: il merluzzo, il gadus aeglefinus, il gadus virens, ecc.
Oltre a queste produzioni, particolare menzione meritano quella dell'U.R.S.S. che fu di 208,3 milioni di scatole di 400 gr. nel 1928-29 e salì a 695,7 nel 1929-30; la produzione spagnola, generalmente costituita da conserve di frutta (conserve della Rioja, melo cotón de Murcia, polpa de Murcia, conserva di Mallorca) o di pesce (sardine, tonno); la produzione portoghese, costituita prevalentemente da conserve di pesce (sardine in scatola); la produzione olandese, costituita da conserve di frutta e ortaggi; la giapponese; quella delle Isole Hawaii, diretta alla conservazione degli ananas in scatola.
L'industria italiana. - Come si è visto, l'industria delle conserve animali e di alcuni tipi di conserve vegetali è molto antica in Italia. Ma la moderna industria di conservazione di ortaggi e frutta in scatola risale a qualche cinquantennio fa. Fu nel 1856 infatti che Francesco Cirio (v.) iniziava a Torino la preparazione di piselli in conserva. Nel 1875 il Cirio apriva uno stabilimento a Torino e più tardi estendeva le sue iniziative all'Italia meridionale, creando il primo nucleo di quell'industria delle conserve, che, attraverso varie vicende, doveva affermarsi largamente sfruttando le condizioni favorevoli che l'agricoltura del paese le offriva.
Secondo dati raccolti dall'Istituto nazionale delle conserve alimentari il numero degli stabilimenti di conserve italiani è di circa 850, rappresentanti un capitale di 650 milioni di lire. Il ramo più importante è costituito dalle fabbriche di conserve vegetali, in numero di 614, e con un capitale di 500 milioni di lire.
Gli stabilimenti di conserve vegetali sorgono soprattutto in Campania (168), in Emilia (164), in Sicilia (78), nel Veneto (39), in Lombardia (28), in Toscana (26), in Piemonte (21), in Liguria (19). Si tratta spesso di fabbriche di piccola o media importanza: non mancano però i grandi stabilimenti, modernamente attrezzati, per la produzione di notevoli quantitativi di conserve. Il personale tecnico e la mano d'opera impiegati nell'industria raggiungono le 60 mila persone; la popolazione agraria dedita alla coltivazione dei prodotti da conservare si calcola intorno a 120-130 mila persone. Il valore della produzione si aggira intorno a 700-800 milioni di lire, di cui la metà o due terzi destinati all'esportazione. La capacità degl'impianti è però di molto superiore alla produzione attuale e potrebbe consentire una più intensa attività. Più specificatamente, nel biennio 1928-29, le quantità e i valori della produzione sono stati così calcolati per gruppi di prodotti:
Fra i varî rami d'industria, notevole è quello della conservazione del pomodoro (v.) praticata su larga scala nella Campania, nell'Emilia (Parma, Piacenza, Forlì, Ferrara, ecc.), in Sicilia e in misura meno notevole in Liguria, Lombardia, Marche, Lazio, Puglie. Si preparano in genere: salsine o sughi di pomodoro liquidi, concentrati o estratti semplici, concentrati o estratti doppî, concentrati o estratti tripli. Si è poi pure sviluppata, a imitazione anche di quanto si pratica fuori d'Italia, la preparazione di pomidori al naturale o pelati in scatola. Prodotti che hanno importanza minore sono le salsine dolci di pomodoro, la conserva cruda salata, detta anche conserva rossa, la conserva nera salata (Sicilia).
Altro gruppo importante di produzione è dato dagli ortaggi o legumi, per la cui conservazione l'industria gode di condizioni di favore, disponendo di una larga produzione locale, di olio e aceto abbondanti. Si hanno ortaggi e legumi al naturale, comprendenti piselli, fagioli, fagiolini in erba, spinaci e simili; sottoaceti, comprendenti i capperi, le carotine, le cipolline bianche, i cavolfiori, i cetriolini e i peperoncini; sottolî, comprendenti carciofini, funghi, olive bianche e nere; conserve in salamoia, comprendenti le olive verdi, i cavolfiori, i cetrioli, i cedri; tartufi, pregiati per gusto e profumo.
Vi è poi tutto il ramo delle marmellate, gelatine e conserve di frutta, la cui produzione è stata facilitata con le concessioni di favore circa il consumo dello zucchero previste dal decr. legge 23 ottobre 1924, n. 1376. Fra le marmellate prodotte vanno ricordate quelle di arancia, di pesca e di albicocca; la marmellata di fichi, specialità nazionale; le marmellate di amarene, di castagne, di susine claudie, di mele e di pere. La frutta sciroppata è preparata con pesche, albicocche e ciliegie, e in Sicilia e Calabria anche con mandarini. Tra le gelatine, sono largamente prodotte le cotognate, le persicate, le gelatine di lamponi, fragole e ciliegie nere. L'industria dei canditi è sviluppata soprattutto in Sicilia, Calabria e Liguria: si ricordano i canditi cosiddetti alla livornese, consistenti in scorze di cedri, aranci, mandarini e altri agrumi, ricoperte da una patina bianca zuccherina; quelli alla parigina o ghiacciati, preparati anch'essi con frutta di diverse specie e canditi con zucchero raffinato; quelli alla marsigliese o al giulebbe, costituiti da frutta sottoposta alla prima operazione della canditura, ma non all'ultima cottura, e immersa poi in un denso sciroppo; quelli riposti in scatole senza l'ultima cottura, preparati come i canditi alla marsigliese e riposti in scatole di latta dopo la prima cottura; i marrons glacés, le mammole candite, ecc. Altra specialità italiana, molto apprezzata sul mercato interno e che incomincia anche ad essere conosciuta e richiesta anche all'estero, è la mostarda di Cremona. Essa consiste in frutta di vario genere - arance, limoni, pere, mele, ciliegie, ecc. - mezzo candita e immersa in un denso sciroppo di zucchero e glucosio, nel quale è disciolta della senape.
Un ultimo gruppo di prodotti in conserva è costituito dalla frutta solforata, principalmente ciliegie e amarene, largamente esportata. La frutta essiccata, che costituisce anch'essa una delle più importanti lavorazioni italiane, non può in senso stretto ricondursi al gruppo delle conserve.
Le conserve vegetali italiane sono oggetto di un vasto commercio di esportazione, come può rilevarsi dalla tabella in cima a questa pagina. I mercati principali d'importazione sono gli Stati Uniti, l'Inghilterra e l'Argentina per la conserva di pomidoro, gli Stati Uniti e l'Inghilterra per i frutti, legumi, ortaggi nell'aceto, le marmellate, gelatine e canditi.
L'industria delle conserve animali ha in Italia un'importanza più limitata. Gli stabilimenti si calcolano in 150 circa, con un capitale impiegato di 150 milioni. L'industria comprende due rami: quello delle carni insaccate, disseccate e comunque conservate in scatola, che, strettamente connesso all'industria del caseificio, si è sviluppato principalmente nella Lombardia, nell'Emilia, nelle Marche, e recentemente nella provincia di Napoli, e quello dei pesci sott'olio o in salamoia o altrimenti conservati, sviluppatosi nella Venezia Giulia, nel Ferrarese, in Sicilia, Sardegna, Tripolitania, e più recentemente nell'Italia centrale (Civitavecchia). Famose fra le carni conservate, i prosciutti, gli zamponi, i salami e la mortadella, che alimentano una forte corrente di esportazione e per cui si rimanda alla voce salumi; fra i pesci, le sardelle e acciughe in salamoia, sott'olio e sotto aceto della Venezia Giulia, l'anguilla marinata di Comacchio, le sarde e acciughe in salamoia e il tonno sott'olio della Sicilia, Sardegna e Tripolitania. Questi prodotti alimentano un'esportazione di circa 30 milioni di lire, per gli Stati Uniti, Inghilterra, Francia; ma non sono perciò lo stesso sufficienti al consumo interno, e pesci in salamoia e sott'olio per un valore di 150-200 milioni sono attualmente importati dalla Spagna, Portogallo, Algeria, Nord-America, oltre un valore di 300 milioni di pesci salati e affumicati provenienti dai Paesi del Nord.
Un ente che in Italia esplica opera di controllo e assistenza nel campo dell'industria delle conserve è l'Istituto nazionale delle conserve alimentari. Creato con legge 8 febbraio 1923, esso è chiamato a ispezionare gli stabilimenti per il controllo della produzione, a studiare le misure atte a incoraggiare l'industria e ad estendere il consumo, a promuovere relazioni dirette tra negozianti e fabbricanti, a istituire, infine, stazioni sperimentali per il miglioramento dei sistemi di coltivazione dei prodotti ortofrutticoli e della tecnica della lavorazione.
Particolare importanza ha anche in Italia, come del resto all'estero, la legislazione sulle conserve alimentari, che contiene disposizioni sia sui metodi di preparazione sia sulle garanzie igieniche che i prodotti debbono presentare. Questa legislazione, integrata dalle disposizioni generali sulle frodi in commercio, non è ultimo motivo della crescente espansione dell'industria italiana all'estero.