conservazione degli alimenti
Combattere il tempo per mangiare più a lungo
La scoperta del fuoco, e con essa la possibilità di cuocere le carni, non ha avuto solo la funzione di rendere più gustoso e digeribile il cibo, ma ne ha anche prolungato la durata, combattendo i processi naturali che altrimenti lo farebbero andare a male. Molteplici sono le tecniche per la conservazione degli alimenti usate oggi, da metodi termici come il riscaldamento o il raffreddamento a sistemi chimici come l'uso di conservanti. Fondamentale è poi il confezionamento: la conservazione in atmosfera protetta, ossia con gas che evitano il deterioramento del cibo, oppure l'inscatolamento o la messa sotto vuoto. In alcuni casi il cibo viene essiccato, salato, pastorizzato o irradiato
Le tecniche di conservazione dei cibi hanno un solo obiettivo: bloccare o rallentare l'azione dei batteri che vivono naturalmente negli alimenti, e che con il loro metabolismo ne modificano la natura. Altre volte le tecniche di conservazione mirano a distruggere gli enzimi presenti nei cibi, catalizzatori naturali che favoriscono le reazioni chimiche che conducono alla modificazione della natura di ciò che si mangia. Infine esistono tecniche di conservazione atte a impedire l'azione ossidante compiuta dall'ossigeno atmosferico.
Occorre dire che le modifiche dei microrganismi e degli enzimi non sono tutte negative: la frutta acerba è infatti spesso immangiabile e occorre attendere che maturi; anche la carne, affinché sia commestibile, deve essere un poco frollata, termine che indica un certo grado di anzianità della bistecca, che la rende più morbida.
In altre parole, l'arte della conservazione dei cibi è un giusto equilibrio che mira a utilizzare i batteri e gli enzimi fino a quando servono. Occorre poi valutare l'uso che deve essere fatto del cibo: alcuni commestibili sono progettati per durare anni nelle loro confezioni, come per esempio la carne in scatola. Altri hanno una durata molto più limitata, come la frutta o la verdura contenuta nelle vaschette di plastica acquistate al supermercato. Vi sono poi tempi intermedi, come quelli della verdura surgelata.
I metodi più antichi di conservazione dei cibi sono sicuramente la cottura, il refrigeramento e l'essiccazione.
Un cibo cotto dura mediamente di più rispetto a quando è crudo.Quando un cibo si cuoce gli enzimi infatti vengono distrutti e le proteine modificano la propria struttura fisico-chimica. È quanto avviene, a livello visibile, per esempio nell'albume dell'uovo, costituito da proteine, che da fluido semitrasparente diventa bianco acquistando una consistenza più solida.
Così come il caldo, anche il freddo ha proprietà conservanti. Il frigorifero, nel quale la temperatura è di 4÷5 °C, ha l'effetto di rallentare il metabolismo dei batteri, e quindi anche la loro azione. Nel freezer, dove la temperatura arriva a circa −20 °C , l'attività batterica è completamente bloccata. Per i cibi surgelati, che vanno tenuti costantemente a una temperatura compresa tra i −25 °C e i −30 °C, ha un ruolo importante la catena del freddo. Il prodotto surgelato, come il pesce lavorato e surgelato direttamente sui pescherecci appena prelevato, deve giungere al tavolo del consumatore senza mai essersi scongelato. Infatti, scongelamenti e congelamenti successivi rischiano di introdurre microrganismi dannosi nel cibo. Questo significa che i camion che trasportano il cibo e il bancone dei negozi devono essere tutti equipaggiati in modo tale da evitare lo scongelamento.
Un altro sistema per inattivare i batteri è quello della disidratazione del cibo. In un ambiente privo di acqua, infatti, i microrganismi non possono moltiplicarsi e il loro metabolismo è rallentato. È quanto avviene nell'essiccazione, che può essere effettuata semplicemente esponendo i cibi al sole e all'aria, o nella liofilizzazione, un processo che prevede prima il surgelamento del prodotto, poi l'eliminazione della parte acquosa ‒ che si trova sotto forma di ghiaccio ‒ per sublimazione, cioè per passaggio diretto dalla fase solida a vapore, facendo il vuoto con pompe di aspirazione.
Una delle tecniche più tradizionali per la conservazione dei cibi è l'inscatolamento. In questo caso si utilizzano tecniche di sterilizzazione come la bollitura. Durante l'operazione i batteri sono distrutti e l'inscatolamento previene l'azione degli altri microrganismi presenti nell'aria. Una volta aperto il barattolo, sia di metallo sia di vetro, il cibo deve essere conservato in frigorifero perché viene immediatamente contaminato dai batteri presenti nell'ambiente.
Una tecnica un po' diversa rispetto alla sterilizzazione si usa per il latte fresco, portando il liquido a una temperatura di circa 75 °C per 30 secondi, sufficiente per distruggere i batteri dannosi ma non per fare perdere le qualità organiche del latte. Questo processo è chiamato pastorizzazione, e può essere applicato anche ad altri cibi.
Altre tecniche per creare ambienti inospitali per i batteri, e quindi per rallentarne l'azione, comprendono l'uso del sale e della salamoia. In entrambi i casi il cloruro di sodio, cioè il sale, accompagnato magari dall'aggiunta di altre sostanze come alcuni acidi nel caso della salamoia, combattono l'azione dei microrganismi.
Altri conservanti naturali sono l'olio, l'alcool etilico e l'acido acetico (contenuto nell'aceto).
L'industria alimentare utilizza anche alcuni conservanti chimici, naturali e artificiali, per aumentare la durata dei cibi agendo come battericidi, inibitori enzimatici, agenti antiossidanti. Tra questi vi sono l'acido sorbico, l'acido benzoico, il nitrato di potassio (acidi e basi). I conservanti, così come altri additivi (per esempio i coloranti), sono indicati con una E seguita da un numero. Per esempio, E290 indica l'anidride carbonica.
Una parte importante delle operazioni di conservazione dei cibi è costituita dalle loro confezioni.
I contenitori devono esser realizzati con materiali poco costosi, che offrano una buona resistenza di tipo meccanico agli urti, non facciano passare l'aria e aiutino a combattere l'azione dei batteri. Alcuni cibi, come i cracker o le patatine fritte, sono fotosensibili, ossia si danneggiano alla luce, e devono essere conservati in pacchi che, avendo un sottile strato metallico all'interno, riflettono la luce, conservando il cibo al buio. Altre confezioni sono progettate per ostacolare il passaggio dell'ossigeno e dell'anidride carbonica, oltre che dell'umidità, come quelle utilizzate per la verdura o la carne. Inoltre, le vaschette devono aver subito un trattamento in grado di prevenire la formazione di vapore acqueo all'interno che ostacola la visione del contenuto negli espositori del supermercato. Tra i materiali più utilizzati vi sono il PVC, il polipropilene, il polietilene.
Per comprendere come il frigorifero e il forno influenzino l'azione dei batteri si può acquistare pasta da pizza dal panettiere o al supermercato. Si tratta di un impasto che contiene farina, acqua, sale e lievito, microrganismo il cui metabolismo produce un gas (anidride carbonica), che gonfia la pasta facendola lievitare. La prima parte dell'esperimento consiste nel prendere due pezzi di pasta della stessa dimensione: uno deve essere messo in frigorifero e uno lasciato all'aria aperta. Dopo un certo tempo, anche solo poche ore, si può notare come la pasta lasciata all'aria aperta sia cresciuta molto di più rispetto a quella posta nel frigorifero. Un pezzo di pasta può anche essere messo nel freezer. Si noterà allora che l'azione della lievitazione è praticamente bloccata. Si può condurre un esperimento analogo utilizzando il forno (occhio alle scottature!). Fino a quando la temperatura del forno è inferiore a circa 50 °C la pasta continua a lievitare, ma se si supera tale temperatura il calore uccide il lievito, che quindi cessa la sua azione. È per questo motivo che il pane che esce dal forno non aumenta più le sue dimensioni: la cottura ha ucciso i microrganismi.
Le stelle ad asterisco riportate sul freezer costituiscono una misura del tempo di conservazione dei cibi. Ogni stella equivale a circa −6 °C. Un surgelatore a quattro o tre stelle presenta dunque una temperatura inferiore a −18 °C. A questa temperatura molti alimenti surgelati possono essere conservati anche per un anno. Se invece la temperatura è di −12 °C (due stelle), la durata massima diventa un mese, a meno che la confezione dei cibi non indichi un tempo ancora inferiore. Un congelatore a una stella, con i suoi −6 °C, garantisce un tempo di conservazione di una settimana, mentre nello scomparto del ghiaccio i cibi dovrebbero essere consumati entro tre giorni.