CONSONANZA (lat. consonantia)
È la fusione di due o più suoni così affini che, combinati, diano all'orecchio una prima impressione di suono unico; in contrapposto a dissonanza (v.), nella quale i suoni non si fondono, e restano riconoscibili all'orecchio come distinti (cfr. sinfonia e diafonia nella musica greca). Nella teoria corrente si distinguono ancora consonanze perfette e imperfette. Perfette l'8ª, la 5ª e la 4ª, perché hanno uno stato solo, e appena si sposti uno dei suoni la consonanza sparisce. Imperfette la 3ª e il suo rivolto 6ª, perché hanno due stati tutti e due consonanti: maggiore e minore. Per es., do-mi 3ª maggiore (2 toni), la-do 3ª minore (1 tono e 1 semitono), mi-do 6ª minore (3 toni e 2 semitoni), do-la 6ª maggiore (4 toni e 1 semitono).
Tutta la teoria armonica tradizionale è fondata sulla condizione normale dei rapporti fra i suoni, sulla quale gravitano, per risolversi, le dissonanze (v. armonia). Si osservi che alcuni intervalli sono stati. durante i secoli, volta a volta considerati come consonanti e come dissonanti. Per es. l'intervallo di 4ª, analogo a quello di 5ª (di cui è il rivolto), considerato come consonanza nei primordî della polifonia (v. diafonia), e oggi ancora, presso certi popoli orientali, intervallo favorito anche in senso conclusivo, passò poi tra le dissonanze con preparazione e risoluzione obbligatorie. Invece quello di 3ª restò tra le dissonanze fino al 1300 (Odington) con interminabili dibattiti sulla misura delle sue due forme, maggiore e minore, e sul loro diverso valore di consonanza o dissonanza. Negli ultimi secoli si vedono trattate come consonanti (cioè senza obbligo di preparazione e di risoluzione) sempre maggior numero di combinazioni considerate un tempo come dissonanti, e anche rimaste come tali in teoria, p. es. gli accordi di 7ª. Ché del resto ai nostri giorni c'è chi nega la stessa distinzione tra consonanza e dissonanza, visto che in pratica tutte le combinazioni si trattano alla stessa maniera.
In realtà non esiste né consonanza né dissonanza; esistono invece (secondo la sensibilità, diversa da epoche a epoche) intervalli e accordi di riposo e altri di moto (v. armonia; tonalità). Per es. tanto l'accordo di dominante quanto quello di tonica d'uno stesso tono sono ugualmente consonanti; ma l'uno tende al moto, l'altro al riposo, quindi hanno una funzione, tonale e armonica, del tutto opposta. Parimenti nell'intervallo diatonico di tritono, le sue due note (come fa-si) assumono divergenti volontà di moto, non solo quando i due suoni sono simultanei, ma anche se si presentano l'uno dopo l'altro, poniamo, in ordine melodico. Sicché l'orecchio si fonda, non sul significato che i suoni acquistano dall'alto della loro combinazione, ma sul significato che hanno in sé stessi, condizionatamente ai rapporti tonali e armonici.
Come termine di versificazione, v. rima.