Contabilita e finanza pubblica. Il nuovo assetto della manovra di bilancio
La contabilità e la finanza pubblica sono state oggetto di un’ampia riforma attraverso la l. 31.12.2009, n. 196. Lo sviluppo dei principi innovativi contenuti nella nuova disciplina richiede lo svolgimento di una complessa attività di attuazione ed in particolare l’adozione di sei decreti legislativi, quattro dei quali ancora da definire. In considerazione della nuova governance delle politiche economiche in via di definizione nell’ambito dell’UE, la l. n. 196/2009 appare peraltro già meritevole di aggiornamenti. Il legislatore nazionale, con la l. 7.4.2011, n. 39, ha per il momento adeguato l’ordinamento interno all’introduzione del c.d. semestre europeo, una procedura organica diretta a consentire il coordinamento preventivo delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri, ma il processo di adeguamento ai nuovi vincoli europei non può dirsi concluso.
La l. 31.12.2009, n. 196, la nuova legge generale in materia di contabilità e di finanza pubblica, ha integralmente sostituto la previgente disciplina contenuta nella l. 5.8.1978, n. 468, più volte novellata, che ha conseguentemente abrogato. La nuova disciplina, che prevede l’esercizio di sei deleghe legislative, è stata solo parzialmente attuata. Dal punto di vista sostanziale, i principali profili innovativi della l. n. 196/20091 sono quelli di seguito evidenziati. Il legislatore ha inteso in primo luogo assicurare un più penetrante coordinamento della finanza pubblica esteso a tutti i livelli di governo. A tale scopo, è stata prevista l’applicazione di regole contabili uniformi alle amministrazioni pubbliche individuate dall’ISTAT, al fine dell’applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita. In questo modo, da un lato, è stata agevolata l’applicazione dei vincoli di bilancio discendenti dall’appartenenza all’UE e, dall’altro, si è rafforzare la funzione di coordinamento statale a fronte dell’attuazione del principio costituzionale di autonomia di entrata e di spesa degli enti territoriali minori (art. 119 Cost.) ad opera della l. 5.5.2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale. Per quanto riguarda la programmazione economica e finanziaria, è stato confermato l’assetto delineato nel 1988, con l’introduzione del Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), sostituito tuttavia dalla Decisione di finanza pubblica (DFP), documento con un contenuto più ampio del DPEF e la cui presentazione è stata posticipata al 15 settembre rispetto al 30 giugno, al fine di poter tenere conto di previsioni macroeconomiche e di dati tendenziali di finanza pubblica aggiornati, su cui calibrare la manovra finanziaria. In merito alla manovra di finanza pubblica, oltre alla durata più limitata della sessione parlamentare di bilancio, determinata dal differimento al 15 ottobre del termine (fissato in precedenza al 30 settembre) per la presentazione dei relativi disegni di legge, va segnalata l’introduzione della legge di stabilità, in sostituzione della legge finanziaria, ma con un contenuto più asciutto rispetto a quest’ultima. In particolare, la legge di stabilità non può più recare, oltre alle norme di delega e ad interventi di natura localistica e microsettoriale, norme a carattere ordinamentale e organizzatorio, anche qualora si caratterizzino per un rilevante miglioramento dei saldi, e, soprattutto, interventi di sostegno e sviluppo dell’economia, che dovrebbero a questo punto trovare collocazione in appositi disegni di legge collegati. Al disegno di legge di legge di bilancio è stata invece riconosciuta una funzione più attiva nell’ambito della manovra, attraverso la previsione della facoltà per le amministrazioni di riallocare in bilancio, in via compensativa, le spese non predeterminate per legge (fabbisogno) e anche quelle autorizzate per legge, purché non si riferiscano a spese obbligatorie, all’interno dei singoli programmi e anche all’interno dei programmi della stessa missione2. L’accresciuta flessibilità del bilancio consente alle amministrazioni di prevedere una diversa allocazione delle risorse da destinare alle politiche di competenza, da sottoporre in ogni caso al vaglio del Parlamento. Va, inoltre, ricordata la formalizzazione legislativa dell’articolazione strutturale del bilancio in missioni e programmi, la previsione della triennalità del bilancio, l’innalzamento dell’unità di voto parlamentare a livello di programma e l’affidamento della realizzazione di ciascun programma ad un unico centro di responsabilità amministrativa. Da evidenziare, infine, è la previsione del passaggio, tramite l’esercizio di un’apposita delega legislativa, ad un bilancio redatto in termini di sola cassa e focalizzato, quindi, per le entrate, non più sul momento in cui sorge il diritto a riscuotere, ma su quello in cui sono riscosse e, per le spese, non sulla fase in cui sorge l’obbligo di pagare, ma su quella in cui le spese sono realmente effettuate. Sul piano politico- istituzionale, la fondamentale innovazione introdotta dalla l. n. 196/2009 è rappresentata da un diverso assetto dei rapporti tra Parlamento e Governo, in cui si sostanzia la «democrazia del bilancio». Per il Parlamento si prospetta infatti una perdita di centralità delle competenze legislative, a fronte del riconoscimento di più penetranti poteri di monitoraggio e controllo, mentre per il Governo, destinato a beneficiare di procedure legislative più semplici e meglio organizzate, è stabilito l’obbligo di sottoporsi a controlli più pervasivi e di fornire alle Camere informazioni più ampie e dettagliate3.
Le novità intervenute a livello nazionale nel 2011 in materia di contabilità e finanza pubblica sono essenzialmente da ricondurre alle riforme adottate nell’ambito dell’UE in seguito alla recessione che ha colpito l’economia globale a cavallo tra il 2008 e il 2009, determinando rilevanti criticità anche per quanto riguarda la gestione delle finanze pubbliche di numerosi Paesi europei4. L’UE ha, in particolare, modificato il Codice di condotta sull’attuazione del Patto di stabilità e crescita al fine di introdurre, a decorrere dal 2011, il cd. semestre europeo: una procedura organica volta a consentire un coordinamento preventivo delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri. Il semestre europeo è finalizzato ad approfondire e discutere in un quadro unitario le politiche intese a garantire la disciplina di bilancio e la stabilità macroeconomica e le politiche dirette a favorire la crescita e la competitività, in conformità alla strategia «Europa 2020». Il semestre ha inizio a gennaio, con la presentazione da parte della Commissione europea dell’indagine annuale sulla crescita, e prosegue a febbraio, con l’elaborazione delle linee guida trasversali di politica economica e di bilancio per l’UE da parte del Consiglio europeo; entro aprile gli Stati membri sottopongono congiuntamente i Programmi di stabilità e convergenza, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita, e i Programmi nazionali di riforma, elaborati nell’ambito della strategia «Europa 2020». Nel mese di giugno il Consiglio approva le raccomandazioni in materia di politica economica e di bilancio relative ai singoli Stati membri proposte dalla Commissione europea e, nella seconda metà dell’anno, gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Mentre il semestre europeo ha natura sostanzialmente procedurale, sono suscettibili di incidere direttamente sui contenuti delle politiche economiche e di bilancio le sei proposte normative, cinque proposte di regolamento e una proposta di direttiva, avanzate dalla Commissione europea nel settembre 2010 e la cui approvazione definitiva è prevista per il mese di settembre 2011. Molto in sintesi, due proposte di regolamento in materia di squilibri macroeconomici COM (2010) 527 e COM (2010) 525, intendono assicurare il monitoraggio di una serie di indicatori economici (bilancia delle partite correnti, competitività dei prezzi e dei costi, debito pubblico e privato…), valutando l’impatto sugli stessi delle politiche economiche nazionali, al fine di evitare che si determini una situazione di squilibrio eccessivo sanzionabile da parte dell’UE. Per quanto riguarda invece il Patto di stabilità e crescita, la proposta di regolamento COM (2010) 526 rafforza l’obbligo di convergenza verso l’obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio, attraverso un miglioramento del saldo strutturale pari ad almeno lo 0,5 per cento annuo, riconoscendo al Consiglio la possibilità di chiedere uno sforzo superiore ai Paesi con un alto livello di debito. Viene, inoltre, introdotto un limite della crescita annua della spesa che, per i Paesi che non hanno raggiunto l’obiettivo di medio termine, dovrà essere inferiore al tasso di crescita del PIL, mentre per chi ha raggiunto tale obiettivo la dinamica della spesa potrà essere pari alla crescita del PIL. Tale regola comporta, tra l’altro, che le entrate temporanee siano destinate alla riduzione del debito e non possano essere quindi impiegate, ad esempio, per la riduzione delle imposte. Anche la proposta di regolamento COM (2010) 524 modifica il Patto di stabilità e crescita, prevedendo che per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60 per cento del PIL, fatta salva la valutazione di altri fattori di rischio, la quota di debito eccedente tale percentuale debba essere ridotta negli ultimi tre anni ad un ritmo di un ventesimo all’anno. La proposta di regolamento COM (2010) 523 introduce sanzioni finanziarie progressive per chi viola le nuove regole della parte preventiva e della parte correttiva del Patto di stabilità e crescita. Infine, la proposta di direttiva COM (2010) 523, disciplina in maniera più rigorosa le caratteristiche dei quadri di bilancio, intesi come l’insieme degli strumenti, procedure e istituzioni che regolano le decisioni sulle politiche di bilancio, prevedendo, in particolare, che i sistemi contabili siano soggetti a sistemi di audit e di controllo interno, che la pubblicazione dei dati di finanza pubblica sia tempestiva e regolare, che la programmazione di finanza pubblica si basi su previsioni realistiche costruite secondo una metodologia chiara ed attendibile. Agli Stati membri è pertanto richiesto di verificare l’idoneità della disciplina nazionale a soddisfare tali parametri. A trarre tempestivamente le conseguenze sul piano interno dell’introduzione del semestre europeo ha provveduto la l. 7.4.2011, n. 39, Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall’Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Il provvedimento ha inciso sulla tempistica e sugli strumenti della programmazione economico-finanziaria, realizzando una piena coincidenza tra programmazione europea e programmazione nazionale: il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma, da presentare, come si è visto, in sede europea entro il mese di aprile di ogni anno, sono divenuti anche i principali atti della programmazione nazionale5. La l. n. 39/2011, anticipando sensibilmente la tempistica prevista dalla l. n. 196/2009, prevede che, entro il 10 aprile di ogni anno, il Governo presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, il Documento di economia e finanza – che prende dunque il posto della Decisione di finanza pubblica – che incorpora gli schemi del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma e costituisce l’atto fondamentale di programmazione economico-finanziaria a livello nazionale. Tale Documento, in virtù dei contenuti del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma previsti dal Codice di condotta per l’attuazione del Patto di stabilità e crescita, presenta un patrimonio informativo più ricco e indica una serie di obiettivi più ampi rispetto al precedente, fornendo un quadro esauriente delle linee di politica economica del Governo. Inoltre, in coerenza con la disciplina del semestre europeo, la l. n. 39/2011 prevede che, entro il 20 settembre di ogni anno, il Governo presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, che dovrà contenere, oltre all’eventuale aggiornamento delle previsioni economiche e degli obiettivi programmatici, le modifiche di tale Documento che si rendessero necessarie alla luce delle raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte dalle istituzioni europee all’Italia nel mese di giugno. La nuova programmazione nazionale, sposando in pieno la logica del semestre europeo, dovrebbe consentire di affrontare contestualmente le politiche per la stabilità finanziaria e le politiche per la crescita e la competitività, evidenziando il nesso tra salvaguardia dei conti pubblici e sviluppo dell’economia. Conseguenza di tale nuova disciplina, che si è già avuto modo di sperimentare in sede di prima applicazione, è il coinvolgimento del Parlamento nel semestre europeo, attraverso un costante rapporto di interlocuzione con il Governo. La l. n. 39/2011 prevede al riguardo che tutti gli atti e i documenti relativi al semestre europeo vengano trasmessi dal Governo alle Camere contestualmente alla loro ricezione e che il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 15 giorni dalla trasmissione delle linee guida di politica economica e di bilancio a livello dell’UE, riferisca alle competenti Commissioni parlamentari, soffermandosi sulle implicazioni delle linee guida per l’Italia, anche per quanto riguarda la predisposizione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma. Con la l. n. 39/2011 è stata invece fortemente ridimensionata la portata della delega legislativa per il passaggi dal bilancio di competenza al bilancio di cassa, che è divenuta una delega per il rafforzamento del bilancio di cassa, facendo salvo il primato del bilancio di competenza.
Nonostante i due recenti interventi legislativi prima ricordati, la nuova disciplina in materia di contabilità e finanza pubblica, sotto numerosi aspetti, non ha ancora trovato un assetto compiuto e definito. Una prima questione da considerare attiene all’adeguamento, non formale ma sostanziale, agli atti normativi prima ricordati relativi alla nuova governance economica europea. Cinque su sei delle proposte normative in via di perfezionamento in ambito europeo hanno natura regolamentare e sono, quindi, destinate a risultare direttamente applicabili nell’ordinamento interno. Dovrà, tuttavia, essere posta in essere una complessa attività volta ad assicurare un effettivo recepimento di quanto da esse previsto. In particolare, per quanto concerne la sorveglianza macroeconomia, andranno monitorati una serie di indicatori, valutando l’impatto sugli stessi delle politiche adottate a livello nazionale. Per conseguire e tenere fermo l’obiettivo del pareggio di bilancio, occorrerà garantire un tasso di correzione elevato, per un periodo non breve, dei conti pubblici, nonché, sviluppando un principio presente nella l. n. 39/2011, stabilire tetti di spesa vincolanti, con riferimento ai diversi stanziamenti di bilancio, destinare ogni entrata temporanea alla riduzione del debito pubblico e, soprattutto, verificare puntualmente ex post i risultati delle politiche di bilancio al fine di adottare i correttivi necessari. Il percorso di riduzione del debito pubblico andrà programmato nel medio termine e dovrà essere rigorosamente perseguito, subordinando al rispetto dello stesso le scelte di politica economica. I quadri di bilancio andranno resi chiari e trasparenti rispetto ad ogni livello di governo. A tal fine, dovrà essere data piena attuazione ad alcune previsioni della l. n. 196/2009, quali la programmazione finanziaria pluriennale e la costituzione di una banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni, nonché valutato se, al fine di sviluppare la dialettica istituzionale in materia di finanza pubblica, rafforzando la funzione di controllo parlamentare, favorire l’evoluzione dei servizi bilancio delle due Camere verso un modello analogo ai fiscal council, organismi tecnici indipendenti presenti in alcuni paesi europei e la cui istituzione è stata raccomandata al nostro Paese da UE, OCSE e FMI. Per alcuni profili, anche di primaria importanza, l’attuazione della l. n. 196/2009 è legata all’adozione dei decreti legislativi delegati. Sino ad oggi il Governo ha provveduto ad esercitare due delle cinque deleghe previste in materia, rispettivamente, di adeguamento e di armonizzazione dei sistemi contabili dei diversi livelli di Governo (d.lgs. 31.5.2011, n. 91) e di riforma e potenziamento del sistema dei controlli di ragioneria e del programma di analisi e valutazione della spesa (d.lgs. 30.6.2011, n. 123). Il processo di attuazione di entrambi tali provvedimenti risulta, tra l’altro, piuttosto lungo e scandito dall’adozione di una serie di atti normativi secondari. Non sono state invece ancora esercitate le deleghe per la razionalizzazione delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale (scadenza 1.1.2012), per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento del bilancio di cassa (1.1.2014) e per la revisione della struttura del bilancio dello Stato (1.1.2013), nonchè la delega per l’adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità e finanza pubblica (1.1.2014). La l. n. 196/2009 non ha inciso in alcun modo e, al contrario, prevedendo una legge di stabilità più asciutta rispetto alla vecchia legge finanziaria ha finito con il rafforzarla, sulla tendenza del Governo a realizzare le manovre finanziarie, anche al di fuori della sessione di bilancio, ricorrendo allo strumento del decreto- legge. Il ricorso sistematico alla decretazione d’urgenza ha dato luogo ad una nuova tipologia di provvedimenti, caratterizzati dall’eterogeneità di contenuto, dalla presenza di numerose disposizioni di natura ordinamentale e organizzatoria e dalla previsione di misure per lo sviluppo economico, che presentano contenuti alquanto difformi da quelli propri dei decreti-leggi in base alla Costituzione e alla legislazione vigente in materia. Il contenuto di tali decreti-legge costituisce in buona sostanza la sommatorio di quello assegnato dalla legge di contabilità e finanza pubblica al disegno di legge di stabilità e ai disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, strumenti questi ultimi ai quali il Governo non ha fatto più ricorso dopo l’approvazione della l. n. 196/2009. Ne consegue che le manovre di finanza pubblica hanno assunto costantemente negli anni più recenti un carattere emergenziale e frammentario e, definite in esito a un’istruttoria endogovernativa concentrata nel Ministero dell’economia e delle finanze, dopo un esame sommario da parte del Consiglio dei ministri, sono state approvate dalle Camere in tempi brevissimi con il ricorso pressoché sistematico al voto di fiducia, al fine di limitare i tempi di esame e la votazione di proposte emendative. La scelta dello strumento ha finito con il condizionare la stessa strategia di governo della finanza pubblica che, soprattutto nella legislatura in corso, è stata la risultante di una pluralità di interventi dimostratisi idonei a conseguire obiettivi contabili anche di rilevante entità, ma non a sviluppare una programmazione, almeno di medio periodo, articolata in interventi mirati e strutturali, in grado di stabilizzare il quadro finanziario e di promuovere la crescita economica. In particolare, le riduzioni di spesa sono state effettuate in misura lineare, facendo affidamento su di una flessibilità del bilancio (possibilità delle amministrazioni di individuare le spese da ridurre in autonomia) in realtà assai limitata, a motivo del carattere rigido di circa il 95 per cento delle spese per come vengono classificate dalle amministrazioni, senza valutare preventivamente i settori caratterizzati da inefficienze, o comunque non prioritari, sui quali intervenire. Inoltre, in ambito parlamentare non si è rivelato possibile approfondire le misure adottate in ambiti quali l’ordinamento giudiziario, la sanità (Patto per la salute) e la finanza locale (Patto di stabilità interno), che si sono rivelate scarsamente incisive, così da rendere necessari ripetuti interventi nei medesimi settori. Al riguardo, va osservato come la riforma della contabilità e della finanza pubblica, secondo quanto rilevato anche nel corso dei lavori preparatori della l. n. 196/20096, potrà dirsi compiuta solo una volta riformati i regolamenti delle due Camere. In tal senso, la sessione di bilancio può divenire l’ambito ove sperimentare una nuova programmazione dei lavori parlamentari, che attribuisca al Governo un ruolo di guida del procedimento legislativo ed assicuri al contempo alle Camere, nelle loro diverse articolazioni, la possibilità di svolgere un esame ordinato e sufficientemente approfondito dei provvedimenti legislativi, con particolare riguardo al loro impatto economico-finanziario, nei quali si articola la manovra finanziaria. L’abuso del decreto-legge, oramai un vero e proprio monopolio, in materia di finanza pubblica viene sovente giustificato osservando che solo tale strumento garantirebbe tempi certi e la possibilità di conseguire gli obiettivi definiti. È una tesi la cui veridicità è già oggi discutibile e che una riforma dei regolamenti parlamentari potrebbe privare di ogni fondamento, favorendo la restituzione del ruolo che compete loro agli strumenti, legge di stabilità e disegni di legge collegati, indicati dalla l. n. 196/2009. In tal modo, si garantirebbe un livello di dibattito pubblico e di partecipazione democratica consono a decisioni che incidono in maniera rilevante sulla vita dei singoli cittadini e delle organizzazioni sociali, contribuendo ad assicurare alle manovre di bilancio quella trasparenza e quella pubblicità richieste con sempre maggiore insistenza dalle istituzioni europee. Va altresì rilevato come le finalità indicate dalla l. n. 196/2009 richiedano di essere perseguite attraverso un’attività di coordinamento della finanza pubblica che, ferma restando la potestà dello Stato di provvedere anche nel caso non si pervenga ad un’intesa, coinvolga tempestivamente e in maniera significativa gli enti territoriali nell’attività di impostazione delle manovre finanziarie. L’attuazione della l. n. 196/2009 è in tal senso strettamente connessa all’attuazione della l. n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale, anch’essa legata all’esercizio di una serie di deleghe legislative destinate a produrre compiutamente i relativi effetti solo nei prossimi anni, al termine di una fase transitoria che dovrà servire ad individuare le soluzioni a regime. Affinché la finanza pubblica possa pervenire ad un nuovo, stabile equilibrio, i due processi normativi dovranno essere armonizzati in misura assai maggiore rispetto a quanto sino ad oggi è avvenuto. Merita, infine, di essere ricordato come, con il Patto Euro Plus, sottoscritto dai Capi di Stato e di Governo europei nel marzo 2011, gli Stati membri si siano impegnati ad adottare regole fiscali nazionali coerenti con quelle sovranazionali, al massimo livello possibile nella gerarchia delle fonti. Conseguentemente, il Governo, nel Documento di economia e finanza 2011, ha manifestato la volontà di introdurre nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio.
1 Per un approfondimento monografico dei contenuti della l. n. 196/2009, si rinvia a Vegas, Il nuovo bilancio pubblico, Bologna, 2010; Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, La riforma della contabilità e della finanza pubblica. Novità, riflessioni e prospettive, Roma, 2010; numerose le note e i commenti, tra i quali si vedano Perrotta, Prime riflessioni sul disegno di legge di riforma della contabilità e finanza pubblica approvato dalla Commissione bilancio del Senato, 2009, su www.amministrazioneincammino.luiss.it; Dickmann, La riforma della legislazione di finanza pubblica e del sistema di bilancio dello Stato e degli enti pubblici, 2010, su www.federalismi.it; Rivosecchi, Parlamento e autonomie territoriali all’ombra del governo nella riforma della legge di contabilità, 2010, su www.nelmerito.it; Caputo, La sessione di bilancio 2009. Spunti e prospettive alla luce della riforma della legge di contabilità, in Rass. parl., 2010, 77 ss.; Botarelli, Le procedure di bilancio: un cantiere in (lento) movimento, in Riv. dir. fin., 2010, 173 ss.; Bergonzini, Teoria e pratica delle procedure di bilancio dopo la legge n. 196 del 2009, in Quad. cost., 2011, 39 ss.
2 Limitatamente al triennio 2011- 2013, l’art. 2 della l. 31.5.2010, n. 78 ha ampliato ulteriormente la flessibilità del bilancio, introducendo la possibilità di rimodulare le dotazioni finanziarie tra le missioni di ciascuno stato di previsione.
3 Su questo aspetto della l. n. 196/2009, si vedano Goretti-Rizzuto, Il ruolo del Parlamento italiano nella decisione di bilancio: evoluzione recente e confronto con gli altri paesi, 2010, su www.bancaditalia.it/studiricerche/ seminari/2010/parlamento; Cabras, I poteri di informazione e controllo del Parlamento in materia di contabilità e finanza pubblica alla luce della legge 31 dicembre 2009, n. 196, 2010, su www.forumcostituzionale.it; Cabras, La nuova sessione di bilancio: gli effetti sull’attività del Parlamento, 2010, su www.federalismi.it.
4 Si veda, al riguardo, Loiero, La nuova governance della politica economica dei Paesi UE, 2010, su www.federalismi.it; Cogliandro, La governance economica europea: cronaca di un anno, 2011, su www.federalismi.it.
5 In merito ai contenuti della l. n. 39/2011, si rinvia a Giampaolino, Legge di contabilità e finanza pubblica e nuova governance economica dell’Unione europea, 2011, Intervento al convegno svoltosi presso il Senato della Repubblica; Dickmann, La seconda riforma della legislazione di finanza pubblica in conseguenza delle esigenze della governance economica europea, 2011, su www.federalismi.it; Cabras, L’impatto della nuova governance economica europea sull’ordinamento italiano, in Quad. cost., 2011, 387 ss.
6 Cfr. l’intervento nell’Assemblea della Camera dei deputati dell’on. G. Giorgetti, Presidente della Commissione bilancio, nella seduta del 10.11.2009.