Contratti pubblici. Il contratto di disponibilita
Il d.l. 24.1.2012, n. 1 (sulle liberalizzazioni), convertito nella l. 24.3.2012, n. 27, ha introdotto nel codice dei contratti pubblici, quale nuova forma di partenariato pubblico-privato, l’inedita figura del contratto di disponibilità, caratterizzato dall’attribuzione al soggetto privato affidatario della costruzione e messa a disposizione in favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un bene privato destinato ad un pubblico servizio. Ciò comporta, tra l’altro, lo svolgimento di un procedimento di valutazione comparativa per la realizzazione di un’opera privata, remunerata dall’amministrazione mediante corresponsione di un canone di disponibilità.
L’art. 44, d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito nella l. 24.3.2012, n. 27 (cd. «Cresci Italia»), ha introdotto, nel corpo del codice dei contratti pubblici, il «contratto di disponibilità», definito dal novellato art. 3, co. 15-bis, d.lgs. 12.4.2006, n. 163 (cd. «codice dei contratti pubblici») come «il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Si intende per messa a disposizione l’onere assunto a proprio rischio dall’affidatario di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti».
Il contratto di disponibilità, come meglio si dirà nel prosieguo, è finalizzato a potenziare le forme di collaborazione, diverse dall’appalto, tra pubblico e privato, con il risultato di mettere a disposizione dell’amministrazione un’opera di proprietà privata, ove svolgere le attività connesse all’esercizio di un servizio pubblico. In particolare, come si evince dalla relazione illustrativa allegata al decreto sulle liberalizzazioni, il contratto in esame è volto alla realizzazione di edifici ad uso ufficio da destinare, per un periodo di tempo predefinito, all’utilizzo pubblico, a fronte della corresponsione al privato realizzatore di un canone.
Tale istituto è applicabile sia per le opere ordinarie, che per le infrastrutture strategiche; l’operatore economico privato può anche essere un contraente generale.
1.1 L’inquadramento nell’ambito del partenariato pubblico-privato
Si evince apertis verbis dall’art. 3, co. 15-ter, del codice dei contratti pubblici che il contratto di disponibilità è configurato quale modalità di “partenariato pubblico-privato” (PPP) di tipo puramente contrattuale1, locuzione di matrice comunitaria descrivente un fenomeno giuridico di collaborazione tra il settore pubblico e gli operatori privati nello svolgimento di un’attività diretta al perseguimento di interessi pubblici (in genere miranti a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura e la fornitura di un servizio).
Al fine di meglio comprendere l’intima essenza del contratto di disponibilità, giova sottolineare che il partenariato, pur rinvenendo la sua fonte nel contratto, evidenzia una collaborazione più ampia, organica, stabile, e con maggiori elementi di atipicità (intermedi tra il modello del contratto sinallagmatico e di quello associativo) rispetto all’area dell’attività consensuale dell’amministrazione pubblica, ed in particolare a quella del contratto di diritto privato, ed a quella degli accordi amministrativi.
L’enucleazione dei caratteri essenziali del PPP si deve all’ordinamento comunitario, ed in particolare al Libro Verde del 30.4.2004 della Commissione europea (COM(2004)327), nel quale, pur non essendo fornita una definizione giuridica del partenariato, sono indicati gli elementi essenziali; tali sono, in sintesi : a) «la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una cooperazione tra il partner pubblico ed il partner privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare»; b) «la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte del settore privato, talvolta tramite relazioni complesse tra diversi soggetti»; c) «il ruolo importante dell’operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto (progetto, realizzazione, attuazione, finanziamento)», mentre «il partner pubblico si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, e garantisce il controllo del rispetto di questi obiettivi»; d) «la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato, nel quale sono trasferiti rischi di solito a carico del settore pubblico».
Il PPP non costituisce dunque un istituto giuridico, quanto piuttosto una “nozione descrittiva”, aperta come si desume dalla già ricordata norma di cui all’art. 3, co. 15-ter, che include «modelli di relazioni stabili tra soggetti pubblici e privati, in funzione del perseguimento di obiettivi sostanzialmente coincidenti, in un’ottica che privilegia il principio del buon andamento dell’amministrazione pubblica e l’efficienza dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui, per volontà del legislatore, o per reciproca convenienza dei partner, gli interessi pubblici e privati si intrecciano ai fini dello svolgimento in comune di un’attività di rilevanza pubblica»2.
Da ciò discende l’assenza di una disciplina giuridica generale unitaria, europea come pure nazionale, sul PPP, con la conseguenza che il regime di riferimento per le varie figure di partenariato è rinvenibile nelle norme e nei principi derivanti dal Trattato (in tale senso depone anche il par. 30 del citato Libro Verde della Commissione europea), salvo quanto disposto per le singole fattispecie tipiche di partenariato3.
È opportuno aggiungere che l’ultimo periodo del co. 15-ter dell’art. 3, d.lgs. n. 163/2006 stabilisce come, fatti salvi gli obblighi di comunicazione normativamente previsti, «alle operazioni di partenariato pubblico privato si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat»; in sintesi, la norma ha l’effetto pratico di richiamare la decisione Eurostat dell’11.2.2004, che, nel definire le caratteristiche fondamentali di un’operazione di PPP, e quindi per essere classificata off-balance (senza impatto sul debito pubblico), pone l’accento proprio sui rischi che devono necessariamente gravare sul partner privato.
Nel background di un rapporto di collaborazione nella costruzione, da parte del soggetto privato affidatario, di un’opera e nella conseguente messa in disponibilità dell’amministrazione committente, con connessa distribuzione dei rischi tra soggetto privato e pubblico4, si colloca il contratto di disponibilità, come emerge dalla precedentemente ricordata definizione legislativa. Il profilo causale del contratto è dunque ravvisabile nella “messa a disposizione” dell’opera, a fronte del versamento di un corrispettivo da parte dell’amministrazione; rientra pertanto nello schema dei contratti a prestazioni corrispettive; è inoltre un contratto consensuale e ad effetti obbligatori.
In sede di prima lettura di tale nuova figura contrattuale, nella sua forma essenziale, se ne è proposta l’assimilazione con una sorta di locazione di cosa futura a prestazioni aggravate per il locatore 5, allo scopo di porre in evidenza la finalità di attribuzione all’amministrazione dell’immobile, come si usa dire gergalmente, “chiavi in mano”, senza dunque che la medesima debba provvedere alla realizzazione dell’opera pubblica6.
In realtà, tale configurazione, peraltro non priva di reale pregnanza contenutistica, ravvisandosi inequivocabilmente i tratti del contratto di godimento, può destare qualche difficoltà concettuale, ove si consideri che la locazione di cosa futura non è espressamente contemplata dal codice civile, il quale, anzi, secondo la lettura prevalente, prevede, tra le obbligazioni principali del locatore, quella dell’immediata consegna dell’immobile locato (cfr. artt. 1575, co. 1, n. 1, c.c. ed anche 1587, co. 1, n. 1, c.c.); conseguentemente, in passato, è stato ritenuto non conforme a legge il ricorso a tale contratto da parte dell’amministrazione per acquisire la disponibilità di un immobile da adibire a sede di ufficio pubblico7.
Tale criticità potrebbe comunque essere superata dalla considerazione dell’ulteriore profilo causale (di finanziamento) sotteso al contratto di disponibilità, idonea, in quanto tale, anche a giustificare la scelta di un intervento del legislatore per rendere tipico il contratto8.
Emerge come peculiarità propria del contratto di disponibilità che, benché l’opera da realizzare sia destinata allo svolgimento di un pubblico servizio, una volta realizzata, la stessa rimane di proprietà privata nel periodo di vigenza contrattuale; non si tratta dunque di un’opera pubblica in senso proprio (o soggettivo), e ciò rappresenta un’evidente eccentricità rispetto all’ordinaria sistematica codicistica.
Costituisce corollario di ciò l’esecuzione di un bene privato con le modalità dell’evidenza pubblica9, la soggezione/attrazione alla quale discende dal vincolo di destinazione alla “messa a disposizione” in favore di un soggetto pubblico.
L’affidatario è tenuto ad effettuare la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, come inferibile dal nuovo art. 160 ter del codice dei contratti pubblici (anch’esso aggiunto dal d.l. n. 1/2012), ed assume il rischio della costruzione (comprensivo del ritardo nell’ultimazione dell’opera, del mancato rispetto degli standard progettuali, del mancato completamento dell’opera, dell’aumento dei costi di costruzione, nonché, verosimilmente, delle eventuali varianti realizzate in fase esecutiva, finalizzate ad una maggiore economicità di costruzione o gestione, e comunque da comunicare previamente all’amministrazione aggiudicatrice, ed, ove prescritto, alle terze autorità competenti), ed anche della gestione tecnica dell’opera, gravando sull’affidatario l’obbligo manutentivo, anche per vizi sopravvenuti, al fine di garantire la costante fruibilità dell’opera10. Spetta dunque al soggetto privato la manutenzione ordinaria (strumentale al rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto) e straordinaria; è stato rilevato che non può escludersi neppure la prestazione di servizi accessori, come quello di pulizia e guardiania, che, «pur non essendo riconducibili in senso proprio alla nozione di gestione tecnica, possono tuttavia farsi rientrare nel concetto ampio di fruibilità dell’opera»11.
Da parte sua, l’amministrazione è tenuta a versare un “canone di disponibilità” all’affidatario, in corrispondenza all’effettiva disponibilità dell’opera, in difetto della quale il canone è proporzionalmente ridotto od annullato.
La gestione tecnica è garantita da una cauzione che si aggiunge a quella di cui all’art. 113 del codice dei contratti pubblici, decorrente dalla data di inizio della messa a disposizione, la quale copre le penali relative al mancato od inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla messa a disposizione dell’opera, e che deve essere parametrata al dieci per cento del costo annuo operativo di esercizio; la mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale.
Il nucleo contenutistico del contratto di disponibilità può essere integrato; al proposito, l’art. 160 ter, co. 1, prevede, consentendo una certa flessibilità, che all’affidatario venga riconosciuto un contributo in corso d’opera (non superiore al 50 per cento del costo di costruzione dell’opera) in caso di trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione, ovvero, in alternativa od in aggiunta a questo, un prezzo di trasferimento/riscatto (parametrato al valore di mercato residuo dell’opera) da corrispondere al termine del contratto.
Con riferimento al procedimento di valutazione comparativa concorsuale per la scelta dell’affidatario, occorre evidenziare come la gara sia celebrata sulla base di un capitolato prestazionale, predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice, mentre le offerte devono contenere il progetto preliminare (il progetto definitivo e quello esecutivo sono redatti all’esito dell’aggiudicazione) e sono corredate dalle garanzie previste dall’art. 75 del codice dei contratti pubblici.
Il soggetto aggiudicatario è tenuto a prestare la cauzione definitiva di cui all’art. 113, d.lgs. n. 163/2006; il che dà forza, sul piano interpretativo, alla tesi secondo cui il contratto di affidamento si perfeziona con l’aggiudicazione, e non già con la successiva “messa a disposizione”12; ed infatti la cauzione definitiva, come si desume dal predetto art. 113, assolve alla funzione di coprire gli oneri per il mancato od inesatto adempimento.
Il criterio di aggiudicazione previsto è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, richiedente inevitabilmente la valutazione del progetto preliminare, e, verosimilmente, anche del canone di disponibilità richiesto; comunque è previsto che sia il bando ad indicare i criteri, secondo l’ordine di importanza loro attribuita, in base ai quali si procede alla valutazione comparativa tra le diverse offerte.
Al contratto di disponibilità si applicano le disposizioni del d.lgs. n. 163/2006 in materia di requisiti generali di partecipazione alle procedure di affidamento e di qualificazione degli operatori economici.
Il collaudo è di spettanza della stazione appaltante; verifica la realizzazione dell’opera al fine di accertare il puntuale rispetto del capitolato prestazionale e delle norme cogenti; può concludersi con la prescrizione, a tali fini, di modificazioni, di varianti, del rifacimento dei lavori eseguiti, ovvero anche della riduzione del canone di disponibilità. A quest’ultimo riguardo, il contratto deve individuare il limite di riduzione del canone di disponibilità, anche a tutela dei soggetti finanziatori, superato il quale il contratto è risolto.
In ogni caso, l’adempimento degli obblighi dell’amministrazione aggiudicatrice resta condizionato al positivo controllo della realizzazione dell’opera ed alla messa a disposizione della stessa secondo le modalità previste dal contratto di disponibilità.
Trattandosi di una tipologia di PPP profondamente innovativa, il contratto di disponibilità inevitabilmente prospetta incertezze che solamente l’applicazione pratica potrà superare, o comunque mettere più chiaramente in luce; è verosimile peraltro che il profilo più problematico potrebbe essere proprio quello di destare l’interesse di un imprenditore privato chiamato a realizzare un’opera da adibire a servizio pubblico, assumendosene tutti i rischi, a fronte della corresponsione di un canone di disponibilità, verosimilmente da ripartire (e dunque essere remunerativo) in un ampio arco temporale 13. Il punto è se la descritta assunzione/traslazione delle responsabilità in capo al privato comporti e si traduca in un eccessivo aggravio del canone.
Al momento, può segnalarsi come non risulti specificato dall’art. 160 ter se l’area destinata alla realizzazione dell’opera privata ad uso pubblico debba essere di proprietà dell’ente pubblico al momento della gara, e poi destinata al privato affidatario (nella quale ipotesi si porrebbe il problema della utilizzabilità delle aree demaniali, come pure di quelle patrimoniali indisponibili), ovvero se possa essere acquisita od espropriata anche dopo la gara.
Sembra peraltro preferibile, anche perché sistematicamente più coerente, la seconda soluzione, che trova, a bene considerare, anche un radicamento di diritto positivo nella previsione dell’art. 160 ter, co. 3, del codice dei contratti pubblici, alla cui stregua «gli oneri connessi agli eventuali espropri sono considerati nel quadro economico degli investimenti e finanziati nell’ambito del contratto di disponibilità».
1 Non occorre in questa sede, ratione materiae, indugiare sul PPP di tipo istituzionalizzato (PPPI), con il quale si realizza una sorta di entificazione dell’interesse comune (pubblico/privato), principalmente riconducibile alla figura delle società miste, alle quali fa riferimento la comunicazione della Commissione europea del 5.2.2008, e che, nel nostro ordinamento, ha trovato un’applicazione significativa nella travagliata tematica della gestione dei servizi pubblici locali.
2 In termini Mastragostino, F., Premessa, in Id., a cura di, La collaborazione pubblico-privata e l’ordinamento amministrativo, Torino, 2011, XVII-XVIII; si veda, ancora, in argomento, Chiti, M.P., I partenariati pubblico-privati e la fine del dualismo tra diritto pubblico e diritto comune, in Id., a cura di, Il partenariato pubblico-privato, Napoli, 2009, passim.
3 Cfr. in argomento anche Fantini, S., Il partenariato pubblico-privato, con particolare riguardo al project financing ed al contratto di disponibilità, in www.giustizia-amministrativa.it, 7, 2012.
4 Ed infatti, il partenariato, «con accettabile approssimazione, può ritenersi un modello di azione amministrativa fondato sul “fare insieme” di soggetti pubblici e privati, pur se con funzioni, interessi e ruoli differenti e variabili secondo il tipo di collaborazione»: così Dugato, M., Il partenariato pubblico-privato: origine dell’istituto e sua evoluzione, in La collaborazione pubblico-privato e l’ordinamento amministrativo, cit., 57.
5 In tale senso Robaldo, E., Il contratto di disponibilità, in www.lexitalia.it, 5, 2012, 1-2; tale Autore ne sottolinea altresì la similitudine con la vendita di cosa futura allorché sia previsto anche il trasferimento della proprietà del bene all’amministrazione. Si tratta di una prospettazione complessa, anche in questo caso, in quanto la compravendita di cosa futura da parte di una pubblica amministrazione, pur essendo in astratto ammissibile, è condizionata in concreto dalla ricorrenza di situazioni eccezionali e dalla necessità, dettata dalla finalità di evitare intenti elusivi della regola generale del procedimento di appalto, che l’amministrazione valuti preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione delle opere pubbliche; può dunque ritenersi ammissibile il ricorso alla vendita di cosa futura nei ristretti limiti in cui l’opera da acquisire costituisca, secondo un ampiamente motivato e documentato apprezzamento dell’amministrazione, un bene infungibile, con riguardo alle sue caratteristiche strutturali e topografiche, ovvero un unicum non acquisibile in altri modi, ovvero a prezzi, condizioni e tempi inaccettabili per il più solerte perseguimento dell’interesse pubblico. Ancora più chiaramente, l’amministrazione è tenuta a valutare preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione delle opere pubbliche, ed, ove ne verifichi la non praticabilità in relazione a specialissime, motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed economicità, potrà scegliere di acquisire l’immobile secondo il meccanismo della compravendita: in termini Cons. St., A.G., 17.2.2000, n. 2; Cons. St., Sez. sez. VI, 1.3.2005, n. 816, nonché Cass., S.U., 12.5.2008, n. 11656.
6 È abbastanza agevole inferire, nell’ambito del PPP, la differenza del contratto di disponibilità rispetto al project financing, istituto la cui operatività ruota intorno alla concessione di costruzione e gestione dell’opera, dalla quale si differenzia per gli aspetti “a monte” ed “a valle” : «a monte, la presenza di una pluralità di finanziatori e di garanti, a valle la costituzione di un’unica entità economica per la gestione dell’opera» (così Malinconico, C., Il project financing, in Sandulli, M.A.-De Nictolis, R.-Garofoli, R., diretto da, Trattato sui contratti pubblici, IV, Le tipologie contrattuali, Milano, 2008, 2613. Meno netta è invece la distinzione tra contratto di disponibilità e leasing, contratto atipico, caratterizzato dal fatto che il locatore acquista o produce un bene corrispondente alle caratteristiche richieste dal locatario, concedendoglielo in godimento a fronte del versamento di un canone; alla scadenza contrattuale il locatario ha un’opzione tra la restituzione del bene, il rinnovo del contratto di godimento, ovvero l’acquisto del bene mediante pagamento del prezzo di riscatto. A bene vedere, l’art. 160 bis del codice dei contratti pubblici disciplina la locazione finanziaria, in cui non si instaura un rapporto diretto tra produttore/fornitore del bene ed amministrazione (cd. leasing operativo), ma interviene un soggetto “terzo” finanziatore (appunto, la società di leasing). L’art. 160 bis si occupa solamente del leasing relativo alle opera pubbliche e di pubblica utilità, e riguarda cioè la realizzazione, ovvero l’acquisizione od il completamento di opere pubbliche; tale contratto è equiparato dalla norma all’appalto pubblico di lavori, salvo che questi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto. Già da tale breve descrizione emerge la maggiore complessità contenutistica della locazione finanziaria rispetto allo schema causale del contratto di disponibilità.
7 Si veda C. conti, sez. contr., 24.11.1995, n. 150, in Foro amm., 1996, 2089.
8 In questa prospettiva, anche il contratto di disponibilità potrebbe essere inserito in un’accezione “allargata” o “composita” di contratto finanziario, inclusiva di una molteplicità di fattispecie negoziali di finanziamento delle spese di investimento degli enti pubblici : in argomento cfr. Fantini, S., I contratti finanziari, in Caringella, F.-Protto, M., diretto da, L’appalto pubblico e gli altri contratti della P.A., Bologna, 2012, 1131 ss.
9 Le regole della valutazione comparativa concorrenziale attengono, per definizione, alla contrattualistica pubblica, in quanto finalizzate ad assicurare l’individuazione della migliore offerta ed il rispetto della par condicio fra i concorrenti. In altri termini, e ciò ne giustifica l’estensione anche alla scelta dell’affidatario nel contratto di disponibilità, le procedure volte a dare evidenza pubblica all’individuazione del contraente sono poste nell’interesse sia dell’amministrazione, che delle imprese. In prospettiva storica, può osservarsi che, mentre la legislazione italiana di “contabilità dello Stato” ha privilegiato l’interesse dell’amministrazione, la disciplina di derivazione comunitaria (in materia di appalti) è prevalentemente ispirata alla tutela della competizione tra imprese: in argomento cfr. Falcon, G., Lezioni di diritto amministrativo, I, L’attività, Padova, 2005, 214.
10 Sottolinea Romanenghi, F., Il decreto legge liberalizzazioni. Breve analisi di alcune modifiche introdotte dal D.L. Liberalizzazioni al codice dei contratti pubblici, in Urb. app., 2012, 503, che l’alea del partner privato si concentra sulla progettazione e costruzione, e solo marginalmente sulla fase di gestione economica, caratterizzata comunque dalla corresponsione del canone di disponibilità.
11 Così Mangani, R., Il contratto di disponibilità: una nuova forma di partenariato pubblico-privato. Prime riflessioni a seguito del decreto “liberalizzazioni”, in www.giustamm.it, 2, 2012, 3.
12 Ciò indurrebbe, tra l’altro, a configurare il contratto di disponibilità alla stregua di un contratto reale, che si perfeziona cioè con la consegna della cosa.
13 A quanto consta, la prima applicazione del contratto di disponibilità si è avuta in Toscana, nel comune di Massarosa, allo scopo di realizzare un complesso scolastico. E’ agevole comprendere come il contratto di disponibilità, nella prospettiva delle amministrazioni locali, può assumere un decisivo rilievo, costituendo uno strumento di finanziamento che non comporta indebitamento (a differenza del leasing finanziario e del project financing) ai fini dell’art. 8, l. 183/2011, specie con riguardo alle cd. opere fredde, di dimensioni piccole e medie.