Contratti pubblici. Le cause soggettive di esclusione dalle gare pubbliche
Il d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito con modificazioni nella l. 12.7.2011, n. 106 ha novellato anche l’art. 38 del codice dei contratti pubblici, cercando di chiarire profili ermeneutici ancora controversi nella materia delle cause di esclusione soggettive dalle gare; si tratta, come noto, di una disciplina rigorosa, cui ha portato un qualche temperamento anche il contributo giurisprudenziale in tema di «falso innocuo».
L’art. 38 del codice dei contratti pubblici, approvato con d.lgs. 12.4.2006, n. 163, è stato interessato da un intervento correttivo apportato dal d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito nella l. 12.7.2011, n. 106 (cd. decreto sviluppo), volto essenzialmente a delineare con maggiore precisione le innumerevoli cause di esclusione contemplate dalla norma, sotto il profilo contenutistico, nonché degli effetti, ed, ancora, degli adempimenti gravanti sui partecipanti al procedimento di evidenza pubblica. Il tema delle cd. cause soggettive di esclusione dalla gara si colloca nell’ambito dei requisiti legali di partecipazione, volti evidentemente a limitare la discrezionalità della stazione appaltante. Il sistema di predeterminazione dei requisiti di partecipazione alle gare si deve principalmente al diritto comunitario, che, al fine di dare attuazione ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libertà di prestazione di servizi, ha «inteso affermare il valore dell’obiettività e predeterminazione dei criteri di partecipazione alle gare (oltre che di quelli di aggiudicazione delle stesse)»1. È opportuno precisare la distinzione tra «criteri di selezione» e «criteri di scelta»; i primi concernono i requisiti che attengono all’astratta idoneità dei concorrenti ad eseguire la prestazione contrattuale, sotto il profilo della professionalità, della solidità economica e della moralità; i secondi concernono invece la fase successiva di individuazione dell’offerta migliore2. Nell’ambito dei criteri di selezione si distingue usualmente tra requisiti soggettivi di ordine generale, cui si farà in questa sede specifico riferimento, e requisiti di capacità tecnica ed economica; i primi, detti anche requisiti «di ordine pubblico» o di moralità, consistono in condizioni soggettive del concorrente. I requisiti di ordine generale sono disciplinati dall’art. 38 d.lgs. n. 163/2006, mentre ai requisiti di capacità tecnica ed economica si rivolgono gli artt. 40-42 del codice dei contratti pubblici. L’art. 38 contiene un’articolata (e complessa) elencazione di cause di esclusione che va oltre la stessa direttiva comunitaria che recepisce3; a tale proposito va ricordato come la giurisprudenza comunitaria, pur ritenendo, sebbene con qualche contraddizione, la tassatività delle cause di esclusione previste dal diritto europeo, ha comunque affermato che lo Stato membro può prevedere ulteriori ipotesi di esclusione al fine di garantire il rispetto dei principi della parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza, purché le misure previste non eccedano quanto necessario per raggiungere tale obiettivo4. Le cause di esclusione contemplate dall’art. 38 attengono all’esistenza di procedure fallimentari e concorsuali, alla pendenza di un procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione, all’esistenza di condanne penali (salvo il riconoscimento alla stazione appaltante di un certo margine di discrezionalità con riguardo all’incidenza della condanna sulla moralità professionale), al divieto di intestazione fiduciaria, alle (gravi) violazioni in materia di lavoro, alla configurabilità di errori, negligenza e malafede in pregresse attività, come pure alle violazioni tributarie ed alle false dichiarazioni rese in ordine ai requisiti di partecipazione, e così via. Viene dunque a configurarsi, con riguardo ai requisiti di ordine generale, una disciplina interna particolarmente rigorosa, anche in considerazione della possibilità, invero ormai ammessa solamente da una giurisprudenza minoritaria, per la stazione appaltante, di prevedere cause di esclusione ulteriori a quelle indicate dalla legge5. La rigidità ed al contempo la presenza di (non sempre agevolmente gestibili) margini di discrezionalità di siffatta disciplina ha visto nascere e progressivamente diffondersi una giurisprudenza volta ad un approccio più sostanzialistico delle cause di esclusione, parametrato ad un giudizio di effettivo disvalore.
1.1 L’evoluzione giurisprudenziale in tema di «falso innocuo»
Come si è ora accennato, nella più recente giurisprudenza si è aperto un varco nell’interpretazione della disciplina, contenuta nell’art. 38 d.lgs. n. 163/2006, concernente i requisiti di ordine generale che devono possedere gli operatori economici per partecipare alla procedura di evidenza pubblica, anche detta, con terminologia più moderna, di valutazione comparativa concorrenziale6. Il percorso argomentativo si fonda sulla considerazione per cui l’art. 38, co. 1, ricollega l’esclusione dalla gara al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati, mentre il secondo comma non contiene un’analoga sanzione per il caso di mancata o non perspicua dichiarazione. La giurisprudenza, od almeno una parte della stessa, ha, cioè, cercato di effettuare una valutazione sostanzialistica della sussistenza delle cause ostative, precisando che allorché il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la lex specialis non preveda espressamente l’esclusione in relazione alla mancata osservanza delle prescrizioni sulle modalità e sull’oggetto delle dichiarazioni da fornire (richiedendo genericamente l’assenza delle cause impeditive), l’omissione in sede di dichiarazioni sostitutive non produce alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma. In tale evenienza, si è evidenziata la configurabilità di un’ipotesi di «falso innocuo», tale, secondo l’elaborazione penalistica7, da non essere punibile (e quindi, per estensione, da non comportare ope legis l’esclusione dalla gara) in ragione dell’inidoneità dell’azione8; si pensi, a titolo esemplificativo, all’ipotesi della mancata presentazione della dichiarazione (sostitutiva) di onorabilità per i soci cessati dalla carica nel triennio antecedente l’indizione della gara, in relazione alla (precedente) previsione di cui sub lett. c) dell’art. 38, co. 19. La categoria, di imprinting penalistico, del falso innocuo, in materia di gare pubbliche, è applicabile solamente allorché il falso non sia, in alcun modo, e dunque neppure potenzialmente, in grado di incidere sull’esito della procedura di evidenza pubblica, sulla base di una valutazione da compiersi ex ante10. L’art. 45 della direttiva 2004/18/CE ricollega l’esclusione alle sole ipotesi di grave colpevolezza di false dichiarazioni nel fornire informazioni, non rinvenibile nel caso in cui il concorrente non consegua alcun vantaggio in termini competitivi, essendo in possesso di tutti i requisiti previsti. Giova precisare, al fine di meglio delimitare l’ambito del «falso innocuo», che la giurisprudenza nazionale, al contrario, non riconosce alcun rilievo al dolo od alla colpa del dichiarante, od al fatto che la falsa dichiarazione sia da attribuire a dimenticanza o disguido, atteso che nel nostro ordinamento le false dichiarazioni in sede di gara, ove afferiscono a requisiti o condizioni rilevanti, producono ex se la non ammissione, ovvero l’effetto decadenziale sull’intervenuta aggiudicazione (oltre che la segnalazione all’Autorità di vigilanza per l’annotazione della notizia nel casellario informatico). Il che non appare peraltro incompatibile con il diritto comunitario, in quanto l’opzione normativa nazionale parametrata sulla rilevanza oggettiva della dichiarazione falsa (e quindi con esclusione del falso innocuo), e non, dunque, sullo stato psicologico del dichiarante, esprime una frontiera più avanzata di tutela dell’Amministrazione contro i possibili abusi dei partecipanti alle gare pubbliche; costituisce inoltre una scelta giustificata dall’esigenza di assicurare la speditezza dei procedimenti di gara, che subirebbe un inevitabile vulnus ove dovessero svolgersi laboriose indagini sull’elemento psicologico del soggetto dichiarante, e coerente con i principi di leale collaborazione e di buona fede che informano i rapporti tra privati ed Amministrazione11.
Chiarito l’ambito del falso innocuo, vale la pena di affrontare ora, per contiguità tematica, la portata della riforma dell’art. 38 operata dal d.l. n. 70/2011. Si tratta, per lo più, di modifiche volte a meglio delimitare le cause di esclusione contemplate dalla norma in esame. Indicativa in tale senso è la novella apportata al co. 1, lett. b) e c), riguardanti, rispettivamente, la causa di esclusione per procedimento di prevenzione e per condanna penale; viene chiarito che essa opera ove il procedimento riguardi uno dei soci di società in nome collettivo, ovvero anche il socio unico persona fisica12, ed il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci se si tratta di altro tipo di società. Più significative sono le ulteriori modifiche della norma sub lett. c) con riferimento alle condanne penali a carico degli amministratori cessati dalla carica, rilevanti ora solamente se cessati nell’anno. Inoltre è stato chiarito, con previsione dalla portata certamente più ampia rispetto al passato, ma, anch’essa, di non proprio agevole definizione contenutistica, che la società può evitare l’esclusione a condizione che vi sia stata «completa ed effettiva dissociazione» (in precedenza, si chiedeva all’impresa la dimostrazione di avere adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata). Sono inoltre state chiarite le cause estintive che rendono irrilevante la condanna penale come motivo di esclusione, con riferimento al caso in cui il reato sia stato depenalizzato, sia intervenuta la riabilitazione, ovvero il reato sia stato dichiarato estinto dopo la condanna (si tratta verosimilmente delle ipotesi del cd. patteggiamento, dell’amnistia, e dell’estinzione a seguito di decreto penale di condanna), od, ancora, al caso di revoca della condanna stessa. Simmetricamente, il co. 2 dell’art. 38, pur chiarendo che devono essere dichiarate tutte le condanne penali (ivi comprese quelle per le quali il concorrente abbia beneficiato della non menzione), così confermando l’opinione giurisprudenziale secondo cui il giudizio sulla rilevanza delle condanne inflitte al concorrente e sulla loro incidenza sulla moralità professionale è riservato alla valutazione dell’Amministrazione, e non all’arbitrario, o comunque soggettivo apprezzamento del partecipante alla gara, dispone che «ai fini del co. 1, lett. c), il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione». Con riguardo all’esclusione per violazione del divieto di intestazione fiduciaria, viene poi specificato che la stessa ha durata di un anno decorrente dall’accertamento definitivo della violazione; a prescindere da tale limite temporale, l’esclusione va disposta ove la violazione non sia stata rimossa. Significativa è anche l’innovativa previsione del comma 1 ter, con la quale si stabilisce che, in caso di presentazione di falsa dichiarazione od anche di falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità; quest’ultima dispone l’iscrizione nel casellario informatico (con conseguente esclusione dagli affidamenti per un anno) solamente ove ritenga che detta dichiarazione o documentazione siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti. La norma in questione chiarisce che mentre è causa di esclusione dalla singola gara qualsivoglia falsa dichiarazione o documentazione prodotte, a prescindere dall’elemento psicologico, al fine dell’esclusione dalle altre gare (conseguenza dell’iscrizione nel casellario informatico) rileva il dolo o la colpa grave, che devono essere apprezzati dall’Autorità, all’esito di una specifica istruttoria. Inoltre il decreto estende il requisito della «gravità», stabilendone il parametro di determinazione, onde limitare la discrezionalità della stazione appaltante a fronte di un concetto indeterminato, come indice di valutazione della moralità del concorrente, anche ad ipotesi di violazioni, per le quali non era precedentemente previsto; il riferimento è alla lett. g), concernente il rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse. Allo stesso tempo, e per analoghe ragioni, viene specificato il concetto di «gravità» ai sensi della lett. i), e cioè delle violazioni alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali (attribuendo chiaramente rilevanza, così da superare i dubbi esegetici precedentemente insorti, al rilascio del DURC-documento unico di regolarità contributiva). Con riguardo alla problematica causa di esclusione, contemplata dalla lett. m ter, costituita dall’omessa denuncia dei reati di concussione ed estorsione aggravati dallo stampo mafioso da parte della vittima, la novella ne circoscrive la portata, prendendo a parametro l’anno antecedente alla pubblicazione del bando.
La descritta novella dell’art. 38, nel suo complesso, fa chiarezza su talune precedenti e complesse disposizioni, la cui interpretazione aveva fatto sorgere dubbi ed incertezze. Sembra peraltro permanere problematica, quanto meno, la previsione, contenuta nel novellato co. 2 dell’art. 38, che richiede, con riguardo alla causa di esclusione di cui alla lett. m quater, tra l’altro, la «dichiarazione di non trovarsi in alcuna situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. rispetto ad alcun soggetto, e di avere formulato l’offerta autonomamente», mentre in precedenza tale dichiarazione doveva essere resa con riguardo «ad altro partecipante». Ed invero, dal punto di vista dell’interpretazione letterale, le conseguenze della nuova formulazione della norma sono significative, in quanto potrebbero portare all’esclusione dalla gara di imprese che hanno omesso di dichiarare la sussistenza di situazioni di controllo con società che sono estranee alla gara13. Né tale aporia appare superabile, stante il differente ambito oggettivo delle dichiarazioni, per il fatto che il concorrente deve comunque anche allegare la dichiarazione «di non essere a conoscenza della partecipazione alla medesima procedura di soggetti che si trovano, rispetto al concorrente, in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c., e di avere formulato l’offerta autonomamente». In ogni caso, il rapporto di controllo o la relazione di collegamento sostanziale, che determina l’imputabilità delle offerte ad un unico centro decisionale, vanno verificati dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta economica, e quindi solo successivamente a tale momento è consentita l’esclusione dalla gara.
1 Greco, I requisiti di ordine generale, in Trattato sui contratti pubblici (diretto da Sandulli, De Nictolis, Garofoli), II, Milano, 2008, 1268.
2 In giurisprudenza è stato da tempo sancito, ovviamente con riferimento ai bandi di gara, il divieto di commistione tra requisiti di partecipazione alla gara e criteri di valutazione delle offerte: in termini, da ultimo, TAR Emilia Romagna, Parma, 31.1.2011, n. 32; TAR Lazio, Latina, 20.11.2006, n. 1729, in Foro amm. - TAR, 2006, 3588.
3 Il riferimento è all’art. 45 della direttiva 2004/18/CE.
4 C. giust. CE, Grande Sezione, 16.12.2008, n. 213, in causa C-213/07, in Riv. giur. ed., 2009, 48.
5 In senso contrario cfr. Cons.St., sez. V, 22.8.2003, n. 4750, in Foro amm. – Cons.St., 2003, 3003.
6 Vinti, I procedimenti amministrativi di valutazione comparativa concorrenziale, Padova, 2002.
7 La giurisprudenza penale ritiene che, in tema di falsità documentali, ricorre il cd. «falso innocuo », nei casi in cui l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o l’alterazione (nel caso di falso materiale) siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto, non esplicando effetti sulla funzione documentale dell’atto stesso di attestazione dei dati in esso indicati, con la conseguenza che l’innocuità non deve essere valutata con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto: in termini Cass., sez. V, 21.4.2010, n. 35076, in CED Cass. pen., 2010, 248395.
8 Viene in rilievo la tematica, complessa dal punto di vista sistematico, in quanto riflettente il differente valore attribuibile al principio di offensività rispetto ad una concezione formale, del «reato impossibile» per inidoneità dell’azione, di cui all’art. 49, co. 2, c.p.; in argomento si veda Mantovani, Diritto penale, Padova, 2001, 201 ss., nonché Fiandaca-Musco, Diritto penale, Pt. gen., Bologna, 1989, 351.
9 In termini Cons.St., sez. V, 9.11.2010, n. 7967, in www.lexitalia.it, 11, 2010, nonché Cons. St., sez. V, 24.3.2011, n. 1795, in www.lexitalia.it, 3, 2011.
10 E così, ad esempio, Cons.St., sez. VI, 8.7.2010, n. 4436, in www.lexitalia.it, 7-8, 2010, ha annullato l’aggiudicazione di un appalto ritenendo falsa la referenza professionale dichiarata da un ingegnere in relazione alla redazione di uno studio di fattibilità svolto non individualmente, come dichiarato, ma in qualità di collaboratore di una società; una siffatta dichiarazione ha infatti attribuito all’autore una posizione di vantaggio non solo ai fini della partecipazione alla gara, ma anche sotto il profilo morale.
11 In termini Cons. St., sez. VI, 6.6.2011, n. 3361, in www.lexitalia.it, 6, 2011 ed anche TAR Lazio, Roma, sez. III, 19.7.2011, n. 6465, in www.lexitalia. it., 7-8, 2011.
12 Lo specifico riferimento al socio «persona fisica» induce a ritenere che il controllo non si estende al caso di socio unico o di maggioranza che non sia persona fisica: in termini De Nictolis, Le novità del D.L. 70/2011, in Urb. app., 2011, 1014.
13 Cfr. in argomento Lilli, Breve commento all’art. 4 del decreto- legge 13 maggio 2011, n. 70- Prime disposizioni urgenti per l’economia, in www.giustamm.it, 6, 2011.