Abstract
Vengono esposti i principi fondamentali della disciplina del contratto di assicurazione (Libro IV, Capo XX, del Codice civile), una disciplina rimasta formalmente immutata nonostante l’evoluzione della prassi del mercato verso nuovi tipi di garanzie e nuove modalità di copertura che mettono a dura prova la normativa codicistica e rendono necessaria una lettura delle norme per quanto possibile compatibile con le nuove prassi del mercato.
1. Nozione e funzione del contratto di assicurazione
«L'assicurazione è il contratto con il quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana» (art. 1882 c.c.). La definizione, che riproduce la tradizionale distinzione tra assicurazione contro i danni e assicurazione sulla vita, è ad un tempo unitaria e dicotomica. Nella struttura del rapporto, alla prestazione, definita in modo unitario, dell'assicurato (premio) corrisponde, infatti, una prestazione dell'assicuratore, che viene indicata alternativamente nel risarcimento di un danno o nel pagamento di un capitale o di una rendita. È quindi nella prestazione dell’assicurato che va ricercata la funzione del contratto.
Il premio, nella sua accezione tecnica, è un corrispettivo calcolato sulla base di dati probabilistici, in relazione ad una massa di rischi omogenei; è, in altre parole, un corrispettivo determinato non in funzione del rischio assunto con il singolo contratto, ma con riferimento a tutti i rischi dello stesso tipo assunti dall'assicuratore. Che il legislatore abbia assunto il termine “premio” nel suo significato tecnico si desume chiaramente dalla disciplina del codice, con particolare riguardo ai principi del pagamento anticipato, della indivisibilità e della irripetibilità del premio (v. infra, § 2.4).
La nozione tecnica del premio porta in primo piano l'operazione economica che ne costituisce il presupposto. Il suo rilievo giuridico si traduce nella rilevanza causale di quella operazione e per essa dell'organizzazione imprenditoriale necessaria per realizzarla. In altri termini, la disciplina particolare alla quale si è accennato è applicabile soltanto ai contratti nei quali il rischio assicurato sia assunto da un soggetto che sia in grado di compensarlo, inserendolo in una massa di rischi omogenei, vale a dire da un’impresa di assicurazione.
Su queste basi è possibile concludere che la funzione del contratto di assicurazione, in tutte le sue forme, è quella che si desume dalla operazione economica assicurativa, consistente nella inserzione dei singoli rischi assunti dall'impresa di assicurazione in una massa di rischi omogenei, cui consegue la possibilità di un calcolo statistico del premio e la neutralizzazione del rischio inerente ad ogni singolo contratto. In questo modo il rischio individuale viene trasformato in un rischio collettivo (sulla comunione dei rischi, v. C. cost. 5.2.1975, n. 18, in Assicurazioni, 1975, II, 71) e gli esposti al rischio possono premunirsi contro le conseguenze che ne possono derivare, sopportando un costo molto inferiore a quello che dovrebbero altrimenti sostenere qualora il rischio si verificasse. In altri termini, la funzione del contratto di assicurazione è quella di soddisfare un bisogno dell’assicurato a costo parziale.
La definizione dell’art. 1882 c.c. suggerisce la distinzione tra contratti caratterizzati da prestazioni indennitarie e prestazioni di “somme”. Questa lettura ha sempre posto il problema dell’inquadramento delle assicurazioni di persone, diverse dalle assicurazioni sulla durata della vita, nelle quali la prestazione dell’assicuratore sia una prestazione stabilita in via forfettaria in relazione alla natura della lesione dell’integrità fisica dell’assicurato (assicurazioni infortuni, malattia, invalidità).
Anche questo problema può essere risolto, almeno in parte, tenendo conto della specificità dell’operazione economica sottostante al contratto, sulla quale si fonda la diversa disciplina della durata del contratto e del pagamento del premio di cui agli artt. 1899 e 1901 c.c. (dichiarati espressamente inapplicabili alle assicurazioni sulla vita) e dell’art. 1924 c.c. (assicurazioni sulla vita). Queste coperture, infatti, possono essere gestite con la tecnica delle assicurazioni contro i danni o con la tecnica delle assicurazioni sulla vita, come si desume anche dalla classificazione dei rischi di origine comunitaria (art. 2, d.lgs. 7.9.2005, n. 209). Il problema della disciplina applicabile va quindi risolto tenendo conto del tipo di gestione tecnica sottostante al contratto di volta in volta considerato.
Il rischio è l’elemento fondamentale del contratto di assicurazione. Il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto e la sua cessazione nel corso del contratto ne comporta lo scioglimento (artt. 1895-1896 c.c.).
Il rischio viene comunemente definito come possibilità di un evento futuro e incerto. Con riferimento al contratto di assicurazione non rileva soltanto l’incertezza oggettiva dell’evento, ma anche l’incertezza soggettiva riferita ad entrambe le parti contraenti. Anche l’assunzione da parte dell’assicuratore di un rischio verificato, qualora il sinistro sia ignoto ad entrambe le parti, rende necessario il calcolo del premio su basi probabilistiche ed è quindi compatibile con la funzione del contratto di assicurazione, come peraltro confermato dall’art. 514 c. nav. (rischio putativo). La tesi contraria, per quanto riguarda le assicurazioni terrestri, si basa sull’art. 1895 c.c., ma questa norma si limita a sancire la nullità del contratto se il rischio è cessato prima della sua conclusione. Non è quindi assicurabile un rischio cessato, ma è assicurabile un rischio che si è verificato prima della conclusione del contratto, se questo non ha comportato la cessazione del rischio assicurato.
È quindi valida la cd. “assicurazione retroattiva” praticata per rischi già verificati in un periodo prestabilito antecedente alla stipulazione del contratto, quando il sinistro non comporta, di per sé, la cessazione del rischio (ad es. assicurazione della responsabilità civile, assicurazione infedeltà dipendenti).
Non è assicurabile il fatto doloso del contraente, dell'assicurato o del beneficiario (v. art. 1900 c.c.). Funzione del divieto è quella di evitare che la garanzia assicurativa crei l'interesse alla provocazione dell'evento. Il divieto quindi non si estende al fatto doloso di soggetti diversi da coloro che hanno un interesse alla prestazione assicurativa, anche se si tratta di persone delle cui azioni l'assicurato è responsabile (v. art. 1900, co. 2, c.c.). Per lo stesso motivo l'assicuratore è sempre obbligato per i sinistri conseguenti ad atti del contraente, dell'assicurato o del beneficiario compiuti per dovere di solidarietà umana o nella tutela di interessi comuni allo stesso assicuratore (v. art. 1900, co. 3,, c.c.). Il divieto nelle assicurazioni sulla vita è limitato al fatto doloso del contraente o del beneficiario. L'art. 1927 c.c., in considerazione della particolare natura dell'evento, comprende nel rischio assicurabile il suicidio dell'assicurato.
Nel codice civile non si rinvengono altre limitazioni alla assicurabilità dei rischi contemplati dall'art. 1882 c.c. La colpa grave può essere assicurata con patto espresso, altrimenti è esclusa (art. 1900, co. 1. c.c.). Nelle assicurazioni di responsabilità civile, la colpa grave è compresa nella copertura (art. 1917, co. 1, c.c.). Possono essere assicurati con patto espresso anche il vizio intrinseco della cosa non denunciato all'assicuratore (art. 1906 c.c.), e i cd. rischi catastrofici (art. 1912 c.c.). Può anche essere assicurato il rischio della morte di un terzo, se questi vi acconsente (art. 1919, co. 2, c.c.).
A determinare il rischio assicurato concorrono, da un lato, la descrizione dell'evento e delle circostanze che devono accompagnarlo (rischi inclusi) e, dall'altro, l'indicazione delle circostanze la cui presenza esclude la prestazione dell'assicuratore (rischi esclusi o delimitazioni del rischio). Le delimitazioni possono riguardare la causa del sinistro, il danno che ne è derivato, il tempo o il luogo del sinistro.
Le delimitazioni del rischio assicurato sono tipiche delle assicurazioni contro i danni in quanto rispondono alla esigenza dell'assicuratore di definire i limiti della copertura in relazione alle sue caratteristiche e circostanze concrete, ma anche i contratti di assicurazione sulla vita per il caso di morte possono contenere delimitazioni del rischio.
La conoscenza della natura e delle circostanze del rischio è determinante per la formazione del consenso dell'assicuratore, sia con riguardo alla sua assicurabilità, sia con riferimento alle condizioni di assicurazione (importo del premio, rischi esclusi, franchigie e scoperti). L'assicuratore si basa di regola sulle dichiarazioni dell'assicurando, perché sarebbe eccessivamente complicato e costoso un controllo preventivo di tutti i rischi da assicurare. Da questa prassi del mercato assicurativo trae origine la disciplina delle dichiarazioni precontrattuali relative al rischio. Il contraente deve descrivere il rischio che intende assicurare in modo esatto e completo. L'inesatta o reticente descrizione del rischio, qualora abbia influito sulla formazione del consenso dell'assicuratore, rende il contratto annullabile, se dovuta a dolo o colpa grave, o consente all’assicuratore di recedere dal contratto negli altri casi (artt. 1892-1894 c.c.).
Le variazioni del rischio nel corso del contratto (aggravamento o diminuzione) possono comportare lo scioglimento del contratto. L’aggravamento del rischio tale che, se il nuovo stato delle cose fosse esistito al momento della conclusione del contratto, l'assicuratore non avrebbe stipulato l'assicurazione o avrebbe richiesto un premio più elevato, consente a quest’ultimo di recedere dal contratto. Se il sinistro si verifica prima che sia scaduto il termine per l'efficacia del recesso, l'assicuratore non è tenuto a pagare l'indennità qualora l'aggravamento sia tale da escludere l'assicurabilità del rischio; altrimenti è tenuto a pagare una indennità ridotta, in proporzione alla differenza tra il premio pattuito e il premio corrispondente al maggior rischio (art. 1898 c.c.). La norma, contenuta nelle disposizioni generali, non prevede meccanismi particolari per la conservazione del contratto qualora fosse possibile riequilibrarlo aumentando il premio. Soltanto nelle assicurazioni sulla vita per il caso di morte è prevista, per il caso di cambiamento della professione o di attività dell’assicurato, una procedura che consente di adeguare il contratto al nuovo stato delle cose mediante un aumento del premio (art. 1926 c.c.). Una deroga che si giustifica con la natura previdenziale dell’assicurazione sulla vita. La diminuzione del rischio rileva soltanto qualora il rischio, come variato, avrebbe comportato il pagamento di un premio minore a quello previsto nel contratto. In questo caso, il contratto può proseguire dietro corrispettivo del premio minore o essere sciolto per recesso dell’assicuratore (art. 1897 c.c.).
Il premio, che costituisce il corrispettivo del rischio assunto dall’assicuratore, è il cd. premio di tariffa, che è composto dal ‘premio puro’ e dal ‘caricamento’. Il premio puro è calcolato su basi probabilistiche in relazione ad una massa di rischi omogenei. Il caricamento è invece destinato a coprire le spese di acquisizione e gestione del contratto.
In sostanza, il premio è il valore della contribuzione a carico di ciascun assicurato per partecipare alla “comunione dei rischi” assunti dall’assicuratore (cfr. C. cost. 5.2.1975 n. 18, cit.). Così si spiega la disciplina peculiare del premio. Il premio deve essere pagato anticipatamente, perché è dalla massa dei premi raccolti che l’assicuratore trae le somme necessarie per fare fronte alle prestazioni dovute a coloro nei confronti dei quali si verifica l’evento assicurato. Il premio è dovuto per l’intero periodo per il quale è stato calcolato anche se il contratto è annullato o si scioglie prima della scadenza del periodo (indivisibilità del premio) e i premi pagati sono irripetibili anche in caso di annullamento del contratto (artt. 1890, co. 3, 1897, co. 1, 1898, co. 4,1901, co. 3, 1918, co. 3, 1924,1926, co. 5, c.c.).
Trovano la loro giustificazione nelle caratteristiche economiche del premio anche le norme che mirano a ristabilire l'equilibrio tra rischio reale e rischio rappresentato nella conclusione del contratto (art. 1893, co. 2, c.c.) o tra la misura del rischio originario e quella del rischio sopravvenuto nel corso del contratto (artt. 1897, 1898, co. 3 e 5, 1926, co. 2, c.c.), nonché le norme che, per identificare l'assicurabilità del rischio o la corrispondenza tra il rischio assunto dall'assicuratore e il premio pagato, rinviano a valutazioni desunte dalla prassi dell'impresa di assicurazione, quale espressione dell'applicazione comunemente accettata di determinati requisiti tecnico-assicurativi (artt. 1892, co. 1 e 1898, co. 1, c.c.).
Il contratto può prevedere un premio unico o un premio periodico. Il premio può essere rateizzato, ma la rateizzazione non modifica il principio della indivisibilità del premio, fatta eccezione per il caso di diminuzione del rischio (art. 1897 c.c.)
Il premio periodico può essere fisso o variabile in funzione della variabilità degli enti (persone, cose, crediti) assicurati (assicurazioni collettive, in abbonamento o globali), oppure in funzione del volume di affari dell’assicurato o del numero dei suoi dipendenti (ad es. assicurazione responsabilità civile da prodotti difettosi o per danni causati ai dipendenti). Se il premio è variabile, il contratto prevede di regola il pagamento di un premio in via anticipata con successivo conguaglio alla scadenza del periodo di assicurazione (cd. regolazione del premio).
Nelle assicurazioni danni il mancato pagamento del premio unico o del primo premio periodico sospende la garanzia assicurativa fino al giorno del pagamento. Per il pagamento dei premi periodici successivi al primo è previsto un termine di tolleranza, scaduto il quale l’assicurazione resta sospesa. In entrambi i casi, il contratto si risolve di diritto se l’assicuratore non agisce per la riscossione del premio nel termine di sei mesi dal giorno nel quale il premio è scaduto (art. 1901 c.c.).
Nelle assicurazioni sulla vita è obbligatorio soltanto il pagamento del premio dovuto per il primo anno. Se il contraente non paga i premi periodici successivi, il contratto si scioglie e i premi pagati restano acquisiti all’assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto o per la riduzione della polizza (art. 1924 c.c.). Nella prassi, la disciplina contrattuale del pagamento del premio è o può essere diversa a seconda del tipo di contratto. Talvolta la conclusione del contratto è subordinata al pagamento di un premio unico (assicurazione di rendita immediata) o di un primo premio. Possono essere previsti premi ricorrenti secondo un piano di versamento prestabilito; il mancato rispetto del piano può incidere sulla prestazione assicurata o sul valore di riscatto, ma non comporta lo scioglimento del contratto (ad es. in alcune polizze Unit Linked). Spesso è prevista la facoltà del contraente di versare premi aggiuntivi.
La disciplina del rischio e del premio, che a prima vista sembra privilegiare l’interesse dell’assicuratore rispetto all’interesse del singolo contraente e/o assicurato, si giustifica con l’interdipendenza tra i rapporti assicurativi di un medesimo tipo di rischio (comunione dei rischi) che fa sì che le vicende di un singolo rapporto non siano indifferenti per gli altri. A tutela degli assicurati, l’art. 1932 c.c. dispone che le norme che regolano le dichiarazioni precontrattuali, la variazione del rischio e il mancato pagamento del premio (artt. 1892-1894, 1897, 1898, 1901 e 1926 c.c.) non possano essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato. In questo modo si è evitato di irrigidire la normativa considerata con la statuizione di una inderogabilità assoluta, lasciando l’assicuratore libero di adeguare il regolamento negoziale ai progressi della tecnica assicurativa e alla evoluzione del mercato che consentono di adottare clausole contrattuali e tariffe più favorevoli all’assicurato senza pregiudizio per la stabilità dell’impresa. La libertà contrattuale è maggiore nelle assicurazioni sulla vita che nelle assicurazioni contro i danni. L’unica disposizione speciale delle assicurazioni sulla vita dichiarata inderogabile è, infatti, l’art. 1926 c.c. (cambiamento della professione dell’assicurato nelle assicurazioni per il caso di morte).
Il contratto di assicurazione contro i danni è nullo se nel momento nel quale l’assicurazione deve avere inizio non esiste un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno (art. 1904 c.c.). Il contratto può essere stipulato sia per conto proprio che per conto altrui. Nel primo caso, assicurato è il contraente, nel secondo caso contraente e assicurato sono soggetti distinti (art. 1891 c.c.). Il contratto può anche essere stipulato a favore di un terzo (vincolo della somma assicurata), ma a condizione che l’assicurato abbia un interesse concreto alla stipulazione a favore del beneficiario (ad. es. garanzia del pagamento di un debito).
Il “danno risarcibile” nel contratto di assicurazione non corrisponde alla nozione di danno risarcibile in base alla disciplina della responsabilità civile contrattuale o extracontrattuale. Il principio di cui all’art. 1904 c.c. ha essenzialmente la funzione di evitare una degenerazione in senso speculativo o addirittura fraudolento del contratto. La funzione del contratto resta comunque quella di soddisfare un bisogno dell’assicurato a seguito del sinistro, con il limite che deve trattarsi di un bisogno effettivo e che l’indennità deve essere a questo commisurata.
Il danno può consistere in un danno a cose, o in un danno al patrimonio complessivo dell’assicurato (assicurazione responsabilità civile, assicurazione di spese) o in una lesione dell’integrità fisica dell’assicurato (assicurazione infortuni o malattia) o, infine, in una situazione di difficoltà di quest’ultimo che richieda un aiuto immediato (assicurazione assistenza). In tutti i casi, l’assicurato deve avere un interesse proprio al risarcimento del danno.
Nell’accertamento del danno non si può attribuire alle cose perite o danneggiate un valore superiore a quello che avevano al momento del sinistro (art. 1908, co. 1, c.c.). Non si tratta di un principio inderogabile. È indennizzabile il profitto sperato (art. 1905, co. 2, c.c.) ed è valida la cd. polizza stimata (art. 1908, co. 2, c.c.); è anche pacifica la legittimità dell’assicurazione del valore a nuovo (cd. nuovo per il vecchio). Inoltre, si tratta di una regola che si applica solo alle assicurazioni di cose e, pertanto, soltanto a questa tipologia si applicano gli artt. 1907 (assicurazione parziale) e 1909 (assicurazione per somma eccedente il valore della cosa) c.c.
Nelle assicurazioni del patrimonio l’indennizzo non può essere superiore a quanto corrisposto al terzo danneggiato o all’importo della spesa, nei limiti della somma assicurata prevista in polizza (cd. massimale). Nelle assicurazioni danni alla persona, l’assicuratore si impegna a corrispondere, a seconda delle conseguenze della lesione, le indennità forfettarie indicate in polizza e, nell’assicurazione assistenza, il contratto può prevedere un aiuto in danaro e/o in natura (art. 175 c. assicurazioni).
L’assicurazione sulla vita ha una funzione previdenziale e di risparmio. Per questo motivo le somme assicurate possono essere liberamente determinate dalle parti e l’interesse alla stipulazione è in re ipsa, vuoi che assicurato sia il contraente o persona diversa dal contraente (art. 1919, co. 2, c.c.) o che il beneficiario sia il contraente o l’assicurato (se persona diversa dal contraente) o un terzo liberamente indicato dal contraente. Non solo, il beneficiario può essere indicato nel contratto o con successiva comunicazione scritta all’assicuratore o per testamento e la designazione può anche essere generica (ad es. ai miei eredi, ai miei figli) (artt. 1920-1922 c.c.). Inoltre, l’art. 1923 c.c. vieta che le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario siano sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.
Queste norme testimoniano il favor del legislatore per l’assicurazione sulla vita, in quanto atto di previdenza, e una ulteriore conferma si desume dalle restanti disposizioni della sez. II del capo XX; in primo luogo la disciplina del pagamento del premio, che consente di interrompere in qualsiasi momento il pagamento dei premi e, qualora ne sussistano le condizioni, prevede il diritto di riduzione o di riscatto (v. supra, § 2.4).
La riduzione comporta l’adeguamento della prestazione assicurata ai premi pagati. L’esercizio del diritto di riscatto risolve il contratto e obbliga l’assicuratore a corrispondere il cd. valore di riscatto.
Riscatto e riduzione presuppongono che si sia costituita la riserva matematica. Il numero dei premi necessari per la costituzione della riserva varia a seconda del tipo di contratto e delle modalità di pagamento del premio. Condizione per la riduzione della somma assicurata è unicamente la costituzione della riserva matematica, mentre per il riscatto è anche necessario che la prestazione dell’assicuratore sia incerta soltanto nel quando, condizione presente nelle assicurazioni caso morte a vita intera e nelle assicurazioni che prevedono la corresponsione di un capitale o di una rendita alla scadenza del contratto, se l’assicurato è in vita, e un capitale per il caso di premorienza (assicurazioni miste). Anche gli artt. 1926 e 1927 c.c., come già rilevato, contengono deroghe alle disposizioni generali che trovano la loro giustificazione nella natura previdenziale del contratto (v. supra, § 2.3).
Fonti normative
Artt. 1882-1932 c.c.
Bibliografia essenziale
Rossetti, M., Il diritto delle assicurazioni, Padova, 2011; Alpa, G., a cura di, Le assicurazioni private, in Giur. sist. civ. comm. Bigiavi, Torino, 2006; Volpe Putzolu, G., L’assicurazione, in Trattato Rescigno, 13, Torino, 1985; Fanelli, G., Le assicurazioni, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1973; Donati, A., Trattato del diritto delle assicurazioni private, II e III, Milano, 1954 e 1956.