convivenza
convivènza s. f. – La disciplina giuridica che regola la fondata sul matrimonio costituisce, sovente, il filtro normativo per interpretare lo stato di c., inteso come comunione materiale e spirituale di vita tra soggetti di sesso diverso. Tuttavia, la c. paraconiugale (o more uxorio) non esaurisce le ipotesi in cui, all’esterno della famiglia legittima, può trovare applicazione il lemma convivenza. La forma verbale convivere, nella lingua italiana, assume il significato di ‘fare vita comune nello stesso luogo’; sicché comunione di vita può instaurarsi anche tra soggetti dello stesso sesso, anche tra soggetti legati da vincoli parentali e anche fra più di due soggetti. La c. extraconiugale, allora, può essere non soltanto more uxorio, ma anche omosessuale, parentale, di mutuo aiuto o di gruppo. L’ordinamento giuridico italiano attribuisce rilevanza a queste forme di comunione di vita; al di fuori della disciplina del matrimonio (dove la comunione di vita deve intendersi come «comunione spirituale e materiale tra i coniugi», ex artt. 1 e 2 l. 1° dicembre 1970, n. 898), il termine c. è contemplato in diverse norme. Fra le disposizioni del Codice civile, assumono particolare importanza quelle che regolano i rapporti dei genitori con i figli e quelle in tema di protezione delle persone prive di autonomia. Il legislatore, non soltanto assegna rilievo alla c. dei genitori con i figli (artt. 45, secondo comma, 252, secondo e terzo comma, 317 bis e 329), ma, fra i destinatari delle norme in tema di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno, figura «la persona stabilmente convivente» con il beneficiario del provvedimento (artt. 408, 410, 411, 417 e 426): espressione, quest’ultima, che parrebbe riferirsi a soggetti anche diversi dal convivente more uxorio. Le norme della legislazione collegata hanno riguardo, prevalentemente, alla convivenza paraconiugale (v. ), ma vi sono casi in cui sono oggetto di considerazione anche altre forme di comunione di vita. Con riguardo alle disposizioni più recenti, si pensi, per es., alla l. 20 ottobre 1990, n. 302, in virtù della quale l’elargizione in favore dei componenti la famiglia di chi abbia perso la vita a causa di atti terroristici o eversivi dell’ordine democratico, compete «altresì a soggetti non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della persona deceduta negli ultimi anni precedenti la convivenza ed ai conviventi more uxorio» (art. 4); al d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507, il quale, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dispone che la denuncia dei locali e aree tassabili siti nel territorio comunale deve contenere, tra l’altro, i dati identificativi «delle persone fisiche componenti del nucleo familiare o della convivenza» (art. 70, terzo comma); ancora, al d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230, il quale, in tema di ordinamento penitenziario, stabilisce che i colloqui dei condannati, degli internati e degli imputati dopo la sentenza di primo grado «con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi» (art. 37, primo comma); o, al d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, ai sensi del quale, nell’ipotesi in cui un trattamento sia necessario per la salvaguardia della «vita o incolumità fisica» dell’interessato e le sue condizioni psicofisiche gli impediscano di «prestare il proprio consenso […], il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l'interessato» (art. 24, lett. e). È da escludere che in codeste ipotesi il legislatore abbia assegnato rilevanza esclusivamente alla c. paraconiugale. Tra i paesi dell’Unione Europea, una disciplina organica per forme di c. diverse da quella fondata sul matrimonio tra individui di sesso diverso è stata introdotta (quasi sempre al fine di regolare unioni stabili tra persone omosessuali), a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo millennio, in Danimarca (1989), Svezia (1994), Paesi Bassi (1997; dal 2001 le coppie dello stesso sesso sono ammesse a contrarre matrimonio), Belgio (1998; dal 2003 le coppie dello stesso sesso sono ammesse a contrarre matrimonio), Spagna (dal 1998, limitatamente a 11 comunità autonome su 17; dal 2003 le coppie dello stesso sesso sono ammesse a contrarre matrimonio), Francia (1999), Germania (2001), Portogallo (2001), Finlandia (2002), Lussemburgo (2004), Regno Unito (2005), Slovenia (2005), Repubblica Ceca (2006), Ungheria (2007), Austria (2010), Irlanda (2010).