CORICO (Κώρυκος, Corãcus)
Toponimo frequente nel Mediterraneo orientale, ove lo ritroviamo riferito a diversi promontorî montuosi, uno nell'isola di Creta, altri sulla costa dell'Anatolia, e a qualche città di cui una in Licia, presso Faselide, popolata da Attalo II Filadelfo e l'altra, più importante, sulla costa della Cilicia, presso le foci del fiume Calicadno, tra Eleusa e Coracesium.
Corico di Cilicia. - Ne sussistono rovine, relative specialmente alla necropoli, nell'odierna località di Korgos che conserva corrotto l'antico nome; essa si reggeva a città autonoma ed ha emesso una numerosa monetazione dal sec. I a. C. fino a Gallieno, con frequenti personificazioni marinare (Oceano, Talassa). I Romani vi tenevano una stazione navale.
Vi sono state raccolte molte iscrizioni sepolcrali, in gran parte cristiane, che attestano l'attività commerciale e la ricchezza del luogo. Rilevanti sono le rovine di grandi basiliche circondate da altri ruderi, probabilmente di costruzioni monastiche. Una, con atrio quadrato, ha tre absidi ricavate in un'imponente massa muraria che a tergo è rettilinea. In un'altra invece, le due absidi laterali, terminanti all'esterno con muri diritti, sporgono fortemente oltre l'abside centrale, disposizione abbastanza frequente in Siria. Una terza è notevole per l'irregolarità delle forme, un'altra ancora ha dietro la triplice abside un muro esterno con due absidi, che non corrispondono a quelle del santuario, ordinamento di cui si trovano numerosi esempî in Cilicia. Queste chiese, per l'accurata muratura a grandi blocchi, ricordano quelle della Siria. Ma alcuni particolari architettonici, i portali coperti da un arco aggettante su mensole, le finestre divise da colonnette e distribuite pittorescamente a gruppi ineguali, si ritrovano nei monumenti dell'Asia Minore e dell'Armenia.
Bibl.: V. Langlois, Voyage dans la Cilicie, Parigi 1861, p. 109 seg.; Duchesne, in Bull. de correspondence hellénique, VII (1883), p. 232 segg.; G. Lowthian Bell, in Revue archéol., (1906), II, pp. 7-28; Paribeni e Romanelli, in Monumenti antichi dei Lincei, XXIII, p. 99; Herzfeld e Guyer, Meriamlik und Korikos (Monumenta Asiae Minoris, II), Manchester 1930.
Corico nell'Egeo. - Monte che sorge a mezzogiorno della penisola di Eritre, la quale dalla terra ferma anatolica si protende verso l'isola di Chio. Presso di esso si svolse nel 191 a. C. la prima battaglia navale dei Romani nell'Egeo.
Battaglia di Corico. - Nel golfo che si apre ad est e a ridosso del promontorio di Corico, stanziava nel 191 a. C. l'armata navale del re Antioco III di Siria, forte di 70 navi da battaglia e di 30 navi leggiere, comandata dal fuoruscito rodio Polissenida, la quale cercava da questa posizione protetta d'impedire che l'armata romana, comandata dal pretore Gaio Livio Salinatore, forte di 81 navi da battaglia quasi tutte quinqueremi, si congiungesse con gli alleati romani d'Asia, Eumene II di Pergamo e i Rodî. Ingannando la sorveglianza dell'ammiraglio siriaco, Livio riusci inosservato a penetrare dal sud nello stretto che separa Chio dal continente, e a congiungersi più a nord con le 24 navi di Eumene. Mosse poi con le due squadre riunite verso sud, per congiungersi coi Rodî; ma ora fu avvistato da Polissenida, il quale, uscito dal suo riparo, lo attaccò di sorpresa a oriente del promontorio. Livio non si lasciò atterrire, e prese il largo con 30 navi che dispose in ordine di battaglia, assalendo con esse la sinistra siriaca, mentre Eumene veniva schierando le rimanenti navi romane e pergamene. Mancato l'effetto della sorpresa, la battaglia fu decisa dalla superiorità quantitativa e qualitativa delle navi romane. Polissenida ripiegò dopo aver perduto 23 navi. I Romani rimasero padroni dell'Egeo.
Fonti: Liv., XXXVI, 43-45; Appian., Syriaca, 22.
Bibl.: Per la topografia, v. Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, c. 1451. Per la battaglia, G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, i, Torino 1923, p. 177 segg.