Ricci, Corrado
Scrittore e critico d'arte, nato a Ravenna il 18 aprile 1858; laureato in giurisprudenza a Bologna nel 1882, entrò subito nella carriera delle biblioteche governative e vi rimase fino al 1893, quasi sempre presso la biblioteca universitaria di Bologna. In quell'anno passo all'amministrazione delle Belle Arti, coprendovi uffici rilevanti di riordinamento e direzione d'importanti gallerie, fino a quello della direzione generale (1906-19), alla quale diede grande impulso e un'organizzazione moderna. Fondatore e primo presidente (1919-34) dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, socio nazionale dell'Accademia dei Lincei dal 1921, senatore del Regno dal 1923, morì a Roma, ancora esemplarmente laborioso, il 5 giugno 1934.
Precoce e fervido autodidatta, i suoi maestri furono, se mai, i monumenti di Ravenna, da lui esplorati fin da ragazzo con la guida appassionata di due vecchi ravennati, più artigiani che artisti (suo padre Luigi e O. Gardella). Storia, archeologia e arte di Ravenna segnarono tutta la sua vita, pure così piena dei più vari interessi, lavori e realizzazioni, dalla giovanile Guida di Ravenna (1877-78) fino alla monumentale documentazione archeologica delle Tavole storiche dei mosaici di Ravenna (1930-34).
Già a Ravenna accanto allo zio Adolfo Borgognoni, e più a Bologna, vicinissimo anche per ragioni di ufficio al conterraneo Olindo Guerrini, nella stima del Carducci e inserito nel vivace ambiente letterario bolognese, il R. partecipò lungamente alla letteratura militante. Più tardi abbandonerà e, vecchio, rifiuterà nettamente gli esercizi poetici della giovinezza; ma lo studioso che si mosse sempre più verso un ideale di scienza non disgiunse mai (neppure nelle maggiori opere di storia artistica quali le monografie pittoriche e architettoniche e il fondamentale volume Il Tempio Malatestiano, del 1924) il rigore della ricerca della capacità di una prosa d'arte di agile e pacata chiarezza, in cui si può ben riconoscere il frutto migliore della sua vocazione letteraria; come non abbandonò finché visse il gusto e l'esercizio della garbata divulgazione.
All'amore per Ravenna si riconduce il precoce interesse per gli studi danteschi, che produsse nel 1880, poco dopo la Guida, i suoi primi scritti danteschi, Menghino Mezzani e Paolo e Francesca (lettera aperta ad A. Borgognoni). Ma nello stesso anno le schermaglie giornalistiche con l'estroso e spesso arbitrario dantismo di V. Imbriani misero capo a un intero volume di Studi e polemiche dantesche del R. e di O. Guerrini (Bologna 1880). Seguirono per molti decenni numerosi articoli, ricerche, saggi, conferenze, letture, discorsi (anche la commemorazione ufficiale di D. in Campidoglio, affidata a lui per il centenario del 1921): in tutto una quarantina, senza contare le ristampe. Di quegli scritti " i più notevoli e, com'egli diceva, più resistenti agli assalti dei contradittori " (V. Rossi) il R. raccolse tre volte in volumi miscellanei, le Pagine dantesche (Città di Castello 1913), Ore ed ombre dantesche (Firenze 1921), e Cogliendo biada o loglio (ibid. 1924); questi scritti minori continuarono anche dopo; si può ricordare Il canto dantesco dei Romagnoli (1930; ristampato con altri due saggi danteschi in Figure e Fantasmi, Milano 1931).
Maggiori e più durevoli risultati diedero le ricerche su ogni argomento connesso col tema D.-Ravenna, e sul culto di D. a Ravenna; precedute da parecchi scritti minori, esse approdarono al grande volume L'ultimo rifuglio di D.A. (Milano 1891), ristampato trent'anni dopo con uno scrupoloso aggiornamento in occasione del centenario (L'ultimo rifugio di D., II ediz., ibid. 1921), e ora in una nuova edizione accuratamente e delicatamente aggiornata da E. Chiarini (Ravenna 1965). Questa stessa nuova edizione dimostra il valore permanente dell'opera del R., che nelle sue quattro parti (I, la più ampia, " D. e i Polentani "; II " Pier Giardini, Menghino Mezzani e Bernardo Canaccio "; III " Il sepolcro di D. "; IV " Le ossa di D. ") rappresenta " a tutt'oggi, quanto di più amorosamente meditato e compiuto si possa leggere intorno alla dimora ravennate del poeta, alle persone che gli furono vicine, alla cronistoria del suo sepolcro, alla peripezia delle sue ossa... una miniera... e un repertorio imponente... da cui non sembra possa prescindere alcuna nuova ricerca " (Chiarini).
Qualche ‛ cedimento ' della prima parte, come quelli obiettivamente enumerati dal Rossi e dal Chiarini, in conseguenza dell'imponente svolgimento degli studi successivi; e qualche difetto minore (inesattezze, specie di numeri, nell'enorme apparato erudito; minore efficienza della preparazione filologica a confronto del livello, sempre eccellente, di quella erudita), tolgono ben poco all'utilità e al duraturo valore dell'opera. Si deve aggiungere che l'edizione del 1891 è ancora oggi utile agli studi, almeno per i numerosi documenti dell'appendice non riprodotti nelle successive.
Era naturale che il R., fondamentalmente storico dell'arte, desse numerosi contributi al posto delle arti figurative nell'opera di D., e alla tradizione iconografica illustrativa della Commedia; ma una " illustrazione di tutt'altro genere e d'una efficacia nuova " egli " concepì e stupendamente attuò " (Rossi) con i tre volumi intitolati La D.C. di D.A. illustrata nei luoghi e nelle persone (Milano 1898, e II ediz., 1921, in tre volumi, completamente rinnovata con altri e più validi criteri: v. Rossi vedeva in quei volumi del R., forse con qualche esagerazione, " il capolavoro della sua attività di dantista ").
Il R. lasciò erede della sua biblioteca, delle sue raccolte iconografiche e carte di studio, e del suo carteggio, la città di Ravenna: con tali apporti, la biblioteca Classense ha notevolmente accresciuto quella parte del suo patrimonio documentario che ha importanza per gli studi danteschi. Qui si richiama l'attenzione degli studiosi specialmente sulle raccolte iconografiche e sul carteggio, ricco di circa 40.000 lettere ordinate alfabeticamente, e di altre 40.000 ordinate sotto vari titoli e argomenti. I nomi di quasi tutti i dantisti del suo tempo vi sono presenti, e molti altri, anche di scrittori e artisti, possono interessare gli studi danteschi (ad es. le lettere del D'Annunzio, in gran parte del tempo della Francesca da Rimini).
Bibl.-Nota delle pubblicazioni di C.R. (1877-1931), compilata da lui stesso, con una garbata " Avvertenza " e un " Indice dei soggetti ", in " Il Comune di Ravenna ", 1930, fasc. IV; giunge al n. 842 e fu riprodotta nel volume miscellaneo del R. Istituto d'archeologia e storia dell'arte, In memoria di C.R., Roma 1935, 12-70, aggiornata nella bibliografia, che giunge al 1934 e al n. 906, non nell'" Indice ". Nello stesso volume si trovano Notizie biografiche (estratte da un manoscritto autografo), pp. 7-11, e numerosi saggi e ricordi, di cui qui importano L. Rava, C.R., pp. 85-103 (e spec. pp. 95-97 per gli Studi e polemiche dantesche); S. Muratori, Il carteggio, pp. 159-174; V. Rossi, Gli studi danteschi di C.R., pp. 175-179. Si vedano inoltre: G. Vandelli, C.R., in " Studi d. " XIX (1935) 207-209; V. Cian, Ricordando C.R. - Una questione dantesca, in " Giorn. stor. " CVII (1936) 241-249; P. Pancrazi, Scrittori d'oggi, VI, Bari 1953, 130-134 (sul carteggio); E. Chiarini, Premessa a L'ultimo rifugio di D., nuova ediz., Ravenna 1965, V-VIII.