Corsica
Isola del Mediterraneo occid. appartenente alla Francia, di cui costituisce una regione, con capoluogo Ajaccio. Fu abitata in epoca neolitica da genti arrivate dalla Sardegna. Nella seconda metà del 2° millennio a.C. gruppi d’invasori armati, costruttori di monumenti megalitici, invasero il Sud dell’isola. Dopo il 1000 a.C., si fecero più stretti i rapporti fra la C. e le civiltà della penisola italica, da dove giunsero probabilmente le civiltà del Bronzo e del Ferro. I focesi si stanziarono ad Alalia (Aleria) e forse a Nicea, ma furono contrastati da etruschi e cartaginesi, che li cacciarono dall’isola dopo la battaglia di Alalia (540 a.C.). La C. fu aperta alla penetrazione etrusca e, per un certo periodo, vi si indirizzarono anche i siracusani. I romani vi sbarcarono durante la prima guerra punica prendendo Alalia sotto la guida di Lucio Cornelio Scipione (259 a.C.): l’isola fu unita alla Sardegna in una stessa provincia, ma per decenni i romani lottarono per ottenerne il controllo. Mario e Silla vi fondarono colonie. Provincia autonoma dall’età di Augusto a quella di Commodo, dopo Diocleziano la C. fu compresa nella prefettura d’Italia e nel vicariato di Roma. Non si conosce con precisione l’epoca della penetrazione cristiana. Occupata dai vandali di Genserico nel 5° sec., poi dai bizantini nel 534, a loro rimase, con una breve parentesi ostrogota, fino al 725, quando fu occupata dai longobardi. Teoricamente compresa nelle terre donate da Pipino al papato, nel 9° sec. la C. divenne preda dei saraceni, poi cacciati dai pisani (1014 e 1050 ca.). Rivendicata nel 1077 da papa Gregorio VII, i poteri apostolici vennero dati al vescovo di Pisa (1092); prevalse così la supremazia religiosa, linguistica, artistica e culturale toscana su quella corsa. Politicamente la C. fu contesa da Genova, che occupò Bonifacio nel 1195. Dopo un periodo di sopravvento dei feudatari locali, Genova, in seguito alla sconfitta pisana della Meloria (1284), s’impadronì di tutta l’isola. Il suo dominio però fu avversato dal re di Aragona che, impossessatosi della Sardegna, fece di tutto, grazie anche al favore pontificio, per estendersi in C.: all’inizio del 15° sec. si accordarono il signore corso Vincentello d’Istria e Alfonso d’Aragona, che espugnò Calvi, Sagona e Ajaccio; ma l’impresa fu troncata per la partenza di Alfonso e Vincentello, lasciato solo, fu catturato e ucciso (1434). Altri pericoli funestarono il dominio genovese: le endemiche lotte interne fra grandi e popolani, fra i comuni, i feudatari e le piccole autorità locali. Dal 1434 l’isola entrò in tale stato di caos che Genova preferì cedere i suoi diritti al Banco di S. Giorgio (1453), che a sua volta, scoraggiato dalla rivolta di Raffaello de Leca, la cedette al duca di Milano (1463); questi la rivendette alla famiglia genovese Campofregoso (1478). Nel 1485 tornò al Banco di S. Giorgio, che riuscì a domare i capi feudali ribelli e mantenne il dominio dell’isola fino al 18° sec., seppure con frequenti contrasti con la Francia. Nel 1729 scoppiò una rivolta generale di protesta contro le tasse eccessive; sedata grazie all’aiuto delle truppe tedesche dell’imperatore (Pace di Corte, 1732), riprese nel 1735 con a capo Teodoro di Neuhoff, che fu acclamato re di C. (1736). Truppe francesi, dopo lunghe campagne, riuscirono a impadronirsi dell’isola e a restituirla a Genova (Convenzione di San Fiorenzo, 1752), ma la rivolta si riaccese con P. Paoli che assunse il governo con il titolo di generale. Con il Trattato di Compiègne (1764), la Francia ottenne di presidiare le piazze più importanti e di trattare con gli insorti a nome di Genova. Paoli, tuttavia, non acconsentì a disarmare, perciò Genova, per non perdere la C. senza compensi, cedette i propri diritti in cambio di sussidi finanziari (Trattato di Versailles, 1768). La successiva guerra franco-corsa si concluse con la giornata di Pontenuovo (1769), dove Paoli fu sconfitto. L’amministrazione militare, instaurata subito dopo l’occupazione, ebbe termine solo nel 1789 quando l’Assemblea nazionale proclamò l’unione dell’isola alla Francia. Emerse però l’ostilità fra una tendenza francese giacobina e un partito geloso delle tradizioni isolane; Paoli chiese l’intervento dell’Inghilterra (1793), ma la campagna di Napoleone in Italia costrinse gli inglesi a evacuare l’isola (1796), che da allora seguì le sorti della Francia. Dopo il regime oppressivo del Direttorio e dell’impero, la Restaurazione migliorò le condizioni dei corsi, che rimasero tuttavia in stato d’inferiorità rispetto agli altri dipartimenti. La crisi agricola e il ritardo industriale stimolarono l’emigrazione nel continente e nelle colonie. Oggetto di rivendicazioni italiane fra le due guerre, la C. nel 1942 fu teatro d’uno sbarco di truppe italiane e tedesche. Alla notizia della capitolazione italiana dell’8 sett. 1943, Ajaccio si sollevò contro i tedeschi che si ritirarono il 4 ottobre. Nel dopoguerra è continuato il fenomeno di emigrazione dalla C., alimentato, oltre che dal malessere economico-sociale, dall’insediamento nell’isola, sul finire degli anni Sessanta, di numerosi ex coloni dell’Algeria (i pieds noirs) attratti dalle favorevoli condizioni economiche offerte da Parigi. Inoltre, l’ostilità dei corsi agli investimenti provenienti dal continente nel settore turistico era un ulteriore elemento di tensione politica. Su questo sfondo maturarono vari movimenti autonomisti, alcuni dei quali praticanti il terrorismo, che proseguirono anche dopo l’attribuzione alla C., nel 1982, dello status speciale di regione autonoma (collectivité territoriale).