CORTE DEI CONTI (XI, p. 543; App. I, p. 480; II, 1, p. 704)
Nel periodo successivo all'emanazione della Costituzione - che ha riaffermato la rilevanza costituzionale dell'Istituto - sono sopravvenute norme che hanno modificato ed esteso le attribuzioni di controllo e che hanno ampliato - sia pure in via provvisoria -, per effetto della dichiarazione d'incostituzionalità dei consigli di prefettura, le funzioni giurisdizionali.
La Costituzione garantisce alla C. una posizione d'indipendenza e ne precisa i compiti: controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo, e controllo successivo sulla gestione del bilancio; partecipazione al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo stato contribuisce in via ordinaria; impegno di riferire alle Camere sul risultato del riscontro eseguito (art. 100); compiti giudicanti nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge (art. 103). Alla Corte poi con sentenza 18 novembre 1976, n. 226, la C. Costituzionale ha riconosciuto la legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità delle leggi che deve applicare nel corso del procedimento per l'ammissione al visto e alla registrazione dei decreti legislativi delegati.
Fra le numerose leggi relative alla C., emanate dopo l'entrata in vigore della Costituzione, devono segnalarsi:
a) la l. 23 marzo 1953, n. 161, che ha snellito le procedure di controllo;
b) la l. 20 dicembre 1961, n. 1345, poi modificata dalla l. 28 marzo 1968, n. 313, che ha aumentato le sezioni che giudicano in materia di pensioni di guerra,
c) la l. 21 marzo 1958, n. 259, indubbiamente la più importante, che ha dettato norme sulla modalità di partecipazione al controllo sugli enti cosiddetti sovvenzionati; e infine le leggi 20 dicembre 1961, n. 1445 e 13 ottobre 1969, n. 691, riguardanti la giurisdizione sulle pensioni di guerra.
Il procedimento di controllo preventivo sugli atti dell'amministrazione dello stato è stato meglio formalizzato. Quando il consigliere delegato al controllo degli atti di uno dei ministeri, dopo aver sentito l'amministrazione da cui promana l'atto e aver eventualmente formulato le proprie osservazioni con atto istruttorio (rilievo), ritenga che l'atto non possa essere ammesso al visto, la pronuncia sulla legittimità o meno è rimessa a un organo collegiale, la sezione del controllo.
Il Consiglio dei ministri, tuttavia, può decidere egualmente che l'atto deve aver corso e in tale ipotesi la C. è chiamata a deliberare, a sezioni riunite. Se non ritenga di dover modificare l'avviso già espresso, si fa luogo alla cosiddetta registrazione con riserva (cioè, più precisarnente, all'apposizione del visto con riserva) dandone notizia al Parlamento, che può poi sindacare politicamente - com'è avvenuto per il decreto legislativo 30 giugno 1972, n. 748, che ha creato la carriera della dirigenza statale - il comportamento del governo.
La l. 21 marzo 1958, n. 259, ha disciplinato un diverso tipo di controllo, quello sugli enti che ricevono contribuzioni da parte dello stato. Il controllo è esercitato da un'apposita sezione che esamina i bilanci degli enti e i documenti concernenti la gestione finanziaria, ovvero prende conoscenza della gestione degli enti stessi attraverso le relazioni di magistrati che seguono l'attività dei collegi di revisione degli enti. La sezione formula, se necessario, osservazioni ai ministri che vigilano gli enti affinché intervengano a eliminare eventuali illegittimità (perciò la normazione parla di "partecipazione al controllo") e riferisce poi al Parlamento sui risultati della gestione degli enti.
Sono in vigore anche forme diverse, sia perché previste dalla stessa l. n. 259, del 1958, sia perché residuate dalla normazione precedente. Gl'inconvenienti della differente regolamentazione sono stati superati dalle soluzioni interpretative adottate dalla stessa C. che ha ritenuto, attraverso determinazioni della sezione per il controllo degli enti, che tutti gli enti controllati sono tenuti a trasmettere i documenti contabili e quelli richiesti dalla sezione.
Il sistema dei controlli così delineato ha incontrato, nella più recente dottrina, delle critiche, essendosi osservato che esso si fonda su una concezione formalistica, inadatta allo stato contemporaneo; oggi occorrerebbero dei controlli sull'efficienza dell'attività amministrativa e ciò potrebbe, anche in base alla legislazione vigente, essere svolto dalla C. almeno nella relazione annuale al Parlamento in occasione della parificazione del bilancio dello stato, e in occasione delle relazioni sulla gestione degli enti sovvenzionati. In effetti l'art. 41 del T.U. sulla C. dei c. 12 luglio 1934, n. 1214, dispone che la C., nel riferire al Parlamento sul rendiconto generale dello stato, formuli osservazioni sul comportamento dell'amministrazione e suggerimenti per le modifiche che potrebbero essere apportate alle norme che riguardano l'organizzazione e l'azione della pubblica amministrazione. Nelle relazioni dal 1965 in poi la C. ha cercato di adeguare la propria azione a un criterio di legittimità quanto più possibile ampio: la legittimità non va cioè valutata solo in relazione al singolo atto, ma a un complesso di atti e attività rispetto a un fine e a un risultato. Questa valutazione trova la sua esternazione proprio allorché la C. si pronuncia sulla regolarità del rendiconto generale e riferisce al Parlamento sul modo tenuto dalle amministrazioni nel conformarsi alle norme finanziarie.
La C. si avvale cioè, nel riferire al Parlamento, della possibilità di un'esposizione globale sull'attività amministrativa. Il controllo analitico sui singoli atti appare non come fine a sé stesso ma come base per una valutazione generale della legittimità dell'azione amministrativa. La C. insensibilmente si è quindi avvicinata a quelle correnti dottrinali che hanno posto in evidenza la scarsa importanza che ha nel mondo modermo il solo controllo preventivo di legittimità rispetto a formule più moderne quali il controllo contemporaneo e quello di gestione. Lo sforzo in tal senso è facilitato dalla convinzione che un accertamento dell'efficienza della gestione del pubblico danaro include anche un giudizio sul comportamento degli amministratori.
L'accertamento dell'efficienza dell'azione amministrativa, in altri termini, comporta l'esame del modo come le amministrazioni si sono uniformate alle discipline finanziarie e amministrative nel rispetto dell'art. 97 Cost., che prescrive il "buon andamento" dell'amministrazione.
Tuttavia, nonostante tali sforzi la C. non può allontanarsi dai criteri giuridici che disciplinano l'attività ad essa affidata dalla legge e ne deriva, sia all'interno che all'esterno, un senso d'insoddisfazione perché si rimane in uno schema che è stato definito "formalistico e ritualistico" (Giannini) e che, comunque, non garantisce la buona amministrazione (che è pure un precetto costituzionale). D'altro canto la C. ben potrebbe essere chiamata a esercitare, accanto al controllo di legittimità, anche un controllo sull'efficienza delle gestioni pubbliche; e indubbiamente essa sarebbe a ciò più qualificata, rispetto ad altri organi, esistenti o da creare, sia perché un controllo sull'efficienza dell'azione amministrativa deve necessariamente accompagnarsi all'accertamento della regolarità dell'azione stessa; sia, inoltre, perché vi sarebbero le garanzie di quell'indipendenza e neutralità, mancando le quali un controllo sull'efficienza si trasformerebbe in un pericoloso strumento della lotta politica.
Ma per giungere a tale diverso indirizzo occorrerebbe modificare la vigente legislazione.
In sostanza il problema dei rapporti della C. dei c. con il governo e il Parlamento va visto nell'ordinamento repubblicano in maniera ben diversa rispetto ai periodi precedenti. Oggi la C. riferisce direttamente al Parlamento (art. 100 Cost.) e la sua funzione ausiliaria si svolge soprattutto nei confronti delle camere. L'ausiliarietà si presenta rovesciata rispetto al periodo fascista, quando era previsto un rapporto diretto col capo del governo. Ciò è conforme alla caratteristica che ha l'ausiliarietà di un organismo di controllo: l'ausiliarietà s'inserisce nella dinamica moderna del controllo ponendo in evidenza che esso è un riesame che il più delle volte ha il fine precipuo di responsabilizzare gli organi agenti e di accentuare la funzione di collaborazione con essi. Nella pubblica amministrazione tutti gli organi concorrono alla realizzazione dei fini generali dell'ordinamento, oltre che al perseguimento del fine specifico a cui il singolo organo è predisposto. È proprio siffatta continua prospettazione del fine che dà luogo al fenomeno dell'ausiliarietà. E ciò è particolarmente evidente nella partecipazione della C. al controllo sugli enti. Nella sua funzione intesa a illuminare e informare il Parlamento e i ministeri vigilanti (spesso chiamati dalla C. ad agire nei confronti degli enti ovvero incitati a rinnovare i loro organi di governo scaduti) la C. verifica il perseguimento dei fini istituzionali e accerta la regolarità della gestione. È sintomatico che la C. abbia rifiutato, nell'esercizio del controllo sugli enti, la distinzione fra legittimità e merito per aprirsi al controllo sull'attività ancorché con una certa timidezza, emergente soprattutto in quelle relazioni che si preoccupano essenzialmente della verifica della regolarità delle impostazioni contabili. Tuttavia le osservazioni della C. relative agli eccessi di spese correnti, che importano una rigidità dei bilanci e una diminuita capacità di perseguire i fini istituzionali, vengono esaminate con attenzione dai ministeri, che le fanno proprie, comunicandole agli enti ed esigendo un cambiamento dell'indirizzo di amministrazione. Anche il Parlamento dedica una più incisiva attenzione alle relazioni della Corte.
È da segnalare che nell'ultimo quindicennio la dottrina giuridica si è occupata della C. in misura notevole dando luogo a una serie di studi e indagini superiore, per quantità e profondità, a quella di tutto il secolo precedente. Non più soltanto un'attenzione episodica, originata da fatti specifici, ma un'analisi attenta sui problemi tutti connessi alle funzioni affidate alla C. dall'ordinamento.
È da segnalare, infine, che la C. costituzionale ha confermato la competenza della C. dei c. a giudicare sulla responsabilità amministrativa di impiegati e amministratori di enti pubblici e ha riconosciuto la legittimità costituzionale delle norme che attribuiscono alle sezioni riunite della C. dei c. la giurisdizione domestica sui ricorsi dei propri dipendenti.
Bibl.: La maggior parte degli scritti sulla Corte sono contenuti in alcune raccolte recenti: Studi in occasione del primo centenario della Corte dei conti nell'Unità d'Italia, 2 voll., Milano 1963; Studi in onore di Ferdinando Carbone, ivi 1970; La Corte dei conti nell'evoluzione degli ordinamenti pubblici, ivi 9172.
Si segnalano altresì i seguenti lavori monogrfici: O. Sepe, La Corte dei conti, Milano 1956; L. Picozzi, La Corte dei conti, Torino 1962; D. Serrani, Corte dei conti e controllo sugli enti, Milano 1975.