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Corte penale internazionale
Dopo aver fornito una visione d’insieme dell’attività giudiziaria della Corte penale internazionale, il presente contributo focalizza l’attenzione su due decisioni della Corte. La prima concernente il caso Mathieu Ngudjolo Chui, con la quale l’imputato è stato assolto da tutti i capi d’imputazione contestatigli; l’altra riguardante il caso Saif Al-Islam Gaddafi, con cui la Corte si è pronunciata sulla ricevibilità del caso, respingendo così l’eccezione sollevata al riguardo dal governo libico.
Il 1.7.2012, in occasione del decimo anniversario dall’entrata in vigore dello Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale1, si contavano 121 Stati parti allo Statuto, 22 ordini d’arresto da parte della Corte, 16 casi relativi a 7 “situazioni” (Uganda, Repubblica democratica del Congo, Darfur (Sudan), Repubblica centro-africana, Kenya, Libia e Costa d’Avorio). Al 31.7.2013, gli Stati parte sono divenuti 122 (in seguito alla ratifica dello Statuto di Roma da parte della Costa d’Avorio il 15.2.2013) e alle 7 situazioni si è aggiunta quella concernente il Mali, che aveva deferito la propria situazione alla Corte nel corso del mese di luglio del 20122.
Nel periodo compreso tra il 1.8.2012 e il 31.7.2013, 12 dei 22 ordini d’arresto emanati dalla Corte sono rimasti inattuati3, a conferma del ruolo centrale della cooperazione giudiziaria degli Stati con la Corte penale internazionale ai fini del corretto funzionamento della giustizia penale internazionale. Non potendo la Corte svolgere procedimenti penali in assenza dell’imputato, il mancato arresto e consegna alla Corte dell’individuo accusato di crimini internazionali impedisce infatti il regolare svolgimento del processo e dunque il perseguimento delle finalità stabilite con lo Statuto di Roma, in particolare la cd. “lotta all’impunità”. Tra gli ordini d’arresto a tutt’oggi non attuati dagli Stati membri della Corte penale internazionale, vi è quello spiccato contro il Presidente del Sudan Omar Hassan Ahmad Al Bashir4, che ha causato e continua a causare una grave tensione tra gli Stati membri dell’Organizzazione dell’Unione africana e la Corte penale internazionale. Da segnalare tuttavia la consegna volontaria alla Corte, il 22.3.2013, di Bosco Ntaganda, presunto ex vice capo di Stato Maggiore delle Forze patriottiche per la liberazione del Congo (FPLC), accusato di aver commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel Congo nord-orientale, nel 2002 e 2003. Tra i crimini di cui è stato accusato figurano il reclutamento e l’utilizzazione di bambini soldato, omicidio, stupro, schiavitù sessuale e persecuzione. L’udienza di comparizione per la conferma dei capi di imputazione è prevista per il 10.2.20145.
Nell’arco temporale settembre 2012-maggio 2013, si rilevano due pronunce della Corte meritevoli di attenzione.
La prima riguarda il caso Mathieu Ngudjolo Chui, concernente la situazione in Repubblica democratica del Congo. Con sentenza del 18.12.20126, la Camera di prima istanza II della Corte ha assolto l’imputato in relazione a tutte le accuse mosse a suo carico. Ngudjolo era stato arrestato il 6.2.2008 dalle autorità locali e consegnato alla Corte penale internazionale per rispondere di sei capi d’imputazione concretanti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui omicidio, schiavitù sessuale e utilizzazione di bambini soldato, presuntivamente commessi nell’ambito di diversi attacchi condotti quando l’imputato era a capo del Fronte Nazionale integrazionista e della Forza di resistenza patriottica nell’Ituri. Con questa sentenza di assoluzione, la prima pronunciata dalla Corte penale internazionale, i giudici hanno dovuto confrontarsi con questioni giuridiche di rilievo, anche se la decisione di assoluzione è sostanzialmente dovuta alla mancata dimostrazione da parte dell’accusa che l’imputato avesse commesso i crimini contestatigli “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
La seconda decisione meritevole di attenzione riguarda il caso Saif Al-Islam Gaddafi, concernente il figlio dell’ex dittatore libico Muammar Al-Gaddafi. Come si ricorderà, la situazione relativa alla Libia all’epoca delle violente dimostrazioni di piazza (poi scaturite in guerra civile) contro Gaddafi fu deferita alla Corte penale internazionale con risoluzione unanime del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite7. Le accuse a carico di Saif Al-Islam e la richiesta di arresto e consegna alla Corte furono formulate quando la guerra non era ancora terminata. Tuttavia, a seguito della vittoria del Fronte rivoluzionario, il nuovo Governo libico si è rifiutato di arrestare e consegnare l’imputato alla Corte, invocando l’irricevibilità del caso alla luce del cd. principio di complementarietà (secondo il quale la Corte penale può procedere solo in relazione a casi rispetto ai quali si palesi una mancanza di volontà o l’incapacità delle autorità nazionali competenti a condurre il procedimento giudiziario in modo “genuino”8). Il 31.5.2013, la Camera preliminare ha respinto l’eccezione di irricevibilità del caso sollevata dal Governo libico, sostenendo che quest’ultimo non aveva presentato prove sufficienti a ritenere che l’imputato fosse oggetto di investigazione penale in Libia in relazione ai medesimi fatti che gli erano stati contestati innanzi alla Corte9.
La sentenza di assoluzione di Mathieu Ngudjolo Chui è stata accolta con sconcerto da alcuni commentatori10, anche in quanto la sentenza di assoluzione si è in gran parte basata sull’assenza di credibilità dei testimoni dell’accusa11. Sotto il profilo giuridico, la sentenza non offre spunti degni di rilievo, a differenza dell’opinione separata del giudice belga Christine van den Wyngaert. Quest’ultima si è soffermata infatti sulle forme di responsabilità penale previste dall’art. 25 dello Statuto di Roma, sostenendo che l’art. 25(3)(a), relativo alla responsabilità penale «attraverso un’altra persona» non comprende la famosa teoria di Claus Roxin di «perpetrazione attraverso un’organizzazione» (Organisationsherrschaft). La van den Wyngaert ha anche contestato che l’art.25(3)(a) includa la nuova teoria conosciuta come “co-perpetrazione indiretta”, peraltro utilizzata dalla Corte penale internazionale nella giurisprudenza precedente. Si tratta di questioni su cui presumibilmente la Camera d’appello dovrà in futuro pronunciarsi, stabilendo quale sia l’interpretazione corretta della disposizione in questione.
Quanto a Saif Al-Islam Gaddafi, è da osservare che la decisione con cui la Camera di prima istanza della Corte penale si è pronunciata sulla ricevibilità del caso ha evitato di affrontare direttamente la questione sotto il profilo della possibilità per la Libia di garantire all’imputato un giusto processo davanti alle autorità giudiziarie nazionali. Essa ha invece motivato la propria decisione facendo leva su un’argomentazione squisitamente tecnica, ossia sulla circostanza che le indagini in corso in Libia non riguardavano la stessa condotta per cui Saif Al-Islam Gaddafi era accusato dinnanzi alla Corte. Di conseguenza, il principio di complementarietà della Corte penale internazionale rispetto alle giurisdizioni nazioni non impediva di dichiarare il caso ricevibile.
1 L’Italia ha ratificato lo Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale (adottato a Roma il 17.7.1988 ed entrato in vigore il 1.7.2002) con l n. 232 del 12.7.1999.
2 V. United Nations General Assembly, A/68/314, Report of the International Criminal Court, 13.8.2013.
3 Ibidem.
4 See International Criminal Court, case n. ICC-02/05-01/09, The Prosecutor v. Omar Hassan Ahmad Al Bashir, primo ordine d’arresto: 4.3.2009; secondo ordine d’arresto: 12.7.2010.
5 International Criminal Court, case n. ICC-01/04-02/06, The Prosecutor v. Bosco Ntaganda.
6 International Criminal Court, case n. ICC-01/04-02/12 , The Prosecutor v. Mathieu Ngudjolo Chui.
7 United Nations Security Council, S/Res./1970, 26.2.2011, § 4.
8 V. in particolare l’art. 17 dello Statuto di Roma.
9 International Criminal Court, caso n. ICC-01/11-01/11, The Prosecutor v. Saif Al-Islam Gaddafi and Abdullah Al-Senussi.
10 V. Ohlin, J.D., Bombshell Acquittal at the ICC, in LieberCode, 18.12.2012, disponibile all’indirizzo: www.liebercode.org/2012/12/bombshell-acquittal-at-icc.html; v. anche Sena, J., Mathieu Ngudjolo Chui: Reflections on the ICC’s First Acquittal’, in Opinio Juris, 24.12.2012, disponibile all’indirizzo: Normal 0 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4 http://opiniojuris.org/2012/12/24/mathieu-ngudjolo-chui-reflections-on-the-iccs-first-acquittal/ /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:"Tabella normale"; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-parent:""; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin:0cm; mso-para-margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:10.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ansi-language:#0400; mso-fareast-language:#0400; mso-bidi-language:#0400;} (last visited 10 March 2013); nonchè Kersten, M., The ICC and Justice in the Wake of the Ngudjolo Acquittal, in Justice in Conflict, 26.12.2012, disponibile all’indirizzo: http://justiceinconflict.org/2012/12/26/the-icc-and-justice-in-the-wake-of-the-ngdjolo-acquittal/.
11 V. Schabas, W.A., With Ngudjolo Acquittal, Prosecutor is now Batting 50/50, disponibile all’indirizzo