COSCIENZA (dal lat. conscientia: fr. conscience; sp. conciencia; ted. Bewusstsein; ingl. consciousness)
È la consapevolezza che il soggetto ha del suo oggetto, e non può separarsi da quella che il soggetto ha di sé come oggetto. Il problema della sua interpretazione filosofica viene in primo piano nella filosofia moderna, con Campanella e Cartesio; e diventa fondamentale dopo Kant, che distingue la coscienza empirica dalla trascendentale, atto dell'io penso, la quale condiziona e unifica tutte le rappresentazioni. L'idealismo hegeliano, accentuando le distinzioni tra coscienza e autocoscienza, tra forme finite e forme infinite dello spirito, fa della coscienza il "grado della riflessione o della relazione dello spirito, in quanto apparenza", della soggettiva certezza di sé stesso; premette quindi alla filosofia dello spirito una fenomenologia, che è la considerazione del processo per cui la coscienza si eleva all'assoluta autocoscienza. Invece nell'attualismo gentiliano è accentuata l'unità della coscîenza con l'autocoscienza, o meglio l'atto unitivo che così costituisce l'io reale, ed è posta a principio fondamentale del sistema dello spirito.
Solo ai nostri tempi sorgono distinti studî psicologici della coscienza. Essi sono legittimi se restano nel campo delle considerazioni empiriche, e se, consapevoli che, concependola come "fatto", astraggono dal valore dell'atto, non elevano a concetti speculativi le descrizioni e le distinzioni psicologiche. Risultati notevoli ha raggiunti la psicologia sperimentale negli studî sulla soglia della coscienza e la soglia differenziale, approfondendo un concetto precisato per la prima volta da Herbart e che riguarda i rapporti di tempo e d'intensità tra la stimolazione e l'avvertimento cosciente. Notevoli anche le osservazioni sulle anomalie della coscienza e sui suoi rapporti con l'incosciente, che hanno oggi un nuovo orientamento con la psicoanalisi del Freud. Minore interesse scientifico hanno gli studî numerosi sulla coscienza sociale, collettiva, delle folle, delle coppie, ecc.
Tra le numerose teorie sul carattere e sull'origine della coscienza hanno importanza o per il loro intrinseco valore o per la loro efficacia nella storia del pensiero le seguenti: 1. la spiritualistica, per cui la coscienza è un ente sostanziale, distinto dai suoi atti, semplice e radicalmente immutabile; 2. l'idealistica, per cui, inseparabile dall'autocoscienza, è immanente in ogni determinazione come atto; 3. la materialistica, che la riduce a un epifenomeno, secondario e inefficace, del meccanismo dei fatti psico-fisici; 4. la positivistica che, senza identificarla con i fatti psico-fisici, disconosce la sua originarietà e assolutezza e la considera come risultato di un processo psico-sociale.
Il concetto psicologico e il concetto speculativo della coscienza si distinguono tardi e lentamente dal concetto etico, ancor vivo nel linguaggio popolare e letterario, che la considerava sorgente delle valutazioni morali. Bisogna forse giungere alle considerazioni di Leibniz sulla percezione e sull'appercezione per trovare l'inizio sistematico di quelle determinazioni di significato che prevalgono nel pensiero moderno. Gli stoici si avvicinano al concetto moderno con il loro concetto di συνείδησις, organo del principio intelligente dell'anima (ἡγεμονικόν); ma anch'esso assume nella letteratura evangelica quel significato etico che prevale nella filosofia scolastica e nel concetto della sineresi.
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