COSMA da Matera
La scarsezza e la precarietà della documentazione a noi nota relativa a questo agiografo e traduttore dal greco, originario della regione di Matera e attivo intorno alla metà dei sec. XI, sono solo in piccola parte compensate da notizie che si possono ricavare indirettamente dalla sua opera. Nei suoi scritti, infatti, C. si definisce "Materiensis" o, in senso più ampio, "Iapygus"; inoltre, poiché cita esplicitamente come sua fonte un autore greco che egli confonde con un altro scrittore bizantino fiorito nel primo ventennio del sec. XI, ci fornisce l'indicazione d'un "terminus post quem" approssimativo per l'inizio della sua attività letteraria.
Nel manoscritto che tramanda il blocco superstite degli scritti di C., un gruppo di testi relativi ai santi Teopompo e Sinesio, presunti protomartiri di Nicomedia durante la persecuzione di Diocleziano - cod. Acta S. Silvestri dell'abbazia di Nonantola - ai ff. 92A, r. 16-93A, r. 12, è citato uno scritto di Simeone il Logoteta, autore che la critica contemporanea identifica in genere col Metafraste agiografo bizantino vissuto nella seconda metà del sec. X, e che C. invece confonde con un omonimo alquanto più tardo, Simeone detto "nuovo teologo", scrittore di teologia e di mistica, di cui conosciamo sia la data di morte (12 marzo 1022) sia la biografia, dall'ingresso nel monastero di Stoudion alle mansioni direttive esercitate in quello di S. Mama, sempre a Costantinopoli. La confusione fra i due omonimi - che durò in Occidente fino al tempo del concilio di Firenze (1438-39) ed oltre - non sembra comunque imputabile a C. ma risale ad una tradizione formatasi in ambiente bizantino. La contaminazione di alcune caratteristiche della figura di Simeone detto il "nuovo teologo" con altre, proprie della personalità del Metafraste, deve necessariamente essere stata operata quando erano già svaniti i contorni netti della personalità dei due scrittori e, quindi, almeno un decennio dopo la morte del più tardo. È perciò ragionevole pensare che all'incirca dal 1035 sia stato possibile attribuire scritti di carattere agiografico ad un unico Simeone che riuniva in sé le connotazioni biografiche del Metafraste - funzionario dell'amministrazione imperiale ed agiografo - e quelle del "nuovo teologo", monaco studita. Poiché il materiale inviato a C. dai suoi corrispondenti bizantini e da lui messo a frutto rispecchia la confusione accennata, ne consegue che l'inizio dell'attività di C. come traduttore deve essere collocata intorno alla metà del sec. XI, in accordo con l'ipotesi secondo la quale egli avrebbe elaborato i testi latini relativi alla passio dei santi Teopompo e Sinesio press'a poco nell'epoca stessa in cui per iniziativa dell'abate Rodolfa I (1002-1035) veniva iniziata a Nonantola la composizione dei testi latini che descrivevano la translatio da Treviso delle reliquie di quei santi, avvenuta nel 911 (Bortolotti, pp. 18 s.).
Il recupero d'un così importante dato cronologico interno priva di fondamento la datazione alla metà del sec. X proposta, senza motivazioni, dall'Ughelli e tuttora accettata dalla storiografia. Allo stesso modo l'altro dato interno, che si riferisce al luogo di origine di C. (il territorio di Matera), fa apparire errata la definizione - che pure viene ancora accolta da qualche studioso - di "napoletano" con cui viene indicato C. nella storiografia partenopea del sec. XVIII.
L'impegno letterario di C. coincide con la fine dell'autonomia del "tema di Lucania" (la conquista normanna di Matera è del 1061). La componente più attiva della vita culturale di quelle regioni era costituita allora dalla presenza di numerosi monaci bizantini, trasferitisi dalla Sicilia e addirittura dall'Oriente; la loro influenza non aveva tuttavia provocato la scomparsa dell'originario elemento latino, che aveva i suoi centri nei monasteri benedettini. In uno di questi - ne sono attestati alcuni, d'emanazione cassinese, nella stessa Matera - si può supporre che si sia formato ed abbia operato C., che fu forse monaco, come si pensò quando fu scoperta la sua opera (f. 106A, margine destro, nota di mano dell'Ughelli), e come potrebbero anche far ritenere gli appellativi presenti nell'epistola metrica inviata a C. dal suo corrispondente nonantolano Gregorio (v. 5: "venerande pater"; v. 30: "serve Dei") per ringraziarlo d'aver portato a termine la prima parte dei lavoro commissionatogli e per chiederne il completamento. Dal tono enfaticamente elogiativo della lettera del monaco Gregorio si deduce che C. era noto per la sua padronanza del greco, oltre che del latino, dato che la sua collaborazione veniva sollecitata Ida un centro culturale di grande rilievo, e per di più lontano. Quanto ci resta della produzione letteraria di C. - riferimenti non precisi ad altri lavori nella lettera citata: v. 31 - ci è stato tramandato dal codice di Nonantola già ricordato; quanto ne è stato pubblicato riguarda soltanto la ristretta sezione poetica, che comprende una epistola di 6 distici elegiaci, prefatoria, le iniziali dei cui esametri formano l'acrostico COSMAS, ed un poemetto di 40 distici elegiaci epanalèttici, celebrativo della gloria e dei martirio dei due santi; le iniziali dei singoli versi di questo poemetto costituiscono un altro distico con funzione di titolo.
Mentre nei due testi precedenti è esplicita la dichiarazione della paternità, essa manca nell'inno liturgico (ritmico: 7 strofe tetrastiche d'ottonari proparossitoni) che segue, nel manoscritto e nell'edizione, il poemetto facendo sorgere ragionevoli dubbi sulla sua attribuzione a C., dubbi confermati peraltro dalla notevole diversità dello stile, semplice e dimesso nell'inno, quanto complicato e virtuosistico nelle opere di sicura attribuzione :
Nonostante il loro stretto legame, i due componimenti poetici sono stati separati nel codice e collocati rispettivamente prima e dopo i testi in prosa: la interpretatio nominum dei martiri, secondo i sistemi del tempo (ff. 90A, r. 10-90B, r. 11); la praefatio consistente nella causa martyrii o redazione abbreviata della loro storia, attribuita al Metafraste (ff. 90B, r. 11-93A, r. 12); e la passio di considerevole ampiezza (ff. 93A, r. 12-106A, r. 21). La scomparsa dei testi greci che C. ha utilizzato non permette d'avanzare ipotesi sui loro rapporti con la traduzione, che si presenta abbastanza fluida e chiara, nonostante la complessità delle strutture sintattiche. I nomi degli autori sfuggono anche a C., che li definisce autorevoli ed attendibili in base al giudizio del Metafraste, che ne garantirebbe la veridicità: egli allude così a scritti dell'agiografo bizantino finora non rintracciati., forse perché scomparsi in quanto non autentici: donde l'impossibilità del controllo.
L'opera di C. a noi giunta deve la sua sopravvivenza non tanto alla sua intrinseca validità letteraria quanto alla sua importanza documentaria in ordine alla traslazione delle reliquie dei martiri a Nonantola, almeno per quanto possiamo dedurre dalla parte in versi - la sola originale -, dove qualsiasi possibilità di calore poetico, se non di chiarezza espressiva, va perduta in uggiose complicazioni virtuosistiche, pesante eredità della precedente esperienza poetica - specie quella del sec. X - che godeva ancora d'un certo favore nelle zone periferiche.
Fonti e Bibl.: L'unica fonte è costituita dall'opera di C. tramandata dal ms. conservato nell'Archivio dell'Abbazia di Nonantola, cod. Acta S. Silvestri, miscell., [sec. XII], ff. 89B-108A (descrizione in G. Gullotta, Gli antichi cataloghi e i codici della abbazia di Nonantola, Città del Vaticano 1955, pp. 183 s.; J. Ruysschaert, Les manuscrits de l'abbaye de Nonantola, Città del Vaticano 1955, p. 64), da cui si ricavano i dati essenziali (luogo ed epoca dello svolgimento dell'attività letteraria); di grande interesse, inoltre, la lettera a C. di Gregorio (nello stesso ms.) edita a cura di G. Vecchi, Metri e ritmi nonantolani, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le ant. prov. modenesi, s. 8, VI (1954), pp. 238 s. Edizione dei soli testi poetici, in F. Ughelli, Italia sacra, II, Roma 1647, coll. 138-141 (II ediz., a cura di N. Coleti, II, Venetiis 1717, coll. 110-112), ripr. in J. P. Migne, Patr. Lat., CXXXIII, coll. 879-884. L'autenticità dell'inno liturgico è sicura per R. Ceillier, Histoire générale des auteurs sacrés et ecclesiastiques, XII, Paris 1867, p. 794; discutibile per C. Blume, Analecta Hymnica, LI, Leipzig 1908, n. 203, pp. 234 s., J. Szövérffy, Die Annalen d. lat. Hymnendichtung, I, Berlin 1964, p. 324 (tuttavia concordi nella datazione del 950 C.). Per l'attribuzione ad un anonimo nonantolano del sec. XI-XII cfr. Vecchi, Cit., pp. 233, 249. La datazione dell'Ughelli (metà sec. X) è accettata da I.A. Fabricius, Bibliotheca latina mediae et infimae aetatis, I, Florentiae 1858, p. 398; P. Leyscr, Historia poetarum et poematum medii aevi…, Halle 1741, pp. 279 s.; G. B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli…, II, Napoli 1748, pp. 242 s.; F. P. Volpe, Memorie storiche... su la città di Matera, Napoli 1818, pp. 63 s. (che anticipa la vita di C. al sec. IX); F. Novati-A. Monteverdi, Le origini, Milano 1926, p. 282. L'elaborazione contemporanea (primi decenni del sec. XI) della translatio (monaci di Nonantola) e della passio (Cosma) è stata ipotizzata da P. Bortolotti, Antica vita di S. Silvestro, Modena 1892, pp. 18 s., ed accettata da M. Manitius, Geschichte d. lat. Literatur d. Mittelalters, II, München 1923, pp. 531 s.; G. Vecchi, cit., p. 225; per ulteriori conferme e precisazioni e per la conseguente collocazione cronologica della fioritura di C. intorno alla metà del sec. XI, cfr. L. Allacci, De Symeonum scriptis diatriba, Parisiis 1664, pp. 62 s.; K. Krumbacher, Geschichte d. byz. Literatur, München 1897, pp. 200-203, 152 ss.; J. Gouillard, Syméon Logothète... Métaphraste, in Dict. d. Th. Cath., XIV, 2, Paris 1939, coll. 2959-71; Id., Syméon le jeune, le théologien..., ibid., coll. 2941-59;J. Darrouzès, Epistoliers byz. du Xe siècle, Paris 1960, pp. 33 s.: cfr. M. De Marco, Cosma da Matera e le sue fonti, in Giorn. it. di filol., n. s., XI [XXXII] (1980), pp. 251-57. Sull'ambiente culturale: F. P. Volpe, cit., pp. 214-220; A.Gouillou, Ilmonachesimo greco in Italia meridionale e in Sicilia nel Medioevo, in L'eremitismo in Occidente nei secc. XI-XII, Atti d. II Settimana. Mendola... 1962, Milano 1965, p. 359; Id., La Lucanie byzantine, in Byzantion, XXXV (1965), pp. 127, 133, 148 s. Più in generale: E. Franceschini, L'epopea post-carolingia, in I problemi comuni dell'Europa post-carolingia. Settimane... II.. 1954, Spoleto 1955, pp. 310-18; A. Viscardi, Le origini, Milano 1957, pp. 133 s., 457 ss.;D. Norberg, Introduction à l'étude dela versification latine médiévale, Stockholm 1958, pp. 598, 561;G. Vinay, Alto medioevo latino, Napoli 1978, p. 166;W.Berschin, Abendland u. Bysanz. III. Literatur u. Sprache, in Reallexikond. Byzantinistik, R. A., I, Amsterdam 1969-70, 3-4, coll. 227-304.