Costa d'Avorio
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Geografia umana ed economica
di Paolo Migliorini
Stato dell'Africa occidentale. A una stima del 2005 la popolazione ivoriana ammontava a 18.154.000 ab. (densità 56,2 ab. per km2), di cui circa il 28% è rappresentato da lavoratori immigrati. Anche se la natalità resta superiore al 35‰ (2006), emerge una lenta tendenza verso un suo contenimento, mentre rimangono alti i valori di mortalità (15‰). Nel 2003 le Nazioni Unite hanno classificato la C. d'A. al 163° posto nella graduatoria mondiale dell'indice di sviluppo umano (HDI, Human Development Index), un aggregato di tre indicatori: speranza di vita alla nascita, scolarizzazione della popolazione e reddito pro capite corretto in base al potere d'acquisto. Negli anni successivi allo scoppio della guerra civile i servizi sociali si sono deteriorati e la povertà è diventata un problema crescente, anche perché le istituzioni finanziarie internazionali (Banca mondiale, Fondo monetario internazionale) hanno subordinato l'erogazione di finanziamenti all'entrata in vigore di accordi di pace.
L'economia della C. d'A. si fonda essenzialmente su due pilastri: la coltura del cacao, di cui il Paese è il primo produttore mondiale, e l'attività portuale di Abidjan. Il settore agricolo, malgrado le difficoltà degli inizi del 21° sec., impiega ancora il 60% della popolazione attiva, contribuisce per circa il 28% al PIL e fornisce il 60% dei proventi delle esportazioni. A nord, nella zona delle savane, prevalgono colture di sussistenza (mais, riso, miglio, sorgo, arachidi, manioca, ma anche cotone e zucchero), mentre a sud, nella zona forestale, che evolve in foreste secondarie, maggesi arborescenti e piantagioni perenni, le colture principali sono rappresentate da cacao, caffè, palma da olio, hevea, cocchi, banane, ananas. Il caffè e il cacao restano le filiere chiave dell'economia del Paese: le piantagioni impiegano 700.000 lavoratori e danno da vivere a più di un terzo della popolazione.
La profonda crisi politica che travagliava la C. d'A. aveva determinato dal 2002 una divisione del Paese: il Centro-Nord era sotto il controllo delle forze ribelli, il Sud soggetto al governo. Di conseguenza le colture destinate all'esportazione, presenti soprattutto nelle regioni centro-settentrionali, registravano nei primi anni del 21° sec. un'evoluzione generalmente negativa, mentre nelle zone rimaste sotto il controllo del presidente L. Gbagbo la crisi non aveva un'incidenza diretta sulle principali colture commerciali (cacao, hevea, ananas). Inoltre, l'insicurezza delle zone di conflitto determinava spostamenti della popolazione e della manodopera agricola, compromettendo i raccolti e i circuiti di commercializzazione dei prodotti. La produzione di cotone, per effetto della situazione nella zona settentrionale occupata, non superava le 245.000 t nella campagna di raccolta 2003-2004, a fronte di una produzione potenziale di 400.000 tonnellate. Anche la filiera saccarifera e la produzione di caffè sono state fortemente colpite dalla crisi. In compenso la produzione di cacao, concentrata nella metà meridionale e sud-orientale del Paese, è stata meno danneggiata dalle condizioni di insicurezza: le campagne nel 2003 e 2004 si sono attestate a livelli molto elevati (1,4 milioni di t), per effetto dei quali la C. d'A. si mantiene al primo posto nella graduatoria dei produttori mondiali, con il 40% della produzione globale.
Le industrie estrattive hanno visto la loro attività progredire sensibilmente, grazie all'aumento della produzione petrolifera (1.043.000 di t estratte nel 2003) e di gas naturale, legato all'avvio dello sfruttamento di nuovi giacimenti. Il settore secondario ha risentito della crisi molto più gravemente delle attività agricole. Un sensibile calo delle produzioni si è registrato sia nelle zone di conflitto sia nelle zone non occupate, in ragione delle difficoltà di approvvigionamento e di circolazione, dei danni subiti dagli impianti, e dal contesto socio-politico poco favorevole agli investimenti. Particolarmente colpito il settore tessile e quello agro-alimentare, per le difficoltà di accesso alla parte settentrionale del Paese nonché ai tradizionali mercati esteri (Burkina Faso, Mali e Niger). I trasporti terrestri e ferroviari sono stati disarticolati dalla divisione del Paese e dalla chiusura delle frontiere settentrionali, che hanno compromesso la possibilità di servire le zone assediate e gli Stati confinanti. Per soddisfare le loro clientele dei Paesi del Sahel gli operatori ivoriani hanno dovuto utilizzare le strade del Ghana, con un notevole aggravio di costi. I porti di Abidjan e San Pedro, nonché l'aeroporto di Abidjan, hanno subito una sensibile riduzione dei traffici.
La guerra civile ha determinato un peggioramento delle relazioni con le confinanti nazioni saheliane (Burkina Faso, Mali e Niger), tradizionali fornitori di manodopera alle piantagioni di cacao ivoriane, e molti emigrati hanno dovuto rientrare nei loro Paesi di origine, che hanno avuto problemi a riassorbirli; inoltre, la perdita delle rimesse degli emigrati in C. d'A. ha inferto un grave colpo alla loro economia. Circa 8000 cittadini francesi hanno abbandonato il Paese nel novembre 2004, con conseguente chiusura di attività commerciali e finanziarie e relativa disoccupazione.
Storia
di Emma Ansovini
Il Paese, considerato per lungo tempo la 'vetrina' dell'Africa subsahariana, entrava, nella seconda metà degli anni Novanta, in una lunga fase di crisi. Con la morte nel 1993 di F. Houphouët-Boigny, presidente della Repubblica dall'indipendenza (1960), venivano alla luce i numerosi fattori di instabilità strutturale: la fragile costruzione politica con una popolazione frammentata in una miriade di appartenenze etniche di cui nessuna esclusiva della C. d'A. (circa 60 differenti gruppi e altrettante lingue, un terzo degli abitanti provenienti da Paesi vicini, due principali gruppi religiosi, cattolici e musulmani), l'inadeguatezza di una classe dirigente cresciuta all'ombra del patriarca Houphouët-Boigny e rappresentante di interessi locali e di clientele, la debolezza di un'economia ancorata a un modello sostanzialmente coloniale, tutto incentrato sull'esportazione di materie prime con un partner pressoché unico, la Francia, presente inoltre nel Paese con le sue truppe a porre un limite implicito di sovranità. A trasformare progressivamente una situazione critica in aperta guerra civile fu la decisione di H.K. Bédié, presidente della Repubblica dal 1993, confermato in elezioni boicottate dalle opposizioni nel 1995, di portare avanti il suo progetto di modifica costituzionale teso a escludere dalla vita politica chi non era nato in C. d'A. e non era figlio di genitori ivoriani. Questa modifica, art. 35 della Costituzione, consentiva a Bédié di ripresentarsi alle elezioni senza dover affrontare il suo più temibile concorrente, A.D. Ouattara, esponente delle regioni settentrionali, ex primo ministro e alto dirigente del Fondo monetario internazionale (FMI), perché originario del Burkina Faso. Si metteva così in crisi il delicato equilibrio istituzionale sul quale si era fino ad allora basata la convivenza in un Paese composito e multietnico. Una simile forzatura istituzionale si realizzava in un contesto economico difficile che vedeva anche il congelamento dei crediti e dei programmi di aiuto decisi dal FMI e dall'Unione Europea come misura contro la corruzione e l'inefficienza ripetutamente dimostrate dal regime. Nel dicembre 1999, al culmine di un'ondata di manifestazioni di militari che reclamavano il salario, un colpo di Stato guidato dal generale R. Guéï destituì Bédié, costringendolo a fuggire prima in Togo e poi a Parigi. Il programma dei militari prevedeva elezioni presidenziali, che in effetti si tennero nei tempi previsti, ma la cui regolarità fu gravemente compromessa dalla scelta di Guéï di concorrere per la carica di presidente, dalla decisione della Corte suprema di escludere dalla competizione la maggioranza dei candidati (tra questi Ouattara) e dal crescente clima di intimidazione. Di fronte a risultati che vedevano l'affermazione del candidato del Front populaire ivoirien (FPI) di ispirazione socialista, L. Gbagbo, Guéï sciolse la commissione elettorale, impose lo stato di emergenza e si autoproclamò vincitore. Dopo giorni di violenti disordini Guéï abbandonò il Paese e Gbagbo assunse la presidenza, mentre i partiti esclusi dalla competizione chiedevano nuove elezioni. Le consultazioni legislative (dicembre 2000), svoltesi ancora con l'esclusione del partito di Ouattara, in condizioni di dubbia legalità e senza il monitoraggio degli organismi internazionali, diedero la vittoria al FPI, ma registrarono la partecipazione di appena il 32% degli aventi diritto al voto e furono boicottate in 29 delle 32 circoscrizioni elettorali del Nord. Nel corso del 2001 e nei primi mesi del 2002, dopo un ennesimo tentativo di colpo di stato da parte di un gruppo di militari legato a Guéï (gennaio), ci fu un primo tentativo di ricomposizione della crisi contrassegnato dall'incontro tra Gbagbo e Ouattara (marzo 2001), dalla costituzione di un Forum per la riconciliazione (ottobre 2001), dall'entrata al governo del partito di Ouattara con quattro ministeri (gennaio 2002). Nel settembre la situazione si deteriorò nuovamente per l'ammutinamento di una parte delle truppe che, respinte dalla capitale, occuparono rapidamente il Nord del Paese, e si costituirono in Mouvement patriotique de la Côte d'Ivoire (MPCI), mentre nella parte occidentale emergevano due nuovi gruppi ribelli, che nel 2003 si unirono per fondare il movimento Forces Nouvelles (FN).
I nuovi accordi tra il governo e tutte le forze ribelli raggiunti nel gennaio 2003, grazie alla mediazione della Francia, non riuscirono a risolvere la situazione e il Paese rimase di fatto diviso in due zone separate dalla presenza delle forze di interposizione francesi, dell'ECOWAS (Economic Community of West African States) e, a partire dal 2004, dell'ONU. Nel novembre 2004, dopo che nel corso dei mesi precedenti si erano verificati violenti scontri ad Abidjan e alcuni partiti erano usciti dal governo, aerei governativi bombardarono la città di Boauké, roccaforte delle forze antigovernative, ma dove erano acquartierati anche reparti del contingente francese, che registrò nove vittime. La reazione della Francia provocò la distruzione dell'intera aviazione militare ivoriana, suscitando violente manifestazioni di piazza con morti e feriti. Nel dicembre 2004, grazie all'impegno della Repubblica Sudafricana (mediatore per l'Unione Africana), si raggiunse un accordo che ribadiva il precedente e fissava le elezioni per l'ottobre 2005. L'incertezza della situazione spingeva però l'ONU a posticipare le elezioni e a prorogare il mandato di Gbagbo di un anno. Nel dicembre 2005 venne nominato primo ministro C.K. Banny, che raccoglieva il consenso di tutte le forze in campo.