COSTA, Lorenzo, il Giovane
Nacque a Mantova nel 1537.
La data di nascita è desunta da quella di morte (1583): risulta dai registri necrologici (Arch. di Stato di Mantova, reg. 15, morti dal 1582 al 1584) che morì all'età di quarantasei anni. Molto controverso è il rapporto di parentela con Lorenzo il Vecchio. Secondo D'Arco (1857) fu figlio di Gerolamo e nipote di Lorenzo il Vecchio; secondo Coddè (1837) fratello di Gerolamo; per Ticozzi (1830) e Lanzi (1808) figlio di Ippolito o Luigi. Poiché il C. chiamò un figlio (morto nel 1564) Ippolito, è molto probabile che Lorenzo sia figlio di Ippolito e nipote di Lorenzo il Vecchio.
Per il primo periodo della sua formazione non si hanno notizie precise. In un documento del 2 luglio 1560 (Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 2568) viene chiesto da un incaricato del duca di Mantova che siano mandati a Marmirolo tre quadri del Costa. Nel 1561 il C. è pagato per un gonfalone, oggi disperso, per il capitolo della cattedrale (Gozzi, 1976, p. 41).
Dal dicembre 1561 al giugno 1564 il C. è a Roma, dove riceve pagamenti per pitture eseguite sotto la direzione di Federico Zuccari nelle fabbriche vaticane: torre Borgia, tribunale della Ruota, Belvedere e casino di Pio IV (Bertolotti, Milano 1881; Id., Urbino 1881; Id., 1882; Friedländer, 1912; ulter. docum. in Smith, 1970, p. 109 n. 13).
Nel 1564 è ancora a Roma e viene pagato per i ritratti di pontefici commissionati dal conte Alfonso Gonzaga di Novellara. Il 5 ott. 1564 l'architetto G. B. Bertani scrive da Mantova al duca Guglielino Gonzaga, che è in viaggio per un pellegrinaggio a Loreto, invitandolo a prendere contatti a Roma con il C. per le ancone della chiesa di S. Barbara in Mantova e in tale occasione il Bertani assicura che "n'averrà di lui un bon mercato et certifico quello che lo sarà servito da esso tanto quanto alchun altro pittore de Italia però con qualche aiuto mio" (Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 2572).
Non molto documentati sono gli anni dal 1564 al 1569, in cui, molto probabilmente, il C. è tornato da Roma e lavora per la corte gonzaghesca. Solo nel 1569 comincia a riscuotere pagamenti per le pale di S. Barbara in Mantova. I pagamenti per il Battesimo di Costantino e il Martirio di s. Adriano si susseguono dal 1569 al 1572. Il 19 apr. 1572 il C. viene compensato per aver dipinto a olio due Cristo con la croce da porsi a lato del tabernacolo dell'altar maggiore di S. Barbara e un Angelo in lamiera posto sulla cima della cupola. Da una lettera del 29 ott. 1573 di Teodoro Sangiorgio al duca, si desume la stima di cui il C. godeva nell'ambiente di corte dei Gonzaga (Perina, 1965, pp. 385 s.). Nel 1578 si registra il pagamento per un Cenacolo, dipinto nel convento di S. Benedetto di Polirone (Berzaghi, 1981).
Tra il 1569 e il 1581 il C. è ripetutamente nominato in pagamenti per le stanze del duca Guglielmo in Corte Vecchia. (Si veda, anche per i riferim. bibl., catal. 1979, pp. 200 ss., 204 s.).
Dal 1579 al 1580 il C. lavora nella camera dei Cani (identificabile con quella detta oggi dello Zodiaco) nel palazzo ducale. Da una lettera del 3 nov. 1579 di Teodoro Sangiorgio a Paolo Moro (Arch di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 2953) si apprende che si doveva fare per questa stanza un fregio con cani e puttini e un orologio su invenzione del Tintoretto. Nel giugno del 1580 il C. lavora per la camera dell'Aquila (ora appartamento degli Arazzi, trasformato dai rifacimenti settecenteschi) e appresta una tela per la volta. Nello stesso anno restaura nell'andito fra la camera dell'Aquila e quella del Leone (sempre nell'attuale appartamento degli Arazzi) i puttini della volta. Numerosi documenti del 1580 riguardano interventi del C. nella sala nuova (ora detta dei Fiumi), oggi perduti.
Il 24 ott. 1580 il C. viene interessato per una stima delle pitture della chiesa di S. Pietro a Cremona. Nel 1582 avrebbe dovuto terminare la pala dell'Assunta del duomo di Cremona, rimasta interrotta per la morte del pittore B. Gatti: tale incarico non fu mai eseguito (Arch. di Stato di Mantova, SpogliDavari, b. Pittori; A. Luzio, 1913, p. 152).
Il C. morì a Mantova il 29 sett. 1583 e venne sepolto a Revere nella chiesa di S. Mostiola.
La formazione del C. rimane oscura, ma verisimilmente dovette compiersi a Mantova, nell'ambiente postgiuliesco, in cui assume tanto rilievo la figura di G. B. Bertani, architetto, teorico di architettura, prefetto delle Fabbriche ducali e "inventore" di pitture e soggetti per incisioni: si vedano le pale della cattedrale e quelle di S. Barbara in Mantova (Perina, 1962, 1965, 1974). La considerazione del Bertani per il C. si legge nella lettera citata del 1564, con cui l'architetto sollecita per il pittore l'incarico delle ancone di S. Barbara.
Nulla sappiamo delle opere del C. negli anni anteriori al viaggio a Roma: una testimonianza precisa è tuttavia offerta da U. Aldovrandi che nei suoi Itineraria Mantuae (1575 c.) descrivendo l'appartamento della Mostra (o Rustica o Estivale) nel palazzo ducale, menziona la "Camera di Nettuno con li trionfi marini", decorata con pesci, di "Costa, il quale ha nome Lorenzo" (catal., 1979, p. 200). Per le stanze della Rustica un termine ante quem è offerto da una lettera del 9 luglio 1564 (Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 2572), in cui si parla della camera di Giove e di Apollo come già terminate. La descrizione completa dell'appartamento è pure nelle Stanze sopra l'edificatione di Mantova di R. Toscano (Mantova 1586), che ne attribuisce l'invenzione al Bertani. Per analogia con la camera dei Pesci, può essere attribuita al C. la decorazione della loggia dei Frutti, illustrata con episodi relativi alla profetessa Manto e alle origini della città, tuttavia molto danneggiata dal tempo e dai restauri che rendono arduo il confronto.
Nulla di certo può essere attribuito al C. negli anni romani, in cui la presenza dell'artista è documentata tra il 1561 e il 1564 negli ambienti vaticani e nel casino di Pio IV. Tale esperienza consentì al C. di rivolgersi agli esempi degli Zuccari, del Barocci e di Santi di Tito, la cui riflessione fruttificò nelle opere successive del periodo mantovano.
Al 1565 c. (Gozzi, 1976, p. 35) si fanno risalire le pitture parietali della cappella del Preziosissimo Sangue in S. Andrea in Mantova (Visita dei pastori, Adorazione dei Magi), in cui risulta ancor viva l'eco degli Zuccari e del Barocci. Le pale documentate della chiesa di S. Barbara - Martirio di s. Adriano e Battesimo di Costantino - propongono il controverso problema della collaborazione fra l'architetto Bertani e il Costa. Infatti su una delle pale è la seguente scritta: "Io. Bapt. Bertanus Architectus inven./Laurentius Costa fecit". Per quanto esistano vari disegni relativi (Edimburgo, D 1634; Louvre, 10544), non è ancora pacifico quanto sia da attribuirsi al Bertani e quanto al Costa. Mentre Gozzi (1976) considera generico l'apporto del Bertani, Perina (1962, 1974) ritiene più problematica la collaborazione fra i due artisti e più incidente l'apporto del Bertani.
Altri interventi del C. nelle fabbriche guglielmine possono essere indicati sulla scorta di documenti e di disegni preparatori. La sala di Manto fu decorata dopo il 1574 (v. lettera di Teodoro Sangiorgio al duca Guglielmo in data 15 apr. 1574: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2592), con episodi della fondazione di Mantova, in parte dipendenti da quelli già rappresentati nella loggia dei Frutti citata nell'appartamento della Rustica. Alla sala si riferiscono vari disegni preparatori (Uffizi, 1504 E; 1505 E; Parigi, Bibl. nat., B 5 Rés., tomo II, p. L) che ci consentono di escludere l'intervento del Primaticcio (A. Bertini, in Emporium, CXVI [1952], p. 153) e riaprire ancora una volta il dibattito sui possibili rapporti intercorsi fra Bertani e il Costa. Un altro ambiente alla cui decorazione il C. fu interessato fu probabilmente la sala dei Capitani, per cui inizialmente la commissione era stata rivolta al Tintoretto (v. lettera del 29 sett. 1580 del Sangiorgio ad Aurelio Zibramonti: Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 2611; Luzio, 1890, p. 399). Con questa decorazione, oggi sconvolta e dispersa, può essere connesso il disegno rappresentante una Battaglia notturna del British Museum (n. 1924/7/13/524), distinto da una pulsante dinamica chiaroscurale, giustificabile con i rapporti fra il C. e Tintoretto. Anche le stanze guglielmine in Corte Vecchia, ampiamente documentate da pagamenti e lettere dal 1579 al 1581, risultano difficilmente ricostruibili, dopo i rifacimenti settecenteschi. Rimane, profondamente alterata dai restauri, la decorazione della volta della sala dello Zodiaco (detta nei documenti stanza dei Cani), alla quale vanno connessi frammenti di fregio con putti e cani in parte erratici in parte sistemati nella parte alta della sala del Crogiuolo in palazzo ducale.
Assai più problematica è la definizione delle opere sacre del C.: ciò dipende dalla scomparsa di numerose tele già nelle chiese mantovane e disperse fra Settecento e Ottocento e dalle indicazioni generiche della letteratura artistica, che spesso attribuisce al C.. opere di Lorenzo il Vecchio e degli altri pittori della famiglia e della bottega.
Oltre alle documentate opere per le basiliche di S. Barbara e di S. Andrea, si può attribuire all'artista anche la pala rappresentante S. Elena e la croce della chiesa dei SS. Fabiano e Sebastiano a San Martino dell'Argine. Poiché nei lati del dipinto compaiono i ritratti di Emilia Cauzzi Gonzaga (m. 1573) e del marito Carlo Gonzaga, signore di San Martino, si può dedurre che il dipinto sia stato eseguito anteriormente al 1573. Un recente ritrovamento è costituito dalla tela della parrocchiale di Boccadiganda (Mantova) rappresentante la Cena in casa del fariseo, che con cautela potrebbe essere identificata con il Cenacolo dipinto dal C. per S. Benedetto di Polirone nel 1578; anche se mancano precisi elementi per accertare l'origine polironiana. Altre opere attribuibili al C. sono: il Discorso della montagna della chiesa di S. Leonardo, il Martirio di s. Lorenzo della basilica di S. Maria delle Grazie (1581 c.), il Miracolo della moltiplicazione dei pani della chiesa di S. Barnaba in Mantova (1580-82 c.).
La personalità del C., nella cultura figurativa del secondo Cinquecento a Mantova, spicca con singolare rilievo di risultati stilistici e con uno specifico ruolo di mediazione fra il linguaggio pittorico romano e quello settentrionale.
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