COSTANTINO V, Copronimo, imperatore d'oriente
Nato nel dicembre 718, incoronato e associato al trono nel marzo 720, seguì le vie tracciate dal padre, Leone III Isaurico, tanto nella politica estera quanto in quella interna. Irreducibile avversario del culto delle immagini (v. iconoclastia), gl'iconoduli gli furono avversi sin dai primi giorni del regno e nel 741 favorirono la rivolta di Artavasde, il quale riuscì a farsi incoronare imperatore dal patriarca Anastasio. La rivolta però fu domata (novembre 742) e l'atteggiamento degli oppositori non ebbe altro risultato se non quello di rendere più rigida la politica iconoclastica. C. non solo mantenne i precedenti decreti, ma da un concilio convocato a Hieria nel 753 e al quale parteciparono 338 vescovi ottenne che fosse proclamato come contrario alla dottrina cristiana il culto delle immagini. Si aprì un periodo di violenta persecuzione: alti prelati e funzionarî furono colpiti di pena capitale o esiliati; molti conventi furono o secolarizzati o trasformati in caserme, i beni dei monaci furono confiscati. Gli scrittori iconoduli e le genti timorate si vendicarono del monarca, affibbiandogli i titoli più offensivi, come quelli di "staffiere" (καβαλλῖνος) e di "copronimo" (da κόπρος "sterco" e ὄνομα "nome") col quale è passato alla storia. Ma bisogna riconoscere che egli non si ispirò se non al nobile proposito di eliminare dal culto usanze che erano degenerate in una vera idolatria, e di ristabilire nello stato la preminenza del potere civile insidiato dalle usurpazioni del clero.
Le lotte interne non distrassero C. dalle guerre contro i nemici esterni. La controffensiva contro gli Arabi era cominciata già sotto Leone III, e C. aveva preso parte alla battaglia di Acroinos (739), finita con la vittoria dei Bizantini. Costretto a interrompere le operazioni per la rivolta di Artavasde, egli le riprese nel 745, in un momento molto favorevole, essendo scoppiata nel mondo arabo una guerra civile in seguito all'uccisione del califfo al-Walīd II. Sotto la guida dello stesso imperatore i Bizantini sconfissero la flotta musulmana nelle acque di Cipro e per terra occuparono Germanicia, Melitene e Teodosiopoli. Ma la guerra più dura fu quella contro i Bulgari. Dal 755 al 775 C. intraprese contro di loro non meno di nove spedizioni e riportò anche splendide vittorie, come quelle di Marcellae (759), di Anchialo (762), di Lithosoria (766). La frontiera dell'Impero fu ricondotta più a nord e rafforzata, e la Tracia e Costantinopoli ebbero per qualche tempo un po' di respiro, ma il pericolo bulgaro non fu eliminato. Un colpo sensibile al prestigio di Bisanzio in Occidente fu la perdita dell'esarcato di Ravenna e del ducato di Roma, passati alle dipendenze del papa: C., impegnato in Oriente, ben poco fece per la difesa di quelle due lontane provincie.
Le lunghe e dispendiose guerre non impedirono che C. dedicasse somme notevoli a opere di pubblica utilità. Fra queste sono da ricordare: la restaurazione dell'antico acquedotto della capitale, il ripopolamento della stessa capitale e di molti luoghi della Tracia e della Grecia dopo i grandi vuoti lasciati dalla peste del 747, il riscatto di migliaia di prigionieri di guerra. Con tutto ciò egli lasciò l'erario in floridissime condizioni. Morì il 23 settembre 775.
Bibl.: A. Lombard, C.V., empereur des Romains, parigi 1902.