Costituzionalità delle leggi, controllo di
Il controllo di costituzionalità delle leggi costituisce uno dei capitoli più importanti del diritto costituzionale contemporaneo ed è fra quelli che hanno conosciuto il più grande rinnovamento dottrinale nel corso degli ultimi quarant'anni.Il sistema del controllo di costituzionalità delle leggi si è evoluto di pari passo con la giustizia costituzionale, con la quale spesso lo si confonde. In realtà, il controllo di costituzionalità delle leggi, pur essendo un compito essenziale della giustizia costituzionale, non è però l'unico: nella maggior parte dei casi, infatti, la giurisdizione costituzionale è non soltanto giudice della costituzionalità delle leggi, ma anche alto tribunale elettorale, giudice dei conflitti fra organi dello Stato, o fra lo Stato e le collettività che lo compongono, alta corte di giustizia incaricata di deliberare sulle accuse mosse al capo dello Stato o ai membri del governo. Può accadere anche che il giudice costituzionale sia incaricato di deliberare sulla costituzionalità degli atti amministrativi - sia in maniera esclusiva, come in Austria, che non esclusiva - e degli atti giurisdizionali.
Si osserverà anche, in senso inverso, che il controllo di costituzionalità delle leggi può concepirsi al di fuori della giustizia costituzionale poiché esiste, a fianco del controllo giurisdizionale, un controllo politico. Di fatto, le infelici esperienze della storia costituzionale francese - con i Senati del Primo e del Secondo Impero - e l'operatività molto limitata se non inesistente - almeno fino ai rivolgimenti della fine degli anni ottanta - nei paesi socialisti (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, Repubblica Democratica Tedesca, Romania, Cuba, Bulgaria, Albania), dove il controllo di costituzionalità delle leggi veniva esercitato dal Parlamento stesso o da una sua emanazione (cfr. Nikolic, in Favoreu e Jolowicz, 1986), inducono a escludere dal presente studio quella che può definirsi soltanto una curiosità storica o dottrinale. È significativo d'altronde notare che anche alcuni paesi socialisti hanno istituito il controllo giurisdizionale delle leggi (la Iugoslavia nel 1963, la Polonia nel 1982 e l'Ungheria nel 1983) e che tali istituzioni hanno funzionato effettivamente. Attualmente molti concordano sul fatto che sia illusorio credere che il controllo di costituzionalità delle leggi possa realmente venire esercitato dall'organo stesso al quale lo si applica.
Le origini del controllo di costituzionalità delle leggi vengono descritte abitualmente nella maniera seguente. Si inizia con il rilevare che il primo elemento necessario per un controllo di costituzionalità - e cioè l'idea di una gerarchia delle norme e della supremazia di una norma rispetto alle altre - è frutto di un lungo processo storico (cfr. Weber, in AA.VV., 1987) che, in Europa, va dalla distinzione di san Tommaso d'Aquino fra jus naturale e jus positivum fino al Bonham's case del 1610, nel quale si afferma il principio del controllo della conformità delle leggi a talune norme giuridiche superiori (v. Cappelletti e Cohen, 1979, p. 9), e, fuori d'Europa, all'utilizzazione da parte delle colonie inglesi di questa idea della supremazia della costituzione, applicata dal Consiglio privato della Corona in almeno nove di esse. Il principio della supremazia costituzionale è riconosciuto nella Costituzione americana del 1787, ma questa non prevede nessuno strumento di controllo, nonostante che Alexander Hamilton in The Federalist dichiari apertamente che l'intenzione dei costituenti sarebbe stata di affidare tale controllo ai tribunali. Bisognerà attendere l'audace decisione del presidente della Corte Suprema John Marshall perché venga introdotto il controllo di costituzionalità da parte del giudice nel celebre processo Marbury vs. Madison, del 1803: la Corte Suprema degli Stati Uniti proclamò la superiorità della Costituzione sulla legge e il divieto per il giudice di applicare qualsiasi norma contraria alla Costituzione nella risoluzione di una controversia. Da allora, l'esercizio del controllo continuò ad affermarsi negli Stati Uniti, e apparirà anche, fin dalla metà del XIX secolo, in alcuni paesi dell'America Latina (v. Fix Zamudio, 1982); verrà inoltre applicato nei Paesi Scandinavi, specie in Norvegia, a partire dal 1890 (cfr. Smith, in Favoreu e Jolowicz, 1986).
In Europa, invece, l'evoluzione avviene in tutt'altro senso. Certo, in Francia l'abate Sieyès difenderà l'idea di un controllo di costituzionalità delle leggi garantito da una giuria costituzionale, ma Bonaparte accantonerà questa idea creando con la Costituzione dell'anno VIII (1799) uno pseudocontrollo di costituzionalità affidato al Senato conservatore. In Francia, come in tutta Europa del resto, l'assolutismo della legge resta indiscusso per tutto il XIX secolo e l'inizio del XX: in Europa la legge è sacra, mentre negli Stati Uniti lo è la Costituzione. Bisognerà attendere Hans Kelsen e la sua geniale intuizione di un controllo di costituzionalità delle leggi garantito da una giurisdizione appositamente creata e che possegga un monopolio in questo ambito, perché con l'Alta corte costituzionale d'Austria (v. Eisenmann, 1987²) si abbia la prima forma di controllo di costituzionalità all'europea: l'Europa crea un suo proprio modello - essendo quello americano inapplicabile per diverse ragioni di ordine storico e tecnico - ma con i medesimi obiettivi (v. Favoreu, 1986, pp. 6-16). L'esempio austriaco viene seguito dalla Spagna, che istituisce durante la II Repubblica il Tribunale delle garanzie costituzionali. La tendenza si diffonderà dopo la seconda guerra mondiale, e nasceranno le Corti della Repubblica Federale Tedesca (1949), dell'Italia (1955), di Cipro (1960), della Turchia (1961) e della Iugoslavia (1963), senza dimenticare il Consiglio costituzionale francese (1958). Tra la metà degli anni settanta e l'inizio degli ottanta sarà poi la volta della Grecia (1975), del Portogallo (1976) e della Spagna (1978), quindi del Belgio nel 1982 con la Corte d'arbitrato, della Polonia (1982) e infine dell'Ungheria (1983).
Lo stesso è avvenuto negli altri paesi del mondo nel corso della seconda metà di questo secolo. Si è giunti così a una tale diffusione del controllo di costituzionalità delle leggi che esso appare come una delle più moderne istituzioni del costituzionalismo contemporaneo.
Si dovrebbe dire: le tecniche del controllo di costituzionalità delle leggi, talmente numerose e varie, sono in effetti le modalità di organizzazione di questo controllo. Ma appare sempre più evidente che, al di là della indiscussa diversità delle forme di controllo, c'è una certa unità quanto ai modi di organizzazione di esso sul piano tecnico.
La problematica dell'organizzazione del controllo può essere considerata da due prospettive: la prima, più usuale, consiste nell'analizzare ogni scelta tecnica possibile; la seconda, più fruttuosa a nostro avviso, consiste nell'opporre semplicemente controllo astratto a controllo concreto.
1. Approccio analitico. - Si tratta di analizzare una per una ogni scelta tecnica possibile, e poi di mostrare in quale maniera le diverse risposte possono combinarsi per costituire l'uno o l'altro dei grandi sistemi di controllo.Si distinguono solitamente cinque opzioni: il controllo può essere aperto o ristretto, a priori o a posteriori, diffuso o accentrato, in via diretta o incidentale, con effetti assoluti o relativi.
Il controllo si dice ristretto quando viene avviato dalle autorità politiche (esecutivi, assemblee parlamentari, minoranze parlamentari) o pubbliche (tribunali, ombudsmen, procuratori) e aperto quando anche i singoli vi hanno possibilità di accesso. Si può già notare il carattere insoddisfacente di questa distinzione poiché, ad esempio in Italia, non si considera forse che i singoli hanno anch'essi accesso al controllo nella misura in cui i processi che intentano dinanzi ai giudici ordinari possono dar luogo a rinvio dinanzi alla Corte costituzionale? Certamente, ma si può obiettare che la decisione del rinvio spetta al giudice a quo e non alle parti. A questo si replicherà che il giudice può prendere in considerazione il suggerimento che gli è stato dato.
In realtà, questo è un falso problema poiché i singoli - anche nei sistemi che permettono loro l'accesso al controllo - hanno pochissime probabilità di vedere la loro contestazione (della costituzionalità di una legge) giudicata dalla giurisdizione costituzionale stessa: così è nella Repubblica Federale Tedesca dove la quasi totalità dei circa 3.000 ricorsi individuali presentati ogni anno è rivolta contro atti giurisdizionali o amministrativi. Inoltre il 90% di essi viene giudicato da commissioni composte di tre membri e non dalla Corte; e infine, i rari ricorsi diretti giudicati dalla Corte non si traducono in più di due o tre annullamenti o invalidamenti. Anche in Austria esiste dal 1975 un ricorso individuale contro le leggi, ma si verifica molto raramente; negli Stati Uniti un singolo ha una probabilità minima di vedere la Corte Suprema deliberare sulla questione costituzionale che egli ha sollevato, poiché tale Corte giudica mediamente meno di dieci questioni costituzionali all'anno, e respinge il writ of certiorari nella grande maggioranza dei casi.
D'altronde nella Repubblica Federale Tedesca così come in Spagna, il singolo si appella spesso all'incostituzionalità delle norme che gli vengono applicate con l'unico scopo di avere una possibilità in più di appello o di ricorso: il tribunale costituzionale appare così come un quarto grado di giurisdizione e si trasforma in una super-Corte di cassazione. Più rilevante è ovviamente la scelta fra controllo diffuso e controllo accentrato. Nel primo caso la questione della costituzionalità può essere portata dinanzi a qualsiasi tribunale, dal più basso della gerarchia fino al più alto, dato che l'esercizio del controllo di costituzionalità è in qualche maniera 'diffuso', esteso cioè all'insieme dell'apparato giurisdizionale dello Stato; nel secondo caso, invece, l'esercizio del controllo è 'accentrato', cioè spetta a un unico tribunale specializzato. Nel primo caso, se tutti i tribunali possono esercitare il controllo di costituzionalità - mentre nel secondo i tribunali ordinari non hanno questa prerogativa (con l'eccezione del Portogallo dove vige un sistema misto) - essi hanno però a capo una corte suprema che garantisce l'unità della giurisprudenza in tutti i campi, specie in materia costituzionale, cosa che presuppone, evidentemente, che non esistano diversi ordini di giurisdizione, ma uno soltanto. In realtà qui la scelta (fra controllo diffuso e controllo accentrato) non ci sembra libera: essa dipende dal tipo di organizzazione giurisdizionale del paese in questione, poiché, se vi è dualità o pluralità di ordini giurisdizionali e ogni ordine ha a capo una corte suprema, il controllo diffuso non può funzionare. In effetti la giustizia costituzionale non si scinde, sia essa diffusa ma all'interno di un apparato giurisdizionale unico con a capo una sola corte suprema, o accentrata in una giurisdizione costituzionale unica denominata corte o tribunale costituzionale. Lo conferma l'esempio della Grecia: avendo la Costituzione del 1975 attribuito ai tribunali dei tre ordini di giurisdizione il potere di controllare la costituzionalità delle leggi, si è reso necessario istituire, per risolvere i conflitti di decisione fra le Corti supreme dei tre ordini, una 'Corte speciale superiore' che stranamente assomiglia a una corte costituzionale e che fa del sistema greco un sistema misto (v. Favoreu, 1986).
La scelta fra controllo in via diretta e controllo in via incidentale dipende tecnicamente dalle altre scelte, poiché, ad esempio, il controllo diffuso può funzionare soltanto in via incidentale, mentre il controllo accentrato in entrambi i modi. Rileveremo soltanto che sul piano politico questa scelta riveste un significato particolare, poiché il procedimento in via incidentale è meno 'offensivo' nei confronti del legislatore di quanto non lo sia quello in via diretta, e ne difende meglio (in linea di massima) l'autonomia. La scelta del momento del controllo, in compenso, può apparire come una scelta più rilevante che permette di contrapporre controllo a priori e controllo a posteriori, a seconda che il controllo si eserciti prima o dopo l'applicazione della legge. Senza entrare nei dettagli di un vastissimo dibattito su vantaggi e svantaggi di questi due generi di controllo, daremo in questa sede alcuni elementi di giudizio. Innanzitutto, alcuni arrivano al punto di vedere nel controllo a priori una forma di controllo non giurisdizionale; ma ciò significa dimenticare che praticamente esso viene più o meno applicato da tutte le giurisdizioni costituzionali, compresa la Corte Suprema degli Stati Uniti (v. Davis, 1986, p. 80). Inoltre non si può - come spesso avviene - condannare il controllo a priori e preferirgli il controllo a posteriori per il fatto che il secondo è di gran lunga più diffuso del primo.
Vantaggi e svantaggi dei due generi di controllo sono, in realtà, simmetrici: mentre al controllo a posteriori si obietta di arrivare al giudizio del ricorso soltanto dopo lunghe dilazioni e di rimettere in discussione, dopo vari anni e con tutto ciò che ne deriva, leggi da molto tempo in vigore, e che hanno dato origine a tutta una serie di atti e di situazioni giuridiche, il controllo a priori può farsi vanto della rapidità delle risposte date, della sua efficacia e delle garanzie che presenta per la certezza del diritto, nella misura in cui l'atto legislativo viziato di irregolarità non entrerà mai in vigore e non verrà quindi a 'viziare' l'ordine giuridico. Viceversa, si obietta al controllo a priori di non poter cogliere, come invece può fare il controllo a posteriori, le irregolarità della norma che emergeranno soltanto quando questa verrà applicata; di contrastare direttamente la volontà del legislatore con l'annullamento immediato della norma, mentre il controllo a posteriori tiene conto di questa volontà annullandola soltanto dopo molti mesi o addirittura anni. A ciò è possibile replicare che il controllo a priori permette al legislatore di rivedere e modificare egli stesso la sua legge, mentre il controllo a posteriori porta a far correggere la legge dal giudice costituzionale che, di fatto, gradualmente la riscrive: di modo che ci si può chiedere quale dei due controlli rispetti maggiormente la volontà del legislatore (cfr. Favoreu, in Favoreu e Jolowicz, 1986). La discussione, naturalmente, potrebbe ancora continuare.Infine, gli effetti del controllo possono essere assoluti - cioè applicarsi erga omnes - e dunque essere opponibili o invocabili in tutte le controversie in cui andava applicato il testo invalidato, oppure relativi e concernere soltanto le parti in causa. Anche in questo caso l'opzione fra le due possibilità dipenderà, in una certa misura, dalle altre scelte: così non si può concepire che vi sia un effetto relativo in caso di utilizzazione della via diretta, e viceversa la via incidentale esclude quasi necessariamente il carattere assoluto degli effetti di queste decisioni. E ciò nonostante che, nel sistema italiano, l'eccezione sollevata dal giudice a quo conduca a una decisione della Corte costituzionale avente effetto assoluto.
A partire dalle cinque possibilità sopra esposte è possibile ricomporre i vari sistemi di controllo e confrontarli fra loro. Così, per gli Stati Uniti, si potrà parlare di controllo aperto, diffuso, esercitato in via incidentale, a posteriori e con effetti relativi, il che sembra opporlo in tutto e per tutto al controllo francese, che è ristretto, accentrato, esercitato in via diretta, a priori e con effetti assoluti.Il controllo italiano verrà così presentato come ristretto, accentrato, esercitato in via incidentale, a posteriori e con effetti assoluti. Quanto ai sistemi tedesco, spagnolo e portoghese, essi presentano contemporaneamente più di una di queste caratteristiche.A dire il vero, ciò non ha grande significato, da un lato appunto perché alcuni sistemi cumulano le varie caratteristiche descritte, e dall'altro perché la pratica attenua abbastanza facilmente le differenze teoriche (v. Davis, 1986).
Si può aggiungere che i caratteri non sono sempre così evidenti come si dice. Si rileverà ad esempio che, se nel sistema americano le decisioni della Corte Suprema non hanno effetti assoluti, ma semplicemente relativi, di fatto anche gli altri tribunali considereranno che quella legge è incostituzionale, ed essa cesserà di essere applicata dalle varie autorità e amministrazioni, sebbene non vi sia alcun obbligo in tal senso.
2. Approccio sintetico. - Ci si può chiedere a questo punto se la vera distinzione non consista nell'opporre controllo astratto e controllo concreto.
Questa distinzione prescinde dalle varie contrapposizioni di cui sopra fra controllo a priori e controllo a posteriori, in via diretta e in via incidentale, ecc., e considera soltanto la maniera in cui la questione viene posta al giudice costituzionale: o a partire da un caso concreto al quale il giudice costituzionale deve dare una soluzione, o in maniera astratta, e si tratta allora semplicemente di confrontare due testi. Ciò conduce, ad esempio, a far rientrare nel controllo astratto i ricorsi provenienti da autorità politiche, sia nel caso del controllo a priori che nel caso del controllo a posteriori, e nel controllo concreto i ricorsi sollevati dai singoli (in via diretta o in via incidentale) e quelli effettuati su rinvio dei tribunali ordinari.
Si obietterà tuttavia che anche questa distinzione talvolta è discutibile. Così, negli Stati Uniti e in Canada si diffonde la pratica dei test cases, cioè delle controversie create artificialmente con lo scopo di sottoporre ai tribunali, e da ultimo alla Corte Suprema, un problema generale determinato (ad esempio quello della liberalizzazione dell'aborto). Anche nella Repubblica Federale Tedesca, selezionando le questioni sulle quali deliberare, il Tribunale costituzionale può, in definitiva, portare alla luce la grande questione costituzionale che intende giudicare. A questo punto non si è molto lontani dal controllo astratto.
Quindi, andando anche oltre l'opposizione fra controllo astratto e controllo concreto, si giunge a intravedere una distinzione fra il controllo di 'macrocostituzionalità' e quello di 'microcostituzionalità' (cfr. Zagrebelsky, in AA.VV., 1987), distinzione che non corrisponde esattamente alla precedente nella misura in cui il controllo concreto può portare a un esame della macrocostituzionalità (v. sopra).
Di fatto, si constata che alcune giurisdizioni costituzionali, come ad esempio il Tribunale tedesco, passano progressivamente dal controllo della costituzionalità della legge al controllo dell'applicazione della legge (cfr. Fromont, in AA.VV., 1987) e ciò avviene nella misura in cui queste giurisdizioni possono trasformarsi in una super-Corte di cassazione (pericolo denunciato recentemente in Spagna a proposito del ricorso d'amparo, ma esistente da qualche tempo in Germania e in Italia), oppure in una corte amministrativa che controlla i comportamenti e gli atti dell'amministrazione. Consiste realmente in questo il ruolo o la funzione di una giurisdizione costituzionale, e l'utilizzazione del controllo di costituzionalità a questo fine è normale? Torneremo più avanti su tali questioni.
Al di là della diversità di cui sopra, ora si tratta di esaminare quattro importanti questioni poste dall'organizzazione del controllo.
1. Atti controllati. - La questione sembra di facile soluzione nella misura in cui si è trattato fin qui del controllo di costituzionalità delle leggi; ma è necessaria qualche ulteriore precisazione.Innanzitutto, in alcuni paesi, le stesse leggi costituzionali possono essere oggetto di un controllo di costituzionalità esterno (sulla procedura seguita), o interno (sulle norme sostanziali). Ciò avviene (soprattutto nel secondo caso) abbastanza di rado; ma tale possibilità esiste, specie nella Repubblica Federale Tedesca e in Italia, il che pone anche il problema delle norme sovracostituzionali. E poi, si deve distinguere fra leggi votate dal parlamento e leggi votate per referendum? È questo il caso, ad esempio, della Francia, dove le seconde non possono essere oggetto di controllo. Ma non esistono - sembra - altri esempi veramente significativi.
Alle leggi propriamente dette vengono spesso assimilati altri atti che hanno valore legislativo, pur non avendone la forma. Si tratta ad esempio degli atti emanati non dal legislativo, ma dall'esecutivo, in caso di urgenza (decreti-legge italiani e spagnoli) o per delega del parlamento (decreti legislativi italiani e spagnoli, ordinanze francesi). Nel caso della Francia l'atto sarà però suscettibile di ricorso davanti al giudice costituzionale soltanto se ratificato dal legislatore. A dire il vero, qui si rileva che la questione ha importanza soltanto nei sistemi in cui il giudice costituzionale ha una competenza limitata al giudizio dei ricorsi contro le leggi (come in Francia o in Italia); mentre se il giudice costituzionale ha competenza per giudicare diversi atti pubblici (legislativi, amministrativi o giurisdizionali), la distinzione fra atti legislativi e non perde di importanza; e d'altro canto, allora, non si parlerà più di controllo di costituzionalità delle leggi, ma di controllo di costituzionalità tout court.
E per finire, fanno parte degli atti controllati le cosiddette leggi regionali o provinciali (Italia o Canada) o dei Länder (Germania o Austria) o degli Stati (Stati Uniti) o delle comunità autonome (Spagna), o anche le leggi cantonali - le sole in Svizzera a poter essere controllate, mentre le leggi federali sfuggono al controllo. A dire il vero, se è consuetudine considerare a questo proposito che si tratta ancora di controllo di costituzionalità delle leggi, vi è a nostro avviso una differenza di natura poiché il controllo delle leggi non nazionali non solleva lo stesso genere di problemi del controllo delle leggi nazionali: le questioni della legittimità e dei limiti dei poteri del giudice costituzionale nei confronti della rappresentanza nazionale non hanno motivo di essere poste se si tratta, ad esempio, di leggi locali.
2. Norme di riferimento. - Chiameremo 'norme di riferimento' le regole e i principî rispetto ai quali si esercita il controllo di costituzionalità e che andrebbero piuttosto indicati con il termine di 'costituzione': il controllo di costituzionalità non consiste, infatti, nel controllo della conformità alla costituzione? Tuttavia nella maggior parte dei paesi le cose non sono poi così semplici: sia che (come in Francia o in Austria) le norme costituzionali si trovino in vari testi di epoche diverse, sia che testi diversi da quelli costituzionali, ad esempio le leggi organiche o alcuni trattati internazionali, contengano anche delle norme di riferimento, sia infine che l'interpretazione della costituzione stessa abbia superato assai ampiamente il testo di questa.
Grande importanza assume, in tutti i sistemi, la determinazione delle norme di riferimento, poiché con essa si misura il margine di libertà che il giudice costituzionale si assegna e quello che egli lascia, in definitiva, al legislatore. In questo senso, non è il caso di distinguere fra gli Stati che dispongono di una costituzione moderna, con disposizioni precise e dettagliate, e quelli dotati di testi costituzionali antichi, con disposizioni piuttosto vaghe e imprecise. Di fatto, il giudice costituzionale si assegna comunque un ampio potere di valutazione: in Germania e in Italia, paesi dotati di costituzioni moderne, questo potere è fra i più ampi, poiché le corti costituzionali applicano all'attività del legislatore il principio di proporzionalità (nella Repubblica Federale Tedesca) e di razionalità (in Italia).
Il problema è allora quello di sapere, comunque, fin dove può arrivare il giudice costituzionale nell'applicazione di regole e principî costituzionali, poiché egli, non essendo controllato da nessuno, dovrà autolimitarsi: innanzitutto nel decidere su quali testi e principî basare le sue decisioni, e poi nell'interpretare questi stessi testi e principî. Riguardo al primo punto, ci si può generalmente accordare sul contenuto di ciò che si chiama in Francia e in Spagna il 'blocco di costituzionalità'. L'unica vera difficoltà in questo ambito è spesso data dal ruolo da attribuire, all'interno di tale blocco, alle norme internazionali scaturite da trattati e accordi o dal diritto internazionale generale, così come, in Europa, alle norme comunitarie. Nei paesi che riconoscono il primato del diritto internazionale, le giurisdizioni costituzionali hanno qualche esitazione a inserire queste norme internazionali, o comunitarie, fra le norme di riferimento che s'impongono al legislatore, e le soluzioni sono assai diverse. È comprensibile che il giudice costituzionale abbia qualche reticenza ad accettare come norma di riferimento una norma internazionale che inevitabilmente non ha la stabilità e l'intangibilità di una norma costituzionale, almeno nel caso di una norma internazionale convenzionale.
Riguardo al secondo punto ritroviamo il classico dibattito sui poteri d'interpretazione del giudice, dibattito che riguarda del resto anche il giudice ordinario, ma che in questo caso, trattandosi del giudice costituzionale, assume evidentemente maggiore importanza. È un dibattito fondamentale che oggi, negli Stati Uniti, oppone gli interpretativists ai non interpretativists, coloro che vogliono attenersi il più possibile al testo e alle intenzioni dei 'padri fondatori' a coloro che ritengono che il giudice debba essere guidato, nell'interpretazione di questi testi, dalla considerazione dei valori fondamentali della società (v. Ely, 1980). Tale dibattito ha preso piede anche in Francia a partire dal 1986, dopo che il ministro della Giustizia si è rammaricato dell'imprecisione delle 'tavole della legge' che deve applicare il giudice costituzionale, e ha auspicato che tali 'tavole' - cioè i testi costituzionali - vengano precisate e completate, al fine di ridurre il potere d'interpretazione di detto giudice. Di fatto, quest'ultimo suggerimento - invitare il potere costituente a intervenire per limitare l'ampiezza del controllo di costituzionalità esercitato dal giudice costituzionale - solleva un problema più serio di cui parleremo più avanti a proposito della natura del controllo di costituzionalità e anche della sua legittimità: non è forse il caso di riconoscere al giudice costituzionale un ampio potere di interpretazione, con la riserva che il legislatore costituente possa, eventualmente, correggere o all'occorrenza annullare quest'interpretazione votando una legge costituzionale?Ma anche la legge costituzionale non può risolvere tutto: infatti, come abbiamo visto, in alcuni Stati essa stessa può essere controllata riguardo alla sua regolarità esterna e interna. Bisogna allora assumere che vi siano delle norme sovracostituzionali e quindi una gerarchia all'interno delle norme costituzionali. È - molto chiaramente - il caso della Repubblica Federale Tedesca, dove alcune disposizioni relative ai diritti fondamentali costituiscono una sorta di roccaforte intoccabile anche da parte di una revisione costituzionale. Anche in Italia esistono dei principî non modificabili della Costituzione, che vengono sottratti anche alle procedure di revisione dell'art. 138: sono quelli che la Corte costituzionale ha, in numerose occasioni, definito 'principî superiori della Costituzione' (v. Zagrebelsky, 1977, pp. 76-77). In Francia la Costituzione stessa prevede che soltanto alcune disposizioni non possano essere oggetto di revisione costituzionale, ma, fino a oggi, il Consiglio costituzionale non ha mai avuto da deliberare sulla regolarità di leggi che modifichino la Costituzione ed è poco probabile che lo faccia.
3. Procedura. - La problematica sopra esposta ha dato modo di cogliere la complessità delle questioni procedurali in materia di controllo di costituzionalità delle leggi: ciò si spiega con il fatto che l'articolazione del controllo di costituzionalità delle leggi con il sistema giuridico e politico deve essere realizzata in un certo senso caso per caso, tenendo conto delle diversità di organizzazione degli Stati.
La questione di costituzionalità può porsi al giudice costituzionale per varie vie, alcune delle quali possono combinarsi fra loro.Nel sistema di controllo diffuso o decentrato, di tipo americano, la questione può venire sollevata in via incidentale dinanzi a qualsiasi tribunale, senza che vi sia un contenzioso distinto dalla costituzionalità: la questione di costituzionalità è fra quelle che si pongono al tribunale, che la risolverà allo stesso titolo delle altre e spesso in relazione con esse. Di appello in appello, il caso può arrivare fino alla Corte Suprema, che però non è tenuta a esaminare la questione ed è, in fin dei conti, assai poco probabile che pervenga a una decisione. Tuttavia, la questione di costituzionalità sarà stata giudicata dalle corti inferiori: il problema consiste allora nel fatto che potrà verificarsi una disparità piuttosto evidente fra le decisioni delle corti a proposito della medesima legge.
Nel sistema di controllo accentrato le vie di accesso sono più diversificate; ma la norma è che tali vie portino tutte alla giurisdizione costituzionale unica (la Corte, il Tribunale o il Consiglio costituzionale), e che i tribunali ordinari non abbiano competenza per giudicare la questione di costituzionalità. Si possono distinguere tre categorie principali di procedure a seconda che l'iniziativa del loro avvio sia di competenza delle autorità politiche, dei tribunali o dei singoli.Le autorità politiche o pubbliche possono attivare un controllo astratto che si esercita sia a priori che a posteriori. Si tratta, generalmente, di capi di Stato o di governo, di assemblee parlamentari o dei loro presidenti, di minoranze parlamentari - essendo queste ultime determinate sia dalla proporzione (un terzo dei deputati nella Repubblica Federale Tedesca, un decimo in Portogallo), sia da un numero minimo (60 deputati o senatori in Francia, 50 in Spagna e in Polonia) -, delle assemblee o degli esecutivi regionali o provinciali. Vengono talvolta abilitate anche delle autorità pubbliche, come gli ombudsmen o il procuratore della Repubblica (Spagna e Portogallo).In vari paesi i tribunali ordinari hanno la facoltà o talvolta anche l'obbligo di rinviare la questione di costituzionalità alla Corte o al Tribunale costituzionale: in Germania, in Italia, in Spagna e in Madagascar questa facoltà spetta a qualsiasi giudice; in Austria soltanto ai tribunali di appello e di ultima istanza. Si esige solitamente che la soluzione del problema di costituzionalità abbia un'incidenza diretta sul corso del processo principale; in caso contrario il rinvio del giudice non può essere accolto. Peraltro, mentre in Italia è sufficiente che il giudice a quo abbia un dubbio sulla costituzionalità della legge, in Germania deve essere convinto, dopo un accurato esame, dell'incostituzionalità della norma.
Infine, in alcuni paesi, i singoli possono accedere direttamente o indirettamente alla Corte costituzionale per contestare la costituzionalità di una legge. Così in Germania e in Austria (dal 1975) i ricorsi individuali sono ammessi non appena le leggi ledono diritti fondamentali, ma a condizione che siano già state esaurite le vie di ricorso ordinarie (Repubblica Federale Tedesca), o che tali leggi siano applicabili senza l'intervento di una decisione amministrativa o giurisdizionale (Austria). In Spagna e anche in Austria i singoli possono riuscire indirettamente a far esaminare la costituzionalità di una legge dalla Corte costituzionale: in effetti, se la Costituzione spagnola autorizza i ricorsi individuali diretti - ricorsi d'amparo, per violazione dei diritti fondamentali - soltanto contro gli atti amministrativi o giurisdizionali, la camera del Tribunale costituzionale specializzata nel giudicare i ricorsi d'amparo può essere del parere che sia lecito dubitare della costituzionalità della legge su cui si basa l'atto amministrativo o giurisdizionale portato davanti a essa, e rinviare la questione di costituzionalità al Tribunale in seduta plenaria. Allo stesso modo, la Corte austriaca, in caso di ricorso contro un atto amministrativo, può investirsi d'ufficio della questione di incostituzionalità della legge che serve da base per quest'atto: e questa è la principale fonte del contenzioso sulla costituzionalità delle leggi in Austria.
Sarebbe opportuno ricordare anche i sistemi misti. Così, in America Latina, un certo numero di Stati applicano il sistema del controllo diffuso all'americana, ma hanno anche introdotto i ricorsi d'amparo (sul modello del Messico da dove proviene questa istituzione) o delle 'azioni popolari di incostituzionalità' (v. Fix Zamudio, 1982). In Irlanda l'eccezione di incostituzionalità può venire formulata soltanto dinanzi all'Alta corte, e poi eventualmente davanti alla Corte Suprema. Anche nell'Africa francofona esistono delle forme miste di controllo.
Se si considera l'organizzazione procedurale del controllo di costituzionalità delle leggi nella sua globalità, dalla diversità delle tecniche utilizzate emergono non pochi caratteri generali. Per quanto riguarda l'iniziativa dell'avvio del controllo, essa spetta a tre grandi categorie di titolari: i singoli, le autorità politiche o pubbliche, i tribunali comuni. In teoria, non esiste autoricorso della giustizia costituzionale. Tuttavia osserveremo che la Corte austriaca (come la tedesca e la spagnola) ha la facoltà di avocare a sé d'ufficio la questione della costituzionalità di una legge in caso di controversia riguardante un atto amministrativo o un atto giurisdizionale (v. Favoreu, 1986). D'altronde il giudice costituzionale generalmente può sollevare motivi d'ufficio e anche investirsi del problema della regolarità delle disposizioni di una legge, anche se non messe in discussione dai ricorrenti. In tal caso, il carattere oggettivo del contenzioso costituzionale risulta evidente: quale che sia in definitiva il ricorrente (singolo, giudice o autorità politica) e la via di ricorso utilizzata (diretta o incidentale), la questione di costituzionalità si distaccherà dal contesto per porsi in termini generali.
Nello stesso senso, il carattere oggettivo del contenzioso costituzionale spiega anche la tendenza di buona parte delle giurisdizioni costituzionali a istituire dei 'filtri' con lo scopo di selezionare le questioni da giudicare, che devono essere sufficientemente importanti o nuove per destare l'interesse del giudice costituzionale: nel caso del writ of certiorari americano, come in quello delle commissioni tedesche o spagnole, l'obiettivo è proprio questo.Certo, nel processo costituzionale la procedura è di tipo accusatorio, con dibattito in contraddittorio, interventi di avvocati e arringhe: ma la realtà è spesso diversa, anche davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, dove il processo ha spesso scarsi rapporti con ciò che è all'origine del dibattito costituzionale. "I contendenti e gli studiosi rilevano che le cause giudicate hanno spesso scarsa analogia con le cause intentate [...]. Se la Corte gode di una così ampia discrezionalità nell'applicare ai fatti la propria interpretazione, la richiesta che la Corte sia vincolata dalle risultanze processuali o - cosa ancora più importante - che procedure corrette e trasparenti permettano ai contendenti di controllare l'andamento della causa, sembra essere più un'affermazione euristica che una descrizione della realtà dei fatti" (v. Davis, 1986, p. 84). Pertanto, come sottolinea Davis, il Consiglio costituzionale francese, dinanzi al quale si svolge un processo di tipo inquisitorio, con dibattito in contraddittorio ristretto e scambio di memorie scritte, non costituisce un caso tanto isolato all'interno delle giurisdizioni costituzionali. Di fatto, il processo costituzionale non può essere un processo come gli altri, poiché mette in causa l'esistenza degli atti che si trovano più in alto nella gerarchia giuridica, le leggi, e di lì la certezza del diritto nello Stato. Ciò spiega ad esempio il fatto che in Norvegia, a volte, lo Stato debba essere avvertito nel caso in cui, in un processo fra privati, si ponga un problema costituzionale di rilievo (ad esempio, quello della validità di una legge), il che lo porterà a farsi rappresentare alle udienze (cfr. Smith, in AA.VV., 1987).
4. Giudizio. - Le 'decisioni', i 'giudizi' o le 'sentenze' emessi dalle giurisdizioni costituzionali in materia di controllo di costituzionalità delle leggi possono dichiarare l'incostituzionalità della norma in questione, oppure respingere il ricorso o l'eccezione di incostituzionalità. Ma la distinzione fra 'decisioni di accoglimento' e 'decisioni di rigetto' non è sufficiente per dare un'idea della ricchezza e della complessità delle situazioni. In effetti, le decisioni di accoglimento possono sia dichiarare l'inapplicabilità delle disposizioni legislative incostituzionali alla controversia in causa (caso questo che riguarda essenzialmente il controllo diffuso), sia pronunciare l'annullamento di queste disposizioni (caso del controllo accentrato). Allo stesso modo, le decisioni di rigetto sono sia di rigetto semplice, sia di conformità con riserva.
I. Giudizi d'incostituzionalità. - Nel caso del controllo diffuso, come in quello del controllo accentrato, il giudice può prendere una decisione che dichiara l'incostituzionalità della legge (o di alcune sue disposizioni). In entrambi i casi, ci si può interrogare sui tipi di incostituzionalità e sulla decorrenza degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità.
I tipi di incostituzionalità considerati dal giudice costituzionale per fondare la sua decisione d'inapplicabilità o di annullamento della legge dipendono sia da incostituzionalità esterna che da incostituzionalità interna. Infatti causa della dichiarazione d'incostituzionalità può essere sia il difetto di competenza, sia il vizio di forma o di procedura che inficia la costituzionalità esterna dell'atto legislativo, sia la violazione delle disposizioni fondamentali della Costituzione, relativa quindi alla costituzionalità interna di tale atto. In effetti, come hanno dimostrato soprattutto Kelsen e Eisenmann, l'interesse a distinguere fra incostituzionalità formale e incostituzionalità materiale delle leggi è molto relativo, poiché "questa distinzione si ammette soltanto con la riserva che l'incostituzionalità cosiddetta materiale sia in ultima analisi un'incostituzionalità formale, nel senso che una legge il cui contenuto è in contraddizione con le prescrizioni della Costituzione cesserebbe di essere incostituzionale se fosse votata come legge costituzionale. Si tratta quindi sempre di sapere se è la forma legale o la forma costituzionale che deve essere osservata" (v. Kelsen, 1928, p. 206).
Molto più importante è la questione della decorrenza degli effetti della dichiarazione d'incostituzionalità, sia che questa porti all'inapplicabilità della norma legislativa riconosciuta incostituzionale, sia che porti al suo annullamento (problema che si pone, ovviamente, soltanto nell'ambito del controllo a posteriori). Una tale decisione può esplicare i suoi effetti sia dal momento in cui la norma dichiarata incostituzionale è stata adottata (ex tunc), sia quando viene fatta la dichiarazione (ex nunc), sia in una data posteriore a quella della dichiarazione d'incostituzionalità. Per Kelsen, risolvendosi la decisione di annullamento della norma in un atto contrario alla decisione di creazione della stessa norma, l'effetto dovrebbe essere ex nunc: vi è annullabilità e non nullità; ma, contrariamente a quanto talvolta si sostiene, la sua opinione è abbastanza elastica per quanto riguarda la portata nel tempo del giudizio d'incostituzionalità: "L'annullamento può limitarsi all'avvenire o, al contrario, estendersi anche al passato, cioè aver luogo con o senza effetto retroattivo. L'ideale della certezza del diritto richiede che in generale l'annullamento di una norma giuridica abbia effetto soltanto pro futuro, cioè a partire dalla data dell'annullamento. È necessario anche contemplare la possibilità che l'annullamento entri in vigore soltanto allo scadere di un certo termine [...]. Malgrado ciò, alcune circostanze possono rendere necessario un annullamento retroattivo. Non bisogna pensare soltanto al caso-limite di cui sopra di una retroattività illimitata, in cui l'annullamento dell'atto equivale alla sua nullità [...], ma considerare prima di tutto un effetto retroattivo eccezionale, limitato ad alcune specie o a una determinata categoria di casi" (v. Kelsen, 1928, pp. 218-219).
Conformemente a questa saggia e chiara presa di posizione di Kelsen, le decisioni di annullamento da parte della Corte costituzionale austriaca non diventano effettive che alla data in cui vengono prese, e inoltre la Corte ha facoltà di rinviarne l'effettività, entro il limite massimo di un anno. In compenso in Germania e in Italia, come negli Stati Uniti, la dichiarazione d'incostituzionalità ha effetto retroattivo, almeno in linea di principio, poiché la necessità di tener conto di un certo numero di diritti acquisiti ha indotto le giurisdizioni costituzionali di questi paesi ad attenuare le conseguenze di un'applicazione troppo rigida della retroattività; in definitiva "questi problemi vengono trattati in maniere così diverse da un paese all'altro, che sarebbe impossibile darne una sintesi utile in termini comparativi" (v. Cappelletti e Cohen, 1979, p. 101). Ciò dipende semplicemente dalla difficoltà di risolvere tutti i problemi inerenti al controllo a posteriori: la retroattività è necessaria per eliminare le conseguenze di un atto dichiarato incostituzionale, ma è praticamente impossibile servirsene allorché un certo numero di situazioni si sono cristallizzate con il tempo; si è allora obbligati ad ammettere che l'ordine giuridico ha potuto non essere conforme alla Costituzione nel periodo (che può essere piuttosto lungo) che va dall'emanazione dell'atto legislativo fino alla dichiarazione d'incostituzionalità.
Una terza questione merita la nostra attenzione: quella dell'autorità della decisione di invalidamento e della sua esecuzione. Solitamente ciò non presenta difficoltà, nel caso di decisioni d'inapplicabilità come di decisioni di annullamento, salvo quando tale esecuzione necessita della collaborazione attiva di autorità politiche o amministrative che possono opporre una resistenza passiva. Anche la Corte Suprema degli Stati Uniti si è trovata ad affrontare simili situazioni, specie sotto la presidenza Warren, nonostante disponga di alcune prerogative per farsi ascoltare. Le Corti costituzionali europee hanno generalmente la possibilità di essere reinvestite delle questioni in caso di non esecuzione e ciò attraverso varie vie (ricorso diretto, rinvio da parte dei tribunali ordinari, ecc.). Il giudice costituzionale francese è in questo senso più disarmato.
Ciò presuppone evidentemente che il giudice costituzionale stesso abbia potuto trarre le conseguenze della sua dichiarazione d'incostituzionalità rifiutandosi di applicare la legge o annullandola con la sua decisione. Come osservava ancora Kelsen, "è necessario, se si vuole che la Costituzione sia garantita in maniera efficace, che l'atto sottoposto al controllo del tribunale costituzionale venga annullato direttamente dalla sua stessa sentenza, nel caso in cui lo si riconosca come irregolare" (v. Kelsen, 1928, p. 242).
II. Giudizi di conformità o di non contrarietà. - La difficoltà non è data in questo caso dalle decisioni di rigetto semplice, quelle cioè attraverso le quali il giudice costituzionale respinge il ricorso in quanto infondato, senza formulare riserve. In compenso sollevano più di un problema le decisioni di conformità con riserva o di 'interpretazione conforme'.
Piuttosto che annullare questa o quella disposizione legislativa, le giurisdizioni costituzionali tendono, sempre di più, a dare loro un'interpretazione che le renda conformi alla Costituzione, anche a costo di modificare sensibilmente, e talvolta completamente, le intenzioni del legislatore. Inoltre, tali decisioni possono comportare delle direttive nei confronti del legislatore, per la modifica della legge esaminata o per la redazione di un nuovo testo. Questa tecnica, che ha rapidamente preso piede in Germania e in Italia ('sentenze manipolatrici'), è stata accolta con grande favore in Francia a partire dal 1981, e inizia a porre seri problemi: con essa, il controllo di costituzionalità delle leggi limita i poteri del legislatore in maniera sicuramente più rilevante di quanto non avvenga con le decisioni di annullamento. E si porrà un problema di legittimità nella misura in cui il giudice costituzionale sarà accusato di sostituirsi al legislatore nella 'creazione' delle norme.
Oltre che strumento tecnico, il controllo di costituzionalità delle leggi è anche un elemento fondamentale del sistema giuridico e politico di un paese. Naturalmente ciò è vero soltanto nel caso di un controllo effettivo (v. Favoreu e Jolowicz, 1986): infatti, per vari motivi, accade spesso che il controllo di costituzionalità delle leggi resti assolutamente teorico, nel senso che, anche se previsto dai testi, non viene reso operante (per esempio in alcuni paesi dell'Africa); oppure che non possa funzionare normalmente a causa della situazione politica del paese (Turchia e alcuni Stati dell'America Latina); o anche che, pur funzionando, la soggezione dei giudici costituzionali renda piuttosto illusoria la sua utilità: questo è il caso del Giappone, dove, in quarant'anni, si sono avuti non più di due o tre casi di annullamento di una legge. Se effettivo, il controllo di costituzionalità delle leggi svolgerà un certo numero di funzioni essenziali, la cui descrizione induce a porsi alcuni interrogativi a proposito della legittimità di questa istituzione rispetto alla teoria democratica.
L'introduzione di un controllo di costituzionalità delle leggi effettivamente funzionante può trasformare radicalmente un sistema giuridico e politico, come è avvenuto in Francia a partire dagli anni settanta.
1. Il controllo di costituzionalità delle leggi e l'ordine politico. - Il controllo di costituzionalità delle leggi - solitamente studiato dai giuristi - interessa sempre di più anche i politologi, poiché è impossibile comprendere il funzionamento del sistema politico di un paese, in cui questo controllo sia realmente esercitato, senza conoscerne funzioni ed effetti.
Osserveremo innanzitutto in maniera generale che il controllo di costituzionalità delle leggi porta a una nuova definizione dei rapporti fra diritto e politica. Esso comporta infatti una giuridicizzazione della vita politica: le grandi controversie sui problemi riguardanti la società inducono spesso al ricorso ad argomenti giuridici relativi alla costituzionalità dei progetti di riforma in esame; i dibattiti, all'interno del parlamento, si trasformano il più delle volte - quando il soggetto si presta - in discussione giuridica; si assiste anche a un'autolimitazione della maggioranza governativa e parlamentare che, temendo di vedere le sue riforme censurate o modificate dal giudice costituzionale, ne riduce essa stessa la portata. La battaglia politica diviene spesso una battaglia giuridica, è il caso della Francia, specie in periodo di alternanza o di coabitazione. Sarebbe interessante uno studio comparativo sulla giuridicizzazione della vita politica come risultato dell'esistenza di un controllo effettivo di costituzionalità delle leggi. Emergerebbero sicuramente delle differenze assai nette a seconda dei paesi e delle epoche, ma anche delle convergenze poiché, come spiegheremo più avanti, le funzioni del controllo di costituzionalità delle leggi coincidono nei vari paesi.
Solitamente si attribuiscono diverse funzioni al controllo di costituzionalità. La prima consiste nel pacificare la vita politica. Infatti, il controllo giurisdizionale delle leggi permette di risolvere in termini giuridici dei conflitti d'ordine politico. Quando maggioranza e opposizione si confrontano su questioni importanti senza consultare gli elettori, è ovvio che il ricorso al giudice costituzionale, affinché questi deliberi sulla legge adottata dalla maggioranza, ha il vantaggio di placare il dibattito e di renderlo più sereno. Talvolta, dopo che è stata presa una decisione da parte del giudice costituzionale, la controversia si estingue. Con il controllo giurisdizionale delle leggi si opera una pacificazione della vita politica, perché l'opposizione dispone di un mezzo per assicurarsi che la maggioranza non oltrepassi i limiti fissati dalla Costituzione, e quindi che le regole fondamentali sulle quali vi è stato consenso in un determinato momento della storia del paese non vengano rimesse in discussione, perlomeno senza il suo benestare.
Funzione molto simile a questa è ovviamente quella di regolare e legittimare i cambiamenti politici. In caso di un cambio di maggioranza in parlamento e al governo, dopo parecchi anni di gestione da parte di una data formazione politica, può prodursi uno stato di tensione dovuto allo spirito di rivincita della formazione che giunge al potere e alla volontà di disfare al più presto quanto fatto dalla precedente formazione. Ciò può avvenire in caso di alternanze contrastate, come in Francia, in Spagna, in Portogallo, o anche in Germania e in Austria.
L'esistenza di un controllo giurisdizionale delle leggi avrà l'effetto di evitare un contraccolpo troppo brusco, che potrebbe rompere l'equilibrio costituzionale. Le leggi adottate dalla nuova maggioranza dovranno rimanere nel quadro costituzionale. Si avrà una regolazione, cioè una canalizzazione dell'ondata delle riforme, dato che il giudice costituzionale indicherà quali possano farsi con leggi ordinarie e quali richiedano una revisione della costituzione. Tutto ciò ostacola ovviamente la maggioranza al potere che non potrà portare a termine tutte le riforme previste. Ma, da un lato, le riforme che, dopo il ricorso al giudice costituzionale, saranno state dichiarate conformi alla costituzione, verranno in qualche maniera legittimate, e quindi beneficeranno di una maggiore autorità; dall'altro lato, sarà a volte assai comodo per la formazione al potere prendere a pretesto una possibile censura da parte del giudice costituzionale per non adottare una riforma che pure aveva promesso agli elettori. D'altronde, l'opposizione ha l'impressione che con il controllo giurisdizionale delle leggi eviterà di trovarsi schiacciata, o di essere oggetto di una rivincita da parte della nuova maggioranza.
La funzione di proteggere i diritti fondamentali è chiaramente una delle principali ragioni d'essere del controllo di costituzionalità delle leggi, al punto che talvolta sembra essere l'unica. La sua importanza è stata riconosciuta nel momento in cui si è ammesso che questi diritti andavano tutelati non solo contro l'amministrazione, ma anche contro il legislatore che poteva anch'esso violarli gravemente. Tale protezione dei diritti fondamentali contro il legislatore è importante non soltanto per coloro che ne sono i beneficiari, ma anche sul piano politico, nella misura in cui assicurare questa protezione significa al tempo stesso limitare sostanzialmente le iniziative della maggioranza al potere. Di fatto, tutte le riforme della società si troveranno così limitate anche dal rispetto di questi diritti garantiti dal giudice costituzionale. Si è inoltre sottolineato, a ragione, che il controllo di costituzionalità delle leggi contribuisce efficacemente alla diffusione e al radicamento dei diritti fondamentali in una società, favorendo la penetrazione o l'influenza dell'ideologia o della filosofia dei diritti fondamentali nelle diverse branche del diritto.
Una funzione meno spesso rilevata è quella del perfezionamento tecnico delle leggi: la loro obiettività o precisione (in Austria), la razionalità (in Italia), la proporzionalità (in Germania), possono essere verificate nell'ambito del controllo di costituzionalità, il quale contribuisce quindi a correggere i difetti che possono risultare dalla fretta del legislatore o dall'accaparramento della decisione politica da parte dei grandi partiti (Austria), o dall'assenza di scelte precise in mancanza di una maggioranza definita (Italia).
Infine, il controllo di costituzionalità delle leggi svolge una funzione essenziale: l'adattamento della costituzione. Una costituzione invecchiata e troppo rigida per poter essere modificata e revisionata agevolmente costituisce un potenziale pericolo per la democrazia, poiché invita a cambiamenti troppo bruschi. Con la sua azione progressiva, il controllo di costituzionalità può facilitare l'adattamento e l'evoluzione della costituzione. A questo proposito si può contrapporre il sistema americano, che da due secoli conserva la stessa Costituzione - certo per merito del controllo di costituzionalità che ha permesso di aggiornarla e di adattarla -, al sistema francese, che ha conosciuto una quindicina di Costituzioni e di regimi, nel medesimo arco di tempo, e quasi altrettanti colpi di Stato e rivoluzioni per passare da una Costituzione a un'altra o da un regime a un altro.
2. Il controllo di costituzionalità delle leggi e l'ordine giuridico. - Imponendo il rispetto della costituzione, il controllo di costituzionalità delle leggi fa di quest'ultima una fonte del diritto che irrorerà tutte le branche dello stesso. La dimensione costituzionale è pertanto presente in tutti i campi: diritto e procedura penale, diritto civile, amministrativo, commerciale, hanno tutti dei fondamenti costituzionali. Ciò che è acquisito da tempo negli Stati Uniti, lo è stato recentemente in Europa: l'Austria, la Repubblica Federale Tedesca e l'Italia hanno indicato la strada; la Francia, la Spagna e il Portogallo l'hanno seguita. Nei paesi europei si è verificato quindi un totale sconvolgimento dell'ordine giuridico tradizionale sotto l'influsso innovatore delle norme costituzionali.
Tale mutamento non è facile nei sistemi in cui si applica il controllo accentrato poiché questo, a differenza del controllo diffuso, deve avere la collaborazione di tutti gli altri tribunali per diffondere l'influenza della costituzione, e tale collaborazione non è sempre garantita. Nel caso del controllo diffuso, la Corte Suprema ha generalmente la possibilità di imporre la propria interpretazione; ciò è più difficile per una Corte costituzionale, poiché essa non è al vertice dell'edificio giurisdizionale e i tribunali ordinari non ne dipendono. Di fatto, la penetrazione delle norme costituzionali nelle varie branche del diritto dipenderà anche dalla formazione degli avvocati e dei giudici che compongono i tribunali ordinari. Negli Stati Uniti, ad esempio, la formazione dei giuristi comprende da sempre l'attenta considerazione della dimensione costituzionale in tutti gli ambiti della scienza giuridica. In Europa, al contrario, ciò non si è fatto che molto recentemente e in maniera piuttosto ineguale: in modo soddisfacente in Germania, in Austria e in Italia, ma certamente insoddisfacente in Francia e probabilmente in Spagna.
Si tratta di un problema intorno a cui vi è ampio dibattito (v. Favoreu e Jolowicz, 1986), per cui ci limiteremo a formulare qualche osservazione e riflessione. Se ci si interroga sulla natura o la ragion d'essere del controllo di costituzionalità delle leggi, si constata che in fin dei conti esso esprime la necessità, in una società democratica, di sottrarre ai "capricci di maggioranze parlamentari temporanee e alla volontà del sovrano del giorno" (cfr. Cappelletti, in Favoreu e Jolowicz, 1986) un certo numero di principî fondamentali corrispondenti a una determinata filosofia della società, così come le regole essenziali del gioco politico: regole e principî di primaria importanza definiti non in virtù di un diritto naturale e immanente, ma di scelte operate dal popolo che si esprime come potere costituente sia direttamente (attraverso i referendum), sia attraverso i suoi rappresentanti, che deliberano a maggioranza qualificata.Il controllo di costituzionalità delle leggi non significa un diritto di veto che rende impossibile questa o quella riforma. Le dichiarazioni di incostituzionalità significano semplicemente, come osservavano Kelsen e Eisenmann già nel 1928, che la riforma non può passare in via legislativa ordinaria, ma soltanto in via costituzionale. Certo, questa è più difficile da seguire poiché implica - almeno in caso di costituzione rigida - che vengano formate delle maggioranze qualificate; ma è appunto questo il fine del controllo di costituzionalità delle leggi, che le riforme siano adottate soltanto se vi è ampio consenso. Infatti è logico che una modificazione delle basi giuridiche della società non possa venire effettuata da una maggioranza semplice e che richieda praticamente un accordo tra maggioranza e opposizione.
I problemi sorgono quando la costituzione non può praticamente essere modificata, o quando vengono considerate come non modificabili alcune delle sue disposizioni. Il controllo di costituzionalità delle leggi si esprime allora come un veto definitivo e cambia natura, almeno a nostro avviso, impedendo qualsiasi tipo di evoluzione che non sia quella voluta dal giudice. In questo caso ci si avvicina realmente al 'governo dei giudici'.
Alla luce di quanto sopra, possiamo ora considerare il problema della legittimità. Innanzitutto, il principio stesso di una sottomissione della legge al rispetto della costituzione non sembra più essere in discussione, nemmeno nei paesi europei che, come la Francia, vantano una lunga tradizione di sovranità parlamentare in nome della bella formula secondo la quale "la legge è l'espressione della volontà generale". Certo, "la rappresentanza nazionale esprime bene la volontà generale, ma soltanto nelle condizioni previste dalla costituzione [...]. Oltre questi limiti, la volontà generale non può esprimersi che in una procedura di revisione costituzionale strutturata con precisione, affinché, sui punti fondamentali, l'assenso democratico sia fuori discussione" (cfr. Vedel, in Eisenmann, 1987²).
Una volta ammesso il principio, restano tuttavia problematici due punti: la designazione e quindi la legittimità dei giudici costituzionali, e la maniera in cui questi applicano e interpretano le norme costituzionali.In virtù di quale principio i giudici possono controllare ed eventualmente bloccare la volontà espressa dalla rappresentanza nazionale? In altri termini: hanno una legittimità di fronte a quella dei rappresentanti della nazione? Osserviamo, prima di tutto, che così si rimette in discussione l'accettazione del principio del controllo, poiché è ben noto che il controllo giurisdizionale è l'unica soluzione possibile: in effetti, le esperienze storiche del controllo da parte di organi politici si sono rivelate un fallimento, e quelle attuate nei paesi socialisti non erano assolutamente effettive. In realtà le cose stanno in termini diversi: vediamo infatti che nel sistema americano di controllo diffuso i giudici incaricati del controllo di costituzionalità delle leggi vengono designati da autorità elettive, e che nei sistemi di controllo accentrato i membri delle Corti costituzionali sono designati da autorità politiche elettive, il più delle volte in base ai loro orientamenti politici (v. Favoreu, 1986, pp. 18 - 20); il che conferisce loro una legittimità democratica sufficiente per assicurare il controllo di costituzionalità delle leggi.
Più delicata è la questione delle norme di riferimento: essa diventa essenziale nel momento in cui la critica del controllo di costituzionalità diventa più raffinata. Come rileva un autore americano (v. Berger, 1977, p. 537), "oggi lo scontro non verte più sull'esistenza del controllo, bensì sulle basi a partire dalle quali lo si esercita". Viene ammesso il principio del controllo, ma si contesta la libertà concessa al giudice costituzionale nell'interpretazione e nell'applicazione della costituzione. In realtà riappare, a livello costituzionale, l'eterna disputa sulla legittimità del potere normativo del giudice. Dal momento in cui il giudice viene incaricato di applicare un testo, deve interpretarlo, e sarà inevitabilmente portato a renderlo più chiaro o a completarlo con la giurisprudenza. Grande è allora la tentazione per i governanti di limitare i poteri del giudice costituzionale aggiungendo delle precisazioni al testo costituzionale attraverso una revisione: ma da un lato, come si è già osservato, rendere più dettagliate le prescrizioni costituzionali non garantisce una diminuzione della libertà d'interpretazione del giudice; dall'altro, precisare un testo costituzionale significa renderlo più vincolante per il legislatore e quindi ridurre la sua libertà, risultato questo ovviamente contrario a quanto si perseguiva.
Le esperienze europee sono state certamente all'origine di un rinnovamento per il controllo di costituzionalità delle leggi, così come era nato e si era sviluppato negli Stati Uniti, e la teoria del controllo di costituzionalità si è evoluta e trasformata; inoltre - benché dai due lati dell'Atlantico si sia raggiunto lo stesso scopo seguendo strade diverse - vi sono certamente similitudini e convergenze fra i due principali modelli di controllo di costituzionalità.Fenomeno il più rilevante del costituzionalismo moderno, l'evolversi della giustizia costituzionale e del suo strumento primario, il controllo di costituzionalità delle leggi, ha profondamente modificato - o sta modificando - il diritto costituzionale dei vari paesi coinvolti in questo sviluppo. Il 'nuovo diritto costituzionale' è frutto di questo mutamento dei rapporti fra diritto e politica dovuto agli effetti sempre più incisivi della giustizia costituzionale e del controllo di costituzionalità delle leggi.Si ammette ormai, in questa fine di secolo, che, grazie al controllo di costituzionalità delle leggi, lo Stato di diritto può pienamente realizzarsi e rivelarsi compatibile con lo Stato democratico. (V. anche Costituzionalismo; Costituzioni).
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