costituzione
Termine che indica in modo specifico la norma fondamentale che rappresenta il principio, l’origine dell’ordinamento giuridico. Sotto un profilo strutturale, la c. è l’organizzazione effettiva del gruppo sociale e l’espressione dinamica del potere: dipende dalle molteplici forze, idee, interessi espressi dalla società civile, ma è gestita dal potere stabile dell’autorità costituita. In tal senso, la c. è la regola del potere sovrano, la disciplina dell’organizzazione dell’attività costituita, che nell’ordinamento moderno si identifica nello Stato governo. Tuttavia, la rilevanza fondamentale del concetto di c. deve essere posta in relazione al suo sviluppo storico quale espressione del liberalismo borghese (nel periodo dal 1787 al 1848) e successivamente dell’ideologia democratica. Per c. si è pertanto inteso: la c. antiassolutistica e antifeudale, che garantisce le libertà individuali e limita l’azione del potere nella prospettiva dell’emancipazione politica e dello sviluppo economico della borghesia; la c. scritta, formalizzata in un documento, adottata da un’assemblea costituente o concessa (octroyée) dal sovrano a garanzia dei rapporti con i governanti. Collegata a tale caratterizzazione ideologica è la distinzione tra c. formale o scritta, documento nel quale sono enunciati i principi e la struttura della forma di Stato; c. sostanziale, istituti, principi, norme fondamentali e condizionanti; c. materiale, sottostante struttura socio-politico-economica della società. È stato infatti rilevato che, anche quando i principi costituzionali sono redatti in un atto formale, persiste nella struttura sociale una c. materiale che rappresenta il reale assetto della società. Nell’eventuale contrasto con il diritto oggettivo, essa non sempre e necessariamente ne rappresenta una violazione o trasgressione, ma più spesso una evoluzione o trasformazione: esempi di integrazione costituzionale consuetudinaria sono nell’ordinamento italiano le crisi extraparlamentari, gli incarichi esplorativi, le questioni di fiducia. In molti Stati, al fine di attenuare e graduare i potenziali effetti di questo dinamismo sociale, la c. formale è rigida, nel senso che è necessario uno specifico procedimento per la sua revisione. Per quanto riguarda il contenuto della c., può in linea generale affermarsi che essa determina i fini, gli ideali, i valori sostenuti e promossi dalle forze politiche e sociali dominanti e condiziona tutte le possibili manifestazioni del potere (governo, amministrazione, indirizzo, equilibrio tra poteri, controllo, autonomia). È tuttavia difficile individuare in concreto una materia costituzionale, in quanto le relative valutazioni sono condizionate dalla natura politica del concetto di c. e collegate alla struttura degli ordinamenti positivi in un determinato momento storico. In modo analogo, deve rilevarsi che la funzione della c. è variabile in relazione al modello dell’ordinamento politico che essa esprime: per esempio la finalità di garanzia delle libertà del cittadino, ispiratrice del modello liberale e liberaldemocratico, è stata ridimensionata (sia pur non sempre in modo esplicito) durante le esperienze socialiste o di democrazia popolare, oltreché nei regimi totalitari.
Per quanto riguarda lo sviluppo storico delle c., quella inglese, non scritta, ha i suoi documenti fondamentali nella Magna Charta (1215), nella Petizione dei diritti (1628), nell’Habeas corpus (1679), nel Bill of rights (1689), nell’Act of Settlement (1701): una serie di atti che nel corso dei secoli hanno segnato il percorso dei diritti e delle libertà inglesi. Dalla prima metà del 18° sec. si consolidò la prassi di conferire al leader della maggioranza il ruolo di primo ministro, una volta che il sovrano ebbe preso atto della supremazia del Parlamento. La prima c. scritta di epoca moderna è quella degli Stati Uniti (1787), che affonda la sue radici nelle c. di cui si erano già dotate alcune ex colonie americane dopo la rivoluzione contro l’Inghilterra. Erano c. liberali, in cui venivano affermati i diritti naturali e inalienabili dei cittadini e si limitavano i poteri dello Stato. Le c. francesi furono di natura rivoluzionaria: quella che istituì la monarchia costituzionale, del 1791; quella repubblicana e giacobina, del 1793, mai entrata in vigore; quella più moderata del 1795. Dopo le c. napoleoniche, che sancirono il passaggio dal liberalismo al dispotismo imperiale, le c. varate tra il 1814 e il 1848 caratterizzarono l’età delle monarchie costituzionali. In Italia il costituzionalismo liberale fu inaugurato dalle c. del 1848, ma solo lo Statuto concesso da Carlo Alberto di Savoia ebbe un carattere duraturo. Dopo la Prima guerra mondiale, la fine degli imperi centrali e di quello russo, e l’ingresso di grandi masse sulla scena politica determinarono un netto cambiamento delle repubbliche parlamentari (per es., C. di Weimar del 1919; C. spagnola del 1931; C. della Russia sovietica e poi dell’Unione Sovietica, del 1918 e 1924, in seguito quella staliniana del 1936, nel quadro di uno Stato totalitario).
Si veda anche Costituzione formale - costituzione materiale