COSTO DELLA VITA (XI, p. 656)
VITA Dopo che, per il r. decr. legge 20 febbraio 1927, n. 222, l'Istituto centrale di statistica ebbe l'incarico, fino allora affidato all'Unione statistica delle città italiane, della formazione dei numeri indici del costo della vita, il calcolo di questi proseguì, fin verso il 1934, secondo le direttive e il controllo dell'Istituto senza particolari difficoltà. Queste cominciarono quando, in relazione alla politica di autarchia economica e alle conseguenti restrizioni alla importazione di materie prime e di prodotti lavorati, si rese necessario sostituire nuovi articoli di consumo a quelli che scomparivano dal mercato; tali difficoltà essendosi poi ben altrimenti aggravate per lo scoppio della guerra e per le acuite limitazioni di consumi, si credette necessario iniziare una nuova serie di numeri-indici, prendendo per base il bilancio di famiglia dell'anno 1941. Mentre era in corso il lavoro di adeguamento della nuova elaborazione alla situazione continuamente variabile degli approvvigionamenti e dei consumi, alla fine del 1943 l'attività dell'Istituto centrale di statistica fu troncata dagli eventi bellici e politici. Il difetto pratico fondamentale della nuova elaborazione si era però già mostrato in quanto, nella rilevazione dei prezzi, si persisteva - così come era avvenuto durante e subito dopo la prima Guerra mondiale - nell'ignorare l'esistenza del mercato illegale, cui la deficienza dei prodotti assegnati dalla tessera annonaria obbligava a ricorrere e i prezzi del quale non tenevano affatto conto di decreti e di calmieri e ne risultavano, com'è naturale, numeri-indici senza corrispondenza con la reale situazione. Ripreso perciò, dopo il settembre del 1944, nella rinnovata attività dell'Istituto, lo studio del problema, si vide subito la necessità di fissare criterî nuovi di rilevazione e di calcolo che tenessero conto delle effettive condizioni in materia di approvvigionamenti, di consumi e di prezzi.
Si stabilì che, nel loro complesso, i quantitativi di generi alimentari compresi nel bilancio dovessero fornire alla famiglia 2600 calorie giornaliere per unità di consumo. In modo particolare si dispose che per i generi razionati (pane, pasta, olio, zucchero), si dovesse tener distinta, secondo quote fissate dall'Istituto, la parte di cui era possibile l'acquisto ai prezzi legali da quella che poteva ottenersi soltanto sul mercato libero; il calcolo della spesa sarebbe stato effettuato mensilmente moltiplicando le quantità indicate sul bilancio per la media aritmetica ponderata dei due prezzi mensili (legale e di mercato libero) e assumendo come coefficiente di ponderazione le suddette quote percentuali. A differenza poi di quanto avveniva nel passato, nelle disposizioni per la rilevazione dei prezzi dei generi a vendita libera nei singoli comuni, non si faceva più menzione di prezzi d'obbligo o di calmiere, ma solo di prezzi effettivamente praticati nei mercati e nei negozî scelti per l'indagine periodica. Qualora fosse stato necessario procedere alla sostituzione di un prodotto o di una sua qualità o si dovessero introdurre nel calcolo nuove voci, la comparabilità nel tempo doveva esser conservata modificando, insieme col bilancio del mese in corso, quello dell'anno base. La famiglia tipo presa a base del calcolo, si immaginò formata di 3,86 unità di consumo, e precisamente: padre: 1,00; madre: 0,83; ragazzo di 10 anni: 0,83; ragazza di 7 anni: 0,70; bambino di non oltre 3 anni: 0,50.
La lista dei consumi che dovevano fornire insieme le 2600 calorie giornaliere stabilite per unità di consumo, risultò la seguente:
Anche per i generi non alimentari, specie l'abbigliamento, per le spese di riscaldamento, illuminazione e varie si fissarono particolari adattamenti alle eccezionali condizioni del dopoguerra.
Nonostante il nome sotto il quale questi numeri-indici sono ormai universalmente conosciuti, è chiaro che essi sono da considerarsi semplicemente come un modo tecnicarmente perfetto per tener dietro, con brevi notazioni quantitative, alle variazioni di prezzi di un numero abbastanza grande di beni e di servizî che si immaginano costanti, per quantità e qualità, nel corso del tempo. Tutt'altra cosa è infatti l'effettivo costo della vita, che non dipende soltanto dalle variazioni del prezzo d'acquisto di quei beni e servizî, ma anche da quelle che il restringersi o l'allargarsi dei mezzi disponibili portano nella condotta economica dei singoli, ossia nel loro tenore di vita. E appunto nel proposito di conservare a questo il più possibile, in tempi di prezzi crescenti, il livello dei tempi normali, si è fatta assumere ai numeri-indici la funzione di regolatori automatici di salarî e di stipendî, col sistema della "scala mobile".
In relazione ai diversi scopi cui deve soddisfare la preparazione dei numeri-indici, l'Istituto centrale di statistica, mentre dà mensilmente notizia delle loro variazioni per i singoli capoluoghi di provincia e per il paese nel suo complesso, calcola pure mensilmente i numeri-indici dei salarî contrattuali nell'industria e quelli delle retribuzioni al personale civile dello stato:
Dopo la seconda Guerra mondiale e la costituzione delle Nazioni Unite, il Bulletin mensuel de statistique des Nations Unies continua la pubblicazione periodica dei numeri-indici del costo della vita iniziata dall'Ufficio internazionale del lavoro, ma per un numero assai minore di paesi (14 alla fine del 1947), riportando i diversi numeri indici alla base comune 1937 = 100.
Bibl.: M. Imperatori, Calcolo dei numeri-indici del costo della vita, Roma 1947; Istituto centrale di statistica, Bollettino dei prezzi (mensile), ove sono riportati anche i numeri-indici pubblicati dal citato Bulletin mensuel de statistique des Nations Unies.