passiva, costruzione
L’espressione costruzione passiva indica un gruppo di costrutti sintattici che servono a esprimere una delle ➔ diatesi possibili in italiano, cioè la diatesi passiva. La frase nell’esempio (1) contiene un esempio di costruzione passiva:
(1) Questa mattina il conte di San Gottardo è stato ucciso dai francesi (Giovanni Verga, I Carbonari della montagna)
In (1) compaiono un ➔ sintagma nominale come agente (dai francesi) e uno come paziente (il conte di San Gottardo). Però, a differenza di quel che accade nella costruzione attiva, il paziente ora coincide con il soggetto, mentre l’agente è espresso da un sintagma preposizionale.
La diatesi passiva, in generale, codifica azioni in cui prevale la prospettiva del partecipante non dinamico, statico (tipicamente il paziente di un verbo transitivo; ➔ transitivi e intransitivi, verbi), il quale prende l’aspetto di soggetto della frase. Il verbo, dunque, raffigura lo stato dell’entità che subisce gli effetti dell’azione; l’agente, in questo caso, passa sullo sfondo (Klaiman 1991: 3) al punto da potere essere omesso (v. oltre). Dal punto di vista logico-semantico, quindi, la costruzione passiva mantiene tutti i ruoli semantici della corrispondente attiva, ma modifica la prominenza dell’uno rispetto all’altro (Blevins 20062: 236).
Nella frase passiva italiana l’agente, collocato di solito dopo il verbo, è espresso dal sintagma da (anche nelle sue varianti articolate: cfr. dai francesi in 1) + nome (o suo sostituto). L’agente può però anche essere omesso:
(2) Ebbene, Giustina, voi potete comprendermi, mio padre è stato ucciso per essere sospetto di Carboneria (Verga, I Carbonari della montagna)
Come osserva Prandi (2006: 110-111):
sopprimere l’agente di una frase passiva non è come sottintendere il soggetto di una frase attiva […]. La frase passiva Il gatto è stato ucciso assomiglia più alla frase intransitiva Il gatto è morto che alla frase attiva transitiva Giorgio ha ucciso il gatto. [Mentre] un soggetto attivo è sottinteso quando il suo referente è già identificato indipendentemente, la frase passiva senza agente si usa quando l’agente è sconosciuto […] o non si vuole specificarlo.
Tale somiglianza tra un verbo intransitivo con ausiliare essere (come morire) e una forma passiva come essere ucciso va però al di là dell’aspetto semantico e ne coinvolge anche la forma. Per es., al pari dei verbi intransitivi con ausiliare essere, i passivi tollerano facilmente il soggetto in posizione post-verbale, anche in condizioni non marcate (Sansò 2003: 103):
(3)
a. è arrivato Paolo
b. nell’abitazione sono state trovate alcune tracce di sangue
Alla luce di questa e altre analogie, i passivi e i verbi intransitivi con ausiliare essere sono parte di un’unica sottoclasse di verbi, detti inaccusativi (➔ inaccusativi, verbi).
Dal punto di vista formale, la diatesi passiva comporta una costruzione tipica, composta da una perifrasi costituita da un verbo ausiliare + participio passato (➔ ausiliari, verbi). Le forme del passivo, in italiano, sono dunque tutte composte (in questo l’italiano risulta essere nettamente diverso dal latino v. oltre) e possono essere formate per ogni modo e tempo del verbo.
La perifrasi principale per l’espressione della diatesi passiva è essere + participio passato (➔ participio). Nella costruzione passiva possono essere utilizzati con funzione di ausiliare anche i verbi venire (4) e andare (5) (➔ movimento, verbi di): «il verbo venire precisa il valore azionale rispetto alle forme con verbo essere, che possono essere interpretate come uno stato. Il verbo andare aggiunge al valore di passivo quello modale di dovere» (Andorno 2003: 87):
(4)
a. i giovedì il portone veniva chiuso alle 21 (Squartini 1999: 347)
b. E dopo molto tempo, gli venne pensato un modo da dovere potere essere con la donna in casa sua senza sospetto (Giovanni Boccaccio, Decameron, in Bertuccelli Papi 1980: 61)
(5)
a. la casa andò distrutta nel terremoto (Giacalone Ramat 2000: 147)
b. questo lavoro va finito entro domani (Sansò 2003: 13)
c. E considerando la sua vita e la sua santità, a furore di populo fu eletto vescovo di Parigi. E andatagli la elezione confirmata dal papa, costui si mostrò di non la volere (Franco Sacchetti, Trecentonovelle, in Bertuccelli Papi 1980: 61)
Con andare l’espressione dell’agente è però inaccettabile (cfr. Sansò 2003, che contiene un’analisi dettagliata delle costruzioni passive in italiano):
(6) *la casa andò distrutta dal terremoto
Mentre l’uso di venire e andare come ausiliari, benché soggetto a numerose restrizioni, resta vitale in italiano contemporaneo, l’uso, con la medesima funzione, di stare e rimanere è andato riducendosi nel corso del tempo. Secondo Bertuccelli Papi (1980: 77), in italiano antico «se le perifrasi con andare e venire si oppongono per l’orientamento della direzione – centripeta nella seconda, centrifuga nella prima –, il sintagma con rimanere cambia invece radicalmente la prospettiva focale del passivo, assumendo a punto di vista lo stato del soggetto grammaticale»:
(7) Questo esecutore se ne andò; e nel vero gli parve rimanere vituperato (Sacchetti, Trecentonovelle)
Un esempio particolarmente significativo è:
(8) Molti baroni caporali del re Manfredi rimasono presi: intra gli altri furono presi il conte e messer Piero Asini degli Uberti (Giovanni Villani, Cronica)
La costruzione stare + participio passato ha invece valore essenzialmente stativo-durativo, come mostra il fatto che ricorra di preferenza con ➔ presente e ➔ imperfetto (Bertuccelli Papi 1980: 80):
(9) Dinanzi a li occhi miei le quattro face
stavano accese, e quella che pria venne
incominciò a farsi più vivace
(Dante, Par. XXVII)
Nell’italiano d’oggi, la costruzione passiva ha una più limitata distribuzione rispetto all’attiva: i verbi zerovalenti e monovalenti (➔ verbi; ➔ argomenti), infatti, non possono essere al passivo: *è stato partito; in latino, invece, si poteva avere itur, lett. «è andato» [= «si va»]. In ➔ italiano antico, invece, la formazione del passivo a partire da intransitivi era ammessa:
(10) L’altra mattina seguente fu andato alla campana da casa Tornaquinci […] e appena che si vedesse lo lume, fu bussato (Sacchetti, Trecentonovelle, in Bertuccelli Papi 1980: 6)
L’italiano moderno (specialmente giornalistico) ha elaborato un’altra costruzione passiva, che è diventata di alto uso: l’ausiliare tipico è il verbo pronominale vedersi + participio passato:
(11) Carlo si è visto sommerso di insulti [= «è stato sommerso di insulti»]
(12) non vorrei vedermi sconfitto da uno più debole.
Accanto alla costruzione passiva appena descritta, è in uso in italiano (e, in generale, in numerose lingue indoeuropee d’Europa, con opportuni equivalenti) la costruzione detta ‘si’ passivante, nella quale l’omissione di un argomento del verbo, che, a livello logico, pare indispensabile, viene codificata analiticamente appunto mediante l’uso del si:
(13) In Africa si uccidono 360 elefanti ogni giorno e non restano che 200 oranghi nelle foreste (corpus CORIS)
Il verbo uccidere è bivalente e, quanto a griglia tematica, prevede due argomenti: un agente e un paziente. In (13), tuttavia, è formalmente espresso solo il sintagma nominale che codifica il paziente (360 elefanti), mentre non c’è menzione dell’agente, cioè dell’entità che ha dato avvio all’azione codificata dal verbo. In altre lingue un’omissione di questo tipo può essere espressa mediante specifiche terminazioni morfologiche.
La formazione del passivo ha subito, nella storia, cambiamenti di rilievo. Questi hanno finito per cancellare talune distinzioni di ordine aspettuale (➔ aspetto) connesse all’uso di diversi ausiliari. Ma il microsistema della diatesi, nel passaggio dal latino all’italiano (➔ latino e italiano), ha subito la ristrutturazione più radicale, dato che le forme sintetiche latine sono state sostituite con perifrasi (➔ perifrastiche, strutture). Come ricorda Zamboni (2000: 125):
la morfologia latina esprime normalmente una voce attiva […] e un’altra scolasticamente intesa come medio-passiva […] espressa dalla marcatura diretta del verbo (moveor «mi muovo», vehor «mi sposto con un mezzo») o dall’impiego di marche d’attacco pronominali («riflessive»): se dedĕre «consegnarsi», se vertĕre «girarsi, volgersi»
Anche queste strategie di codifica della diatesi vengono coinvolte nella globale riorganizzazione del sistema verbale nel passaggio dal latino ai primi volgari romanzi, riorganizzazione che si innesta, ovviamente, nel più ampio processo di slittamento tipologico, che porta da uno schema con testa prevalentemente a destra a uno con testa prevalentemente a sinistra. In prospettiva tipologica, quest’ultima matrice tende a favorire, nel sistema verbale, lo sviluppo di forme perifrastiche.
In questo quadro, le forme sintetiche passive del tipo del latino laudor vennero progressivamente spinte ai margini del sistema; le forme pronominali si specializzarono invece per il medio. Il passivo sviluppò un nuovo sistema di formazioni analitiche costituite dal verbo esse + participio passato. Come afferma Lee (2000: 134), «una simile perifrasi già esisteva in latino; infatti, le forme sintetiche erano impiegate solo per il passivo delle forme verbali imperfettive, mentre quelle perfettive si esprimevano con perifrasi quali cantatus est, per es., per il perfetto passivo». In forme di questo tipo, l’idea di perfettività e di passato sono espresse dal participio e non dall’ausiliare, che è in effetti al presente.
Successivamente, per l’effetto congiunto della diffusione di forme di perfetto perifrastiche con ausiliare al passato e del ridimensionamento della categoria dell’aspetto nell’economia generale del sistema, forme come cantatus est vennero reinterpretate in base al tempo dell’ausiliare, andando a colmare la lacuna lasciata dalle forme sintetiche in declino e dando il via alla formazione di passivi analitici con ausiliare flesso per il tempo (Zamboni 2000: 126):
(14) laudor «sono, vengo lodato» > Ø
laudatus est «sono stato lodato» > «sono, vengo lodato»
laudatus fui > «fui lodato, sono stato lodato».
CORIS = http://corpora.dslo.unibo.it/CORISCorpQuery.html
LIZ (1993) = Stoppelli, Pasquale & Picchi, Eugenio (a cura di), Letteratura italiana Zanichelli CD-ROM dei testi della letteratura italiana, Bologna, Zanichelli (4a ed. 2001).
Andorno, Cecilia (2003), La grammatica italiana, Milano, Mondadori.
Bertuccelli Papi, Marcella (1980), Studi sulla diatesi passiva in testi italiani antichi, Pisa, Pacini.
Blevins, James P. (20062), Passives and impersonals, in Encyclopedia of language and linguistics, editor-in-chief K. Brown, Amsterdam - London, Elsevier Science, vol. 9º, pp. 236-239.
Giacalone Ramat, Anna (2000), On some grammaticalization patterns for auxiliaries, in Historical linguistics 1995. Selected papers from the 12th international conference on historical linguistics (Manchester, August 1995), Amsterdam - Philadelphia, John Benjamins, vol. 1°, General issues and non-Germanic linguistics, edited by J.C. Smith & D. Bentley, pp. 125-154.
Klaiman, Miriam H. (1991), Grammatical voice, Cambridge, Cambridge University Press.
Lee, Charmaine (2000), Linguistica romanza, Roma, Carocci.
Prandi, Michele (2006), Le regole e le scelte. Introduzione alla grammatica italiana, Torino, UTET Università.
Sansò, Andrea (2003), Degrees of event elaboration. Passive construction in Italian and Spanish, Milano, Franco Angeli.
Squartini, Mario (1999), Voice clashing with aspect: the case of Italian passives, «Rivista di linguistica» 11, pp. 341-365.
Zamboni, Alberto (2000), Alle origini dell’italiano. Dinamiche e tipologie della transizione dal latino, Roma, Carocci.