CREDITO AGEVOLATO (App. III,1, p. 451)
Premessa. - L'incentivazione creditizia è una forma di redistribuzione dei flussi finanziari e, quindi, delle risorse reali tra i vari impieghi, con effetti di espansione e di trasferimento delle attività produttive. È appena il caso di avvertire che la crescita globale corrispondente a un dato sistema d'incentivi può manifestarsi con intensità minore di quella che si avrebbe affidando ai meccanismi naturali di mercato la regolazione dei circuiti finanziari. D'altronde tutto ciò dev'essere tollerato, se si vuole una politica rivolta a favorire investimenti razionalmente distribuiti nei vari comparti dell'apparato produttivo e localizzati, indipendentemente da ogni discriminazione, anche sul piano territoriale. Nell'ambito, poi, del sistema d'interventi destinati a promuovere moderne iniziative imprenditoriali, il credito agevolato costituisce il punto cruciale dal quale dipende lo sviluppo spazialmente e settorialmente equilibrato dell'economia del paese. Tale forma d'incentivazione, che s'inserisce nel contesto dei crediti speciali, assume particolare rilevanza, in quanto i suoi effetti si ripercuotono, oltre che sulle decisioni imprenditoriali, sul bilancio dello stato, sul funzionamento e la struttura del mercato finanziario. E ciò avviene attraverso l'intervento dei pubblici poteri, che agevolando il rapporto che s'instaura tra istituto di credito e beneficiari, assicura una sorta di prezzo politico del denaro.
In sintesi: il c. a. si estrinseca in tutte quelle operazioni assistite da particolari condizioni di favore poste in essere dallo stato per consentire che gl'investimenti non si concentrino esclusivamente nelle zone e nei settori ove, a parità di condizioni, la localizzazione degl'investimenti è economicamente più conveniente, ma si estendano anche in quelle aree e in quei campi di attività, ritenuti di pubblico interesse, ove l'incentivazione creditizia e le altre forme agevolative hanno appunto lo scopo di rendere economicamente conveniente (parziale copertura dei costi) iniziative che, diversamente, sarebbero state disertate.
Cenni storici. - La necessità di convogliare determinate risorse finanziarie a costi adeguati verso particolari settori di attività o zone territoriali si collega con i processi storico-economici connessi agli eventi e agli svolgimenti che hanno caratterizzato i vari stadi di sviluppo economico e sociale del paese. Per cogliere il fondamentale passaggio da un'azione statale di mero sostegno alle aziende di credito a un'attività volta ad assicurare alle imprese un flusso sufficiente di mezzi finanziari, occorre porre attenzione alla grande depressione del 1929-1932 la quale segnò un atteggiamento irreversibile dello stato verso una serie ininterrotta d'iniziative destinate a contribuire al superamento della crisi. In seguito, la situazione di emergenza creatasi nel secondo dopoguerra vide quello che può definirsi il preannuncio delle strutture organiche del moderno sistema bancario: lo sviluppo dell'attività degl'istituti di credito speciale, l'azione delle banche nel campo del medio e lungo termine, e, soprattutto, nel periodo più recente, la concessione di garanzie da parte del Tesoro e il contributo statale agl'interessi su operazioni effettuate a tassi differenziati a seconda dei settori produttivi, delle zone territoriali e delle categorie dei mutuatari. A quest'ultimo strumento venne dato notevole impulso a partire dagl'inizi degli anni Cinquanta, specie per le attività minori e per quelle localizzate nel Mezzogiorno a iniziativa del Mediocredito Centrale, con larga applicazione nel settore agricolo (Piano verde) e in quello del credito fondiario ed edilizio. In particolare, a favore dell'edilizia popolare, l'intervento dello stato si è manifestato, oltre che con la concessione di contributi aventi lo scopo di disancorare i saggi d'interesse dalle normali fluttuazioni di mercato, anche con agevolazioni di carattere fiscale e con la parziale garanzia statale agl'istituti di credito fondiario.
Linee concrete di attuazione. - Le condizioni di favore che vengono poste in essere per le operazioni di c. a. sono di vario tipo. Tra esse possono individuarsi: 1) una particolare dinamica del rapporto di credito: protraendo il periodo di ammortamento di un prestito, l'impresa avrà la possibilità di destinare la maggiore disponibilità di cash flow alle proprie esigenze di gestione e non già al rimborso del mutuo; 2) la minore ampiezza e onerosità delle garanzie richieste al mutuatario a copertura del suo debito nei confronti dell'istituto mutuante, giacché, in alcuni casi, interviene lo stato a coprire i rischi delle operazioni con garanzie sussidiarie. Questi presìdi possono coprire l'intera somma mutuata o soltanto la parte non coperta dalle imprese mutuatarie; 3) le particolari esenzioni fiscali relativamente agli atti, ai contratti e a tutte le formalità inerenti alla concessione e alla gestione dei c. a., alle quali si aggiungono, talvolta, esenzioni dalle imposte sugli affari e dalle imposte dirette sui redditi derivanti dall'esercizio del credito; 4) il contributo agl'interessi, il quale può essere concesso dallo stato in diverse forme tecniche. Tra le più frequenti giova ricordare: a) il contributo variabile. Si determina, in via legislativa o amministrativa, il tasso d'interesse che gl'istituti di credito speciale dovranno praticare, mentre lo stato s'impegna a versare agl'istituti stessi un contributo calcolato in modo tale che l'ente mutuante percepisca un interesse complessivo pari a quello di mercato. Tale forma di contributo offre un grosso vantaggio all'imprenditore, nel senso che quest'ultimo può conoscere preventivamente l'onere finanziario relativo a un certo investimento, mentre lo stato si accolla il rischio di un'eventuale oscillazione del costo del denaro sul mercato; b) contributo fisso. In questo caso, il soggetto economico è tenuto a pagare all'istituto mutuante il tasso d'interesse di mercato previsto per le operazioni effettuate, mentre lo stato gli verserà un contributo in misura prestabilita. Risulta chiaro che, in tale ipotesi, sarà l'impresa beneficiaria che si accollerà il rischio di un'eventuale variazione del costo del denaro; c) tasso determinato legislativamente in misura ovviamente inferiore a quella normale, da praticare senza alcuna erogazione di contributo; 5) contributo a fondo perduto.
Situazione attuale ed esigenze di revisione e razionalizzazione. - In un'ampia visione di politica economica, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, emerge l'opportunità di un adeguamento del contenuto e della misura delle incentivazioni. Nel formulare proposte di revisione in materia vanno sottolineate le distorsioni provocate dalla sua ampia diffusione e generalizzazione. Gl'incentivi debbono avere una portata limitata nel tempo, nello spazio e per determinati settori di attività. Il problema, quindi, si riduce a una scelta oculata dei settori d'investimento e alla creazione d'imprese economicamente sane, in grado di superare il temporaneo svantaggio di una localizzazione, all'inizio, sfavorevole. Pertanto la questione della validità degl'incentivi risponde a una scelta politica di fondo.
Quando, nel 1950, si è iniziata una politica di sviluppo economico e di valorizzazione del Mezzogiorno la logica della localizzazione degl'investimenti in quelle regioni imponeva l'introduzione di un'ampia gamma d'incentivi. Ma, in seguito, a tali incentivi si sono aggiunte, via via, altre forme di agevolazione a favore di tutte le imprese minori - indipendentemente dalla loro dislocazione territoriale - dell'agricoltura, del commercio, dell'esportazione, della ricerca scientifica, del sostegno delle imprese in crisi, ecc. Nello stesso Mezzogiorno si è dapprima seguita una politica rivolta al sostegno delle piccole e medie imprese; successivamente, partendo dal presupposto che i grandi complessi hanno maggiori effetti moltiplicativi, le incentivazioni sono state dilatate senza più distinguere tra organismi produttivi di grandi e piccole dimensioni. Tali circostanze pongono in modo perentorio la necessità di procedere a una ristrutturazione del sistema vigente. E ciò anche in considerazione del fatto che nel paese, e soprattutto in taluni suoi territori, si presenta ancora carente quell'insieme di economie esterne indispensabili per consentire alle imprese di operare e progredire. Le forme d'incentivazione, quindi, lungi dall'essere soppresse, vanno mantenute, anche se radicalmente riordinate e razionalizzate, in modo da incidere sul sistema delle convenienze private, sul livello degl'investimenti e sulla loro ripartizione territoriale e settoriale.
Alla luce di questi rilievi critici, è necessario che gl'incentivi:
a) siano congegnati in modo da "assistere" le nuove iniziative sia nella fase di realizzazione che in quella successiva, così da facilitare la gestione dell'impresa e agevolare il soddisfacimento dei fabbisogni di credito di esercizio, specie delle piccole e medie aziende;
b) siano maggiormente articolati nella loro differenziazione territoriale, dimensionale e settoriale;
c) favoriscano la localizzazione di quel sistema di piccole e medie unità produttive di seconda trasformazione industriale, che sono fonte di una maggiore richiesta di lavoro.
Il problema della ristrutturazione del meccanismo degl'incentivi richiama il ruolo dei c. a. che, fatta salva la loro indiscussa validità ed efficacia in una politica di sviluppo, non devono subire un'indiscriminata dilatazione con effetti talvolta improduttivi sull'efficienza dell'impresa e sulla formazione di un sano gusto del rischio. In particolare, giova osservare che, attualmente, i finanziamenti a tasso speciale rappresentano un'agevolazione essenzialmente a favore dell'intensità di capitale, che non è accompagnata da corrispondente capitale di esercizio, determinando, per tal modo, decisioni d'investimenti nel Mezzogiorno di dimensioni non razionali e non rispondenti alla massimizzazione delle economie di scala. In conclusione, è ormai matura la convinzione, a livello politico e operativo, che, di fronte a una così ampia estensione del sistema degl'incentivi in genere, si debba far luogo a un'accurata revisione nel quadro generale della programmazione e della politica meridionalistica, per eliminare qualunque fascia artificiosa della nostra economia nel momento in cui essa è così fortemente impegnata nella competizione internazionale.
Bibl.: Banca d'Italia, Relazioni annuali, anni vari; O. Fantini, Teoria e problemi della politica economica, Padova 1962; E. Staley, Les programmes de développement des "micro-industries", in Méthodes de développement industriel et leur application aux pays en voie de développement, OCDE Parigi 1962; A. Confalonieri, Credito ordinario e "medio termine": considerazioni sull'esperienza italiana, in Bancaria, luglio 1965; G. Dell'Amore, L'economia delle aziende di credito, vol. I, I prestiti bancari, Milano 1965, vol. II, I sistemi bancari, ivi 1969; F. Parrillo, Sviluppo economico e programmazione in Italia, ivi 1966; R. Ricci, Il finanziamento delle piccole e medie aziende, Pisa 1967; D. Serrani, Problemi attuali del credito speciale in Italia; il governo del credito agevolato, in Bollettino dell'economia pubblica, nov.-dic. 1967; G. Marchesini, L'intervento dello Stato e degli Istituti speciali nel finanziamento delle imprese, in Credito Popolare, sett.-ott. 1968; id., I crediti speciali. Problemi di sviluppo e di evoluzione, Roma 1969; F. Parrillo, La banca nella realtà e nelle prospettive dell'economia italiana, in Credito Popolare, nn. 1-2, 1969; id., Lo sviluppo economico italiano, Milano 1970; id., Finanziamento delle piccole e medie imprese, in Credito Popolare, nn. 3-4, 1971; id., Il sistema dei crediti speciali, Roma 1974; id., La funzione dei sistemi creditizi nella economia moderna, ivi 1975; id., Politica creditizia e stabilizzazione economica, in Scritti in onore di Ugo Caprara, Milano 1975.
Legislazione. - La legislazione relativa al c. a. per il settore industriale viene comunemente ripartita facendo riferimento ai destinatari delle agevolazioni, nonché alle caratteristiche delle iniziative economiche.
Media e piccola industria. - La l. fondamentale in materia è quella 30 luglio 1959, n. 623 che prevede un contributo sugl'interessi dei mutui accordati da istituti di credito. Il contributo è concesso con decreto del ministro dell'Industria, su proposta di un comitato interministeriale.
In sede di attuazione con delibera del CIPE, è stata prevista una gradualità nell'entità delle agevolazioni, crescente dal Nord al Mezzogiorno, con riferimento alla dimensione massima delle imprese e degl'investimenti ammessi a finanziamento agevolato, all'entità del tasso d'interesse e alla percentuale del costo degl'investimenti ammissibile a finanziamento agevolato. Dal 1959 all'8 novembre 1976, a valere sulla legge 623 sono state approvate 50.478 domande circa, per un totale di 7434 miliardi di finanziamento, con un impegno di contributi pari a 2336 miliardi.
Con l. 8 maggio 1976, n. 183 e con successivo decreto delegato 8 nov. 1976, n. 902, la normativa sul credito agevolato alle piccole e medie imprese è stata riordinata e unificata stabilendo una gradualità d'incentivazione relativa alle varie zone del territorio nazionale, attribuendo le competenze per le iniziative del Centro-Nord al ministero dell'Industria e per quelle del Mezzogiorno al sistema (Ministero e Cassa) dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno, determinando per legge l'entità dei contributi sugl'interessi e della quota degl'investimenti ammessa a finanziamento agevolato.
Mezzogiorno. - Fino al 1962 il c. a. nel Mezzogiorno rimane regolato e limitato dalle norme previste per la piccola e media industria.
Con l. 27 sett. 1962, n. 1462 e la successiva l. 26 giugno 1965, n. 717, viene estesa la concessione del c. a. alle iniziative di grandi dimensioni. I contributi sugl'interessi sono concessi a carico dei fondi per la Cassa per il Mezzogiorno. Accanto a questi incentivi, con l. 29 luglio 1957, n. 634, era stata introdotta la possibilità per la Cassa del Mezzogiorno di concedere contributi a fondo perduto in relazione agl'investimenti realizzati dalle imprese industriali nel Mezzogiorno.
Al 31 dicembre 1975 a valere sulle leggi sopra indicate sono stati deliberati 7889 interventi per un totale di 6091 miliardi, con un impegno per contributi sugl'interessi di 2930 miliardi. La materia del c. a nel Mezzogiorno è stata riordinata con l. 6 ott. 1971, n. 853 e infine con la richiamata l. n. 183 del 1976, la quale esclude dal finanziamento a tasso agevolato le iniziative con investimenti fissi superiori a 15 miliardi di lire.
Ristrutturazione e riconversione industriale. - Successivamente alle disposizioni relative alla ricostruzione delle imprese danneggiate dagli eventi bellici, la l. 18 dic. 1961, n. 1470, più volte rifinanziata, consentì la concessione di c. a tasso agevolato per le imprese industriali impegnate in programmi di riconversione resi necessari "dalle nuove condizioni di concorrenza internazionale". I mezzi finanziari sono posti direttamente a carico dello stato che li amministra attraverso l'IMI e un comitato interministeriale costituito presso il ministero dell'Industria.
Una nuova normativa è stata prevista nel Titolo 1° della l. 22 marzo 1971, n. 184, la quale attribuisce a patrimonio dell'IMI 40 miliardi di lire perché l'istituto compia operazioni di finanziamento a favore di imprese industriali per l'organizzazione di programmi di ristrutturazione e riconversione. La l. 184 doveva sostituire il meccanismo previsto dalla l. 1470 che, invece, è stata richiamata in vigore con la l. 18 maggio 1973, n. 274. A valere sui fondi stanziati sulla l. n. 1470 e successive modificazioni e integrazioni al 31 dicembre 1976 sono state finanziate 1465 operazioni per un totale di 213 miliardi.
Con la l. 1° dic. 1971, n. 1101 sono previsti finanziamenti a tasso agevolato per le imprese tessili impegnate in programmi di riorganizzazione e ristrutturazione o, limitatamente alle aree delimitate dal CIPE, di riconversione. Al 31 dicembre 1976 sono stati approvati 596 programmi di riorganizzazione, riconversione e ristrutturazione, per un totale di 229 miliardi di finanziamento agevolato.
Con la l. 8 ag. 1972, n. 464 (art. 9), le disposizioni previste dalla l. n. 1101 sono state estese a tutte le imprese che, trovandosi impegnate nella realizzazione di progetti di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione, possano far ammettere il personale al trattamento speciale d'integrazione salariale previsto dalla l. 5 nov. 1968, n. 1115. Al 31 dicembre 1976 sono stati approvati 277 piani di riconversione e di ristrutturazione, per un totale di 1237 miliardi di finanziamento.
Ricerca applicata. - Agevolazioni specifiche per la realizzazione di progetti di ricerca applicata sono state introdotte con l'art. 4 della l. 25 ott. 1968, n. 1089. Attraverso la creazione di un Fondo di dotazione alimentato da versamenti del Tesoro, l'IMI è autorizzato a concedere mutui a tasso d'interesse agevolato, ad assumere partecipazioni in iniziative di ricerca e a concedere contributi a fondo perduto. Le disponibilità del Fondo speciale, con la l. 14 ott. 1974, n. 652, hanno raggiunto i 250 miliardi di lire. Le domande approvate dal CIPE a tutto il 31 marzo 1977 sono 393 per un intervento a carico del Fondo di 230 miliardi di lire.
Con il disegno di legge recante "Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore" viene completato il rinnovamento avviato con la l. n. 183. Vengono abrogate le disposizioni vigenti a favore delle iniziative di ristrutturazione e riconversione e viene costituito presso il ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato un "Fondo per la ristrutturazione e riconversione industriale" con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio. Detto Fondo può concedere agevolazioni sotto forma di mutui a tasso agevolato e di contributi sugl'interessi di finanziamento o di obbligazioni a favore di iniziative conformi a programmi finalizzati di settore, approvati dal Comitato Interministeriale per la Politica Industriale (CIPI).
Questo collegamento tra programmazione di settore e concessione delle agevolazioni costituisce la più rilevante innovazione alle discipline del c. a.; con lo stesso d.d.l. viene inoltre incrementato di 600 miliardi il Fondo speciale IMI per la ricerca applicata, e viene aumentata l'entità dei contributi a fondo perduto a favore dei progetti di ricerca che "presentino particolare rilevanza tecnologica ed elevato rischio".