criminalità organizzata
Una minaccia per la democrazia e per la vita dei cittadini
La criminalità organizzata rappresenta oggi, in moltissimi paesi, una delle principali minacce alla sicurezza dei cittadini e alla sopravvivenza della stessa democrazia. La presenza nella società di gruppi criminali organizzati ha conseguenze quanto mai gravi sulla vita quotidiana, sui rapporti sociali e sull'economia. Gli appartenenti al crimine organizzato usano la violenza per estorcere denaro ai commercianti e agli imprenditori; sono in grado di corrompere o ricattare uomini politici e dipendenti della pubblica amministrazione; possono falsare le elezioni costringendo i cittadini a votare i propri candidati. Allo stesso tempo, la criminalità organizzata opera anche a livello internazionale, gestendo i grandi traffici illegali di droga, armi, esseri umani
A differenza dei criminali comuni, individui che commettono reati per interesse strettamente personale, gli appartenenti al crimine organizzato si danno finalità di gruppo. In quanto membri di un'organizzazione, essi sono disposti ad accettare regole anche severe di comportamento e limitazioni alla loro libertà di azione. In cambio ottengono un potere che da soli non potrebbero mai raggiungere. Quanto più noto e temuto è il clan di cui fanno parte, tanto maggiore sarà la loro capacità di incutere paura agli altri.
Le grandi mafie ‒ come Cosa nostra in Sicilia e in America, la 'Ndrangheta in Calabria, ma anche come lo Yakuza giapponese e le Triadi cinesi ‒ hanno impiegato decenni per costruire questa loro fama. Il fatto che tutte prevedano un rito di iniziazione per entrare a far parte dell'organizzazione serve ancora oggi ad alimentare nei nuovi affiliati l'idea di far parte di un'élite dotata di un codice d'onore criminale. E così vantare antiche origini di società segrete che combattevano in difesa dei poveri e degli indifesi contribuisce ad alimentare la leggenda della loro invincibilità. In molti casi i membri delle organizzazioni si presentano persino come nuovi Robin Hood, hanno le loro leggende e persino le loro canzoni. Per imporre la loro legge sono pronti a taglieggiare, terrorizzare e uccidere chiunque si opponga, con la finalità primaria di arricchire sé stessi e quanti sono a loro legati.
Questo genere di organizzazione sopravvive anche grazie alle relazioni che allaccia con il mondo esterno. Ha infatti bisogno di poter contare su vaste e articolate reti di supporto, vale a dire di parenti o conoscenti presso i quali nascondersi quando si è ricercati dalla polizia; di avvocati difensori nei processi; di funzionari di banca e di commercialisti in grado di investire i soldi raccolti con le attività illegali. I capi sono i boss in grado di vantare amici importanti e corruttibili nel mondo della politica, della pubblica amministrazione e della stessa magistratura. Conoscere uomini politici può servire, infatti, a ottenere leggi meno severe nei confronti del crimine organizzato o a ottenere protezione in caso di indagini delle forze di polizia e della magistratura. Controllare uomini che lavorano all'interno della pubblica amministrazione permette al boss di aggiudicarsi con facilità le gare degli appalti pubblici con le quali si assegnano i lavori per la comunità (per esempio, la costruzione e la manutenzione delle strade, la raccolta dei rifiuti).
Nel campo degli affari e dell'economia l'attività dei criminali-imprenditori ha come unico scopo quello di realizzare profitti al minimo costo, con conseguenze spesso tragiche. Le attività economiche, commerciali o industriali che dirigono di persona servono loro in molti casi soprattutto come copertura. I boss che intraprendono un'attività imprenditoriale o commerciale non lo fanno per guadagnarsi da vivere, ma per avere un mezzo apparentemente legale per mascherare i proventi che loro derivano da traffici sporchi come quelli della droga o delle armi. L'attività legale diventa quindi il modo per depositare il denaro nelle banche senza destare sospetti (si parla, in questo caso, di riciclaggio di denaro sporco).
L'indagine storica dimostra che le grandi organizzazioni criminali seguono tutte un analogo percorso, distinguibile in due fasi. I clan devono potersi radicare in un territorio dove usare la violenza per estorcere denaro alla gente comune. Quando hanno accumulato abbastanza ricchezze, cominciano a servirsene per comprare merci illegali ‒ sigarette, droghe, armi ‒ dalla cui vendita possono ricavare maggiori profitti. Soltanto dopo aver raggiunto una forza sufficiente i clan passano alla seconda fase: cominciano a insediarsi in posti nuovi, alla ricerca di nuovi territori da colonizzare. Questo spiega come sia possibile che gruppi del crimine organizzato sorti in Sicilia o in Calabria o in Campania siano arrivati a creare nuovi insediamenti nell'Italia del nord. O come sia possibile che la mafia russa sia diventata una delle organizzazioni più pericolose negli Stati Uniti d'America.
Oggi esiste una rete vastissima di gruppi criminali sparsi per il mondo. Le indagini più recenti svolte in Europa hanno rivelato, per esempio, la presenza di clan originari del Belgio, della Gran Bretagna, dell'Olanda, della Danimarca e dell'Italia. Ma anche di gruppi provenienti dall'Albania, dalla Cina, dalla Colombia, dal Marocco, dalla Nigeria, dalla Russia e dalla Turchia. I reati più frequenti riguardano: il traffico di droga, le migrazioni illegali, il traffico di esseri umani (per esempio legato alla prostituzione), l'estorsione, il riciclaggio di denaro sporco, le truffe e le contraffazioni di prodotti di marche famose, il traffico di auto rubate.
Quel che non è facile spiegare è perché la criminalità organizzata prosperi soltanto in alcuni paesi, anche se poi tende a creare insediamenti anche in altri. A lungo si è ritenuto che il motivo fondamentale fosse il sottosviluppo. Secondo questa interpretazione, la mafia sarebbe stata una conseguenza della povertà. Il progresso e lo sviluppo industriale avrebbero perciò contribuito a risolvere il problema. Questa spiegazione si è rivelata erronea: i clan dimostrano una straordinaria capacità di adattamento a diverse condizioni sociali ed economiche.
Negli Stati Uniti d'America, in particolare, molti studiosi sostengono che il comportamento criminale sia tipico soprattutto di una parte degli immigrati. Chi arriva da un paese straniero, con grossi problemi economici e di inserimento nella nuova società, può trovare nel crimine organizzato un ottimo strumento per fare una rapida carriera e per accumulare denaro. Secondo questa ricostruzione il problema criminale sarebbe tipico soprattutto della prima generazione degli immigrati italiani, irlandesi, ispanici, e così via, laddove i figli e i nipoti di questi primi immigrati, nati già in America, avrebbero meno difficoltà ad adattarsi e riuscirebbero quindi a inserirsi più facilmente nel mondo del lavoro e a farsi accettare altrettanto facilmente dalla società. Ma questa interpretazione non appare del tutto attendibile.
Le cause sono, in realtà, molto più complesse. La criminalità organizzata nasce all'interno di Stati che hanno registrato grosse difficoltà nel processo di unificazione nazionale. Il governo centrale, in questi casi, si è dimostrato incapace di reprimere tutti i poteri locali, soprattutto alla periferia del paese, consentendo loro di mantenere anche un'elevata capacità di utilizzare la violenza a uso privato. In tal senso, si può dire che lo Stato abbia una responsabilità storica nella nascita di questi gruppi criminali.
Talvolta anche la guerra ha favorito lo sviluppo di gruppi criminali organizzati. Intanto perché in tempo di guerra si sviluppa quello che viene definito mercato nero: persino il cibo e le merci più comuni scompaiono dai negozi, diventano rari, e vengono raccolti e venduti appunto dai criminali a prezzi straordinariamente alti. Ma capita anche che i criminali, in guerra, arrivino ad assumere un ruolo politico quando crolla il vecchio governo. Il caso più noto ha avuto luogo nella Seconda guerra mondiale: nel 1943 le truppe inglesi e americane che sbarcarono in Sicilia ricorsero all'aiuto dei mafiosi per controllare il territorio e garantire la sicurezza dei propri soldati. Caduto il vecchio governo, e in attesa del nuovo, i mafiosi si trovarono ad avere un simile potere. Negli stessi anni anche in Giappone le truppe americane affidarono alla criminalità organizzata locale, Yakuza, la gestione del mercato nero e il controllo del territorio.
Nel 1989 il crollo del regime comunista in Unione Sovietica ha provocato una crescita senza precedenti delle organizzazioni criminali in quello che ai tempi della cosiddetta Guerra fredda veniva definito il blocco orientale (per distinguerlo dal blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti). In Russia esistevano già prima di allora due strutture criminali. La prima era la mafia sovietica, composta da esponenti del partito comunista al potere che, soprattutto a partire dagli anni Sessanta del Novecento, si era arricchita grazie alla corruzione politica e all'organizzazione di un florido mercato nero. La seconda era rappresentata da quelli che, fin dalla fine dell'Ottocento, si definivano 'ladri nella legge': gruppi di banditi organizzati con un proprio codice di comportamento, un proprio linguaggio segreto, e 'tribunali' interni che dovevano giudicare i casi in cui qualcuno degli associati non avesse rispettato le regole.
Il crollo del vecchio sistema politico e la necessità di passare rapidamente da un'economia gestita direttamente dallo Stato a un'economia di mercato ha facilitato un'alleanza tra questi due tipi di criminali. Soltanto essi, infatti, avevano il denaro e le armi necessari a realizzare in tempi brevi la privatizzazione forzata di tutte le risorse di uno dei paesi più vasti al mondo: dalle banche alle industrie, dalle miniere all'immenso patrimonio di palazzi e appartamenti.
Attualmente il traffico di droga è l'attività dalla quale le grandi organizzazioni criminali traggono i maggiori guadagni. Ciò deriva essenzialmente da due fattori. L'uno è che le droghe continuano a essere, purtroppo, un bene di consumo molto diffuso, e non soltanto tra i ragazzi. La domanda, in altri termini, tende a non conoscere riduzioni. L'altro è la differenza di prezzo all'origine e al punto di vendita: i contadini che coltivano le foglie di coca o i papaveri da oppio sono pagati pochissimo, mentre cocaina ed eroina vengono vendute sul mercato, soprattutto occidentale, a prezzi elevatissimi. È stato calcolato che, in alcuni periodi, il commercio di droga riesce a generare profitti che vanno dal cento al trecento per cento.
Le aree di maggiore produzione sono l'America latina (Colombia, Perù, Bolivia) per quanto riguarda la cocaina, e i cosiddetti Triangolo d'oro (Thailandia, Birmania e Laos) e Mezzaluna d'oro (Afghanistan, Pakistan e Iran) per l'eroina. Le organizzazioni criminali si devono occupare delle differenti fasi della produzione e dello smercio: la raccolta del prodotto di base, il processo di raffinazione, il trasporto nei diversi continenti, la vendita all'ingrosso e al dettaglio, il riciclaggio del denaro ottenuto e il suo investimento nei mercati finanziari. Come si vede si tratta di molte e diverse attività che richiedono altrettante competenze. Questo spiega perché nella stessa organizzazione criminale possano tranquillamente convivere killer spietati ed esperti di finanza: gli uni hanno bisogno degli altri.
L'Italia è, tra i paesi europei, quello maggiormente afflitto dal problema della criminalità organizzata. Vi si contano, infatti, almeno quattro grandi organizzazioni: Cosa nostra siciliana, la Camorra napoletana, la 'Ndrangheta calabrese e la Sacra corona unita pugliese. Anche se negli ultimi anni la 'Ndrangheta calabrese si è dimostrata più attiva e più pericolosa nel campo degli affari, la mafia siciliana è quella che può vantare un maggior radicamento storico. Il suo sviluppo, che ha radici secolari, ha drammaticamente condizionato la vita politica e sociale della Sicilia negli ultimi decenni, e la sua capacità di creare relazioni con esponenti del mondo economico e politico nazionale le ha permesso di vivere a lungo sostanzialmente indisturbata. Questo clima di connivenza tra mafiosi e parti significative del sistema politico e sociale ha contribuito a lasciare spesso in condizioni di drammatico isolamento quanti, tra i rappresentanti delle istituzioni, erano determinati a combattere il crimine organizzato. A Cosa nostra sono legati molti dei delitti 'eccellenti' di esponenti delle forze di polizia, di magistrati, di uomini politici, di giornalisti che non hanno accettato di scendere a patti con la mafia. L'elenco delle vittime è lunghissimo e non si può che ricordarne una minima parte. In poco più di un anno, tra il 1982 e il 1983, vennero uccisi a Palermo il segretario regionale del partito comunista Pio La Torre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e il giudice Rocco Chinnici. Nel 1985 fu la volta di Beppe Montana e Ninni Cassarà, entrambi appartenenti alla squadra mobile di Palermo.
Ma è stato il 1992 l'anno a segnare il culmine della strategia delle stragi di Cosa nostra. In una sorta di resa dei conti, furono uccisi Salvo Lima, uomo politico democristiano, e Ignazio Salvo, potentissimo notabile siciliano, accusati ‒ secondo le testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia ‒ di non aver saputo adeguatamente difendere gli interessi dei mafiosi.
Il 23 maggio, sull'autostrada che dall'aeroporto conduce a Palermo, una bomba provocò la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre uomini della scorta. Meno di due mesi dopo, il 19 luglio, un'altra bomba uccise il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta.
La forza di queste organizzazioni criminali è stata accresciuta dalla loro capacità di alimentare il proprio stesso mito. Se si guarda in particolare all'esperienza delle mafie siciliana e italo-americana ‒ ma una storia analoga si potrebbe raccontare per le mafie orientali, cinese e giapponese, e oggi sempre di più per quelle ispaniche ‒ ci si accorgerà che esse hanno saputo costruire con molta abilità la propria immagine.
Alcuni settori della letteratura e del cinema hanno contribuito ad alimentare lo stereotipo del mafioso dotato del senso dell'onore e dell'amicizia, e persino animato da un sincero sentimento religioso. La realtà dei loro comportamenti non ha nulla a che vedere con questo modello. Il mafioso uccide a tradimento l'amico, il figlio, il fratello, se questo serve al clan e se il boss glielo ordina. Il mafioso amministra la giustizia a proprio esclusivo beneficio e secondo i propri personali interessi e distorti criteri. Il mafioso strumentalizza l'immagine della propria devozione religiosa perché ritiene che essa sia un mezzo per godere della stima della gente.
Il crimine organizzato si è diffuso nel mondo per il fatto che riesce ad agire al tempo stesso sia a livello locale sia a livello internazionale, controllando con la violenza zone di territorio e ricorrendo a traffici illegali. Negli ultimi anni le organizzazioni più efficienti hanno saputo trasformarsi sempre di più in vere e proprie agenzie erogatrici di servizi illeciti. Una volta creata una struttura in grado di smerciare droga, riesce facile sfruttarla anche per trasportare i nuovi schiavi, armi o rifiuti tossici. Esse si sviluppano ovunque si creino spazi per questi servizi. Il crimine organizzato viene alimentato da tutti coloro che, per esempio, comprano sigarette di contrabbando o prodotti contraffatti.
La lotta alla criminalità organizzata ha come principali presupposti due differenti tipi di azione: dal basso, è compito di tutti i cittadini, della società civile, isolare i criminali rifiutando qualunque tipo di collaborazione o di connivenza; dall'altro, le autorità politiche e finanziarie internazionali (Stati, Nazioni Unite, Banca mondiale, Fondo monetario internazionale) devono riuscire a elaborare strategie efficaci per contrastare un fenomeno divenuto ormai davvero globale.