crioconservazione
Tecnica di conservazione a lungo termine di qualsiasi materiale biologico (animale e vegetale), mediante temperature molto al di sotto del punto di congelamento. Il materiale viene stoccato alla temperatura dell’azoto liquido (−196°C), o dei suoi vapori (−150°C), temperatura alla quale i processi metabolici, particolarmente quelli enzimatici, si arrestano a causa della mancanza di acqua allo stato liquido. Tale tipo di conservazione permette di mantenere la vitalità del materiale biologico per un periodo potenzialmente infinito. Dopo varie esperienze di laboratorio, questa tecnica di conservazione è oggi ritenuta l’unica in grado di assicurare una reale e affidabile conservazione a lungo termine. In campo vegetale, rappresenta una valida alternativa alla conservazione del germoplasma in pieno campo, pratica che può essere soggetta a problemi di tipo fitosanitario, e necessita di grandi spazi e notevoli risorse economiche. La crioconservazione in campo animale è oggi usata per la conservazione di ovociti, seme, zigoti e cellule staminali, per permettere una maggiore resa, per ciclo, nelle tecniche di fecondazione assistita, per il mantenimento della fertilità in pazienti affetti da particolari patologie tumorali (tumore testicolare, linfoma di Hodgkin), e per altre patologie da cui può essere affetto l’uomo. Tale tecnica è usata anche per la conservazione di spermatozoi di animali di interesse veterinario, per il mantenimento di specie a rischio di estinzione, nonché per la conservazione di alcune specie microbiche (come lieviti, funghi e così via). Uno dei problemi della crioconservazione consiste nella possibile comparsa intracellulare di cristalli di ghiaccio che possono danneggiare la funzionalità e l’integrità dei vari organuli cellulari. Esistono, comunque, dei rigorosi protocolli standard che permettono di massimizzare il successo del mantenimento di strutture vitali mediante questa tecnica.
→ Biologia della conservazione; Trapianto di midollo