BELGIOIOSO TRIVULZIO, Cristina
Nacque in Milano il 28 giugno 1808 da Gerolamo Trivulzio e da Vittoria Gherardini. Il padre, che apparteneva alla famiglia del celebre maresciallo Gian Giacomo, morì mentr'ella era ancora bambina e la madre sua passò presto a nuove nozze col marchese Alessandro Visconti d'Aragona, che, coinvolto nei processi politici del '21, soffrì alcuni anni di carcere. Appena sedicenne, andò sposa al principe Emilio Barbiano di Belgioioso d'Este, bello, ricco, alquanto vanitoso, amante della musica. Le loro personalità erano troppo diverse per potersi accordare, sicché ben presto l'unione coniugale si ruppe e la giovane principessa varcò le Alpi e nel 1830 a Lugano fu tenuta d'occhio dalla polizia austriaca, che aveva posto il sequestro sui suoi beni; lasciò la Svizzera e si recò a Genova, sempre seguita dagli agenti del governo austriaco, finché fuggì a Marsiglia. Quando il Mazzini decise la spedizione in Savoia, Cristina versò per tale impresa un'ingente somma ricavata della vendita dei suoi gioielli. Il governo austriaco nel 1833 istruiva un processo contro di lei, che veniva dichiarata "indiziata di alto tradimento"; portatasi a Parigi, dovette colà guadagnarsi la vita dipingendo; ma in breve divenne il centro intorno a cui gravitavano gli esuli italiani. Il nome dei Trivulzio, così popolare in Francia per gli antichi ricordi del grande maresciallo e per quelli recenti del ministro della guerra della Repubblica italiana, aprì alla bellissima principessa le porte dei salotti più in voga di Parigi, come quelli del generale La Fayette e di madama Récamier. Ma ben presto ella stessa ne ebbe a fondare uno proprio, appena migliorate le condizioni sue economiche con aiuti che le venivano da Milano: frequentavano il suo salotto gli ingegni più chiari della metropoli, come Victor Hugo, Alfredo de Musset, lo Chopin, il Liszt, il Bellini, il Rossini, il Tommaseo, il Gioberti, il Mamiani, Federico Ozanam, l'ascetico docente della Sorbona, Giuseppe Sirtori, Enrico Heine, il Mignet, il Thierry, il Thiers, il Guizot, il Michelet, Georges Sand, Dumas padre, Michele Amari, Pellegrino Rossi. Era un vero salotto cosmopolita, ove imperava la romantica figura di Cristina Belgioioso nel fulgore della sua bellezza orientale e del suo fascino, che emana tuttora dal meraviglioso ritratto di Enrico Lehman. È di quest'epoca il suo Essai sur la formation du dogme catholique, pubblicato anonimo a Parigi nel 1842, l'Essai sur Vico e la traduzione in francese delle opere vichiane con l'intento di diffondere all'estero la conoscenza del pensiero del grande filosofo italiano. Convinta dell'importanza e della potenza della stampa, che riteneva una forza formidabile meglio atta delle congiure a preparare l'insurrezione d'Italia, fondò nel 1845 a Parigi la Gazzetta italiana, che trasformò poi nell'Ausonio, giornale in cui si combatteva arditamente l'Austria e si cercava di dimostrare l'Italia degna della libertà. Allo scoppiare della rivoluzione del 1848 la Belgioioso era a Napoli: noleggiò un piroscafo, assoldò un battaglione e partì per l'insorta Milano, ove entrò il 6 aprile a capo della sua colonna, stringendo in pugno una bandiera tricolore. Fu ricevuta con scarso entusiasmo dal Governo provvisorio ed ella se ne rammentò nei noti suoi articoli sulla Revue des Deux Mondes, dove parla con poca imparzialità dei disastri militari del 1848. Per raggiungere l'obbiettivo della fusione della Lombardia col Piemonte, la principessa aveva fondato in Milano due giornali battaglieri: Il crociato e La croce di Savoia. Infrante le concepite speranze, l'anno susseguente fu a Roma, ove, durante la difesa della Repubblica, ebbe la direzione degli ospedali militari. Caduta la Repubblica romana, la B., decise di recarsi in Oriente, e in Asia Minore, a imitazione di lady Morgan, fece acquisto d'un latifondo allo scopo di sfruttarlo; e le avventure romanzesche di quel soggiorno raccolse nel volume Asie Mineure et Syrie, pubblicato a Parigi nel 1858. Fallita anche quest'impresa, nel 1853 tornò in Francia e tre anni dopo, liberati dal sequestro i suoi beni, si restituì in patria col desiderio di un po' di quiete dopo una vita così turbinosa. Si stabilì a Locate, nel vecchio podere di casa sua, fra i contadini, ch'ella aveva difesi nell'Ausonio, raccomandando ai proprietarî di terre d'imporre ai fittabili nei contratti clausole di carattere sociale a favore dei coloni, come più tardi, nel 1869, nell'opuscolo Gli affittaiuoli della Bassa Lombardia, edito a Milano, accusava coraggiosamente i fittabili di sfruttare i lavoratori della terra.
Fu nella pace agreste di Locate che essa compose l'Histoire de la Maison de Savoie, edita poi a Parigi nel 1860. Giunta per la Lombardia l'ora della liberazione, la B. nella sua multiforme attività, nel 1860, fondò in Milano L'Italie, giornale politico sul modello dei grandi periodici francesi, che ebbe lunga e prospera vita. E la Nuova Antologia nel suo primo numero del 1866 si fregiò di un suo notevole lavoro dal titolo: "Della presente condizione delle donne e del loro avvenire". La nevrosi, che lungamente l'afflisse, e che Paolo Maspero, il medico traduttore d'Omero, cercò invano di debellare, aveva indebolito il fisico di Cristina B., la quale mancò ai vivi in Milano il 15 luglio 1871.
Questa gran dama, che avrebbe egregiamente figurato nel Rinascimento, ma che svolse l'opera sua nel turbine delle rivoluzioni moderne, è degna di ricordo per l'alto patriottismo, per le sue audacie e per i coraggiosi atteggiamenti nel campo delle riforme sociali. Senza dividere del tutto gli entusiasmi del Heine nel capitolo XXV dei Reisebilder, che la pone fra le glorie italiane, accanto a Rossini e a Raffaello, Cristina Belgioioso Trivulzio rimane pur sempre una delle più notevoli figure del Risorgimento italiano.
Bibl.: R. Barbiera, La principessa Belgioioso, Milano 1903; H. Remsen Whitehouse, Une princesse révolutionnaire, Losanna 1907.