Croazia
Un paese balcanico e mitteleuropeo
Divisa tra mondo slavo, cultura italiana e modelli germanici, la Croazia è un paese balcanico che vuole tornare a essere mitteleuropeo, come era un secolo fa. Riemersa dalla recente guerra civile con l'intenzione di entrare in Europa, e sostenuta da forti investimenti occidentali, la Croazia sta rapidamente recuperando un equilibrio sociale ed economico
La Croazia è il principale 'dirimpettaio' dell'Italia: i porti della Croazia come Split (Spalato) e Dubrovnik (Ragusa) sono raggiungibili facilmente da quelli italiani, e le regioni croate dell'Istria e della Dalmazia hanno ospitato popolazione italiana ‒ numerosa in passato, oggi scarsa.
La Croazia ha 5.790 km di coste, se si tiene conto anche delle sue 1.185 isole, ma non è uno Stato solo marittimo: già a ridosso della costa l'interno è montuoso e il clima, da mediterraneo, diventa continentale a est. Le precipitazioni sono consistenti e alimentano fiumi importanti ‒ Sava, Drava ‒ che scorrono verso il Danubio. È sulla costa, però, che si addensa buona parte della popolazione. Le città principali sono Zagabria (la capitale, con 780.000 abitanti) , importante centro industriale, e poi Spalato e Rijeka (Fiume).
Anche l'economia è legata al mare, sia per l'industria navale sia per il turismo, che trova in Croazia anche monumenti antichi e medievali, alcuni musei tra i più belli d'Europa e bellissime aree protette come quella dei Laghi di Plitvice.
Popolazione di origine iranica, i Croati si stanziarono in Dalmazia nel 7° sec. d.C. e si convertirono al cristianesimo. Dopo essere stata per quattro secoli sotto il controllo dell'Impero asburgico, nel 1918 la Croazia entrò a far parte del Regno di Iugoslavia, dove subì il predomino dei Serbi. Dopo l'invasione tedesca della Iugoslavia (1941), in Croazia si instaurò il regime fascista degli ustascia, che scatenarono feroci persecuzioni etniche e politiche. Nel 1946 la Croazia aderì alla Repubblica federale socialista di Iugoslavia, guidata dal croato Tito.
In seguito alla crisi del regime iugoslavo, la Croazia proclamò nel 1991 la propria indipendenza sotto la guida del nazionalista F. Tudjman. Ma la minoranza serba si oppose alla secessione e ricevette l'appoggio dell'esercito iugoslavo, che occupò un terzo del territorio croato, dove fu proclamata la Repubblica serba di Krajina. La popolazione croata della zona, sottoposta a violente persecuzioni, fu costretta a fuggire. Nel 1992 ‒ mentre la Croazia veniva riconosciuta dall'Unione Europea e ammessa all'ONU ‒ le ostilità furono interrotte e l'ONU inviò un contingente militare. Ma la Croazia continuò a reclamare la sovranità sulla Slavonia e sulla Krajina e nel 1995 lanciò un'offensiva che portò alla loro riconquista: questa volta furono i Serbi a dover fuggire e a subire violente persecuzioni. Se a partire dal 1996 i rapporti con le repubbliche vicine si fecero più distesi, la situazione interna ‒ caratterizzata da un sempre maggiore autoritarismo e da una grave crisi economica ‒ continuò a peggiorare.
Con la scomparsa di Tudjman (1999) si aprì un periodo di maggiore moderazione, durante il quale le opposizioni si rafforzarono sino a far prevalere il loro candidato ‒ S. Mesic ‒ nelle elezioni presidenziali del 2000. Il nuovo presidente stabilì rapporti più collaborativi con il Tribunale internazionale dell'Aia incaricato di indagare sui crimini di guerra commessi nella ex Iugoslavia.