Vedi Croazia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Croazia, situata nei Balcani occidentali, è uno stato formatosi nel 1991, anno in cui dichiarò la propria indipendenza dall’allora Iugoslavia. Tale evento è stato tra i fattori scatenanti dei conflitti che sono scoppiati all’inizio degli anni Novanta nella regione balcanica. Come la Bosnia-Erzegovina, infatti, seppure in misura minore, la Croazia ha subito l’invasione delle forze serbe sul proprio territorio, nel corso di quella che per i Croati è stata la Guerra d’indipendenza. Il conflitto si protrasse fino agli Accordi di Dayton del 1995, ma la definizione del territorio della Croazia si concluse solo nel 1998, allorché tornò sotto l’autorità del paese l’ultima enclave serba, la Slavonia, sotto il controllo delle Nazioni Unite dal 1996. I rapporti con la Serbia e con la vicina Bosnia-Erzegovina (regione nella quale risiede una vasta comunità serba accanto a quelle croata e musulmana), sono migliorati, così come quelli con la Slovenia, con la quale fino al 2010 ci sono state delle controversie territoriali per l’accesso alle acque internazionali. Una delle particolarità geopolitiche della Croazia, rispetto agli altri stati della regione, è di essere il paese con il maggior numero di chilometri di costa sul Mare Adriatico. Tale dato influisce sulla struttura economica e politica della Croazia e la rende unica nell’area balcanica.
La priorità del governo croato nell’ultimo decennio è stata quella di creare le condizioni per l’accesso del paese all’Unione Europea (Eu): al fine di diventare stato membro dell’Unione, Zagabria ha infatti attuato profonde riforme sul piano economico, sociale e politico, contribuendo anche alla stabilizzazione del paese. Gli sforzi croati sono stati riconosciuti dall’Eu, con la quale nel dicembre 2011 sono stati firmati i trattati di accesso: dal 1° luglio 2013 la Croazia sarà il ventottesimo membro dell’Unione.
Intanto, dal 2009 la Croazia è entrata nella Nato, stabilizzando la propria posizione internazionale sotto l’aspetto della sicurezza.
Dopo la guerra e l’esperienza di governo dell’ex presidente Franjo Tudjman, la Croazia ha emendato la Costituzione del 1990, togliendo molti poteri alla figura del presidente e trasferendoli al parlamento, che è stato reso unicamerale (precedentemente era bicamerale). Attualmente il parlamento è composto da 151 membri, eletti nel dicembre 2011 e in carica per quattro anni. La coalizione di governo è formata da quattro partiti ed è guidata dal leader del Partito socialdemocratico, Zoran Milanović. La struttura amministrativa della Croazia è molto centralizzata e sono concesse poche prerogative legislative ed esecutive alle 20 contee in cui è suddiviso il paese.
Come accaduto anche per altri paesi dell’area balcanica, la Croazia ha visto la propria popolazione diminuire dopo la guerra del 1992-95, sia come effetto delle morti subite, sia per l’emigrazione. Ancora oggi vi sono circa 60.000 croati rifugiati all’estero e le procedure per il rientro in patria sono tuttora difficili da attuare. D’altro canto, nonostante la caduta del tasso di fecondità, l’immigrazione dagli altri paesi (soprattutto da parte dei Croati bosniaci) ha garantito un sostanziale equilibrio demografico negli ultimi anni, anche se non si è più arrivati ai livelli antecedenti la guerra. All’interno della Croazia è ancora presente una minoranza di etnia serba, consistente in circa 200.000 persone, vale a dire il 4,5% della popolazione totale; prima della guerra tale cifra ammontava a circa il doppio.
Il tasso di scolarizzazione è tornato al 99%, mentre durante il periodo della guerra molti bambini non andavano a scuola. Si riscontrano ancora differenze di genere nel mondo del lavoro, soprattutto in merito alla popolazione attiva, che risulta essere molto maggiore tra gli uomini. La corruzione e la presenza della criminalità organizzata costituiscono i due principali ostacoli allo sviluppo economico del paese. Per accelerare il processo di ammissione all’Eu, dal 2005 il governo croato ha collaborato in maniera più costruttiva anche con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia, mentre la reticenza degli anni precedenti aveva rallentato il cammino croato verso l’ingresso nelle organizzazioni occidentali.
La Croazia è caduta in recessione nel 2009, con un tasso di crescita negativo di quasi il 6%, a cui è seguito l’attuale periodo di stagnazione; una decisa ripresa della crescita è prevista solo a partire dal 2014. L’economia croata risulta concentrata sul settore dei servizi, che contribuisce al pil totale per il 67%. Quella croata si può dunque definire un’economia di tipo post-industriale, anche come conseguenza della guerra, che ha gravemente danneggiato le strutture e le infrastrutture del settore secondario. Allo stesso tempo l’agricoltura rimane un settore ancora relativamente importante, costituendo il 6% del pil, valore comunque più basso di tutti gli altri attori balcanici. Vista la varietà della conformazione del territorio croato, anche il settore primario risulta essere molto diversificato, sebbene il paese sia ormai un importatore netto di prodotti agricoli e non sia autosufficiente per ciò che riguarda i prodotti alimentari. Inoltre la Croazia è povera di materie prime e risorse energetiche, il che la rende dipendente dalle importazioni per circa i due terzi dell’energia consumata. Dal 2000 l’allora governo guidato dai socialdemocratici ha messo in atto un progetto di potenziamento e costruzione di nuove infrastrutture, che ha portato il paese ad avere più di 400 km di nuove autostrade, soprattutto tra Zagabria e i centri turistici sulla costa della Dalmazia. Proprio il turismo rappresenta una delle maggiori entrate per l’economia del paese, vista l’estensione della sua costa e le numerose isole sull’Adriatico.
Grazie ai fondi dell’Eu (156 milioni nel 2012), la Croazia ha potuto effettuare investimenti per modernizzare la società e realizzare nuove infrastrutture. In particolare, sono stati potenziati i sei maggiori porti e il sistema ferroviario, arrivando a far crescere il numero di passeggeri su rotaia del 50% rispetto al periodo successivo alla guerra.
Un elemento di forza dell’economia croata è quello dell’industria navale cantieristica, settore in cui il paese è tra i primi in Europa e al mondo, anche se non può competere con i produttori asiatici come Cina e Corea del Sud. L’Unione Europea, e in particolar modo l’Italia, la Germania e la Slovenia, sono i primi partner commerciali della Croazia, insieme alla Bosnia-Erzegovina, la Russia e la Cina.
Negli anni del dopoguerra l’evoluzione più importante della Croazia dal punto di vista delle politiche di difesa e sicurezza risulta essere l’ingresso nella Nato, in seguito alla decisione del summit di Bucarest del 2008. Insieme all’Albania, nell’aprile del 2009 la Croazia è infatti diventata un membro effettivo dell’Alleanza atlantica. Ciò è stato possibile soprattutto grazie al sostegno ricevuto dagli Stati Uniti, che fin dagli anni della guerra si sono presentati come i garanti della stabilità regionale; un ruolo che, con il tempo, sembra essere passato progressivamente all’Unione Europea, da un lato, e alla stessa Nato, dall’altro. Attualmente i militari croati sono presenti all’estero, soprattutto in Afghanistan nell’ambito della missione Isaf della Nato (317 effettivi) e in Medio Oriente, nella missione delle Nazioni Unite sulle Alture del Golan (Undof, 95 effettivi). Inoltre, truppe croate sono schierate con la Nato in Kosovo (Kfor, 20 effettivi).
La stabilità del paese potrebbe beneficiare non solo dall’ingresso nella Nato e nell’Eu, ma anche dal più ampio sforzo di pacificazione, sviluppo e stabilizzazione dell’area balcanica ad opera della comunità internazionale. In quest’ottica, i negoziati dell’Eu con i paesi dell’area hanno posto le condizioni per un miglioramento dei rapporti tra paesi limitrofi e per una graduale, ancorché in taluni casi complessa, transizione democratica, di cui la Croazia sta beneficiando in modo diretto.
Nel 2001 la Croazia ha siglato l’Accordo di stabilizzazione e associazione con l’Unione Europea – che è entrato in vigore nel 2005 – e nel 2003 ha fatto richiesta formale di adesione all’organizzazione. Allo stesso tempo, nel 2004 la Slovenia è diventato il primo paese dei Balcani ad entrare nell’Eu. I rapporti tra Croazia e Slovenia sono stati particolarmente tesi dalla fine della guerra nella ex Iugoslavia, soprattutto a causa delle rivendicazioni slovene su una parte di territorio marittimo al largo del Golfo di Piran. Secondo i confini stabiliti dalla Croazia, la Slovenia non avrebbe libero accesso alle acque internazionali, dal momento che dovrebbe prima attraversare lo spazio marittimo croato. Soprattutto per questi dissidi, la Slovenia, da membro dell’Eu, ha sempre posto il veto ad una possibile adesione croata, temendo che ciò avrebbe congelato definitivamente la questione dei confini. Le relazioni tra i due paesi hanno influenzato la trattativa dell’ingresso della Croazia nell’Eu fino al 2009, quando i due primi ministri sloveno e croato, rispettivamente Borut Pahor e Jadranka Kodor, hanno accettato di giungere ad un compromesso con la negoziazione dell’Eu stessa. L’accordo è stato firmato a Stoccolma nel novembre del 2009 alla presenza del presidente di turno dell’Eu Fredrik Reinfeldt e successivamente la Slovenia, tramite un referendum popolare, ha accettato di portare la questione davanti ad un tribunale internazionale per giungere ad un compromesso. In questo modo, è stato superato l’ostacolo principale per Zagabria nell’obiettivo di aderire all’Eu.