CUBICHE
. L'aggettivo "cubica" da "cubo" significa di terzo grado, e in questo senso s'applica ad equazioni, o forme algebriche di terzo grado, rappresentanti curve, o superficie, o varietà a quante si vogliano dimensioni. Per la risoluzione dell'equazione cubica in una sola incognita, v. algebra, n. 38. Qui parleremo delle curve e delle superficie cubiche.
Cubiche piane. - Sono le curve piane algebriche del 3° ordine, cioè definite in coordinate cartesiane (o proiettive) da un'equazione di terzo grado (v. coordinate; curve).
Le forme di tali curve C3 sono state determinate da I. Newton nella sua Enumeratio linearum tertii ordinis (Londra 1706), in appendice alla quale egli ne rileva la genesis per umoras, cioè la possibilità di ridurre le cubiche piane per mezzo di proiezioni (cioè, analiticamente, per mezzo di sostituzioni lineari sulle coordinate omogenee) alle parabole campaniformi, o divergenti, le quali sono dei seguenti cinque tipi: 1. parabola campaniforme con ovale (fig. 1), di equazione (in coordinate cartesiane ortogonali)
l'ovale non ha flessi, il ramo aperto ne ha uno nel punto improprio dell'asse delle y e due proprî, simmetrici rispetto all'asse delle x:
2. parabola pura campaniforme (fig. 2), di equazione
anch'essa dotata di un flesso improprio sull'asse delle y e di due altri proprî, simmetricamente posti rispetto all'asse delle x:
3 e 4. parabola nodata cioè dotata di un nodo (fig. 3) e puntata (cioè dotata di un punto isolato; fig. 4) di equazioni
rispettivamente, la prima delle quali ha solo il flesso improprio (sull'asse delle y), mentre l'altra ha anche due flessi proprî (al solito simmetrici rispetto all'asse delle x):
5. parabola cuspidata (figura 5) di equazione
priva di flessi proprî.
I primi due tipi corrispondono a cubiche generali (cioè prive di punto doppio, ossia, a discriminante diverso da zero).
Il significato della precedente riduzione fu più tardi riconosciuto da M. Chasles, il quale mostrò che a codeste parabole si perviene, mandando all'infinito, con una conveniente proiezione, una tangente di flesso della cubica.
Nella scuola del Newton lo studio delle cubiche piane fu proseguito da C. Mac Laurin, il quale scoperse che ogni cubica priva di punti doppî ha tre flessi allineati. Ma il Mac Laurin, come già il Newton, e come per lungo tempo i geometri posteriori, si limitavano a considerare le curve nel campo reale. Invece, dopo G. Monge e J. V. Poncelet, s'introduce con J. Plücker la considerazione delle curve, come luoghi di punti reali e complessi, e si perviene a riconoscere che la cubica piana non ha già soltanto tre flessi, bensì, in generale, nove, in accordo con le formule che legano i caratteri duali delle curve algebriche (v. curve); ma di questi flessi, sei sono necessariamente immaginarî. Il numero dei flessi diminuisce se la cubica è dotata di punto doppio; un nodo assorbe sei flessi, una cuspide otto.
Allo studio sistematico delle proprietà proiettive della cubica (in particolare a quello della configurazione dei flessi) si può procedere da due diversi punti di vista.
In primo luogo si può partire dall'osservazione che, in quanto l'equazione generale di una cubica C3 (o, se si vuole, una forma cubica ternaria) ha 10 termini, a individuare una cubica occorrono, e bastano, 9 suoi punti in posizione generica. Ciò cade in difetto se i 9 punti considerati sono le intersezioni di due cubiche f = 0, ϕ = 0, giacché, in tal caso, passano per essi tutte le ∞1 cubiche del fascio λf + μϕ = 0 (paradosso di G. Cramer: v. curve). Quindi tutte le infinite cubiche, che passano per otto punti generici, passano di conseguenza per un nono punto ben determinato. Questo teorema degli otto punti dà luogo a notevoli applicazioni particolari. Si chiami tangenziale di un punto P di una cubica C3 l'ulteriore intersezione con essa della sua tangente in P: risulta dalla precedente osservazione che i tangenziali T, T′, T″ di tre punti allineati P, P′ P″, della cubica sono pur essi allineati (basta considerare, con la cubica data, la cubica spezzata nella retta PP′, contata due volte, e nella retta TT″). In particolare, l'ulteriore intersezione della cubica con la congiungente di due suoi flessi è un terzo flesso. Perciò i 9 flessi stanno a 3 a 3 sopra 12 rette, dette rette del Mac Laurin. Queste si distribuiscono in 4 triangoli, contenenti ciascuno sui proprî lati i 9 flessi.
L'altro metodo generale di studio delle cubiche è fondato sul concetto di polarità rispetto alla data cubica. Se f(x1, x2, x3) = 0 è la rispettiva equazione in coordinate omogenee (cartesiane o proiettive), l'equazione
dove fx1, fx2, fx3 denotano le tre derivate parziali della forma f, si può interpretare in due modi: se si riguardano come fisse le y1:y2:y3 e come correnti le x1:x2:x3, essa rappresenta la retta polare, (o seconda polare) del punto y1:y2:y3 rispetto alla C3 (in particolare la tangente a essa nel punto y1:y2:y3, se questo appartiene alla C3). Se invece si considerano come fisse le x1:x2:x3 e come correnti le y1:y2:y3, la (1) definisce la conica polare del punto x1:x2:x3 rispetto alla C3. Interpretando la (1) nel primo modo e immaginando prefissato un generico punto x1:x2:x3, si riconosce che per esso passano 6 tangenti alla C3, cioè questa curva è di classe 6, in accordo con le formule generali del Plücker (v. curve).
È di fondamentale importanza, in quest'ordine di idee, la considerazione della hessiana della C3, la quale si può definire sia come luogo dei punti, la cui conica polare risulta degenere, sia come luogo dei punti doppî delle coniche polari degeneri (cioè coincide con la steineriana della C3). La hessiana d'una C3 è una nuova cubica, la quale sega la data in altrettanti flessi, e si ritrova così che i flessi della C3 sono, in generale, 9. Non è qui il caso d'indugiarci sulla deduzione delle proprietà della configurazione dei flessi. Basterà aggiungere che il fascio della C3 e della sua hessiana (detto dal Cremona fascio sizigetico della C3) gode della proprietà che le sue curve hanno tutte i medesimi flessi; e con ciascuna di esse appartiene al fascio anche la rispettiva hessiana. L'equazione di tale fascio è
Poiché la classe della C3 è 6, da un suo generico punto P (oltre la tangente in P che va contata per due) si possono condurre quattro rette, che tocchino la C3 fuori di P. Orbene, il birapporto di queste quattro tangenti non varia, quando il punto P descrive la curva (teorema di G. Salmon). Questo birapporto si chiama modulo della C3. Esso dà l'invariante assoluto rispetto alle trasformazioni proiettive della C3, e anzi si dimostra che condizione necessaria e sufficiente affinché due cubiche siano proiettive (cioè trasformabili proiettivamente l'una all'altra) si è che esse abbiano il medesimo modulo, o invariante assoluto.
L'equazione di una C3 generica può sempre porsi sotto la forma
Si dimostra allora che la funzione.
si può anche esprimere razionalmente per mezzo dei coefficienti dell'equazione della C3, cioè fornisce un invariante assoluto razionale della C3 stessa. Si ha precisamente
dove S e T denotano gl'invarianti (già introdotti dall'Aronhold) di 4° e, rispettivamente, di 6° grado della forma cubica ternaria, che uguagliata a zero dà l'equazione della C3. Le condizioni S = 0 e T = o caratterizzano rispettivamente le cosiddette cubiche equianarmoniche e armoniche (in quanto tali, rispettivarnente, risultano le quaderne delle tangenti alla C3 da un suo generico punto).
Una cubica non degenere (cioè non spezzata in una retta e in una conica, o in tre rette) può avere al massimo un punto doppio. Se ne ha effettivamente uno, risulta di genere zero (v. curve) e la sua equazione è risolubile per mezzo di funzioni razionali x(t) e y(t) di un parametro (teorema di A. Clebsch). Quando invece la C3 è priva di un punto doppio ed è quindi di genere 1, viene meno siffatta possibilità, ma si riesce a rappresentarla per mezzo di funzioni ellittiche. Ove, ad es., s'introduca la p del Weierstrass, costruita con gl'invarianti g2, g3 (che, a meno di fattori numerici, non sono altro che S e T) le x = p(u), y = p′ (u) forniscono le equazioni parametriche della cubica (generale, cioè di genere 1) y2 = 4x3 −g2x − g3. (cfr. L. Bianchi, Lezioni sulla teoria delle funzioni di variabile complessa e delle funzioni ellittiche, 2 parti, 3ª ed., Bologna 1928-30, II, cap. XIII, p. 140).
Cubica gobba. - È la curva algebrica sghemba Γ3 del terzo ordine (v. curve). Si riconosce subito che essa è razionale, osservando, ad es., che ciascun piano del fascio, che ha per asse una sua corda, la sega ulteriormente in un punto (e in uno solo). La Γ3 si può definire come ulteriore intersezione di due quadriche, o superficie algebriche del 2° ordine (in particolare di due coni quadrici) aventi una generatrice comune. In coordinate cartesiane (non omogenee) si può rappresentare mediante le equazioni parametriche x = t3, y = t2, z = t, e risulta così definita come intersezione del cono y2 = xz e del cilindro z2 = y (aventi comune l'asse delle x).
La cubica gobba si può definire proiettivamente come luogo dei punti d'intersezione dei piani omologhi di tre fasci omografici, o come luogo delle intersezioni delle rette omologhe incidenti di due stelle omografiche.
Per ogni punto esterno a una cubica gobba Γ3 passa una corda e una sola, cosicché la proiezione della Γ3, da un generico punto, su di un generico piano, è una cubica piana dotata di un punto doppio e quindi di tre flessi allineati. Alle rispettive tre tangenti di flesso corrispondono nello spazio tre piani osculatori della Γ3, passanti per il centro di proiezione O, i cui punti di osculazione sono complanarí con codesto centro O. A questa proprietà fondamentale si collega l'esistenza di un sistema nullo (correlazione involutoria, in cui ogni punto appartiene al piano omologo) annesso alla Γ3. In questo sistema nullo, a ogni punto della cubica gobba corrisponde il rispettivo piano osculatore.
La cubica gobba è in ogni caso trasformata in sé stessa da ∞3 trasformazioni proiettive (gruppo continuo proiettivo ∞3 della C3).
Superficie cubica. - È il luogo dei punti dello spazio, le cui coordinate soddisfano a un'equazione algebrica di terzo grado. La sua equazione generale (o, se si vuole, la forma cubica quaternaria) contiene 20 termini, cosicché per 19 punti dello spazio, in posizione generica, passa una superficie cubica F3 e una sola. La superficie cubica generale (come ogni altra superficie generale nel suo ordine) è priva di punti doppî: l'esistenza di un tal punto richiederebbe l'annullarsi del discriminante della rispettiva equazione.
Le proprietà salienti delle superficie cubiche si riconnettono principalmente alla configurazione delle 27 rette e al cosiddetto pentaedro di J. J. Sylvester.
Su di una superficie cubica F3, priva di punti doppî, esistono 27 rette, ciascuna delle quali si appoggia ad altre 10, mentre è sghemba rispetto alle rimanenti 16, talché per ognuna di codeste 27 rette passano 5 piani tritangenti, i quali perciò, complessivamente, risultano in numero di 45. L'esistenza delle 27 rette si può collegare alla generazione proiettiva della superficie cubica, come luogo dei punti d'intersezione dei piani omologhi di tre stelle omografiche.
Per convincersi nel modo più semplice dell'esistenza delle 27 rette della superficie cubica, si consideri il cono di 4° ordine circoscritto alla superficie, che ha il vertice in un punto O di essa. Vi sono 28 piani bitangenti a questo cono, dei quali uno è il piano tangente alla F3, in O e gli altri 27 sono piani bitangenti alla F3, che la segano ciascuno secondo una retta. La sezione di codesto cono con un piano (non passante per O) è una quartica, che si dice contorno apparente della F3, veduta da O. La forma di questa quartica permette di studiare la forma della superficie cubica (Zeuthen).
Se la F3 ha un punto doppio, le sue rette si riducono a 21.
Al pentaedro del Sylvester si perviene in base al fatto che il primo membro dell'equazione di una superficie cubica in coordinate omogenee (cioè una forma cubica quaternaria) si può in generale esprimere, in un modo ben determinato, come somma dei cubi di 5 espressioni lineari
I 5 piani xi = 0 (per i = 1, 2, 3, 4) e a1x1 + a2x2 + a3x3 + a4x4 costituiscono precisamente il pentaedro (completo) che, dal suo scopritore, si dice del Sylvester.
I suoi vertici sono punti doppî per la hessiana della F3 (superficie del 4° ordine, luogo dei punti la cui quadrica polare degenera in un cono, e anche luogo dei vertici di questi coni polari). A ciascun vertice corrisponde una quadrica polare, che si spezza in due piani passanti per lo spigolo opposto del pentaedro.
Anche dal punto di vista storico meritano di essere ricordate le rappresentazioni piane della superficie cubica, cui si perviene sia utilizzando la generazione proiettiva, sia ricorrendo alla proiezione sghemba della superficie da due sue rette non incidenti (in cui a ogni generico punto P della F3, fuori di codeste due rette r, r′, si fa corrispondere l'intersezione col piano di proiezione della retta per P, che si appoggia a r, r′). Se il piano di rappresentazione si prende passante per una delle 5 rette della superficie incidenti alle due direttrici r, r′, le immagini delle sezioni piane risultano cubiche passanti per 6 punti-base. La conoscenza di questo sistema lineare di cubiche permette di determinare tutte le curve di dato ordine n, appartenenti alla F3: le loro immagini piane sono curve di un ordine m qualsiasi, che segano la generica cubica del sistema lineare in n punti, fuori dei 6 punti-base, talché se ri, (per i = 1, 2,..., 6) sono le molteplicità dei singoli punti base per la curva immagine considerata, deve sussistere la relazione
Superficie cubiche rigate. - Superficie cubiche particolari possono contenere infinite rette, cioè essere rigate. Ciò accade precisamente quando la superficie possiede una retta doppia, perché allora ogni piano passante per la retta doppia sega ulteriormente la superficie secondo un'altra retta. In generale le rette generatrici della superficie si appoggiano, oltre che alla retta (direttrice) doppia, a un'altra retta (direttrice) semplice. Se la direttrice semplice è infinitamente vicina a quella doppia, si ottiene la rigata cubica di Cayley-Steiner (v. cayley), la quale ammette un gruppo di ∞2 trasformazioni proiettive in sé stessa (S. Lie).
Varietà cubiche. - Una generalizzazione delle curve e superficie cubiche si ha nelle varietà del terzo ordine a più di due dimensioni. In particolare le varietà cubiche a tre dimensioni dello spazio a quattro, e specialmente alcuni loro casi particolari notevoli, furono oggetto di studio da parte di C. Segre e G. Castelnuovo (cfr. E. Bertini, Introduzione alla Geometria proiettiva degli iperspazi, 2ª ed., Messina, 1923; cap. 8, nn. 19-30).
Bibl.: F. Enriques-O. Chisini, Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni e delle funzioni algebriche, voll. 3, Bologna 1915-1924, I, ii, cap. II (nn. 21, 22); II, iii, cap. III; IV (nn. 33, 34), I (n. 10); III, v, cap. V (nn. 51, 52); E. Bertini, Complementi di geoemtria proiettiva, Bologna 1928; id., Introduzione cit., cap. XIII (nn. 15, 16); E. Ciani, Il metodo delle coordinate proiettive omogenee nello studio degli enti algebrici, 2ª ed., Torino 1928, capitoli VII, X. - La teoria sintetica delle cubiche gobbe è in generale esposta nei trattati di geometria proiettiva e descrittiva. Sviluppi più larghi, anche per le superficie cubiche, si trovano in T. Reye, Geometrie der Lage, in 2 voll., 4ª ediz., I, Lipsia 1898; II, Stoccarda 1907. - Per le cubiche speciali cfr. G. Loria, Curve piane speciali, I, Milano 1930, ii.