Cuore
Il cuore, organo muscolare cavo formato da diversi elementi, è il centro del sistema cardiovascolare o sistema cardiocircolatorio, del quale costituisce il motore (v. Circolatorio apparato e il capitolo Torace, Cuore). La funzione del cuore è quella di porre in movimento il sangue nel sistema vascolare e di mantenerlo in permanente circolazione, assicurando così la sua distribuzione a tutti i tessuti dell'organismo. Nell'esecuzione di tale compito, il cuore svolge un'enorme mole di lavoro che esegue incessantemente durante l'intero arco della vita dell'individuo. L'azione cardiaca consiste nella contrazione ritmica e coordinata delle pareti muscolari delle cavità atriali e ventricolari. Durante la contrazione, il sangue contenuto in queste cavità viene sospinto in modo tale che la sua progressione, condizionata da dispositivi valvolari, avvenga sempre dall'estremo arterioso a quello venoso del sistema circolatorio. Le anomalie congenite e le alterazioni acquisite che possono interessare una o più delle strutture che costituiscono l'organo determinano un insieme di patologie dette cardiopatie, per alcune delle quali è necessario l'intervento chirurgico (v. cardiochirurgia).
Evoluzione ed embriologia
di Gabriella Argentin
l. Filogenesi
Tutti gli organismi hanno necessità, per l'espletamento delle loro funzioni vitali, di un continuo scambio con l'ambiente circostante. A ogni cellula deve essere assicurato l'apporto di acqua, sostanze nutritizie e gas respiratori, nonché l'allontanamento dei prodotti potenzialmente tossici del metabolismo. Il trasporto di sostanze in entrambe le direzioni avviene negli organismi più semplici per diffusione e in tutti gli animali più complessi mediante un apparato che permette la circolazione di fluidi vettori. Nella condizione più semplice, tipica di Insetti, ragni e della maggior parte dei Molluschi, il trasporto è organizzato come un sistema aperto nel quale il liquido non scorre in vasi chiusi, ma in cavità comprese fra gli organi, venendo direttamente in contatto con le cellule dei tessuti. Il suo movimento, ridotto e irregolare, è assicurato dalle ciglia e da contrazioni della muscolatura corporea. Spesso la funzione di pompa emodinamica viene esplicata da porzioni di vasi e da lacune capaci di contrazioni ritmiche, la cui efficacia è comunque ristretta a una zona limitata. Salendo lungo la scala evolutiva si osserva il passaggio dalla circolazione aperta a quella chiusa. Quest'ultima è caratterizzata dal fatto che il liquido è confinato in un complesso di condotti ramificati, i vasi sanguigni, nei quali esso è fatto circolare da un organo complesso, il cuore. Negli organismi dotati di cuore è presente anche la separazione tra vasi che prelevano sangue dal cuore (arterie) e vasi che portano sangue a esso (vene). La circolazione chiusa è più vantaggiosa di quella aperta, in quanto la minore quantità di sangue all'interno del sistema e la sua maggiore velocità di scorrimento lungo percorsi precisi determinano scambi di materiale più rapidi e quindi livelli di attività più elevati. Poiché raramente l'evoluzione produce cambiamenti in uno solo o in pochi caratteri di un organismo, variazioni come la formazione di vasi sanguigni chiusi e l'aggiunta di pompe cardiache hanno permesso lo sviluppo di dimensioni maggiori dell'organismo e un metabolismo più attivo.
Passando in rassegna la struttura cardiaca nelle varie classi, si osserva come il passaggio dalla respirazione branchiale, presente nei Pesci e nelle larve degli Anfibi, a quella polmonare abbia implicato un radicale mutamento nell'architettura del cuore, in quanto sussiste una stretta interdipendenza fra la funzione respiratoria e quella circolatoria. Si assiste, perciò, alla graduale ripartizione del cuore in compartimenti e alla separazione sempre più completa della circolazione polmonare da quella sistemica. Anche la posizione del cuore tende a variare: nei primi Vertebrati esso è situato nella porzione anteriore della cavità viscerale, mentre nei Vertebrati terrestri recede con la formazione del collo. Il cuore dei Pesci e dei Vertebrati acquatici è biloculare, composto cioè di due camere disposte in serie: un atrio e un ventricolo. Il sangue refluo da tutti gli organi e tessuti arriva all'atrio, passa nel ventricolo e viene pompato verso le branchie, dove si ossigena; da qui è di nuovo trasportato ai tessuti. La circolazione viene detta semplice e completa: semplice perché il sangue passa una sola volta per il cuore e completa perché non c'è mescolanza di sangue ossigenato e deossigenato. Questo singolo circuito, che nella sua semplicità può apparire maggiormente vantaggioso di quello doppio e più complesso dei Mammiferi, presenta in realtà un grave inconveniente: la maggior parte della spinta impartita dal ventricolo al sangue si esaurisce durante il passaggio nei capillari delle branchie, che oppongono elevata resistenza, e il flusso sanguigno attraverso il corpo è, quindi, relativamente lento. Poiché la pressione del sangue rappresenta un fattore importante nel determinare lo scambio di sostanze con i tessuti, la sua diminuzione riduce fortemente l'efficienza di questo apparato circolatorio.
Il nesso esistente tra i sistemi circolatorio e respiratorio è messo assai bene in evidenza da quanto si verifica in alcuni pesci che vivono negli stagni delle regioni tropicali soggetti al disseccamento durante la stagione estiva: per poter sopravvivere in condizioni sfavorevoli questi pesci, chiamati dipnoi (cioè a doppia respirazione), presentano oltre alle branchie, delle sacche polmonari che permettono loro di utilizzare l'ossigeno atmosferico. La circolazione doppia si stabilisce nei Tetrapodi quando compaiono i polmoni per la respirazione aerea. Si forma quindi un grande circolo (cuore, aorta, capillari, vene, cuore) e un piccolo circolo (cuore, arterie polmonari, capillari, vene polmonari, cuore). Questo implica la necessità di duplicare i vasi di entrata e di uscita dal cuore e di tenere separati i due circoli: già nei dipnoi un setto, sia pure incompleto, comincia a separare il cuore in una metà destra e una sinistra per evitare che il sangue proveniente dai polmoni si mescoli con quello della circolazione corporea. È probabile che i primitivi Pesci progenitori degli Anfibi fossero provvisti di un dispositivo cardiocircolatorio simile a quello dei dipnoi.
Negli Anfibi, strettamente vincolati all'acqua in quanto soggetti al rischio di disidratazione, le due diverse respirazioni e i due corrispondenti tipi di circolazione si succedono regolarmente durante la vita. Le larve (i girini) vivono nell'acqua, respirano attraverso le branchie e il cuore è essenzialmente simile a quello dei Pesci. Durante la metamorfosi, con lo sviluppo dei polmoni, un setto nell'atrio divide la cavità in una camera destra e una sinistra, la prima delle quali riceve il sangue da tutto il corpo, mentre la seconda riceve le vene polmonari contenenti sangue ossigenato. In questo modo il sangue passa due volte dal cuore, attuando così la circolazione doppia. Il cuore diventa, quindi, triloculare, con due atri che sboccano in un unico ventricolo. Nonostante alcuni dispositivi anatomici impediscano il mescolamento fra i due flussi sanguigni, la separazione non è accurata, e per questo la circolazione viene definita incompleta. Tuttavia, negli Anfibi vi è una limitata esigenza di separare i due flussi, in quanto gran parte degli scambi respiratori avviene attraverso la pelle.
Nei Rettili, i primi Vertebrati veramente terrestri, la divisione del cuore in due cavità anatomicamente separate progredisce ulteriormente con la presenza di un setto che divide il ventricolo. Tuttavia, a eccezione dei coccodrilli, tale setto è incompleto e vi è ancora un certo mescolamento tra il sangue proveniente dai polmoni e quello della circolazione generale che ritorna al cuore. Bisogna peraltro ricordare che la maggior parte dei Rettili presenta un metabolismo piuttosto lento, che può essere garantito anche da un sangue misto e da polmoni ancora sacciformi, non idonei a una ventilazione intensa. Viceversa i coccodrilli, che dispongono di polmoni efficienti, presentano un setto interventricolare completo e, quindi, una separazione quasi perfetta tra i due circoli. Tali perfezionamenti consentono a questi animali prestazioni metaboliche notevoli, anche se non confrontabili con quelle dei Mammiferi. In questi ultimi, come negli Uccelli, si raggiunge finalmente un cuore quadriloculare, con una completa separazione dei due torrenti circolatori e delle camere cardiache. La pompa del cuore, che in origine era singola, diventa doppia e la circolazione si fa completa. Ciò ha un'importante conseguenza: la pressione dei due circoli può essere diversa e, in particolare, quello sistemico può essere caratterizzato da valori relativamente elevati che favoriscono il suo ruolo di apporto di ossigeno e sostanze nutritizie ai tessuti. Il risultato di questa graduale evoluzione è un animale con alti tassi metabolici, elevati livelli di attività e soprattutto capacità di mantenere costante la temperatura corporea. Questa proprietà consente una massima indipendenza dalle fluttuazioni dell'ambiente esterno e la possibilità di adattarsi a un'ampia gamma di temperature e climi.
2.
Durante lo sviluppo embrionale umano, il cuore è, fra tutti gli organi, quello che inizia per primo la sua funzione definitiva. La necessità di un sistema cardiovascolare è infatti impellente al fine di assicurare adeguati scambi nutritivi, respiratori ed escretori tra l'embrione in rapida crescita e l'organismo materno. Il cuore inizia a contrarsi verso il 32° giorno ed è possibile registrare elettrocardiogrammi fetali fin dall'11ª settimana. Il suo sviluppo dipende in gran parte dalla sua stessa funzione e richiede, come condizione essenziale, che il sangue lo attraversi: se la circolazione viene in qualche modo impedita, lo sviluppo si arresta.
L'origine embriologica del cuore è comune a quella dei vasi sanguigni, dato che derivano, a eccezione della parte muscolare, dallo stesso tessuto embrionale (mesenchima). La sua formazione inizia caudalmente da due abbozzi vasali che poi si fondono a costituire il tubo cardiaco, un tubo quasi rettilineo e senza suddivisioni. Questo si ispessisce, si allunga e in seguito si ripiega su sé stesso. Ben presto compare un restringimento che separa una porzione atriale da una ventricolare. Nelle primissime fasi dello sviluppo anche nell'uomo è quindi presente un cuore semplice, costituito da un solo atrio e un solo ventricolo, che lavora come una pompa peristaltica, imprimendo una spinta piuttosto debole alla massa sanguigna.
La suddivisione interna del cuore, che interessa prima l'atrio e poi il ventricolo, inizia nella 5ª settimana di vita intrauterina e viene portata a termine in varie tappe. Le trasformazioni risultano complesse, non solo per la presenza nell'adulto di una doppia circolazione, ma anche per la necessità di un rapido cambiamento tra la circolazione fetale e quella postnatale. Infatti, durante la vita embrionale si ha una particolare condizione della circolazione, dovuta al fatto che molti organi, fra i quali l'apparato digerente e soprattutto i polmoni, non sono funzionanti. Il circolo polmonare infatti non partecipa all'ossigenazione del sangue, che avviene invece nella placenta, dove esso si carica anche di sostanze nutritive. Nel cuore fetale il setto tra l'atrio destro e quello sinistro è attraversato da un foro, il forame di Botallo, che permette al sangue di fluire direttamente da un lato all'altro del cuore, senza bisogno della circolazione polmonare. Alla nascita, con l'interruzione del cordone ombelicale e la prima inspirazione, il foro interatriale si chiude, costringendo il sangue a fluire attraverso il circolo polmonare per raggiungere l'altro lato del cuore.
di Gaia Jacovella, Paolo G. Pino
l. Classificazione ed eziologia
Le malattie cardiache possono essere suddivise principalmente in cardiopatie congenite e cardiopatie acquisite. Esse si possono inoltre distinguere a seconda della struttura coinvolta in malattie del pericardio, del miocardio, delle valvole, delle coronarie ecc. Posto a sé occupano infine i tumori, i traumi cardiaci e il cuore polmonare. Le cardiopatie congenite comprendono una serie di alterazioni morfofunzionali presenti alla nascita, anche se, in taluni casi, le manifestazioni possono essere tardive. L'eziologia delle cardiopatie congenite è complessa, in quanto può essere ricondotta a vari fattori, taluni non del tutto noti: genetici, infettivi, tossici. Tra le anomalie su base genetica ricordiamo la trisomia 21 (sindrome di Down), che può associarsi al difetto dei cuscinetti endocardici, e la monosomia X (sindrome di Turner), che può comportare la coartazione aortica. I fattori infettivi sono spesso alla base di malformazioni cardiache congenite: per es. la rosolia materna determina, oltre a lesioni oculari e uditive, la persistenza del dotto arterioso o la stenosi della valvola e dell'arteria polmonari. Infine, diverse sostanze tossiche possono alterare o bloccare lo sviluppo delle strutture cardiovascolari dell'embrione: fra di esse va menzionata la talidomide, un sedativo che provoca varie malformazioni cardiache isolate o associate. Per quanto riguarda le cardiopatie acquisite, l'eziologia dominante varia in rapporto alla popolazione che si prende in esame e all'epoca cui si fa riferimento. Fino agli anni Cinquanta del 20° secolo, per es., nelle popolazioni industrializzate la frequenza relativa della malattia reumatica era molto elevata, mentre a partire dagli anni Sessanta sono di gran lunga più comuni le cardiopatie causate da aterosclerosi coronarica e da ipertensione arteriosa. Nell'America centromeridionale è frequente la malattia di Chagas, tripanosomiasi trasmessa da un insetto presente solo in quelle località e completamente sconosciuto in altre. In alcune zone del Sud-Est asiatico e dell'India è frequente la cardiopatia da avitaminosi B₁ (beri-beri), provocata dall'alimentazione quasi esclusivamente a base di riso brillato. Il riconoscimento eziologico è fondamentale non solo per la diagnosi, ma anche per effettuare una terapia mirata e per predisporre un'attività di prevenzione.
2.
Vengono definite cardiopatie congenite quelle esistenti già prima della nascita. Secondo la classificazione proposta da S. Dalla Volta (1992), esse si possono suddividere in: sindromi con iperafflusso polmonare, caratterizzate dall'arrivo alla circolazione polmonare di una quantità di sangue superiore a quella normalmente accolta; forme con ostacolo allo svuotamento atriale e ventricolare, nelle quali la cavità interessata non riesce a svuotarsi completamente; forme con ventricolo destro sistemico, caratterizzate dal fatto che la funzione propulsiva per l'intera circolazione viene assunta dal ventricolo destro; altre forme.
a) Sindromi con iperafflusso polmonare. Le sindromi con iperafflusso polmonare comprendono la pervietà interatriale, la pervietà interventricolare e il dotto arterioso persistente. La pervietà interatriale è caratterizzata dalla comunicazione tra atrio sinistro e atrio destro, che si realizza attraverso una discontinuità che può essere localizzata nella parte centrale (ostium secundum), bassa (ostium primum) o alta (seno venoso) del setto. L'ostium secundum può associarsi a stenosi mitralica (sindrome di Lutembacher); l'ostium primum, non di rado, a pervietà interventricolare, nonché ad anomalie delle valvole atrioventricolari (canale atrioventricolare parziale e completo). Il seno venoso può invece associarsi a un ritorno venoso anomalo parziale. A causa della comunicazione interatriale, il sangue può passare dall'atrio sinistro all'atrio destro, e ciò provoca un sovraccarico di volume del ventricolo destro e l'ingorgo del circolo polmonare (iperafflusso). In conseguenza di ciò, nell'infanzia sono frequenti le infezioni respiratorie, mentre nell'età adulta compaiono gradualmente i segni dello scompenso cardiaco. Obiettivamente, la caratteristica principale di queste forme è un soffio sistolico rilevabile sul focolaio dell'arteria polmonare, con sdoppiamento fisso del secondo tono cardiaco. All'auscultazione, infatti, il secondo tono non risulta costituito, come avviene nella norma, da un unico suono, bensì è udibile come la rapida successione di due suoni distinti, non modificabile dal cambio di posizione o dalle fasi del respiro. L'elettrocardiogramma mostra per lo più un blocco di branca destro incompleto (v. oltre: Disturbi del ritmo e della conduzione) e, negli adulti, aritmie atriali. Radiologicamente, l'arco polmonare appare accentuato e gli ili sono congesti. L'ecocardiogramma ha significato diagnostico, attraverso la documentazione bidimensionale della lacuna e l'evidenziazione in colore dello shunt (passaggio anomalo di sangue da una cavità all'altra). La terapia della pervietà interatriale è esclusivamente chirurgica.
La pervietà interventricolare è caratterizzata da una comunicazione tra i due ventricoli, che si realizza attraverso una discontinuità, unica o multipla, del setto interventricolare. Ciò determina un sovraccarico di volume del ventricolo destro. I sintomi possono mancare nei difetti molto piccoli, mentre in quelli estesi può instaurarsi uno scompenso fin dalla nascita. Obiettivamente, il rilievo principale è rappresentato da un soffio sistolico mesocardico, irradiato verso destra e spesso associato a un fremito sistolico alla palpazione del precordio. L'elettrocardiogramma può essere normale oppure anomalo, fino all'impegno biventricolare. Radiologicamente, esiste un'ampia gamma di quadri che possono andare da aspetti normali ad aspetti caratterizzati da cardiomegalia e impegno del circolo polmonare. L'ecocardiogramma permette di documentare la lacuna settale con l'esame bidimensionale, e lo shunt con il colore. Per mezzo del cateterismo cardiaco, esame diagnostico invasivo praticato inserendo in una vena, in un'arteria, o in entrambe, dei cateteri che vengono fatti giungere fino al cuore al fine di effettuare prelievi, misurare pressioni e introdurre un mezzo di contrasto nelle cavità, è possibile mettere in evidenza la variazione del contenuto in ossigeno del sangue tra atrio destro e ventricolo destro (conseguente all'arrivo nel ventricolo del sangue arterioso proveniente da sinistra). Inoltre, l'esatta localizzazione e le dimensioni del difetto vengono documentate mediante ventricolografia sinistra. Il trattamento è chirurgico, e nelle forme gravi e sintomatiche può essere necessario eseguire un intervento di urgenza, poco dopo la nascita. Esiste però, almeno per i difetti piccoli, la possibilità di una chiusura spontanea.
Il dotto arterioso persistente consiste nella mancata obliterazione, dopo la nascita, di un condotto (dotto di Botallo) che durante la vita fetale mette in comunicazione l'aorta con l'arteria polmonare. Il persistere della comunicazione tra i due vasi si traduce in un sovraccarico delle sezioni sinistre del cuore e in un modesto iperafflusso polmonare. I sintomi possono mancare del tutto oppure, nei casi con shunt importante, essere rappresentati da manifestazioni di scompenso. Il reperto obiettivo tipico è un soffio continuo, sistolico e diastolico, rilevabile sul lato sinistro dello sterno. L'elettrocardiogramma può essere normale, oppure può mostrare un impegno atriale e ventricolare sinistri. Radiologicamente si possono notare l'ingrandimento dell'atrio e del ventricolo di sinistra, e un modesto iperafflusso. L'ecocardiogramma è diagnostico solo nei neonati, nei quali permette di visualizzare il dotto. Il cateterismo cardiaco consente di documentare lo shunt. La terapia è chirurgica; in alcuni casi, tuttavia, la chiusura del dotto può essere ottenuta per mezzo dell'introduzione venosa di indometacina.
Occorre rilevare che in tutte e tre le forme di shunt sinistro-destro sopra descritte può svilupparsi un'ipertensione polmonare e aversi, di conseguenza, l'inversione dello shunt (sindrome di Eisenmenger), cioè il passaggio del sangue dalla sezione destra a quella sinistra. Si tratta di un'evenienza temibile, che rende inutile l'intervento e comporta una prognosi spontanea infausta, sia pure a lunga scadenza. Questo tipo di evoluzione, che può verificarsi anche nei difetti interventricolari piccoli, rende consigliabile, anche nei casi in cui non vi siano sintomi importanti, il pronto intervento chirurgico.
b) Forme con ostacolo allo svuotamento atriale e ventricolare. Le forme con ostacolo allo svuotamento atriale e ventricolare di destra, spesso associate a pervietà settali atriali o ventricolari, sono per lo più caratterizzate da cianosi e scompenso destro. La diagnosi si basa essenzialmente sull'ecocardiografia e sul cateterismo cardiaco. La terapia è chirurgica. L'ostacolo allo svuotamento dell'atrio destro è rappresentato dall'atresia della tricuspide, che si caratterizza per l'assenza della valvola atrioventricolare destra, e dall'anomalia di Ebstein, consistente invece nella malposizione della tricuspide, che si inserisce più in basso rispetto al normale nel ventricolo destro, determinando la cosiddetta atrializzazione del ventricolo destro. L'ostacolo allo svuotamento del ventricolo destro può essere localizzato nel ventricolo (banda muscolare anomala, restringimento infundibolare), a livello valvolare (atresia della polmonare, stenosi valvolare polmonare cupoliforme), o a livello sopravalvolare (ipoplasia del tronco e dei rami dell'arteria polmonare). Nelle forme con ostacolo allo svuotamento dell'atrio e del ventricolo di sinistra, la sintomatologia varia in rapporto alla sede dell'ostacolo e può comparire tardivamente. Anche in questo caso, la diagnosi si basa sull'ecocardiografia e sul cateterismo cardiaco. La terapia è chirurgica. L'ostacolo allo svuotamento atriale è rappresentato dalla stenosi mitralica congenita, la quale può essere dovuta a incompleto sviluppo della valvola oppure alla presenza di un muscolo papillare unico (mitrale a paracadute) o di un anello sopravalvolare. L'ostacolo allo svuotamento ventricolare puo essere localizzato in sede sottovalvolare (circoscritto, a cercine, oppure diffuso, a tunnel), valvolare (valvola aortica bicuspide, valvola stenotica cupoliforme) o sopravalvolare (a membrana, a clessidra), oppure nell'aorta discendente (coartazione aortica). L'atresia della mitrale e dell'aorta configurano un ostacolo allo svuotamento sia dell'atrio sia del ventricolo di sinistra e si associano a un ventricolo sinistro ipoplasico (sindrome del cuore sinistro ipoplasico); sono stati però descritti anche casi con ventricolo sinistro normale.
c) Forme con ventricolo destro sistemico. Sono rappresentate dalla tetralogia di Fallot, così chiamata perché costituita da una stenosi polmonare di grado variabile, da un difetto interventricolare, dalla localizzazione dell'aorta a cavallo dei due ventricoli e da un'ipertrofia ventricolare destra. Costituisce il 7% di tutte le cardiopatie congenite ed è la più frequente tra quelle con cianosi. Molto meno frequenti sono forme quali il ventricolo destro a doppia uscita (in cui l'aorta e il tronco polmonare originano dal ventricolo destro), la trasposizione completa dei grossi vasi e il tronco arterioso comune. d) Altre forme. Altre anomalie congenite sono le cardiomiopatie neonatali (dilatativa, ipertrofica, restrittiva), le insufficienze valvolari (floppy valves da degenerazione mixoide degli apparati valvolari), le anomalie degli archi aortici e quelle di posizione del cuore (destrocardia).
3.
La patologia congenita del pericardio, peraltro rara, è rappresentata dall'assenza totale o parziale della membrana sierosa che riveste il cuore o dalla presenza di uno o più diverticoli. La patologia acquisita è rappresentata essenzialmente dalle pericarditi, cioè da processi infiammatori, acuti o cronici, che riconoscono eziologie diverse: infettiva, traumatica, iatrogena (da farmaci), neoplastica, associata a malattie sistemiche o a infarto miocardico acuto, da radioterapia, idiopatica (cioè da causa non riconoscibile). La forma acuta può essere secca oppure accompagnarsi a versamento, cioè a un aumento patologico del liquido normalmente presente fra i due foglietti pericardici: nella pericardite secca la sintomatologia è caratterizzata essenzialmente da febbre e dolore toracico più o meno intenso e che tipicamente si accentua con gli atti del respiro; nella pericardite con versamento i sintomi dipendono dall'entità e dalla rapidità di formazione del versamento e consistono in difficoltà di respirazione, che si accentua marcatamente in caso di versamento abbondante o di versamento sotto tensione che produce il cosiddetto tamponamento cardiaco.
La diagnosi della pericardite secca si basa sui sintomi, sul rilievo ascoltatorio di caratteristici sfregamenti, sulla presenza nell'elettrocardiogramma di dislivelli nel tratto S-T in tutte le derivazioni. Tale reperto può essere confuso con quello di un infarto miocardico, ma non è associato al tipico movimento enzimatico. La terapia è antinfiammatoria, antidolorifica ed eventualmente specifica. La diagnosi della pericardite con versamento si basa sui sintomi, sul quadro radiologico (cuore a fiasca) e, soprattutto, sulla documentazione ecocardiografica. Tranne che nel tamponamento, ove è necessario ricorrere alla terapia chirurgica (pericardiocentesi), i farmaci sono gli stessi impiegati nelle forme secche. Va segnalato che le pericarditi tendono a recidivare; quelle con versamento, inoltre, possono cronicizzarsi. La forma cronica è rappresentata sia dal versamento, che si mantiene nel tempo, sia dall'ispessimento del pericardio, che può giungere fino alla formazione di un guscio rigido più o meno completo (pericardite costrittiva). In quest'ultimo caso, l'eziologia più frequente è quella tubercolare, con un episodio acuto spesso misconosciuto. La sintomatologia consiste nel lento instaurarsi di uno scompenso anasarcatico (v. scompenso cardiaco). La diagnosi si fonda essenzialmente sulla documentazione radiologica ed ecocardiografica, e sul cateterismo cardiaco. La terapia è esclusivamente chirurgica (pericardiectomia).
4.
L'interessamento del miocardio può essere dovuto a cause infettive, tossiche, dismetaboliche e fisiche, può osservarsi nelle malattie ematologiche, neuromuscolari e del collageno, ed è presente in misura più o meno marcata in tutte le cardiopatie. La definizione di cardiomiopatie viene riservata a un gruppo di malattie di cuore nel quale il miocardio è colpito in modo prevalente e primitivo. Si possono distinguere tre forme maggiori: dilatativa, ipertrofica e restrittiva. La cardiomiopatia dilatativa è caratterizzata da ingrandimento delle cavità cardiache, in particolare del ventricolo sinistro, la funzione del quale risulta più o meno gravemente compromessa. La malattia può esordire a volte acutamente con un edema polmonare acuto oppure con una grave aritmia (tachicardia ventricolare, fibrillazione atriale ad alta frequenza). Nei due terzi almeno dei casi, essa si manifesta invece gradualmente con astenia, stancabilità, dispnea da sforzo, dispnea parossistica, pallore, dimagramento, senso di ingombro addominale, edemi declivi. L'intervallo tra i primi disturbi e lo scompenso cardiaco congestizio conclamato è spesso breve, di qualche settimana. L'esame obiettivo del cuore mostra cardiomegalia più o meno marcata, tachicardia, ritmo di galoppo; incostanti e comunque non importanti sono i soffi da rigurgito. La pressione arteriosa sistolica è bassa con riduzione della differenza tra pressione sistolica e diastolica (pressione differenziale) e possono aversi anche turgore delle giugulari, epatomegalia, ascite. Tra gli esami strumentali, l'elettrocardiogramma non ha un aspetto tipico; in fase avanzata non è raro il blocco di branca sinistro (v. oltre). Aritmie e turbe della conduzione possono egualmente essere documentate dall'elettrocardiogramma dinamico secondo Holter (rilevazione elettrocardiografica per tempi prolungati, 24 ore o più). La radiografia del torace mostra l'ingrandimento globale dell'ombra cardiaca e gli aspetti da pletora venosa. Talvolta la conformazione a fiasca suggerisce la coesistenza di un versamento pericardico, mentre un versamento pleurico sinistro è quasi costante. L'esame ecocardiografico è di grande importanza, in quanto non solo documenta l'ingrandimento delle cavità cardiache, l'assottigliamento delle pareti con scarsa o minima escursione sistodiastolica, l'eventuale esistenza di trombi, nonché la presenza e l'entità delle insufficienze valvolari, ma fornisce anche informazioni sulla funzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro (portata cardiaca, frazione di eiezione) e sulla pressione nel piccolo circolo. Per la cardiomiopatia dilatativa idiopatica la prognosi sulla lunga distanza è costantemente sfavorevole, benché la terapia possa realizzare miglioramenti anche per tempi abbastanza lunghi. Il trattamento prevede in ogni caso la limitazione dell'attività fisica e l'osservanza di una dieta iposodica e ipocalorica. La terapia farmacologica prevede l'impiego di digitalici, vasodilatatori, diuretici, ed eventualmente di antiaritmici e anticoagulanti. Quando l'evoluzione non sia interrotta dalla morte per scompenso intrattabile o per aritmia, il paziente con cardiomiopatia dilatativa deve prima o poi essere indirizzato al trapianto. Le cardiomiopatie dilatative con eziologia riconoscibile sono talvolta trattabili (cardiomiopatia alcolica, da agenti chemioterapici, dismetabolica, infettiva). In particolare, la miocardite acuta di origine virale può presentarsi inizialmente con il quadro clinico della cardiomiopatia dilatativa; solo l'evoluzione favorevole, la positività dei test di laboratorio e l'identificazione dell'agente infettivo permettono di correggere l'errore diagnostico iniziale. La cardiomiopatia ipertrofica è invece caratterizzata dall'ipertrofia delle pareti, e in particolare del setto interventricolare, con disordine tessutale (disarray) che durante la sistole può comportare un ostacolo allo svuotamento del ventricolo sinistro. L'eziologia è ancora oggetto di discussione, mentre la familiarità è ben dimostrata. La sintomatologia può mancare completamente (in quasi due terzi dei pazienti, la malattia è asintomatica e viene scoperta casualmente). Il sintomo più comune è rappresentato dalla dispnea da sforzo, ma si osservano anche palpitazioni, angina, astenia e lipotimia da sforzo. L'evenienza più drammatica è la morte improvvisa, che può rappresentare l'unica manifestazione della malattia ed è spesso legata ad aritmie. L'esame obiettivo del cuore mostra segni caratteristici: un impulso apicale forte, un soffio sistolico di tipo eiettivo che, a differenza di quello della stenosi valvolare aortica, non si irradia verso i vasi del collo. L'elettrocardiogramma mostra l'ipertrofia ventricolare sinistra, in particolare le onde Q da ipertrofia settale; l'esame Holter documenta spesso aritmie ventricolari. Tipico è l'aspetto del carotidogramma con configurazione 'a indice puntato'. Di importanza fondamentale per la diagnosi risulta l'ecocardiografia, che permette anche di definire i vari tipi anatomoclinici. In tutti casi si rilevano inoltre caratteristiche alterazioni dei movimenti valvolari. L'esame doppler consente di misurare il gradiente, che peraltro varia in rapporto a momenti funzionali diversi. La terapia medica si basa essenzialmente sull'impiego dei betabloccanti e dei calcioantagonisti; nei casi più gravi si può ricorrere alla terapia chirurgica. Gli aspetti fondamentali della cardiomiopatia restrittiva, molto rara, sono rappresentati dall'alterazione della funzione diastolica, conseguente all'infiltrazione miocardica da parte di tessuto estraneo (amiloidosi) o all'apposizione di tessuto fibroso sull'endocardio (endomiocardiofibrosi). La sintomatologia consiste nel lento instaurarsi di uno scompenso anasarcatico; la diagnosi si basa essenzialmente sui dati del cateterismo cardiaco e sulla biopsia cardiaca. La terapia medica è solo sintomatica, e anche il trapianto non dà buoni risultati. La displasia aritmogena del ventricolo destro è una varietà di cardiomiopatia, caratterizzata sia dall'esclusivo interessamento del ventricolo destro, sia dalle manifestazioni unicamente aritmiche (extrasistolia, tachicardia ventricolare).
5.
Le malattie valvolari costituiscono un gruppo eterogeneo, in quanto differiscono per eziologia (congenita, acquisita), tipo di anomalia (stenosi, insufficienza), modalità di insorgenza (acuta, cronica), ripercussione sulle altre strutture cardiache. La stenosi aortica può essere congenita (aorta bicuspide) o acquisita (reumatica, senile). Consiste nel restringimento dell'ostio valvolare, da cui deriva un ostacolo allo svuotamento ventricolare, con conseguente ipertrofia della parete del ventricolo. I sintomi possono manifestarsi tardivamente e sono costituiti da dispnea, angina, sincope, nonché dalla morte improvvisa. Il principale reperto obiettivo è rappresentato da un soffio sistolico con caratteristiche particolari, detto eiettivo, irradiato ai vasi del collo. L'elettrocardiogramma mostra aspetti da ipertrofia ventricolare sinistra. L'ecocardiogramma ha valore diagnostico, perché documenta la patologia valvolare e l'ipertrofia ventricolare, e misura il gradiente transvalvolare; il cateterismo si rende necessario solo quando si debba valutare lo stato delle coronarie. La terapia è chirurgica.
La compromissione dei lembi valvolari o la dilatazione del primo tratto di aorta, o entrambi, si traducono nell'incontinenza dell'orifizio valvolare e nel conseguente reflusso del sangue dall'aorta verso il ventricolo sinistro, durante la diastole (insufficienza aortica). Ciò, determinando un sovraccarico di volume del ventricolo sinistro, consente di mantenere una situazione di compenso emodinamico, che nelle forme non gravi può durare inalterato per un tempo lunghissimo. Nelle forme gravi (croniche), il compenso si mantiene egualmente per molti anni, durante i quali il paziente è del tutto asintomatico, ma immancabilmente si arriva a una fase di scompenso. I sintomi consistono nella dispnea (da sforzo e parossistica), nell'edema polmonare acuto, nell'angina pectoris. Obiettivamente, si rilevano l'ingrandimento, spesso assai marcato, dell'aia cardiaca, un soffio diastolico bene evidente sul mesocardio e sulla base, un polso celere, una pressione arteriosa diastolica bassa con ampia differenziale. Nelle forme acute (per es. quelle che fanno seguito a una rottura valvolare da endocardite infettiva), la sintomatologia è dominata dallo scompenso. L'elettrocardiogramma mostra aspetti caratteristici di impegno ventricolare sinistro. L'esame radiologico documenta la cardiomegalia, la dilatazione dell'aorta ascendente e la vivace pulsazione del cuore. L'ecocardiogramma è di notevole importanza, in quanto consente di mettere in evidenza e di valutare il rigurgito, nonché l'ingrandimento e la funzione del ventricolo sinistro. Il cateterismo cardiaco in questo caso ha perso gran parte del suo interesse dopo l'avvento dell'ecocardiografia. Nelle forme croniche sintomatiche, la terapia si basa sull'uso di vasodilatatori, di digitale e di diuretici. Nelle forme acute sintomatiche e in quelle croniche con progressivo deterioramento della funzione ventricolare sinistra, la sostituzione valvolare con protesi è d'obbligo.
La stenosi mitralica è quasi invariabilmente di origine reumatica e consiste nel restringimento dell'ostio atrioventricolare di sinistra; ciò provoca un ostacolo al passaggio del sangue dall'atrio al ventricolo di sinistra e, di conseguenza, la dilatazione atriale e l'aumento delle pressioni nel piccolo circolo, con pletora polmonare. Secondariamente si verificano ingrandimento del ventricolo destro e insufficienza tricuspidale. I sintomi consistono in dispnea, astenia e palpitazioni da sforzo; l'entità dello sforzo in grado di provocare i disturbi diminuisce progressivamente, fino alla dispnea per sforzi minimi e all'edema polmonare acuto. L'emottisi, cioè l'emissione di escreato emorragico, è diventata ormai abbastanza rara, mentre sono sempre frequenti le infezioni respiratorie, le embolie (provenienti dai trombi atriali) e le aritmie, specie la fibrillazione atriale. Con l'insufficienza tricuspidale compaiono edemi declivi, ingombro addominale e altre manifestazioni di scompenso congestizio. Obiettivamente, l'auscultazione rivela tipicamente un primo tono forte, un secondo tono seguito da un tono aggiunto diastolico, noto come schiocco d'apertura della mitrale, e da un rumore diastolico rullante (rullio diastolico).
L'elettrocardiogramma mostra impegno atriale sinistro (con ritmo sinusale), o altrimenti fibrillazione atriale. L'esame radiologico offre informazioni sul cuore (il cosiddetto doppio contorno del profilo destro e l'impronta sull'esofago trattato con bario, dovuti all'ingrandimento dell'atrio sinistro) e sui polmoni (stasi perivenosa, edema interstiziale, ipertensione polmonare). L'ecocardiogramma consente di evidenziare (o di escludere) il vizio valvolare, di valutarne la gravità (attraverso la misura del gradiente e dell'area), di giudicare lo stato anatomico della valvola (calcificazioni, compromissione dell'apparato sottovalvolare), di misurare la pressione arteriosa polmonare, di ricercare vizi valvolari associati e trombi interatriali. Informazioni particolarmente dettagliate possono essere ottenute per mezzo dell'esplorazione ecocardiografica realizzata per via transesofagea (ETE). Il cateterismo cardiaco è riservato solo a casi particolari. La terapia medica, diretta essenzialmente a controllare la frequenza cardiaca e a evitare la ritenzione idrica, si basa sull'uso di betabloccanti, diuretici, digitale e, in caso di embolie, anticoagulanti. Nelle forme gravi e gravemente sintomatiche si rende necessario l'intervento chirurgico: commissurotomia mitralica, valvuloplastica con palloncino o sostituzione valvolare, a seconda dello stato anatomico dell'apparato mitralico. L'insufficienza mitralica può avere origine reumatica, infettiva, malformativa, degenerativa (senile) o ischemica. In ogni caso, non viene assicurata la continenza dell'ostio valvolare, e durante la sistole si verifica un reflusso di sangue dal ventricolo sinistro all'atrio sinistro. L'atrio sinistro si dilata, e così pure il ventricolo sinistro, con scarsa ipertrofia compensatoria. Ne segue che, almeno nelle forme gravi, il compenso viene assicurato in modo precario. Dall'esordio dei sintomi (dispnea e palpitazioni da sforzo, aritmie, talvolta edema polmonare acuto), l'evoluzione peggiorativa avviene rapidamente, per l'aggravarsi della disfunzione ventricolare sinistra. L'andamento della malattia può anche essere bruscamente modificato in peggio, per il sovrapporsi all'insufficienza cronica di un'insufficienza acuta da endocardite infettiva o da rottura spontanea di corde tendinee. L'insufficienza acuta può anche presentarsi primitivamente (su base malformativa, ischemica o traumatica). Obiettivamente, l'elemento diagnostico è rappresentato dal soffio sistolico puntale, intenso, a getto di vapore, che si apprezza in corrispondenza della punta e si irradia verso l'ascella. Nelle rotture delle corde tendinee, il soffio può assumere a tratti tonalità alte e stridule, e il paziente stesso può esserne consapevole. L'elettrocardiogramma e la radiografia del torace non mostrano anomalie specifiche; l'ecocardiogramma consente di definire lo stato anatomico della valvola, di documentare e valutare il rigurgito, nonché l'ingrandimento e la funzione del ventricolo sinistro. Dalla funzione ventricolare sinistra, più che dall'entità del rigurgito, dipende la prognosi, ed è su questa che deve essere basata l'indicazione operatoria. La terapia medica si avvale di vasodilatatori, digitale e diuretici; nelle insufficienze acute e nelle forme croniche nelle quali la funzione ventricolare cominci a essere compromessa, è indicato l'intervento chirurgico. Per determinati tipi di patologia possono essere eseguiti interventi riparativi; altrimenti, è necessario procedere alla sostituzione con protesi. La stenosi tricuspidale si accompagna alla stenosi mitralica di origine reumatica. La diagnosi clinica è difficile; il riconoscimento avviene per lo più solo sulla base degli aspetti ecocardiografici. L'insufficienza tricuspidale può essere il risultato di una patologia organica della valvola (reumatica, infettiva); più spesso è secondaria a una dilatazione delle cavità di destra, conseguente a un vizio mitralico con ipertensione polmonare o a una patologia respiratoria. I sintomi sono quelli dello scompenso congestizio. Il principale reperto obiettivo consiste in un soffio sistolico sul focolaio tricuspidale. L'ecocardiogramma consente di valutare l'insufficienza, nonché di definire l'ingrandimento delle cavità destre.
6.
La cardiopatia coronarica si manifesta con due principali sindromi ischemiche: l'angina pectoris e l'infarto miocardico acuto. La cardiopatia ischemica riconosce nell'aterosclerosi coronarica il substrato anatomopatologico più comune; eccezionalmente l'eziologia è invece infiammatoria (coronarite nel morbo di Kawasaki) o congenita (origine anomala di una coronaria). L'aterosclerosi, che di per sé provoca il restringimento del lume vasale, può essere inoltre sede di deposizioni trombotiche o di spasmi (v. arteriosclerosi). L'irrorazione del miocardio può rimanere sufficiente, in condizioni di riposo, fino a quando la riduzione del lume coronarico non superi il 75%; una richiesta di un flusso maggiore, a causa di uno sforzo, determina uno stato ischemico. L'angina pectoris è la manifestazione di un'ischemia transitoria, tale cioè da regredire senza aver provocato lesioni anatomiche permanenti (v. angina). L'infarto miocardico acuto, invece, consiste nella necrosi di una porzione di parete cardiaca, causata dall'occlusione di un vaso coronarico (v. infarto).
7.
I disturbi del ritmo, o aritmie, sono deviazioni da limiti convenzionalmente prestabiliti della frequenza o della regolarità del battito cardiaco, o disturbi della successione normale dell'attività cardiaca. Il riscontro di un'aritmia non corrisponde necessariamente all'esistenza di una cardiopatia organica; tuttavia, anche quando non è presente una cardiopatia organica, un'aritmia può risultare fastidiosa per il paziente o addirittura pericolosa per la sua vita e, inoltre, l'insorgenza di un'aritmia può peggiorare l'andamento di una cardiopatia organica. I sintomi principali sono costituiti dalle palpitazioni, regolari o irregolari, e dalla sincope. Le aritmie si identificano e si studiano con l'elettrocardiogramma e con l'elettrocardiogramma dinamico secondo Holter. In casi selezionati si ricorre all'elettrocardiogramma endoesofageo e allo studio elettrofisiologico (di base e con test provocativi). I meccanismi fondamentali che si trovano alla base delle aritmie sono le alterazioni della formazione dell'impulso, quelle della conduzione (rientro) e la combinazione di entrambi. Nella classificazione si possono distinguere forme ipercinetiche e forme ipocinetiche.
a) Aritmie ipercinetiche. Le aritmie ipercinetiche comprendono i battiti ectopici sopraventricolari e ventricolari, le tachiaritmie ad attività elettrica totalmente desincronizzata (l'attività atriale e quella ventricolare non sono più sincrone: fibrillazione atriale, fibrillazione ventricolare), le tachiaritmie ad attività elettrica parzialmente desincronizzata (la sincronia fra attività atriale e ventricolare è solo parziale: aritmia atriale caotica, fibrillo-flutter atriale ecc.), le tachiaritmie ad attività elettrica sincronizzata (flutter atriale, tachicardie parossistiche sopraventricolari comuni, tachicardie reciprocanti delle sindromi da pre-eccitazione, tachicardie reciprocanti persistenti, tachicardia ventricolare comune, tachicardia ventricolare lenta). Per le aritmie che comportano un rischio immediato per la vita, come la fibrillazione ventricolare, l'unica terapia efficace è lo shock elettrico o cardioversione elettrica; la terapia elettrica è ugualmente indicata qualora vi sia una sintomatologia clinicamente grave o molto mal tollerata. Negli altri casi possono essere utilizzati, da soli o in associazione, i farmaci antiaritmici delle varie classi, e ciò sia per ottenere il ripristino immediato del ritmo sinusale, sia per attuare la profilassi delle recidive, sia infine per mantenere una frequenza cardiaca accettabile.
b) Aritmie ipocinetiche. Le aritmie ipocinetiche comprendono la bradicardia sinusale, i blocchi senoatriali e i blocchi atrioventricolari. Questi ultimi, caratterizzati da alterazione delle comunicazioni fra-attività atriale e attività ventricolare, si distinguono a loro volta in blocco di 1° grado, blocco di 2° gra-do (Mobitz 1 e Mobitz 2) e blocco di 3° grado o com-pleto. Il blocco tipo Mobitz 2 e il blocco completo sono definiti anche blocchi avanzati e rivestono carattere di gravità. La terapia può essere farmacologica o basata sull'impiego di un'elettrostimolazione temporanea, per es. quando si ritiene che il blocco, legato a una situazione contingente (infarto acuto, intossicazione farmacologica), sia suscettibile di regressione. Nei blocchi avanzati stabili con sintomatologia importante (scompenso, sincope) è obbligatorio l'impianto di un pacemaker definitivo. L'impianto del pacemaker permanente può egualmente essere indicato in una particolare forma morbosa definita 'malattia del nodo del seno' e caratterizzata dall'alternarsi di aritmie ipercinetiche e ipocinetiche. I disturbi della conduzione intraventricolare sono legati al ritardo della trasmissione dello stimolo lungo una delle due branche del sistema di conduzione, cioè del fascio di His. Il ventricolo non coinvolto si attiva, come di norma, attraverso la propria branca e trasmette lo stimolo all'altro, attraverso il setto interventricolare. A seconda della branca interessata, si distinguono un blocco di branca sinistro (BBS) e un blocco di branca destro (BBD), che possono anche associarsi. In alcuni casi, infine, è interessata solo una delle due diramazioni della branca sinistra, e si parla allora di emiblocco anteriore o di emiblocco posteriore. Il blocco di branca si identifica per mezzo dell'elettrocardiogramma, e la rilevanza clinica varia in stretto rapporto con la patologia cardiaca di base.
8.
Noti fin dall'antichità (una descrizione risale al 1556), i tumori cardiaci hanno assunto importanza dal punto di vista clinico solo da quando la cardiochirurgia ne ha consentito l'escissione (1953) e l'ecocardiografia ne ha permesso la diagnosi in vita. La maggior parte dei tumori cardiaci, pur essendo benigni (mixomi), possono provocare eventi catastrofici (morte improvvisa da ostruzione di un orifizio valvolare) o comunque gravi (embolie sistemiche da frammentazione). A parte ciò, la sintomatologia clinica può mancare completamente o può consistere in manifestazioni sistemiche atipiche (febbricola, astenia, palpitazioni, vertigini, anemizzazione). Assolutamente tipici sono, per contro, gli aspetti ecocardiografici, specie per i mixomi peduncolati e mobili dell'atrio sinistro o dell'atrio destro. La terapia da attuare, ovviamente, è solo chirurgica.
9.
Sia il cuore sia i grossi vasi possono essere coinvolti nei traumi del torace, penetranti (ferite, penetrazioni di proiettili) e non penetranti (contusioni); essi, inoltre, possono essere lesionati in corso di rianimazione cardiorespiratoria, di cateterismo cardiaco o di impianto di pacemaker. Le manifestazioni variano a seconda della struttura colpita e della gravità della lesione. La lacerazione o perforazione del pericardio, del miocardio e dei grossi vasi è seguita per lo più da un'emorragia rapidamente mortale; per lesioni minori, il decorso può essere meno tempestoso, con versamento pericardico, aneurisma ventricolare o pseudoaneurisma aortico. L'interessamento delle coronarie può causare un infarto miocardico; quello delle valvole può tradursi in un'insufficienza valvolare acuta. La terapia è chirurgica.
l0. Cuore polmonare
Questo termine viene utilizzato per indicare l'interessamento cardiaco in corso di patologie del circolo e del parenchima polmonare. Si distinguono una forma acuta e una forma cronica. Il cuore polmonare acuto deriva in genere da un'embolia polmonare massiva, cioè dall'occlusione di un vaso polmonare di grosso calibro da parte di materiale embolico; quest'ultimo è rappresentato di solito da un trombo proveniente dal circolo venoso periferico o dal cuore destro. Pazienti a rischio sono tutti quelli nei quali si realizza una stasi circolatoria venosa, come i pazienti portatori di patologia venosa degli arti inferiori o sottoposti a interventi chirurgici dell'anca, della pelvi e dell'area splancnica. Tipicamente il quadro clinico si presenta con caratteri di estrema gravità: dolore toracico violento, dispnea intensa (fame d'aria con sensazione di morte imminente), tosse incessante con emissione di espettorato ematico. Nelle forme meno gravi le manifestazioni sono più sfumate, onde la necessità di ricercarle e valutarle attentamente nei pazienti a rischio. La diagnosi si basa sui sintomi e sui risultati di una serie di esami di laboratorio e strumentali. Tra questi ultimi, risolutive appaiono la scintigrafia polmonare perfusionale e ventilatoria (v. il capitolo La medicina nucleare, Scintigrafia polmonare) e l'identificazione ecocardiografica dell'embolo occludente, peraltro assai più rara da ottenere. Decisivo è anche l'impiego dell'arteriografia polmonare selettiva. La terapia è quasi sempre medica e si basa sull'uso di fibrinolitici e di eparina. Il cuore polmonare cronico è il complesso delle manifestazioni morbose che deriva dalla ripercussione sul cuore di malattie che interessano primitivamente l'apparato respiratorio, in particolare delle broncopneumopatie croniche ostruttive. La riduzione del letto vascolare polmonare comporta l'aumento della pressione polmonare, e quindi un sovraccarico di lavoro per il ventricolo destro; ciò si traduce in un'ipertrofia ventricolare destra e, successivamente, nella dilatazione del ventricolo destro con insufficienza e scompenso. I sintomi (dispnea da sforzo o a riposo) sono essenzialmente legati alla malattia respiratoria. Solo tardivamente compaiono i segni dello scompenso destro (edemi declivi, cianosi, epatomegalia, aritmie atriali). Non vi è terapia specifica.
ll. Trapianto cardiaco
La sostituzione del cuore oppure dell'insieme cuore-polmoni con organi prelevati da soggetti in coma irreversibile, ma esenti da malattie cardiopolmonari, rappresenta la soluzione terapeutica estrema per i pazienti affetti da cardiopatie, congenite o acquisite, molto gravi e incurabili. Questa procedura chirurgica, messa a punto dopo lunghi anni di studi minuziosi e di ricerche approfondite, costituisce indubbiamente una conquista dal punto di vista scientifico; sul piano pratico, però, a prescindere dalla difficoltà di reperire i donatori, esiste una serie di problemi legata al rigetto, alle infezioni, all'aterosclerosi accelerata, nonché all'indispensabile terapia immunosoppressiva (v. trapianto).
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