CURIA
. Storia dflla Chiesa. - La Curia Romana è il complesso di tutti i dicasteri di cui si vale il papa in via ordinaria per trattare gli affari che riguardano la Chiesa cattolica. Non è quindi da confondersi con la corte pontificia (v.).
Col progressivo accentrarsi in Roma del governo della Chiesa, il vescovo di Roma si valeva, oltre che dei sinodi e concilî da lui convocati per trattare affari più gravi e dirimere controversie, anche dei consigli e dell'opera del suo presbyterium, i cui membri, preti e diaconi, intervenivano spesso ai concilî e sinodi romani, firmandone insieme con i vescovi gli atti. Di qui l'origine del collegio dei cardinali, al quale per decreto di Nicola II nel 1059 fu riservata esclusivamente l'elezione del papa. D'allora in poi le convocazioni dei sinodi romani si fecero sempre più rare, finché nel sec. XII furono definitivamente sostituite dai concistori, ossia dalle adunanze plenarie dei cardinali solite a tenersi sotto la presidenza del papa nel Laterano due o tre volte la settimana. Ad agevolare il disbrigo degli affari furono in seguito istituite commissioni e uffici speciali; ma solo nel sec. XIV si addivenne alla costituzione di veri e proprî dicasteri, quali la S. Penitenzieria, la S. Rota ecc., che si convertirono poi nelle odierne Congregazioni. Questa riforma, iniziata da Paolo III (1542) e da Pio IV (1564) fu compiuta da Sisto V, che con la costituzione Immensa (22 gennaio 1588) istituiva la Curia Romana nella forma e con le attribuzioni che conservò fino alla pubblicazione della costituzione Sapienti consilio (29 giugno 1908). Con questa Pio X, pur mantenendo la divisione dei dicasteri della S. Sede in congregazioni, tribunali e uffici, quale si ha nella riforma di Sisto V, assegna a ciascuno i limiti della propria competenza, indicandone la speciale procedura e distribuendo equamente la mole del lavoro che si accentra nel governo supremo della Chiesa.
Secondo la Sapienti consilio la Curia Romana comprende 11 congregazioni, 3 tribunali e 6 uffici, cioè:1) le sacre congregazioni del S. Ufficio, Concistoriale, della disciplina dei Sacramenti, del Concilio, dei Religiosi, di Propaganda Fide, dei SS. Riti, del Cerimoniale, degli Affari ecclesiastici straordinarî, dei Seminarî e delle università degli studî, della Reverenda fabbrica di S. Pietro, alle quali è da aggiungere la S. Congregazione per la chiesa orientale, istituita da Benedetto XV sopprimendo la sezione corrispondente di Propaganda Fide; 2) i tribunali della S. Penitenzieria, della S. Romana Rota e della Segnatura apostolica; 3) gli uffici della Cancelleria apostolica, della Dataria apostolica, della Reverenda camera apostolica, della Segreteria di stato, dei brevi ai principi e delle lettere latine (v. Codex iuris canon., lib. II, cap. IV).
A ciascuna congregazione presiede un cardinale prefetto, eccetto quelle che sono presiedute dallo stesso sommo pontefice (il S. Ufficio, la Concistoriale e la Congregazione per la chiesa orientale) che sono rette da un cardinale segretario. Vi appartengono come membri un certo numero di cardinali, nominati dal papa, che in sedute generali, dette plenarie, deliberano sugli affari e sulle questioni sottoposte al loro esame e giudizio. Ogni cardinale preposto a una congregazione è coadiuvato da un prelato col titolo di assessore (se della congregazione è prefetto il papa) o di segretario (negli altri casi), nonché da ufficiali maggiori e minori (sostituti, pro-secretarî, aiutanti di studio, scrittori ecc.). La giurisdizione delle congregazioni è di sua natura extra-giudiziale, essendo la potestà giudiziaria deferita ai tribunali.
Fra i tribunali viene prima la S. Penitenzieria, la cui competenza è circoscritta al foro interno (assoluzioni, dispense, ecc.). Il cardinale che la presiede ha il titolo di penitenziere maggiore. Al tribunale della S. Rota e al supremo tribunale della Segnatura apostolica sono riservate le cause di ordine giudiziario. Entrambi sono regolati da leggi speciali (lex propria). Il primo è un tribunale collegiale costituito da dieci prelati col titolo di uditori, nominati dal papa, ai quali presiede un decano come primus inter pares. Esso giudica o per turno di tre uditori, o con intervento di tutto il collegio. La Segnatura è il supremo tribunale di cassazione della S. Sede, e funge pure da consiglio di disciplina nei riguardi dei giudici che vengono meno al loro ufficio. Esso si compone di sei cardinali eletti dal papa.
Fra gli uffici, la Cancelleria apostolica non ha vera e propria giurisdizione, limitandosi il suo ufficio alla spedizione delle lettere apostoliche munite del sigillo di piombo (sub plumbo). Essa è retta da un cardinale prefetto, coadiuvato da un prelato reggente. La Dataria apostolica si occupa esclusivamente della provvista dei benefici non concistoriali, la cui concessione è riservata al papa. È presieduta da un cardinale datario, assistito da un prelato sottodatario, da un prefetto col suo sostituto e da altri ufficiali minori. Alla Reverenda camera apostolica spetta l'amministrazione dei beni e dei diritti della S. Sede, specialmente durante la vacanza della medesima (sede vacante). Vi presiede un cardinale camerlengo, che per antica consuetudine è lo stesso decano del S. Collegio, assistito dal vice camerlengo, da un uditore generale e da un tesoriere generale. La Segreteria di stato, il più importante degli uffici della Curia romana, diretta dal cardinale segretario di stato, si divide nelle sezioni: a) degli affari straordinarî, cui presiede il segretario della Congregazione per gli affari straordinarî; b) degli affari ordinarî, cui presiede un prelato col titolo di sostituto; c) dei brevi apostolici. La competenza e la procedura di tutti i dicasteri della S. Sede fissate in tutti i loro particolari nella costituzione Sapienti Consilio, sono chiaramente riassunte nel Codex iuris canon., lib. II, tit. VII.
Bibl.: Oltre gli Acta Romanorum Pontificum, i Bullaria romana, gli Acta Apostolicae Sedis, i Collectanea di varie congregazioni, che sono le fonti precipue per uno studio sulla curia romana, ricordiamo fra gli autori più accreditati: I. B. De Luca, Relatio Romanae Curiae forensis, in Theatrum veritatis et iustitiae, III, Colonia 1691; F. X. Leitner, De Curia Romana, Ratisbona 1909; B. Ojetti, De Romano Curia, Roma 1910; F. M. Cappello, De Curia Romana, Roma 1911.
Curia vescovile o diocesana. - È l'organo ausiliario del vescovo nel governo della diocesi. Essa è costituita da un complesso di persone che hanno il compito di coadiuvare il vescovo nel disbrigo delle sue molteplici mansioni amministrative, disciplinari e contenziose. La curia si compone ordinariamente del vicario generale, dell'ufficiale, del cancelliere, del promotore della giustizia, del difensore del vincolo, dei giudici ed esaminatori sinodali, dei parroci consultori, degli uditori, dei notari, e infine dei cursori e apparitori. Tutti devono essere nominati con provvedimento scritto, devono prestare giuramento di fedeltà e sono tenuti al segreto.
Le funzioni nelle quali si esplica l'opera degli ufficiali e impiegati della curia (curiali) possono dividersi in due categorie: quelle relative all'amministrazione spirituale e temporale e all'esercizio della giurisdizione volontaria, e quelle relative all'esercizio della giurisdizione contenziosa e criminale. Fra le prime possono anche comprendersi le funzioni notarili e d'archivio. Per quanto di regola vadano adibite alle varie funzioni persone diverse, tuttavia nelle diocesi minori esse possono essere cumulate, purché i fedeli non siano costretti ad adire per affari di coscienza le stesse persone che esercitano nei loro riguardi giurisdizione contenziosa o criminale. È da notare ancora, in via generale, che sono esclusi dal partecipare a qualsiasi ufficio nelle curie diocesane (a meno di speciale indulto dalla S. Sede) i religiosi ad saeculum regressi, anche se conservino l'esercizio degli ordini sacri.
Il più importante degli ufficiali di curia che collaborano col vescovo nel primo ordine di mansioni (amministrative e disciplinari) e che ha i suoi stessi poteri di giurisdizione, salvi i limiti di cui si dirà in seguito, è il vicario generale.
Per quanto la legge non faccia obbligo a ogni vescovo di avere il vicario generale, praticamente però, salvo che per le prelature o abbazie nullius, raramente può darsi il caso che si faccia a meno di esso. Non può esservene più d'uno, salvo che ciò sia richiesto dalla diversità dei riti e dall'ampiezza della diocesi; ma il vescovo può nominare un vicegerente o pro-vicario. La scelta del vicario generale è fatta liberamente, anche fra il clero della diocesi, dal vescovo (o dall'abate o prelato mullius) che può rimuoverlo ad nutum. Requisiti necessarî per potere rivestire tale ufficio sono:1. essere sacerdote del clero secolare (salvo che la diocesi sia affidata a un ordine o congregazione religiosa, alicui religioni commissa, come avviene in luoghi di missione, nel qual caso il vicario generale può appartenere a tale comunità); 2. avere non meno di trent'anni; 3. essere dottore o licenziato in teologia e diritto canonico, o almeno essere realmente versato in queste discipline; 4. avere qualità di dottrina, probità, prudenza ed esperienza rerum gerendarum. Non può essere nominato vicario generale il canonico penitenziere, né un consanguineo del vescovo, specialmente in primo grado, né, eccetto il caso di necessità, un parroco o altro sacerdote avente cura d'anime.
Al vicario generale spetta in forza dell'ufficio (vi officii) in tutta la diocesi, la giurisdizione in spiritualibus ac temporalibus che per diritto ordinario spetta al vescovo, eccettuate le materie che il vescovo si sia riservate o quelle per cui la legge richieda uno speciale mandato dal vescovo. Pur considerandosi pertanto il vicario generale come un ordinario locale, la sua potestà deve dirsi "ordinaria-vicaria". Gli affari per cui si richiede il mandato speciale sono determinati chiaramente dal codice (ad es. la provvista di uffici, la convocazione del sinodo, l'erezione o permuta beneficiaria, ecc.), e ne deriva su tal punto al vicario generale una maggiore restrizione di poteri rispetto al diritto precedente. Tuttavia il vescovo può nelle stesse lettere di nomina conferire al vicario generale, in modo generico, poteri anche per tutto quanto richieda mandato speciale. D'altra parte, se non sia disposto altrimenti in modo espresso, il vicario generale può eseguire i rescritti apostolici trasmessi al vescovo o al precedente rettore della diocesi, e in generale gli competono le facoltà abituali concesse dalla S. Sede all'ordinario del luogo. Una concessione negata dal vescovo non può essere accordata dal vicario senza il di lui consenso; se la concessione sia stata negata dal vicario non può essere validamente ottenuta dal vescovo, se non si è fatta menzione del primo diniego. Fuori di questo caso è dubbio se sia data appellazione al vescovo dalle decisioni del vicario. L'opinione affermativa sembra tuttavia più probabile.
Al vicario generale competono diritti onorifici di precedenza su tutto il clero della diocesi, salvo sulle persone aventi dignità episcopale, se egli ne sia privo. Se egli è vescovo, ha tutti i pregi onorifici dei vescovi titolari. In caso contrario, durante munere ha i privilegi e le insegne di protonotario apostolico titolare; è pertanto prelato extra urbem, e gli compete il titolo di monsignore. La giurisdizione del vicario ha termine o per rinunzia accettata o per revoca da parte del vescovo o per vacanza della sede episcopale; è sospesa quando sia sospesa la giurisdizione del vescovo, come nel caso di scomunica, interdizione o sospensione di questo.
In ogni curia si deve nominare dal vescovo un cancelliere, le cui mansioni precipue sono quelle di custodire gli atti della curia in un archivio, in ordine cronologico e compilandone l'indice. Al suo ufficio sono inerenti le funzioni di notaro. Egli deve essere sacerdote. Occorrendo può essergli nominato un aiutante (vice-cancellarius o vice-tabularius). Il vescovo può inoltre nominare altri notari, anche fra i laici se manchino i chierici; però nelle cause criminali dei chierici il notaro deve essere sacerdote. I notari, i cui scritti e la cui firma fanno fede pubblica - e le cui funzioni si svolgono anche nel campo giudiziario - hanno per compito di redigere gli atti, anche giudiziali, per cui sono richiesti, esibirli e rilasciarne copia conforme su legittima domanda. Essi non possono esercitare validamente le loro funzioni fuori del territorio del vescovo che li ha nominati.
La tenuta dell'archivio o tabularium diocesano è disciplinata dal codice con meticolosa cura. Gli atti non possono asportarsi senza consenso del vescovo o del vicario, e per non più di tre giorni, salva speciale licenza del vescovo. Oltre all'archivio pubblico deve essere tenuto anche un archivio segreto, con duplice chiave di cui una da custodirsi dal vescovo, l'altra dal vicario o dal cancelliere, e i cui documenti possono essere esaminati soltanto dal vescovo. Rigorose norme disciplinano la conservazione dell'archivio segreto. È prescritto poi che ogni anno vengano arsi, retento brevi summario, i documenti relativi alle cause criminali in materia morum, di cui gl'imputati siano deceduti o quando sia decorso un decennio dalla sentenza. Nell'archivio diocesano si deve conservare poi una copia dell'inventario dell'archivio proprio che ogni chiesa cattedrale, collegiata, parrocchiale, nonché le confraternite e i luoghi pii, sono tenuti ad avere.
Fanno ancora parte della curia, per coadiuvare il vescovo nelle sue mansioni amministrative e disciplinari, gli esaminatori sinodali e i parroci consultori. Essi sono sacerdoti nominati dal sinodo su proposta del vescovo, in numero non inferiore a quattro né superiore a dodici. Gli esaminatori sinodali assistono il vescovo nell'esame dei candidati ai benefici ecclesiastici, nei procedimenti amministrativi per la rimozione dei parroci, e in quelli a carico di chierici colpevoli di certe mancanze. E poi facoltativo al vescovo di servirsi della loro opera per l'esame degli ordinandi, per l'approvazione dei sacerdoti che chiedono la facoltà di confessare e di predicare, ecc. I parroci consultori intervengono nei procedimenti amministrativi di rimozione e trasferimento dei parroci. La medesima persona può rivestire le due funzioni, non però per il medesimo affare in cui sia richiesto l'intervento distinto degli esaminatori e dei parroci consultori. Gli esaminatori e i parroci consultori possono essere assunti dal clero sia secolare sia regolare. Il vicario generale non può essere nominato esaminatore. Gli esaminatori e i parroci consultori defunti nell'intervallo fra un sinodo e l'altro o cessanti dell'ufficio per altro motivo, sono sostituiti dal vescovo, consultato il capitolo cattedrale, con altri detti pro-synodales. Gli esaminatori sinodali e i parroci consultori non possono essere rimossi dal vescovo se non per causa grave e consultato il capitolo; essi decadono dalle loro funzioni dopo un decennio, o anche prima nel caso di un nuovo sinodo, salvo l'espletamento degli affari iniziati. Possono essere riconfermati. Qualora dopo un decennio non si tenga il sinodo, il vescovo procede alla nomina di esaminatori e parroci consultori prosinodali.
Per quanto concerne l'esercizio della potestà giudiziaria del vescovo, il principale ausiliario di questo è l'ufficiale, che il vescovo è tenuto a nominare cum potestate ordinaria iudicandi. L'ufficiale deve essere distinto dal vicario generale, a meno che la piccolezza della diocesi o la scarsezza degli affari consiglino d'affidare le due cariche alla stessa persona. L'ufficiale, a cui possono essere dati dei coadiutori (vice-ufficiali), al pari di questi deve essere sacerdote, di integra fama, dottore in diritto canonico o versato in esso, di almeno trent'anni di età. Sono amovibili ad nutum episcopi; non scadono per la vacanza della sede vescovile né possono essere revocati dal vicario capitolare, ma se ne richiede la riconferma dal nuovo vescovo. L'ufficiale ha la stessa giurisdizione del vescovo nel campo giudiziario contenzioso e criminale, e costituisce la medesima autorità giudiziaria del vescovo (unum constituit tribunal cum episcopo); perciò dalle sue sentenze non si puo appellare a questo. Tuttavia il vescovo può riservarsi il giudizio su talune cause, che vengono così sottratte alla cognizione dell'ufficiale.
In ogni curia si devono poi nominare dei "giudici sinodali", o "prosinodali" (se vengono eletti fuori del sinodo), in numero non maggiore di dodici, scelti fra i sacerdoti, e che con potestà delegata del vescovo partecipano all'esercizio della potestà giudiziaria. Essi fanno parte come giudici del tribunale collegiale presieduto dall'ufficiale (o dal vescovo) a cui sono devolute le cause più gravi; possono pure essere chiamati a sedere quali assessori consulenti del giudice unico o anche incaricati dall'ordinario delle funzioni di uditori o istruttori, sia stabilmente sia per determinate cause.
Fanno ancora parte della curia, e vengono nominati dall'ordinario fra i sacerdoti, un promotore della giustizia, che interviene nelle cause contenziose interessanti, a giudizio dell'ordinario, il bene pubblico, e in quelle criminali, e un difensore del vincolo per le cause nelle quali si tratti del vincolo della sacra ordinazione o del matrimonio.
Da ultimo deve intervenire in ogni procedura un notaro, con funzioni di attuario, senza la cui sottoscrizione gli atti si devono ritenere nulli. Per le notifiche degli atti giudiziali e per l'esecuzione delle sentenze e dei decreti del giudice sono deputati rispettivamente i cursori e gli apparitori. Essi di regola devono essere laici. Gli atti da costoro redatti fanno pubblica fede, ma si ritiene trattarsi di una presunzione semplicemente iuris, contro cui è ammessa prova contraria. La presenza di questi funzionarî non è tuttavia indispensabile, e per lo più le curie ne fanno a meno.
Bibl.: Cod. iuris canonici, II, i e IV, i e i relativi commenti; v. anche: F. X. Wernz, Ius decretalium, II, Roma 1906, p. 614 segg.; U. Stutz, Der Geist des Codex iur can., Stoccarda 1918, p. 279 segg.; A. Blat, commentarium textus Codicis iur. can., II, Roma 1919, p. 333 segg.; J. B. Ferreres, Institutiones canonicae, I, 2ª ed., Barcellona 1920, p. 255 segg.; S. D'Angelo, La curia diocesana a norma del Codice di diritto canonico, I, Giarre 1922; Vermeersch e Creusen, Epitome iur. can., I, 3ª ed., Malines e Roma 1927, p. 281 segg.; M. da Coronata, Institutiones iur. can., I, Torino 1928, p. 479 segg.