CURULE
. Fu l'appellativo delle magistrature romane che ebbero per comune insegna la sella curūlis. Con l'espressione curules magistratus si designò l'insieme delle più alte magistrature dello stato a cominciare dai consoli fino ai questori, esclusi questi con le magistrature plebee. Erano quindi in tal modo distinti i consoli, i censori, i pretori e gli edili curuli. Anche i supremi magistrati municipali, quatuorviri e duumviri ebbero le insegne curuli. Oltre a questi, tutti indistintamente i magistrati muniti di imperium furono curuli, e cioè il dittatore e il magister equitum, i decemviri e i tribuni consolari; questi ultimi sono detti curules magistratus da Livio (IV, 7, 7). L'edilità, che fu dapprima una magistratura esclusivamente plebea alle dipendenze dei tribuni della plebe, si sdoppiò poi con l'istituzione degli edili curuli, eletti un anno fra i patrizî e un anno fra i plebei. Questi ebbero tutte le competenze degli edili plebei, con in meno l'inviolabilità e in più gli auspici, la toga pretesta, lo ius imaginum e la sella curulis. Fu la sella curulis un sedile pieghevole, ornato d'avorio, simbolo del potere giudiziario, in memoria del tempo in cui il capo dello stato, il rex, sedeva sul suo carro. Questa etimologia (Gell., III, 18) fu accettata dal Mommsen che ritenne essere passato il qualificativo dall'insegna alla funzione, designando i magistrati curuli. Lo Jordan e il Willems al contrario ritennero che la denominazione sia passata dalla funzione all'insegna. La sella curulis veniva portata dietro al magistrato con i fasci, le verghe e le scuri ovunque intendesse erigere il suo tribunale, e fu conservata ai magistrati che in progresso di tempo perdettero la giurisdizione capitale, quale semplice distinzione.
Bibl.: Th. Mommsen, Römische Staatsrecht, 3ª ed., Lipsia 1887, I, p. 399 segg.; H. Jordan, in Hermes, VIII (1874), pp. 217, 222; P. Willems, Le Sénat de la République romaine, Lovanio-Prigi 1878, I, pp. 132, 136.