Damietta
La città di Damietta (Dimyāṭ, Egitto), situata alla foce del ramo orientale del Nilo, era una piazzaforte che controllava l'imbocco del fiume grazie alla torre costruita su un'isola (la torre della Catena) e al contempo un porto attivo e un centro dell'industria tessile. All'inizio del XIII sec. era descritta come una località da cui si esportavano lino, cotone, pelli, seta, broccato, derrate sotto sale, zucchero e allume; i mercanti occidentali che vi approdavano, a differenza di quanto accadeva ad Alessandria, non disponevano di fondachi particolari: tutte le derrate dovevano essere immagazzinate nel Dār al-Yatini ed erano soggette a tassazione.
La città era stata assediata senza successo nel 1169, da ottobre a dicembre, da re Amalrico di Gerusalemme appoggiato da una squadra bizantina. La quinta crociata si pose come obiettivo la conquista di Damietta e i crociati sbarcarono il 29 maggio 1218 sulla riva sinistra del fiume, mentre il futuro sultano al-Malik al-Kāmil si attestò sulla riva destra. Dapprima i crociati, impiegando le macchine d'assedio progettate da Oliviero di Paderborn, attaccarono la torre della Catena, che capitolò il 24 agosto.
Sopraggiunse il legato papale, il cardinale Pelagio, che assunse la direzione della crociata di cui il re di Gerusalemme Giovanni di Brienne era il capo militare; un tentativo di colpo di stato al Cairo aveva obbligato al-Kāmil, il 5 febbraio 1219, ad abbandonare il suo campo, circostanza che permise di porre l'assedio alla città. Il sultano, che fece costruire la fortezza di al-Manṣūra per difendere la strada che conduceva al Cairo, avviò allora negoziati con i crociati, offrendo la restituzione del Regno di Gerusalemme ai cristiani, tranne le piazzeforti situate al di là del Mar Morto, in cambio della fine dell'assedio; inoltre suo fratello, il sultano di Damasco, avrebbe fatto smantellare le fortezze del Regno, a cominciare da Gerusalemme.
Giovanni di Brienne era propenso ad accettare le proposte, ma gli Ordini militari e il legato papale si opposero. Fu necessario riprendere più volte le trattative, ma le rispettive posizioni non subirono cambiamenti: i baroni della Terrasanta e i crociati francesi erano favorevoli alla cessazione della campagna poiché il loro obiettivo era la restituzione di Gerusalemme, mentre il legato papale e i crociati tedeschi e italiani premevano per aspettare Federico II ‒ il quale aveva preso la croce e aveva proibito che si concludessero i negoziati prima del suo arrivo ‒ ed erano quindi intenzionati a prolungare le ostilità. La conquista dell'Egitto, l'occupazione di Damietta, o addirittura altri obiettivi più ambiziosi, erano sostenuti da una letteratura prodotta, almeno in parte, dai cristiani orientali, attenti alle voci che riecheggiavano le operazioni condotte in Asia dai mongoli. Frattanto la carestia si era abbattuta sulla città: il 5 novembre 1219 il governatore si arrese a Baliano di Sidone. La città vicina di Tinnis fu anch'essa occupata.
Le tensioni fra crociati non si esaurirono e fu necessaria una processione solenne per porre fine ai contrasti. La grande moschea era stata restituita al culto cristiano e le navi mercantili frequentavano il porto. Ma le forze crociate disponibili non permettevano di proseguire la campagna e Pelagio tentava di limitare le partenze delle navi per evitare un ulteriore indebolimento degli effettivi. In Italia si predicava la crociata per procurare rinforzi e il Papato inviò a Pelagio cospicue somme di denaro che rafforzarono il suo peso nella direzione della crociata, tanto più che re Giovanni era ritornato ad Acri: il sultano di Damasco, infatti, aveva attaccato i possedimenti franchi in Siria. Durante una tregua, s. Francesco d'Assisi si recò dal sultano per invitarlo a convertirsi.
Intanto, poiché Federico II aveva annunciato il suo arrivo nell'agosto del 1221 e quello della sua armata in marzo (il duca di Baviera giunse in realtà in maggio), Pelagio decise di marciare sul Cairo il 17 luglio 1221, malgrado il sultano avesse rinnovato l'offerta di restituire Gerusalemme. Giovanni di Brienne, benché fosse ostile a quest'iniziativa, aveva raggiunto l'armata. Ma i soldati si fecero trascinare su un terreno difficile e furono accerchiati dagli egiziani a Baramūn, mentre le acque del Nilo cominciavano a invadere il campo franco. Giovanni avviò allora trattative con al-Kāmil, sulla base del ritiro dei crociati, dello scambio dei prigionieri e dell'evacuazione di Damietta (26 agosto 1221). Nuove truppe imperiali erano arrivate con il conte di Malta e Gualtiero di Palearia, vescovo di Catania; gli accordi furono respinti e i veneziani attaccarono il palazzo reale e le case dei crociati. Alla fine dovettero comunque rassegnarsi: la tregua conclusa con al-Kāmil per dieci anni sarebbe stata rotta all'arrivo di Federico II.
Fu ancora di fronte a Damietta che apparve la flotta di Luigi IX, re di Francia, il 5 giugno 1249. Il re sbarcò e sbaragliò l'armata egiziana schierata lungo la riva. Si diffuse il panico, che contagiò la popolazione e la guarnigione della città di cui il re si impadronì senza colpo ferire accumulando un enorme bottino. Luigi IX fu quindi in grado di organizzare un'occupazione che considerava definitiva: la grande moschea fu trasformata nuovamente in cattedrale, dedicata alla Vergine Maria, e il vescovo Egidio di Saumur si vide concedere una signoria episcopale; i mercanti italiani erano intenzionati a installarvi i loro banchi. L'armata attese in città la fine dell'inondazione del Nilo e si diresse alla volta del Cairo dopo aver ricevuto rinforzi. Dopo una marcia molto disagiata in mezzo al reticolo di canali, riuscì ad attraversare il al-Baḥr al-Seghīr che la separava dalla fortezza di al-Manṣūra, ma la sua avanguardia fu distrutta nella fortezza e il resto dell'esercito stazionò davanti all'edificio, mentre una squadra egiziana, che il nemico aveva lanciato sul Nilo, gli tagliava le comunicazioni con Damietta. Quando fu deciso di far rientro in città, l'armata era molto indebolita e, alla fine, fu travolta a Fariskūr, mentre il re fu fatto prigioniero. La regina Margherita seppe comunque organizzare la difesa della città, insieme al duca Ugo IV di Borgogna, trattenendo chi voleva ritirarsi. Così Luigi IX poté restituire Damietta al sultano come prezzo per il suo riscatto e per liberare i suoi compagni. La città fu evacuata il 6 maggio 1250 e i mamelucchi, malgrado gli impegni assunti, distrussero le scorte di viveri che vi trovarono.
Il sultano Aybeg fece smantellare la cinta muraria nel 1251 per prevenire una nuova occupazione. Il porto conservò comunque una certa attività finché, nel 1261, il sultano Baybars fece ostruire il Nilo ed edificare una catena di torri di difesa sulla costa. Damietta fu sgombrata e una nuova città cominciò a prendere forma a sud di quella abbandonata, riprendendo in parte le attività svolte dalla prima.
fonti e bibliografia
J.P. Donovan, Pelagius and the Fifth Crusade, Philadelphia 1950.
H.L. Gottschalk, Al-Malik al-Kamil von Egypten und seine Zeit, Wiesbaden 1958.
J. Richard, La fondation d'une église latine en Orient par saint Louis: Damiette, "Bibliothèque de l'École des Chartes", 120, 1962, pp. 39-54 (rist. in Id., Orient et Occident au Moyen Âge: contacts et relations, London 1976).
C. Cahen, Douanes et commerce dans les ports méditerranéens de l'Égypte médiévale d'après le Minhādj d'al-Makhzūmī, in Makhzūmiyyāt. Études sur l'histoire économique et financière de l'Égypte médiévale, Leiden 1977, pp. 57-121.
J.M. Powell, Anatomy of a Crusade, 1213-1221, Philadelphia 1986.
(Traduzione di Maria Paola Arena)