Dante Alighieri
Poeta, filosofo, teologo (Firenze 1265 - Ravenna 1321). Poeta tra i più grandi, nelle terzine della Divina Commedia tradusse le sue aspirazioni religiose e politiche, e le sue conoscenze filosofiche, storiche e scientifiche.
Nacque da famiglia guelfa e visse la prima parte della sua vita nella Firenze della fine del Duecento, segnata dall’acuirsi dei conflitti politici. La figura di Beatrice, ispiratrice durante tutta la sua vita, fu decisiva per la sua attività poetica. La frequentazione di Brunetto Latini e Guido Cavalcanti lo iniziò alla filosofia, ma fu soprattutto la morte di Beatrice a portarlo verso la ricerca della consolazione filosofica, in seguito alla lettura del Consolatio philosophiae di Boezio e del De amicitia di Cicerone. Studiò da laico la filosofia tomista domenicana e quella francescana, ispirata ad Agostino e Bonaventura. Si impegnò attivamente nella vita politica fino alla condanna che lo costringerà a vivere l’ultima parte della sua vita da esule. Oltre alla Commedia, altre opere mostrano una rilevanza filosofica, in particolare il Convivio (1304-07) e il De monarchia (trattato politico composto fra il 1313 e il 1318).
Nella poesia di D. si fondono anche filosofia e teologia. Lo studio della filosofia scolastica, ma anche una conoscenza enciclopedica che spazia da Alano di Lilla ai filosofi arabi, dal neoplatonismo ad Alberto Magno, permettono alla sua opera di riassumere la complessità filosofica del Medioevo, senza poter essere collocato all’interno di una specifica scuola, come dimostrano le discussioni interpretative sulla sua adesione al tomismo o all’averroismo. L’autorità filosofica fondamentale è riconosciuta ad Aristotele: per D. come per lo Stagirita la filosofia nasce dalla meraviglia e si compie nella ricerca delle cause. Per D. però l’aspetto pratico, etico-politico, assume un’importanza decisiva, tanto da collocare la morale al vertice delle scienze, prima della metafisica e della fisica. La filosofia, simboleggiata sulla scia di Boezio come «donna gentile», assolve primariamente una funzione consolatoria, indirizzando l’uomo verso la sapienza e deve poter essere fruita da tutti, presupposto che giustifica l’uso del volgare. Il suo campo di indagine è autonomo rispetto alla teologia: attraverso la filosofia si può raggiungere, infatti, la felicità razionale, fine distinto dalla beatitudine celeste, anche se la fede resta veritativamente superiore. La filosofia si indirizza perciò al fine naturale dell’uomo, la teologia al soprannaturale, secondo una posizione che sembra riprendere quella di Sigieri di Brabante.
La descrizione della struttura dell’Universo dimostra le conoscenze astronomiche e cosmologiche di D., fondate sul sistema aristotelico-tolemaico e sulla tradizione araba. Seguendo lo schema neoplatonico del Liber de causis, la natura divina è partecipata dai vari gradi dell’essere grazie alla diffusione della bontà di Dio dagli angeli all’anima umana fino agli animali; tale diffusione è spiegata attraverso la metafora della luce. All’ordine dell’Universo corrispondono il sistema delle cause e le diverse gerarchie, secondo un’impostazione ripresa dallo pseudo-Dionigi ma liberamente interpretata. Non sono assenti dagli interessi di D. problemi più tecnici, come testimonia, per es., la Quaestio de aqua et terra in cui viene discusso l’innalzamento dei continenti rispetto alle acque nel contesto della teoria dei quattro elementi.
Anche nella concezione dell’uomo D. segue Aristotele e la sua teoria ilemorfica, considerando l’anima, forma del corpo, come spirituale e immortale. L’anima possiede una naturale disposizione alla virtù, da coltivare attraverso l’esercizio: la tendenza naturale al bene propria dell’appetito deve essere indirizzata razionalmente. Nella filosofia della conoscenza D. tenta una fusione tra tomismo e agostinismo: la conoscenza ha inizio dai sensi e si sviluppa attraverso la teoria dell’astrazione, ma è Dio a imprimere le specie intelligibili nell’intelletto possibile, proprio dell’uomo. Avvicinandosi alle posizioni averroiste, D. ritiene che solo l’intero genere umano possa attuare tutta la potenza dell’intelletto possibile, che è proprio del singolo uomo. La capacità conoscitiva è dunque pensata come collettivamente appartenente al genere umano.
L’uomo è aristotelicamente considerato un «animale sociale» e la politica è finalizzata al raggiungimento della felicità. La finalità politica si coniuga in D. con la teoria dell’intelletto: per poter arrivare alla piena conoscenza da parte del genere umano è necessaria, infatti, una società universale, guidata da un’unica autorità in grado di assicurare pace e giustizia. In continuità con la distinzione tra filosofia e teologia, giustificata dall’autonomia della razionalità, secondo D. questa autorità civile deriva da Dio ed è a sua volta autonoma rispetto a quella spirituale del papa: come il papa deve condurre gli uomini alla vita eterna attraverso la Rivelazione, l’Imperatore deve condurre alla felicità temporale attraverso la filosofia.