BIANCO, Dante Livio
Nato a Carines (Francia) il 19 maggio 1909 da Gioacchino e da Prosperina Sartore, originari di Valdieri (Cuneo), fece i primi studi a Cuneo. All'università di Torino (dove frequentò la facoltà di giurisprudenza), attraverso l'insegnamento di maestri come F. Ruffini, L. Einaudi, G. Solari, consapevolmente si ricongiunse alla tradizione gobettiana. Antifascista, fu duramente percosso nella primavera del 1928, in occasione delle dimostrazioni inscenate nel cortile dell'università contro F. Ruffini, che aveva pronunciato al Senato un discorso di aperta opposizione alla nuova legge elettorale. Laureatosi col Solari nel 1930, fu attratto e assorbito dalla professione di avvocato, che esercitò a fianco di M. Brosio (esso pure antifascista "gobettiano"), e dagli studi di diritto processuale civile. Oltre un centinaio di articoli sulle principali riviste giuridiche attestano questa sua autentica vocazione di civilista colto e geniale. Fino alla guerra, la sua vita si svolse nell'ombra, tra lo studio accanito e la silenziosa preparazione.
Con alcuni amici il B. fondò a Torino il Partito d'azione. Il 9 sett. 1943, all'indomani dell'armistizio, raggiunse Cuneo da Torino, e con Duccio Galimberti e altri dieci antifascisti fondò la banda partigiana "Italia libera" e salì sulle montagne del Cuneese: a Madonna del Colletto, a cavallo tra la Valle Gesso e la Valle Stura, poi a Paralup in Valle Stura e a San Matteo in Valle Grana. Attraverso dure azioni di guerra contro Tedeschi e fascisti, rastrellamenti, occupazioni stabili di alcune vallate, temporanei trasferimenti nelle Langhe o in territorio francese, le formazioni partigiane "Giustizia e Libertà" del Cuneese - di cui il B. fu uno dei principali animatori e organizzatori - si irrobustirono sempre più, articolandosi in divisioni alpine di splendida efficienza militare e di accesa passione etico-politica.
Le idee che il B. - comandante, commissario politico, organizzatore di uomini, scrittore di giornali partigiani - seppe trasfondere nelle agguerrite formazioni di "Giustizia e Libertà" del Cuneese furono essenzialmente queste: unità della guerra partigiana al di sopra delle frontiere (consacrata dallo stesso B. negli accordi del maggio 1944, a Saretto, col maquis francese), legame tra i combattenti della libertà e le direttive politiche dei Comitati di liberazione nazionale, iniziative democratiche delle popolazioni via via sottratte al giogo nazifascista, esigenza che il nuovo Stato si fondasse sulle forze espresse nella Resistenza. "La guerra antihitleriana - scriveva - non è una guerra fra Stati, fra "potenze" e "nazioni" in conflitto, ma è una guerra civile, una guerra, potremmo dire sviluppando lo spunto letterale offerto da questo aggettivo,per la civiltà, una guerra di religione, ideologica e politica quant'altra mai".
Dopo l'assassinio di Galimberti alla fine del 1944, il B. si trasferiva a Torino, per diventarvi il comandante regionale delle formazioni di "Giustizia e Libertà" e il vide-comandante del Comitato militare regionale piemontese. Di qui capeggiò le ultime operazioni militari e l'insurrezione vittoriosa dell'aprile del 1945 (gli vennero conferite due medaglie d'argento al Valor Militare). Subito dopo, trasformandosi da partigiano in storico, scrisse Venti mesi di guerra partigiana nel Cuneese, opera che per la classica misura, lo stile asciutto, la contenuta passione e la profonda serietà "gobettiana" è stata considerata un modello insuperato nella storiografia della Resistenza.
Dopo la guerra il B. tornò alla sua professione e vi profuse ogni energia, affermandosi come uno dei migliori avvocati civilisti d'Italia. Ma continuò ad essere l'uomo della Resistenza, l'assertore dei suoi valori, anche e specialmente sul piano giuridico. Con i suoi scritti - "fondamentali ed originalissimi", a detta di P. Calamandrei -, e le sue battaglie giudiziarie, riuscì a far riconoscere, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, il significato costituzionale e civile della lotta partigiana e dei Comitati di liberazione.
Fra i suoi scritti e discorsi, resta mirabile l'allocuzione al presidente della repubblica Luigi Einaudi, il 3 sett. 1948, a Cuneo.
Alpinista provetto, morì tragicamente il 12 luglio 1953, nella scalata della cima Saint-Robert delle Alpi Marittime.
Il B. scrisse inoltre Guerra partigiana, a cura di G. Agosti e F. Venturi, Torino 1954, pp. 477(contiene: Venti mesi di guerra partigiana nel Cuneese, già apparso nel fasc. 5-6[gennaio-agosto 1945]dei Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà, e poco dopo ripubblicato in volume a Cuneo nel 1946; il Diario dal 5nov. 1943al 19 febbr. 1945; lettere, rapporti e scritti partigiani del 1944e 1945; due discorsi del 1947e 1948); La guerra partigiana in Piemonte, in Il Ponte, V (1949), pp. 1059-1077; Partigiani e C. L. N. davanti ai tribunali civili,ibid., III (1947), pp. 1033-1040; e oltre un centinaio di articoli e note sulle principali riviste giuridiche, specie la Rivista di diritto processuale civile e il Foro italiano, del quale fu redattore.
Bibl.: Per una prima informazione generale e per un elenco di fonti e bibl., v. R. Battaglia,Storia della resistenza, Torino 1964 (nuova ediz.). In particolare v.: P. Calamandrei, L. B., in Studi sul processo civile, VI, Padova 1957, pp. 331-335; Id., D. L. B., in Uomini e città della Resistenza, Bari 1955, pp. 125-131; P. Greco, D. L. B., in Riv. del diritto commerciale, LI (1953), pp. 493 s.; F. D. (F. Dalmazzo),Livio partigiano, in Resistenza, VII(1953); vari scritti di L. Einaudi, A. Garosci, G. Agosti, M. Brosio, A. Felici, J. Lippmann, M. Mila, C. Galante Garrone, P. Calamandrei, in Il Ponte, X(1954), pp. 563-622; A. A. Mola,Pensiero e azione di D. L. B., Milano 1967.