Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel Cinquecento, con lo sviluppo della musica strumentale, il repertorio delle danze conquista anche una dimensione di puro ascolto, svincolata dal ballo, attraverso un progressivo accrescimento della complessità ritmica e melodica ottenuta con l’uso di diminuzioni e abbellimenti e un parallelo arricchimento armonico. Dalla tradizione virginalistica inglese (a sua volta debitrice dell’antica tradizione liutistica), la musica per danza così stilizzata passa in continente venendo a strutturarsi in una serie di forme concatenate che si possono raggruppare nella categoria della suite o “serie”, ciclo di danze.
Origini
L’uso di accorpare una serie di due o più danze ritmicamente contrastanti tra loro è vivo già nel Cinquecento nell’ambito della musica funzionale (legata cioè al ballo di corte o popolare), ed è dettato da evidenti ragioni legate alla danza: il principio fondante è far seguire a una danza “camminata”, piuttosto lenta e in tempo binario, che serve soprattutto all’ingresso processionale dei cortigiani partecipanti al ballo, un’altra danza “saltata” più vivace e in tempo ternario.
Molto diffusa la coppia pavana e gagliarda, o anche il passamezzo e saltarello, cui può seguire una terza, velocissima piva, o il ciclo della basse dance francese, col tourdion finale, o la serie di branles: branle double, grave (binario), branle simple, plus vif (binario), branle gai (ternario), branle de Bourgogne (binario), e altre ancora.
Com’è facile intuire, nel ciclo di danze funzionali i singoli brani sono caratterizzati molto più in senso ritmico che melodico, e molto spesso una pavana e la gagliarda che la segue non sono che versioni ritmicamente variate della stessa identica musica: è questo il principio della cosiddetta “coppia variata”, che costituisce il più antico prototipo della suite, genere musicale costituito da un ciclo di danze stilizzate nei loro elementi formali, non più funzionali al ballo ma di puro ascolto, che si affermerà nella seconda parte del secolo. Al momento solo per comodità potremo chiamare suite il generico raggruppamento di danze strumentali che in varie forme entra in voga nella musica strumentale.
Sono in tutta Europa i liutisti del XVI secolo che danno avvio alla elaborazione delle danze più diffuse mediante raffinate variazioni (che servono anche a dimostrare la propria abilità esecutiva); i virginalisti inglesi si appropriano a loro volta di questa pratica portando a vertici ineguagliati l’arte della variazione, premessa al dilagare in tutta Europa della letteratura liutistica e cembalistica del XVII secolo che culminerà nella suite.
Italia
La danza strumentale si affaccia dunque al panorama secentesco come arte della variazione. A quest’epoca è ancora lontano il carattere “ciclico” di serie fissa e precostituita di brani, che ricorrerà nella suite da metà secolo; nelle proprie raccolte i compositori raggruppano le danze per genere lasciando la scelta della successione dei brani alla discrezionalità dell’esecutore.
In Italia tra gli autori di danze per tastiera emerge quasi unicamente Girolamo Frescobaldi (1583-1643), con le sue gagliarde, correnti, Ruggiero, le Romanesche e i due magnifici Balletti dell’Aggiunta alle toccate e partite del 1615. Nelle danze di Giovanni Picchi si osserva la ripresa con variazioniornamentali di ogni sezione della singola danza, proveniente dai virginalisti inglesi (non a caso forse una danza di quest’autore ricorre nel Fitzwilliam Virginal Book, la più importante antologiavirginalistica esistente).
Ma all’inizio del secolo la principale fonte italiana di danze è il repertorio liutistico, con Johannes Hieronymus Kapsberger (1580 ca.-1651), Alessandro Piccinini (1566-1638 ca.), Pietro Paolo Melij (1500-1620) e altri, repertorio presto sostituito dalla grande diffusione della chitarra spagnola, e delle intavolature di danza a essa dedicate.
La tecnica chitarristica sostituisce al difficile punteado del liuto, consistente nel suonare una per una le singole corde dello strumento per l’esecuzione del contrappunto, un rasgueado di tutte le corde per eseguire gli accordi, come nella moderna chitarra popolare; questa semplificazione unita a quella di una notazione che riporta pochi accordi stenografati al posto della complessa intavolatura liutistica, contribuisce alla diffusione popolare delle danze.
Spagna
La Spagna funge da trampolino per l’Europa di due danze il cui sviluppo sarà fondamentale nell’evoluzione della musica strumentale in tutto il continente: si tratta della ciaccona e della sarabanda, di origine centroamericana (certa per la prima, quasi certa per la seconda). La sarabanda entrerà tra le danze fisse della suite “ciclica”; anche la ciaccona sarà spesso inserita in suites, ma si svilupperà soprattutto come forma di basso ostinato su cui esercitare l’arte della variazione: fino ai nostri giorni i più grandi autori si sono cimentati nell’elaborazione di ciaccone.
Francia
In Francia per tutta la prima metà del secolo il dominio della danza stilizzata appartiene sicuramente ai liutisti, tanto che i clavicembalisti dell’epoca, da Champion de Chambonnières, a Jean-Henri d’Anglebert, a Louis Couperin, indugiano parecchio nella riproduzione degli idiomi liutistici prima di sperimentare un linguaggio autonomo.
In Francia la musica per liuto si diffonde ampiamente in raccolte a stampa che possono comprendere airs de cour (Antoine Boësset, Etienne Moulinié e tutti i maggiori autori del ballet de cour) trascrizioni di musica vocale, danze non ancora elaborate in suites, ma raggruppate per tipi.
In tutti questi brani all’esposizione di ciascuna sezione può seguire una ripresa variata alla maniera dei virginalisti inglesi (il Novus partus sive concertationes musicae di Jean-Baptiste Besard contiene tra l’altro una versione per tre liuti delle Lachrimae di John Dowland).
Inghilterra
All’inizio del secolo in Inghilterra sono ancora di moda la coppia variata di danze, altrove in disuso, o le danze singole raggruppate per genere, ricorrenti anche come composizioni per complesso di viole. Semplicidanze di autori come Thomas Simpson, James Harding, William Brade, Walter I Rowe, Edward Johnson, Anthony Holborne, John Dowland, Peter Philips che furono attivi in continente, sono presenti in raccolte tedesche e influenzeranno i compositori locali, Johann Hermann Schein in testa, primi artefici dello sviluppo della suite in senso stretto: intese cioè come forma ciclica di danze fisse.
Altro contributo britannico al genere è l’aver dato i natali alla giga, che sarà l’ultima delle danze fisse nella suite ciclica.
Germania
Nella Germania dei primi anni del secolo è attivo un gran numero di danzatori e di violisti inglesi; le opere di Thomas Simpson, il più celebre tra questi ultimi, sono stampate ad Amburgoe Francoforte. In parallelo Hans Leo Hassler, Samuel Scheidt e altri compositori tedeschi dell’epoca pubblicano raccolte di danze da quattro a sei archi o fiati, sempre col criterio di raggrupparle per tipo. Può anche comparire la coppia variata: pavana-gagliarda o le più moderne allemanda e corrente cui può aggiungersi l’intrada, un pezzo di natura processionale. A volte viene stampata una sola danza e la sua trasformazione in tempoternario, che in questo caso si chiama tripla o proportz, è lasciata all’improvvisazione.
Gli esperimenti che portano alla sistematizzazione della suite consistono proprio nella ricerca di diverse combinazioni di danze: nei primi anni del secoloIsaac Posch scrive suites a quattro e cinque parti suddivise in tre movimenti (gagliarda o corrente, danza e proportz), Paul Peuerl nelle raccolte del 1611-1620 elabora serie di quattro movimenti (padovana, intrada, danza e gagliarda).
Ma è soprattutto Schein, nel Banchetto Musicale del 1617, a dare ai suoi cicli di danze un assetto formale tale da tracciare un netto spartiacque tra le musiche da danza destinate al ballo e quelle destinate al solo ascolto.
Il principio che si viene formulando, e che con Peuerl e Schein possiamo considerare operativo, è quello della “suite variata”, consistente nella combinazione di due coppie variate e nella variazione progressiva dello stesso tema; il ciclo che se ne determina è doppiamente omogeneo: in senso tonale e melodico.
Le danze di Schein, per cinque strumenti, constano di cinque movimenti: padovana, gagliarda, corrente, allemanda, tripla: i primi tre, polifonicamente più elaborati, sono suonati da tutti gli strumenti, gli ultimi due, a scrittura accordale (più omoritmici), sono eseguiti da soli quattro strumenti. I primi tre brani iniziano come variazioni di uno stesso motivo per poi proseguire liberamente, gli ultimi due costituiscono una coppia variata. La volontà di unità tematica e tonale è sottolineata nella prefazione stessa dell’opera dove l’autore dichiara esplicitamente che le danze “si corrispondono l’un l’altra in tono e inventione”.
In Germania la suite variata, per gruppo strumentale, che con Schein raggiunge il suo vertice artistico, prosegue tuttavia fino a metà secolo in esempi meno significativi: Andreas Hammerschmidt (1636), Johann Neubauer (1649).
Rispetto a Schein questi autori si preoccupano meno dell’unità tematica tra i brani che compongono la suite e le loro opere si presentano più che altro come una semplice addizione di due coppie variate; inoltre, ferma restando la coppia pavana-gagliarda come apertura e perno del ciclo, tutte le altre danze possono presentarsi in qualunque combinazione.