RAPAPORT, David
Epistemologo e psicanalista nordamericano, di origine ungherese; nato a Munkács, od. Mukačevo, il 30 settembre 1911, morto a Stockbridge, Massachusetts, il 14 dicembre 1960. Immigrato negli Stati Uniti nel 1938, lavorò dapprima alla Menninger Clinic di Topeka (Kansas) e poi, dopo il 1948, all'Austen Riggs Center di Stockbridge (Massachusetts). Già nella sua prima importante opera (Emotions and memory, 1942) tentò un'integrazione dei dati psicanalitici, clinici e sperimentali in una visione unitaria che tenesse conto delle influenze emotive sui processi cognitivi. La stessa preoccupazione appare evidente nei notevoli lavori psicodiagnostici (Diagnostic psychological testing, 2 voll., 1945-46, in coll. con altri). Ma il suo contributo forse più notevole è da ritenersi il tentativo di sistematizzazione della teoria psicanalitica, il quale culminò in The structure of psychoanalytic theory (1960) e fu preceduto da una serie di ricerche riguardanti sia la concezione degli affetti sia in particolare la teoria del pensiero. L'assimilazione nel quadro della teoria psicanalitica, delle ricerche di E. Erikson sugli stadi dell'epigenesi psicosociale e l'approfondimento di alcune tesi della psicologia dell'Io (come il concetto di autonomia dell'Io di H. Hartmann) sono per R. presupposti per una possibile traduzione (o un possibile riavvicinamento) del discorso psicanalitico in quello della psicologia generale (significativo soprattutto il confronto con la psicologia di J. Piaget). Costante nelle sue opere, oltre al problema della correlazione pensiero-affettività, l'accento sul concetto di struttura psichica. Tra le altre opere: Organization and pathology of thought (1951); Collected papers (post., 1967; trad. it., Il modello concettuale della psicanalisi, 1978), in cui sono raccolti tutti i suoi saggi più importanti.
Bibl.: Merton M. Gill e G. S. Klein, The structuring of drive and reality: David Rapaport's contributions to psychoanalysis and psychology, prefazione ai Collected-papers.