DAZIO e DOGANA (XII, p. 423)
Storia. - Le due con ferenze internazionali tenute a Ginevra nel 1927 e 1928, avevano condotto alla firma di una convenzione, per cui gli stati che l'avevano ratificata si impegnavano a sopprimere entro il 30 settembre 1929 ogni divieto o restrizione all'importazione e all'esportazione, che non fossero imposte da necessità igieniche, morali od artistiche, e a non sostituirle con inasprimenti dei dazî esistenti. Ma non solo il numero delle ratifiche fu molto inferiore a quello degli stati che avevano partecipato alle conferenze (17 su 29); lo scoppio e il progressivo aggravarsi della crisi mondiale resero impossibile il rispetto di quella convenzione, che per il luglio 1934 fu denunciata da tutti gli stati che l'avevano accettata.
Così le raccomandazioni della conferenza economica internazionale del 1927 per una progressiva riduzione delle tariffe doganali e per il ripristino della clausola della nazione più favorita, che avevano trovato qua e là qualche timido inizio di attuazione, caddero, dopo l'autunno 1929, completamente nel vuoto. Prima della fine di quell'anno, misure di protezionismo agricolo estremamente severe furono adottate in Germania, in Francia e in Italia, aumenti di tariffe furono introdotti in Romania, Norvegia, Ungheria, Finlandia e in molti altri paesi. Questo movimento, che si accompagnava al consolidamento dei dazî esistenti e alla denuncia dei trattati in vigore, si accelerò e si estese a mano a mano che la depressione si diffondeva e si aggravava. L'adozione definitiva della tariffa Hawley-Smoot, estremamente protezionista, negli Stati Uniti, nel giugno 1930, fu presto seguita dall'inasprimento delle tariffe nel Canada, a Cuba, in Francia, nel Messico, in Italia, in Spagna, in Australia e nella Nuova Zelanda. Il Regno Unito abbandonò la sua vecchia tradizione libero-scambista, stabilendo dei dazî di emergenza nell'autunno 1931, e la prima tariffa doganale generale nel febbraio 1932. Ma l'efficacia del protezionismo doganale fu molto aumentata dal ritorno, in un numero sempre maggiore di paesi, al controllo dei cambî, al sistema dei contingenti e delle compensazioni bilaterali.
I numerosi tentativi fatti fra il 1931 e il 1933 di accordi internazionali per abolire o almeno attenuare tutti questi ostacoli agli scambî, fallirono completamente. Anzi, nel 1933, quasi contemporaneamente all'incontro di Washington fra Roosevelt, MacDonald e Herriot, in cui si era riconosciuta la necessità di un'azione costruttiva per diminuire le restrizioni di ogni sorta che inceppavano il commercio internazionale, gli Stati Uniti abbassarono del 40% il valore del dollaro, sganciandolo dall'oro e dandogli così il carattere di una moneta manovrata, allo scopo di favorire l'esportazione. Pochi mesi prima, gli accordi di Ottawa dell'agosto 1932 avevano istituito un sistema tariffario assai dettagliato, con numerose preferenze per gli scambî di determinati prodotti fra il Regno Unito e i Dominions: sistema preferenziale, che fu ampliato negli anni successivi, con aumenti della tariffa generale e concessioni di riduzioni per i prodotti del Commonwealth britannico.
Come reazione a questa nuova politica doganale britannica si manifestò in America una tendenza ad agevolare gli scambî reciproci fra gli stati del nuovo continente. Nella conferenza internazionale degli stati americani, tenuta a Montevideo nel dicembre 1933, si deliberò quindi di abbassare le barriere commerciali troppo elevate, negoziando accordi fondati su concessioni mutue e comprendenti la clausola della nazione più favorita; questo principio fu applicato dagli Stati Uniti con la legge del maggio 1934 (Reciprocal tariff agreement act), che segna una svolta nella politica tradizionale ultraprotezionista degli Stati Uniti, implicando l'abbandono dell'autonomia tariffaria seguita gelosamente fino a quel tempo. Prorogata due volte, nel 1937 e nel 1940, quella legge permise la stipulazione di accordi commerciali, non solo con altri stati americani, ma anche col Belgio, la Svezia, l'Olanda e la Finlandia.
Questi inizî promettenti di un mutamento d'indirizzo furono bruscamente interrotti dallo scoppio della seconda Guerra mondiale, alla fine della quale si son visti bensì alcuni paesi, come Francia e Belgio, spinti dalla penuria di alcuni prodotti, sospendere temporaneamente varî dazî d'importazione; laddove gli Stati Uniti si proclamano sempre più apertamente fautori del libero scambio, ma in generale continuano, se pure non si aggravano, tutti gli antichi ostacoli, nella forma dei controlli sui cambî, dei divieti d'importazione, dei contingentamenti, dei clearings bilaterali, che in parte son determinati dalla disastrosa situazione valutaria degli stati europei e dalla paurosa passività della loro bilancia dei pagamenti, ma in parte anche da interessi che da quegli ostacoli traggono il loro vantaggio. Anche le unioni doganali, proclamate o preannunciate (Benelux e Francia-Italia), presentano notevoli difficoltà d'attuazione.
Bibl.: Soc. des Nations, La politique commer. entre les deux guerres, Ginevra 1942; id., La polit. comm. dans le mond d'après guerre, ivi 1945.
La tariffa doganale italiana (XII, p. 427). - In Italia, per effetto del r. decr. legge 15 dicembre 1930, n. 1936, i dazî (già espressi in oro e commisurati in valuta legale in base al coefficiente di conversione di 3,67) vennero espressi direttamente in valuta legale; fu emanata - in conseguenza - una nuova edizione della tariffa, che andò in vigore il 10 marzo 1931.
Perciò negli accordi internazionali stipulati dall'Italia dopo tale data si convenzionarono o stabilirono dazî in lire legali. Nello stesso anno (r. decr. legge 24 settembre 1931, n. 1187), soprattutto per ragioni fiscali, fu istituito un sopradazio ad valorem del 15% o del 10% a seconda delle merci da importare. Questo sopradazio fu applicato su tutte le merci, a eccezione di quelle vincolate da trattati internazionali. Ma cinque anni dopo, in seguito all'allineamento della lira (r. decr. legge 5 ottobre 1936, n. 1745) con il dollaro e la sterlina già svalutati, i dazî non furono rivalutati in base alla nuova parità (ossia in termini di oro), atteso che si volle ristabilire l'antico rapporto tra lira e dollaro. Però, ad attenuare l'ascesa dei prezzi, che senza dubbio l'allineamento avrebbe determinato, fu soppresso il sopradazio ad valorem (r. decr. legge 5 ottobre 1936, n. 1747).
Dal 1936 al 1937 non furono emanati provvedimenti doganali degni di rilievo. Ciò si dovette anche e soprattutto al regime vincolistico quantitativo e valutario del commercio d'importazione vigente in Italia fin dal 1934, poiché in siffatto regime la tariffa non poteva certo conservare la sua antica efficacia di strumento regolatore dei rapporti commerciali con l'estero. Inoltre, dopo la guerra, tale efficacia è rimasta ancora più scossa: i dazî, espressi nella tariffa in lire legali e corrisposti in lire svalutate, sono divenuti irrisorî e hanno solamente una ragione fiscale, per giunta di scarsa importanza.
Scartata l'idea di aggiornare i dazî mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione - perché è stato ritenuto più opportuno elevare al 10% il "diritto di licenza" gravante su tutte le importazioni - l'Italia si avvia decisamente verso la tariffa basata esclusivamente non più sui dazî specifici, bensì su quelli ad valorem. In riguardo a questi ultimi giova avvertire che il progetto di tariffa doganale redatto a Ginevra (1931), successivamente modificato (1937), prevede solamente dazî ad valorem. Peraltro tale progetto è stato fatto proprio dalla Francia, la quale dopo averlo migliorato in tutti i particolari, ne ha desunto la sua nuova tariffa doganale, andata in vigore il 10 gennaio 1948. È facile perciò prevedere, anche in vista dell'unione doganale italo-francese, un generale adeguamento dell'attuale tariffa doganale italiana alla nomenclatura e alla natura dei dazî della tariffa francese.
L'unione doganale (XII, p. 429).
La convenzione economico-doganale-valutaria del 20 aprile 1939, stipulata tra l'Italia e l'Albania, stabilì che i territorî dei due regni dovevano considerarsi come formanti un unico territorio agli effetti dell'applicazione della tariffa e delle altre leggi doganali. Più tardi (accordi del 12 febbraio 1940), regolati gli impegni già assunti dall'Albania (riduzioni o vincoli daziarî) verso la Francia, la Iugoslavia e la Grecia, entrò in vigore (10 marzo 1940) l'unione doganale italo-albanese: all'Albania vennero estesi gli accordi commerciali, doganali e valutarî stipulati dall'Italia. È questa la prima unione doganale realizzata dall'Italia: ma, dato lo stato di guerra e il breve tempo in cui l'unione stessa restò in vigore, non è possibile valutarne la portata e i risultati.
Nel 1947 un'apposita commissione mista fu incaricata di studiare le possibilità d'una unione doganale tra l'Italia e la Francia e, con protocollo del 20 marzo 1948, i due stati stabilirono di predisporre il testo dell'accordo per attuare tra loro un'unione doganale, che dovrebbe in avvenire tramutarsi in un'unione economica.
Le economie dei due paesi, nei diversi settori, molto spesso non sono complementari. Tuttavia i caratteri di complementarità sono rilevanti per capitali e manodopera; nel campo agricolo, a fronte di molte produzioni concorrenti, sta la possibilità, attraverso specializzazione agrario, d'intensificare la produzione granaria francese per coprire il fabbisogno italiano; nel campo industriale, molti sono i rami concorrenti, ma si potrebbero conseguire vantaggi realizzando la specializzazione di produzioni, il coordinamento degli acquisti di materie prime all'estero e delle esportazioni di manufatti industriali. La realizzazione dell'unione italofrancese implica la risoluzione di molti gravi problemi concernenti l'unificazione della tariffa doganale (generalmente diversi sono i gradi di protezione di cui abbisognano le industrie dei due paesi), la ripartizione dei contingentamenti, l'impiego delle disponibilità valutarie, la necessità di fare ricorso a imposte di fabbricazione e ad altre imposte e tasse interne, ecc. Infine, l'Italia dovrà rinunziare alla politica doganale dei dazî specifici e accogliere i dazî ad valorem, sui quali si basa la tariffa francese in vigore dal 10 gennaio 1948.
Nel 1947 invano furono promosse intese, su iniziativa argentina, per la costituzione di una unione doganale tra gli stati dell'America Meridionale.
Nello stesso anno 1947, il Comitato della cooperazione economica europea propugnò la costituzione di un'unione economica europea facendola derivare soprattutto da un'unione doganale e con l'intento di farvi aderire i sedici paesi europei che fruiscono degli aiuti del Piano Marshall. A tale scopo fu costituito il "Gruppo di studî per l'unione doganale europea" (sede a Bruxelles), al fine di promuovere, innanzi tutto, la formazione di unioni doganali regionali (di due o tre stati ciascuna). Tali unioni, a mano a mano che si renderanno veramente efficienti, dovranno collegarsi tra loro in modo da formare una "rete di umoni" e arrivare, così, alla costituzione dell'unione doganale europea. In attuazione di questi principî, è sorta la prima unione doganale: quella tra il Belgio, l'Olanda e il Lussemburgo (v. Benelux, in questa App.), andata in vigore il 1° gennaio 1948. Subito dopo la seconda Guerra mondiale fu attuata l'unione doganale siro-libanese.
Le unioni doganali attualmente in vigore e quelle che sono allo studio, adottano tariffe basate su dazî ad valorem.
Bibl.: Kaufmann, Les Unions internationales de nature économique, in Recueil des cours de l'Académie de droit international, Parigi 1924, pp. 181-290; H. Truchy, L'Union douanière européenne, ibid., Parigi 1934, pp. 575-629; U. Ferrante, Osservazioni sull'Unione doganale italo-francese, in Rivista di politica economica, novembre 1947; E. Corbino, Articoli varî sull'uione doganale, in Tempo, 15 gennaio 1947; Gazzetta del Popolo, 7 febbraio 1948 e Globo, 25 febbraio 1948; Relazione per l'unione doganale italo-francese, in Relazioni Internazionali, n. 10, del 6 marzo 1948, parte II, dati statistici.