DECIO (Desio, De Desio)
Famiglia di artisti operosi in Lombardia nei secoli XV-XVI.
Giovanni, miniatore, fu attivo a Milano intorno alla metà del secolo XV. È autore dell'ornamento di un breve d'indulgenza del vescovo di Milano, datato 1450. Citato come "Gioanni de Desio", si ritrova negli Atti dell'Archivio capitolare di Torino: il 6 febbr. 1448 ebbe l'incarico di scrivere, annotare, miniare un Antifonario istoriato a lettere onciali grosse e minori per il prezzo di 250 fiorini, esclusi l'oro e le pergamene che gli furono pagati a parte entro l'anno.
Nel 1454 riceveva altri 100 fiorini, sempre per un libro da coro; nel 1455 gli furono inviati dal capitolo due canonici per ritirare altri libri da coro e invitarlo a venire a Torino con il figlio Giacomo, per terminare il suo lavoro. Nel 1456 si registra l'ultimo pagamento per l'Antifonario: il lavoro doveva essere terminato; comunque lo era certamente nel 1467, perché nell'inventario di quell'anno sono elencati "Antiphonaria nova septem per totum annum, tam ferialia, quam festiva". L'opera è da riconoscere nell'Antifonario diviso in sette volumi ancora presenti nell'Archivio capitolare, che il Rondolino (1898) così descrive: "alluminato a lettere unciali, quali maggiori e quali minori, a disegno corretto, con fogliami poco dissimili fra loro, di stile gotico e di colorito vivace".
Ma in epoca imprecisata, posteriore al 1898, i libri furono mutilati di tutte le miniature istoriate di maggiori dimensioni. Rimangono iniziali minori decorate con motivi vegetali o grottesche, di disegno netto, con dorature e colori intensi. Si può supporre che il furto avvenisse non molto dopo lo studio del Rondolino, considerata la reticenza del Toesca (1912), il quale si limita a citare tra gli artisti lombardi minori Giovanni da Desio, impegnato nella metà del '400 a "miniare libri pel duomo di Torino", senza esprimere giudizi o dare descrizioni. Il primo a segnalare il barbaro furto fu A. Midana (1929).
Giacomo, figlio di Giovanni, miniatore, era già morto nel 1495: infatti suo figlio Giovanni Antonio, nel contratto stipulato con i monaci della certosa di Pavia, e menzionato come "Iohannes Antonius de desio civis mediolanensis f. q. dni Jacobi" (Maiocchi, 1949, p. 59). Con ogni probabilità Giacomo è da identificarsi con Gian Giacomo da Desio, attivo ai tempi di Ludovico il Moro, che il Morigia (1595) definisce "de' rari miniatori della sua età, e tutte le sue opere furono degne di ammirazione, per le sue rare bellezze, insieme con l'intelligenza delle prospettive e de' paesi ed era unico nel disegno", scrivendone subito dopo Francesco Binasco, a sua volta maestro di disegno in giovinezza di Galeazzo Maria Sforza, ancora stipendiato come miniatore ducale all'epoca di Francesco II (1522-1535). È presumibile che i modi di Gian Giacomo fossero affini a quelli del Binasco, e non è da escludere che alcune delle numerose miniature riferite a quest'ultimo siano opera sua. In effetti l'attività del Binasco, che si estende per un cinquantennio a partire dall'ultimo decennio del '400, si svolge in parallelo prima con quella di Gian Giacomo, poi con quella di Agostino Decio.
GiovanniAntonio, scultore, era figlio di Giacomo. In data 27 novembre del 1495 presso la certosa di Pavia s'impegnava a consegnare "Capsam unam de lapidibus de Rocha de Robino et smeraldi longitudinis brachiorum trium et onzie unius..., largham brachii unius et onziarum duarum cum dimidia et altam onzias septem, fulcitam et bene lavoratam:.. politam... lustratam... secundum monstram lapidum... ad mediuni tondum..." (Maiocchi, 1949, p. 59) per la sepoltura di Gian Galeazzo Visconti, fondatore del' monastero. Quattro pezzi di pietra "mischulata auro", di cui due finiti solo da una parte, dovevano servire per il fregio della cassa, previa approvazione dello scultore G. C. Romano. Nel 1497, quando fu inaugurata la certosa, la cassa mancava e neppure fu eseguita negli anni successivi, poiché il 22 ag. 1503, non avendo potuto consegnare le pietre promesse, Giovanni Antonio pattuiva di cedere alla certosa un altro "petium lapidis conchavatum diversorum collorum. ut auro mischulatum" (ibid., pp. 179 s.), di maggior valore degli altri già promessi. Una proroga per la stima veniva chiesta il 6 settembre dello stesso anno da Giovanni da Garessio, a nome del priore. Il 30 dic. 1504 glì estimatori Benedetto Briosco e Giovanni Antonio Amadeo valutavano la citata pietra lavorata per la sepoltura e inoltre "tondos undecim lapidum diversorum colloruni..." (ibid., p. 201) che dovevano essere collocati sulla facciata della chiesa, per il prezzo di 800 libbre.
Il Morscheck (1978) ritiene di poter identificare questi tondi con alcuni dei dischi di porfido che si alternano nel terzo ordine della facciata al livello delle finestre e possono essere connessi con il progetto del portale; forse sono quelli che fiancheggiano i pannelli dei pilastri adiacenti al portale.
Un Giovanni Antonio Decio risulta autore di una xilografia del Breviarium .... humiliatorum, stampato a Milano nel 1548 dal tipografo Giovanni Antonio da Castiglione, raffigurante il profeta Isaia (f. 70v), dove in un cartiglio sospeso a ghirlande pendenti sopra la testa del profeta si legge "Io Anto... Cius. Fa". Le prime due lettere del cognome sono rimaste macchiate ed hanno creato difficoltà d'interpretazione, ma Baroni (1955) ha giustamente sciolto l'enigma come "Decius". La tipologia della cornice a girali con mascheroni centrali, la figura e il paesaggio corrispondono ai moduli dei primi decenni del '500, nel genere delle miniature attribuite a Francesco Binasco.
Rimane il dubbio se l'autore sia il Giovanni Antonio scultore già attivo per la certosa di Pavia nel 1495, o non coincida con Antonio, miniatore, fratello di Agostino, che compare in, un documento del 1553 come estensore di una supplica per il fratello imputato di omicidio (Malaguzzi Valeri, 1917, p. 227, n. 5).
Fonti e Bibl.: F. P. Morigia, Nobiltà di Milano, Milano 1595, p. 283 (per Giacomo); G. Mongeri-G. D'Adda, L'arte del minio nel Ducato di Milano, in Arch. stor. lomb., XII (1885), p. 782 (per Giacomo); C. Boito, Il duomo di Milano, Milano 1889, p. 208 (per Giovanni); F. Rondolino, Il duomo di Torino illustrato, Torino 1898, pp. 60, 64 (per Giovanni e Giacomo); L. Beltrami, La Certosa di Pavia, Milano 1907, p. 104 (per Giovanni Antonio); A. Ratti, Frate Antonio da Monza incisore ?Contributo alla storia delle arti grafiche milanesi, in Rass. d'arte, XII (1912), pp. 136-39 (per Giovanni Antonio); P. Toesca, La pittura e la miniatura in Lombardia [1912], Milano 1966, p. 226 n. (per Giovanni); F. Malaguzzi Valeri, La corte di Ludovico il Moro, Milano 1917, III, pp. 203 (per Giacomo), 227 (per Giovanni Antonio); A. Midana, Il Duomo di Torino e la R. Cappella della SS. Sindone, Torino 1929, pp. 99 ss. (per Giovanni); L. Sorrento, Stampe popolari e librifigurati del Rinasc. lomb. (catal.), Milano 1942, pp. 125 ss. (per Giovanni Antonio); R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia dall'anno 1330 all'anno 1550, II, Pavia 1949 (cfr. R. Cipriani, Indice del…, Milano 1966, sub voce Desio, Giov. Ant.). L. Castelfranchi Vegas, A proposito dei Decio mimatori lombardi…, in Commentari, III (1952), p. 194 (per Giovanni Antonio e Giacomo); C. Baroni, La pittura lomb. durante la crisi manieristica, Milano 1955 (dispense univers.), p. 49; S. Samek Ludovici, Illustr. del libro e inc. in Lombardia nel '400 e '500, Modena 1960, p. 9 (per Giovanni Antonio); C. Segre Montel, I manoscr. e i libri a stampa dell'Arch. capitolare di Torino, in Boll. della Soc. piemont. di archeol. e belle arti, XVIII (1964), pp. 32 ss. (per Giovanni); Schede Vesme, II,Torino 1966, p. 534 (per Giovanni); R. Bossaglia, Scultura, in La Certosa di Pavia, Milano 1968, p. 78, n. 63 (per Giovanni Antonio); S. Pettenati, I D. e i vetri eglomisés, in Per Maria Cionini-Visani. Scritti di amici, Torino 1977, pp. 48-51 (per Giovanni Antonio); C. R. Morscheck jr., Relief Sculpture for the Façade of the Certosa di Pavia, 1473-1499,New York-London 1978, pp. 67, 303, 318 (per Giovanni Antonio); E. Aeschlimann, Dictionnaire des miniaturistes, Milano 1940, pp. 54 (per Giacomo), 55 (per Giovanni, sub voce Desio); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 518.