deduzione
deduzione in logica, termine indicante il rapporto di derivazione che in un ragionamento lega la conclusione alle premesse. Poiché la deduzione ha carattere formale, prescinde cioè dal contenuto e dalla verità delle proposizioni su cui verte per considerarne solo la struttura logica, essa può essere identificata con l’insieme ordinato di formule (di cui l’ultima è la conclusione) ottenute da assiomi o da assunzioni particolari attraverso regole di trasformazione sintattica (regole di deduzione o di inferenza). Gli assiomi sono formule ben formate scelte tra le altre come elementi di partenza di tutte le possibili deduzioni e per questo costituiscono le ipotesi cioè le premesse di ogni possibile ragionamento.
Già nel sillogismo aristotelico si ritrova uno schema di deduzione che porta dalle premesse (premessa maggiore e premessa minore) a una conclusione come nel seguente esempio:
Una deduzione formale da ipotesi è, quindi, la rappresentazione rigorosa di un ragionamento all’interno di un sistema formale e consiste in una catena di deduzione, cioè una sequenza di formule ben formate ognuna delle quali è legata alla successiva da determinate regole.
Un esempio di regola di deduzione (o d’inferenza) è il modus ponens:
La linea orizzontale sta a significare che dalle due premesse: «se Marco è un pesce allora sa nuotare» e «Marco è un pesce», si è passati alla conclusione: «Marco sa nuotare». Questo tipo di ragionamento basato sull’applicazione di una o più regole di deduzione è detto inferenza logica. Una regola di deduzione è valida se la verità delle premesse è sufficiente a garantire la verità della conclusione.
In un sistema formale S è possibile dedurre una formula ben formata P in due modi:
• la formula P può essere dedotta direttamente a partire dai soli assiomi del sistema formale S tramite le regole di inferenza. In questo caso si usa il simbolo ⊢sP e si dice che P è un teorema di S;
• la formula P può essere dedotta a partire dagli assiomi della teoria e da una premessa, o ipotesi, A attraverso le regole di inferenza. In questo caso si usa il simbolo A ⊢ sP e si dice che P è conseguenza logica dell’ipotesi A.
In quest’ultimo caso l’ipotesi A viene detta ipotesi ausiliaria. Aggiungere una ipotesi ausiliaria A corrisponde a un tipo di ragionamento, frequente in matematica, che si esprime con frasi del tipo: «supponiamo vera A: allora risulta vera P». Una dimostrazione di P a partire dall’ipotesi ausiliaria A è equivalente a una dimostrazione della proposizione «A implica P» che simbolicamente è indicata con A ⇒ P. Ciò è dovuto al teorema di deduzione che si enuncia nel modo seguente: se dalla formula A e dagli assiomi di S è dimostrabile la formula P, allora A ⇒ P è un teorema di S. Più sinteticamente: se A ⊢ sP allora ⊢ sA ⇒ P. Attraverso il teorema di deduzione, la catena di derivazione che porta dall’ipotesi A alla conclusione P si riflette nel connettivo di implicazione, divenendo così interna al linguaggio formale.
La considerazione del solo momento sintattico nel definire il concetto di deduzione non comporta in realtà alcuna limitazione, poiché la nozione di deduzione così definita ha il suo immediato riflesso in quella semantica di conseguenza logica. Tuttavia la crisi che seguì alla evidenziazione dell’implicita limitatezza dei sistemi formali, realizzata dai teoremi di Gödel, portò a sottoporre la nozione di deduzione, così come era stata assunta da D. Hilbert nella sua assiomatizzazione della geometria, a differenti analisi. In particolare G. Gentzen, che di Hilbert fu allievo, introdusse i cosiddetti sistemi di deduzione naturale, che non hanno assiomi, ma solo regole, stabilite per essere il più possibile aderenti all’effettivo procedimento argomentativo matematico: in tal modo le dimostrazioni assumono una caratteristica forma “ad albero” che consente di evidenziare le assunzioni coinvolte. Sfruttando questi sistemi, in cui al posto di singoli enunciati sono esaminati i rapporti fra successioni di formule, Gentzen riuscì a ottenere alcuni importanti risultati (→ sequenti, calcolo dei).