Demètrio I re di Macedonia, detto il Poliorcete (gr. Δημήτριος ὁ Πολιορκητής, lat. Demetrius Poliorcetes). Uomo energico, attivo, ricco di ingegno ma incostante, D. fu re di Macedonia ed è ricordato come una delle figure più notevoli della storia macedonica. Per l'abilità esplicata nell'assedio di Rodi (305-304 a.C.), gli fu attribuito l'appellativo di Poliorcete.
Figlio (336 a. C. circa - 283 o 282 a. C.) di Antigono Monoftalmo, è ricordato per la prima volta nel 317, nella guerra contro Eumene; nel 312 comandò l'esercito paterno nella battaglia di Gaza. Nel 307 si impadronì di Atene, cacciandone Demetrio Falereo e restaurando la democrazia: col padre fu salutato come salvatore della città e in loro onore si istituirono le nuove tribù Antigonide e Demetriade. Nel 306 guidò la spedizione di Cipro contro Tolomeo I e in seguito alla sua vittoria, egli e il padre assunsero il titolo di re, seguiti subito in questo dagli altri diadochi. Tra il 305 e il 304 assediò Rodi a lungo e invano, costretto infine a tornare in Grecia richiamato da nuove difficoltà. In Grecia combatté contro Cassandro, e, liberata tutta la regione a sud delle Termopili, ricostituì la lega di Corinto, fondata da Filippo II. Chiamato in Asia dal padre, partecipò alla battaglia di Ipso (301), in cui Antigono perdette la vita e il regno. Rimanevano a D. poche città fedeli in Asia mentre la Grecia si ribellava: riuscì però, valendosi della sua superiorità marittima, a riconquistare Atene liberandola dalla tirannide di Lacare (295 circa). La torbida situazione, creatasi in Macedonia dopo la morte di Cassandro (298), permise a D. di invaderla e di farvisi proclamare re dall'esercito (294). Tentò poi di invadere il regno di Lisimaco in Tracia (292) e quello di Pirro in Epiro (289); fallì ambedue le volte. L'anno dopo, nell'intento di ricostituire il vasto dominio asiatico del padre, intraprese una spedizione in Asia, che si risolse in un disastro: Pirro e Lisimaco invasero e si divisero la Macedonia mentre D., seguito contro voglia dai suoi stessi soldati, finì con l'arrendersi a Seleuco; morì cinque anni dopo, prigioniero. Gli nocque il disegno troppo audace, mai abbandonato, di ricostituire l'impero paterno.