DEODATO di Orlando
(o Orlandi)
Pittore lucchese la cui attività si svolse principalmente in area pisano-lucchese tra il Duecento e il Trecento. È ricordato per la prima volta nel 1284 fra i partecipanti al Consiglio generale del popolo di Lucca, al quale erano ammessi i cittadini che avessero compiuto i diciotto anni d'età; la sua data di nascita dovrebbe dunque cadere nella prima metà del settimo decennio del sec. 13° (Garrison, 1951). Documentato nuovamente a Lucca nel 1315, risulta già morto in un altro documento lucchese del 16 ottobre 1331 (Garrison, 1949; 1951).Tra le opere più antiche che si possono attribuire a D., testimonianti un'intelligente interpretazione della fiorente cultura locale dei Berlinghieri, sono da annoverare l'affresco con la Madonna con il Bambino, s. Francesco e il donatore nella lunetta sovrastante la tomba di Bonagiunta Tignosini nel chiostro di S. Francesco a Lucca (dopo il 1274) e il Crocifisso (Garrison, 1949, nr. 506) proveniente dalla sagrestia della chiesa di S. Francesco a Pisa (Pisa, Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo). Nel 1288 il pittore firma e data il Crocifisso dipinto per la chiesa di S. Cerbone nei pressi di Lucca (Lucca, Mus. Naz. di Villa Guinigi), che denuncia in maniera inequivocabile il riflesso dell'arte cimabuesca. Il Crocifisso già nella chiesa del Conservatorio di S. Chiara a San Miniato (Pisa), ora nel locale Mus. Diocesano d'Arte Sacra, firmato e datato 1301, è interpretato invece come uno dei più precoci riflessi dell'attività di Giotto, con particolare riferimento alla croce dipinta di S. Maria Novella a Firenze. Allo stesso anno appartiene anche il dossale con la Madonna e il Bambino tra i ss. Domenico, Giacomo, Pietro e Paolo, probabilmente capolavoro dell'artista (Pisa, Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo). La serie di opere datate prosegue con la Madonna con il Bambino (già New York, Hurd Coll.), datata 1308, con ogni probabilità in origine al centro di un dossale assai simile a quello del museo pisano, che lascia trasparire vaghi accenti stilistici seneseggianti.Il vasto ciclo ad affresco, con le Storie dei ss. Pietro e Paolo nella chiesa di S. Piero a Grado presso Pisa, portato a termine dalla bottega di D. entro i primi anni del Trecento, deriva nell'iconografia da quelli dipinti da Cimabue nel quadriportico della basilica di S. Pietro in Vaticano e nella basilica superiore di S. Francesco in Assisi. L'adesione degli affreschi agli esempi romano-assisiati è tale da far presupporre un soggiorno romano dell'artista (Longhi, 1948). Del perduto mosaico con la Madonna con il Bambino e due angeli, un tempo nella lunetta sovrastante una porta laterale del duomo di Lucca, rimane presso l'Opera del Duomo un disegno che riporta una scritta frammentaria con la firma e la data, letta 1314 da Garrison (1951).Al periodo estremo dell'attività del pittore dovrebbe spettare l'intensa tavoletta raffigurante la Madonna con il Bambino in trono con un santo vescovo che presenta un frate (Roma, coll. privata; Garrison, 1951, fig. 8). Nel corso della sua lunga operosità D. mantenne inalterati e ben individuati i suoi accenti stilistici, caratterizzati soprattutto da una felice vena narrativa e cromatica; nel contempo egli dimostrò viva e precisa attenzione ai fatti artistici più rilevanti in uno dei periodi cruciali della storia dell'arte italiana.
Bibl.:
Fonti. - M. Ridolfi, Sopra i tre più antichi dipintori lucchesi dei quali si conoscono le opere, Atti della Accademia lucchese di scienze, lettere e arti 13, 1845, pp. 345-393: 367-368, 370-382; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte dai documenti pisani, Pisa 1897, pp. 134-135, 187, 394.
Letteratura critica. - P. d'Achiardi, Gli affreschi di San Piero a Grado presso Pisa e quelli già esistenti nel portico della Basilica Vaticana, "Atti del Congresso internazionale di scienze storiche, Roma 1903", VII, Storia dell'arte, Roma 1905, pp. 193-285; O. Sirén, Toskanische Maler im XIII. Jahrhundert, Berlin 1922, pp. 121-128; Toesca, Medioevo, 1927, pp. 991, 1037 n. 42; Pittura italiana del Duecento e Trecento. Catalogo della mostra giottesca di Firenze del 1937, a cura di G. Sinibaldi, G. Brunetti, Firenze 1943 (19812), pp. 28-35; R. Longhi, Giudizio sul Duecento, Proporzioni 2, 1948, pp. 5-54: 26-27; E.B. Garrison, Italian Romanesque Panel Painting, Firenze 1949, pp. 16-17; id., Toward a New History of Early Lucchese Painting, ArtB 33, 1951, pp. 11-31; E. Carli, Pittura medievale pisana, Milano 1958, pp. 54, 63; id., Pittura pisana del Trecento. Dal ''Maestro di S. Torpé'' al ''Trionfo della morte'', Milano 1958, pp. 13-15; F. Bologna, La pittura italiana delle origini, Roma-Dresden 1962, p. 130; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, III, 1, Central Italian and North Italian Schools, London 1968, p. 107; G. Previtali, Giotto e la sua bottega, Milano 19742 (1967), pp. 32-35, 44; J. Wollesen, Die Fresken von San Piero a Grado bei Pisa, Bad Oeynhausen 1977, pp. 127-148; A. Caleca, s.v. Orlandi, Deodato (Dato, Datuccio) da Lucca, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, p. 646; L.C. Marques, La peinture du Duecento en Italie centrale, Paris 1987, pp. 215-216, 282-283; Frühe italienische Malerei. Gemäldegalerie Berlin, a cura di M. Boskovits, Berlin 1988, pp. 29-31; G. Damiani, s.v. Deodato di Orlando, in DBI, XXXIX, 1991, pp. 2-4.A. Tartuferi