derivazione
La derivazione è un processo morfologico che consiste nella formazione di una parola nuova tramite l’aggiunta di un affisso (➔ affissi), cioè di un elemento non libero (tecnicamente, un morfo legato), a un elemento lessicale (una radice, un tema o una parola autonoma) detto base. Si distingue in questo dalla ➔ flessione, che produce invece forme diverse di una stessa parola.
A seconda della posizione, gli affissi si distinguono in ➔ prefissi (se sono aggiunti all’inizio della parola) e ➔ suffissi (se sono aggiunti alla parte finale della base). I rispettivi processi sono detti prefissazione e suffissazione. Ci sono anche affissi che possono interrompere la base lessicale (chiamati, a seconda delle diverse caratteristiche, transfissi, ➔ infissi o interfissi). L’italiano utilizza pochi infissi per formare alterati (per es., top-ol-ino, oss-ic-ino; ➔ alterazione) e alcune forme della coniugazione dei verbi in -ire (cfr. finire / fin-isc-o, dorm-ire / dorm-o).
La posizione degli affissi non è collegata direttamente alla loro funzione, anche se in italiano i significati espressi dai prefissi e dai suffissi sono nettamente distinti, e solo questi ultimi possono determinare un cambiamento di categoria lessicale rispetto a quella della base (oltre ad essere impiegati, a differenza dei prefissi, per esprimere i valori anche delle categorie flessive; ➔ flessione).
I suffissi servono per lo più alla formazione di nomi di azione (alimentazione, insegnamento; ➔ azione, nomi di), di nomi di qualità (umanità), di nomi di luogo (pizzeria), di nomi di agente (scalatore, sondaggista; ➔ agente, nomi di), di nomi astratti (garantismo; ➔ astratti, nomi), di verbi (socializzare), di aggettivi di relazione (commerciale, storico; ➔ relazione, aggettivi di) e di aggettivi deverbali (decorativo, lavabile).
I prefissi sono impiegati soprattutto per esprimere localizzazioni spaziali (extracomunitario, sottomarino) e temporali (precongelare, postoperatorio), negazione (inutile, decontaminare), ripetizione (riscrivere). L’unico ambito di parziale sovrapposizione riguarda l’espressione di alterati e valutativi (canticchiare, suffissato, contro strapagare, prefissato); se l’alterazione debba essere collocata nell’ambito della derivazione è un argomento controverso. I suffissi sono il tipo di affisso più impiegato nelle lingue per la derivazione, e l’italiano non fa eccezione. Com’è caratteristico delle lingue di tipo fusivo o flessivo (➔ lingue romanze e italiano), l’italiano di norma dispone di più di un affisso derivazionale per esprimere un dato significato.
Parole derivate possono essere ottenute anche tramite l’aggiunta di morfi discontinui (detti circonfissi), costituiti dalla combinazione di un prefisso e di un suffisso. Si tratta di una costruzione piuttosto rara. In italiano, e nelle altre lingue romanze, si può però considerare di tale natura il processo, abbastanza produttivo, per la derivazione di verbi a partire da nomi (per es., abbottonare, imbrigliare) o da aggettivi (per es., addolcire, indebolire; ➔ parasintetici).
Può essere compresa nella derivazione anche la ➔ conversione, un processo di formazione delle parole che determina il cambiamento della parte del discorso (➔ parti del discorso) senza l’esplicita aggiunta di affissi derivazionali (per es., copia → copiare, arrivare → arrivo).
Le parole derivate sono più complesse di quelle di base, in quanto di norma risultano dall’aggiunta di morfemi derivazionali; la derivazione per retroformazione (➔ retroformazioni), consistente nella sottrazione di affissi, costituisce un processo marginale. Nelle parole derivate regolari, il contributo semantico degli affissi è costante e le differenze di significato fra parole derivate con uno stesso affisso dipendono dalla differenza di significato della base, che funge da variabile.
Le parole derivate stabiliscono con la base un rapporto semantico che può essere descritto come una parafrasi: per es., il significato degli aggettivi derivati con il suffisso -bile (digeribile, utilizzabile) può essere espresso dalla parafrasi «che può essere X-to», in cui la X corrisponde al tema del participio passato di un verbo transitivo. I nomi derivati con il suffisso -tore indicano una persona che svolge in modo abituale, ripetuto, o per professione, l’attività espressa dal verbo di base (per es., programmatore, pulitore, tessitore), o la macchina o lo strumento che compie o serve a compiere l’azione espressa dal verbo (per es., amplificatore, calcolatore, caricatore). L’estensione di significato da «colui che compie l’azione» a «strumento usato per realizzarla» è piuttosto comune nelle lingue, come anche quella da nome di azione a risultato (per es., cucitura, limatura, guarnizione, protezione). Non è invece un significato prevedibile, ad es., per quel che riguarda il rapporto fra nome d’azione e di risultato e la sua base, quello di naturalizzazione «concessione della cittadinanza a una persona straniera».
La principale funzione della derivazione è quella di permettere al lessico di ampliarsi in modo regolare. La derivazione rende infatti possibile la formazione di serie di nuove parole. Tale procedimento, che riutilizza materiali già esistenti nella lingua, consente una più agevole decodifica e ha minor costo di memoria rispetto alla formazione di parole mediante basi diverse (cfr. le derivazioni regolari alcol → alcolico, bove → bovino, con quelle suppletive acqua → idrico, cavallo → equino; ➔ allomorfi; ➔ suppletivismo).
Le parole derivate italiane appartengono alle categorie lessicali maggiori (nome, aggettivo, verbo, avverbio), che formano classi aperte. Le basi sono costituite da parole semplici (per es., credere → credibile, certo → incerto) o complesse: derivate (credibile → incredibile, incerto → incertezza) o, raramente, composte (crocerossa → crocerossina). Nel caso di parole contenenti più suffissi derivazionali, è il più esterno a determinare la categoria lessicale e la classe flessiva cui appartiene la parola derivata. I prefissi non hanno infatti questa capacità. Il cumulo di suffissi è un procedimento comune in italiano contemporaneo, in particolare nei linguaggi settoriali (per es., soci-al-izz-abil-ità, con quattro suffissi); solo eccezionalmente si hanno invece in una parola più di due prefissi, e già la doppia prefissazione (per es., pre-ri-caricare) non è molto frequente.
La sequenza derivazionale di una parola che presenta più di un suffisso è ovvia dato che segue l’ordinamento lineare: utile → ut-il-ità → utilit-ario. Più complessa è l’interpretazione della sequenza derivazionale in parole che presentano sia prefissi sia suffissi, quale, ad es., indecifrabilmente. La sequenza derivazionale cifra → cifr-are → de-cifrare → decifra-bile → in-decifrabile → indecifrabil-mente è giustificata dal tipo di base che ciascun affisso seleziona: ad es., il prefisso negativo in- si premette ad aggettivi e non a verbi, quindi il suo intervento è necessariamente successivo a quello del suffisso aggettivale -bile.
L’aggiunta di affissi può determinare processi che modificano parzialmente la base e possono rendere meno facile e regolare l’analisi nelle parti costituenti, come nel caso di troncamenti di suffissi (cfr. sfera → sferico con cinismo → cinico, dolomite → dolomitico con difterite → difterico) o di modifiche nella divisione sillabica (cfr. a.gi.re / in.te.ra.gi.re, u.ni.re / di.su.ni.re). Differenze rispetto alla forma attesa sono spesso dovute all’impiego di parole di origine latina e con tradizione dotta o, all’opposto, popolare (per es., fendere / fessura, cfr. fenditura, cuore / cordiale, non *cuorale, emettere / emissione, non *emettizione) o all’intervento di processi fonologici non più attivi (per es., piede / pedestre, fuoco / focoso).
Maggiori difficoltà per la corretta interpretazione della parola derivata sono determinate dalla deriva semantica di una parola, che porta allo sviluppo di significati diversi da quello primario. Si tratta di un processo che riguarda tutte le parole indipendentemente dalla loro struttura morfologica (si pensi all’evoluzione semantica di parole non derivate come penna o calcolo), ma che nel caso di parole derivate altera il rapporto regolare fra base e affisso, non permettendo la comprensione del significato della parola a partire dall’interazione degli elementi che la compongono. Si pensi a parole come stazione, trasmissione, dirigibile, che oltre al senso, rispettivamente, di «atto di stare, sosta», «azione di trasmettere», «che può essere diretto», sono usate anche nel senso, rispettivamente, di «insieme degli impianti, degli edifici e dei servizi necessari alla sosta dei mezzi di trasporto», «programma radiofonico o televisivo», «aerostato».
Un altro fattore che concorre a oscurare la relazione fra base e affisso in una parola derivata è la perdita di produttività degli affissi. La produttività è la possibilità di un affisso di servire alla formazione di parole nuove; è una caratteristica di tipo graduale: è possibile che un affisso diminuisca la sua capacità di formare parole fino a diventare improduttivo. La possibilità di interpretare il significato a partire dalle componenti si ha solo con affissi produttivi, mentre la perdita di produttività provoca la difficoltà di identificare gli affissi anche dal punto di vista formale. Un suffisso di produttività scarsissima o nulla in italiano è -ita, presente in parole come crescita, mescita, nascita, vincita; mentre del tutto improduttivo è il suffisso -ido, il cui impiego in parole le cui basi non sono autonome (per es., acido, arido, limpido, pallido, putrido, timido) rende molto difficile e di fatto inutile, se non a fini etimologici, il suo riconoscimento da parte della generalità dei parlanti.
L’esistenza di numerose parole derivate ereditate dal latino, le cui basi non sono usate come parole indipendenti in italiano (per es., detrimento, ovazione, massaggio, cesura, perpetuo, perplesso, secernere, segregare, offrire), è un altro fattore di parziale irregolarità nel lessico. In tali parole gli affissi sono in genere identificabili da un punto di vista formale e spesso anche semantico, ma per la generalità dei parlanti il significato della parola non può essere ricavato dal rapporto fra base e affisso, come è invece normale per le parole derivate regolari.
La probabilità che una parola sia analizzabile in costituenti da parte dei parlanti (e quindi risulti almeno parzialmente motivata) è tanto più alta quanto più la parola fa parte di serie sistematiche: abduzione, conduzione, deduzione, induzione, produzione, riduzione, seduzione; assistere, consistere, desistere, insistere, persistere, resistere.