LIBICO, DESERTO (A. T., 113-114)
Il Deserto Libico è una parte del Sahara, alla quale è rimasto il nome etnico che gli antichi applicavano all'insieme; nome che risultava necessario, perché questa parte possiede effettivamente un'individualità geografica ben distinta. Dal lato orientale il Deserto Libico ha un limite preciso: esso comincia esattamente e bruscamente alla valle del Nilo. Dal lato occidentale si potrebbe incorporarvi la parte del Sahara attraverso la quale passano le comunicazioni tra la Cirenaica e Cufra; ma mentre ciò sarebbe giustificabile sotto l'aspetto fisico, unirebbe invece sotto l'aspetto umano due mondi del tutto diversi. Sembra quindi ragionevole fare coincidere il confine occidentale del Deserto Libico col limite occidentale del grande erg libico.
Il Deserto Libico non presenta speciali caratteristiche geologiche: è una parte della grande piattaforma desertica. Salvo che a S., l'antico penepiano di rocce cristalline è generalmente coperto da una sovrapposizione orizzontale di rocce sedimentarie, composte lungo il Mediterraneo, in Marmarica, da calcari miocenici; in tutto il S. da formazioni tra le quali domina la famosa arenaria nubiana, che è probabilmente cretacica, almeno negli strati superiori. È questa, salvo lievi differenze, la struttura che si ritrova in tutto il Sahara. Il Deserto Libico non ha caratteristiche proprie neppure nei riguardi del clima. Naturalmente le piogge vi sono scarsissime, ma non è possibile dimostrare che vi siano più scarse che nel resto del Sahara. La caratteristica del Deserto Libico è costituita dalla sua conformazione. Altrove, non solo nel Sahara occidentale ma anche nella catena arabica tra il Nilo e il Mar Rosso, il Sahara è solcato da uidian quaternarî oggi morti, ma le cui valli fossili, ancora coerenti, sono profondamente incise nella roccia. Nulla di simile si nota nel Deserto Libico. Non ch'esso sia rimasto privo d'acque correnti per tutta la serie delle epoche geologiche: al Fayyüm, a Moghāra, presso l'uadi Natrūn, i geologi hanno trovato faune fluvio-marittime che hanno vivamente interessato i paleontologi e che attestano l'esistenza di grandi delta a O. del Nilo attuale. Tuttavia, i fiumi in cui quelle faune vissero sono estremamente antichi. distribuiti dall'Eocene al Pliocene; terziarî, quindi, e non quaternarî. Gl'influssi desertici e gli agenti atmosferici hanno avuto il tempo di cancellare ogni traccia coerente delle erosioni di tali fiumi. Il Deserto Libico è la parte del Sahara in cui il clima arido ha avuto più tempo d'imprimere il proprio carattere, col risultato d'una conformazione desertica senile.
Questo fatto ha prodotto molte conseguenze. Una prima conseguenza è l'erg libico, il quale copre sulla carta una regione che s'estende per circa 12° in latitudine e 4° in longitudine. È probabilmente il più gigantesco ammasso di dune di tutta la terra e il tempo non può aver mancato di contribuire a formarlo. Il viaggio compiuto nel 1925 dal principe Kemāl ed-Din ha portato qualche luce sull'estremo lembo meridionale della regione; ma in generale l'erg si è sottratto all'esplorazione come alla penetrazione delle carovane; è rimasto impenetrabile attraverso tutti i millennî e forma un compartimento stagno tra il Deserto Libico e il Sahara occidentale: le sole comunicazioni si sono svolte sempre lungo il Mediterraneo per l'oasi di Giove Ammone (Sīwa).
Tra l'erg libico e il Nilo, il deserto è abbastanza conosciuto grazie ai bei lavori del Geological Survey egiziano. La caratteristica saliente di questa zona è costituita da un arcipelago d'oasi: el-Khārgah (congiunta alla rete delle strade ferrate egiziane), ed-Dākhlah, el-Farāfrah e el-Bahriyyah. Esse debbono l'esistenza all'affioramento locale di falde acquifere profonde che sgorgano allo stato termale. È a esse che Erodoto, grecizzando una parola egiziana, applicò per la prima volta il nome di oasi che poi ebbe fortuna. ed-Dākhlah ha 17.000 ab.; el-Khārgah 8000; el-Bahriyyah 6000; el-Farāfrah 632.
Questi abitanti costituiscono tutta la popolazione del Deserto Libico che non ha mai avuto nomadi, perché le grandi tribù nomadi del Sahara, allevatrici di cammelli, sono vincolate ai pascoli degli uidian quaternarî.
Che il Deserto Libico sia immune da nomadi e che l'erg libico formi un compartimento stagno, sono due fatti che ebbero grande importanza per lo sviluppo lungo e pacifico della civiltà egiziana. Grazie a queste circostanze, i faraoni furono sempre monarchi sedentarî, contrariamente ai re di Babilonia e di Ninive che furono capi guerrieri di tribù nomadi.
Storia dell'esplorazione. - Il Deserto Libico era prima della guerra italo-turca, nel suo corpo principale, presso a poco terra incognita. Soltanto intorno alla regione marginale di oriente si aveva una certa messe di notizie; ma anche qui alcune vecchie carovaniere, un tempo frequentemente percorse - da Giarabub a el-Bahriyyah, da Giarabub a el-Farāfrah e a ed-Dākhlah, da questa a Selime, e da Selime a Dongola - erano, dopo la penetrazione degli Anglo-Egiziani dalla valle del Nilo verso il Sudan, sempre meno frequentate: la via da ed-Dākhlah a Selime era stata tuttavia percorsa dal Lyons nel 1893-94, mentre nella regione a SO. di Selime nessun europeo si era spinto addentro dopo il Browne, il cui itinerario (1793) è in gran parte incerto. Nel 1903 Hodgson aveva raggiunto da Augila i pozzi di Bir Natrūn. Notevolissime esplorazioni aveva compiute il King nella zona a SO. di ed-Dākhlah fino al Tropico (1909-11). Per quanto riguarda il lembo occidentale, un solo europeo era, come è noto, pervenuto fino alle oasi di Cufra, il Rohlfs (1879), che vi si era spinto da Augila per Tazerbo. Su questo gruppo di oasi, come pure su altre sparse nella vasta zona desertica, su luoghi d'acque, su vie carovaniere si aveva poi tutta una serie di notizie indirette più o meno incerte: due vie carovaniere traversanti l'intero deserto erano ancora frequentate prima della guerra: quella da Bengasi per Augila e Cufra al Uadai e quella da Isnā per Kurkūr e Selime al Dārfūr. L'insieme delle conoscenze sul Deserto Libico al 1914 si trova accuratamente riassunto e discusso da E. Banse nello scritto citato sotto.
Durante la guerra italo-turca e la guerra mondiale continuò l'apporto delle notizie indirette, ma inoltre si verificarono nuove traversate su percorsi prima non battuti da Europei: nel 1917 ufficiali della missione Tilho si spinsero dal Tibesti fino ai pozzi di Sarra sulla via di Cufra; nello stesso anno la spedizione Ball e Mosse si spingeva dall'oasi di ed-Dākhlah fino al piede dell'altipiano detto Gift Kebir; nel 1918-19 il sergente francese Lapierre, prigioniero dei Turchi, fu condotto dal Fezzan per Uau-en Namus a Tazerbo e a Cufra. Subito dopo la guerra (1920-21) penetrò fino a Cufra l'esploratrice inglese Rosita Forbes in un viaggio memorabile per ardimento (v. forbes).
Nell'ultimo decennio ha assunto particolare importanza l'esplorazione sistematica movente dall'Egitto e operante specialmente con automezzi. Nel 1923 Hassanein bey, compagno della Forbes, penetrato da Sollum per Gialo fino a Cufra e spintosi di qui verso SE., scopriva le "Oasi perdute" di Archenu e Auenat, tra 22°30′ e 22° lat. N. e di qui raggiungeva poi l'Erdi; e queste stesse oasi visitava due anni dopo il principe Kemāled-Din, cui si deve una magnifica rete di itinerarî nella zona orientale e sudorientale del Deserto Libico. Frattanto una nuova traversata in senso meridiano - dal Tibesti per Cufra ad Augila - compiva il Bruneau de Laborie nel 1923. Seguirono le esplorazioni di Newbold e Shaw (1927) nella parte sud-orientale, di Beadnell (1928), di Clayton (1931), e di R.A. Bagnold (1929, 1930 e 1932); la cartina annessa mostra la rete di questi itinerarî, rete le cui maglie si vanno sempre più restringendo.
D'altro lato molto giovarono alla conoscenza del Deserto Libico le occupazioni italiane di Uau, di Giarabub e di Cufra; quest'ultima preceduta da ricognizioni notevolissime (capitano A. Vitale, 1927) ed eseguita, come è noto, da varie colonne convergenti; tra queste, quella proveniente dal Fezzan, traversò zone mai per l'innanzi percorse rivelando l'esistenza di aree montuose a SO. di Cufra, in prolungamento del Tibesti. Dopo l'occupazione di Cufra le ricognizioni italiane si moltiplicarono; inoltre la missione scientifica di A. Desio (1931) raggiunse ancora una volta le oasi di Archenu e Auenat, fu compiuta l'ascensione del Gebel Auenat e l'esplorazione delle regioni contermini fu estesa anche più recentemente da altre spedizioni (Di Caporiacco, 1933, ecc.).
Bibl.: Si vedano le carte e le monografie pubblicate dal Geological Survey d'Egitto. Inoltre: H. J. Beadnell, Dakhla oasis, Cairo 1901; id., Baharia oasis, ivi 1903; id., Farafra oasis, ivi 1901; id., Topography and geology of the Fayum Province; W. F. Hume, Geology of Egypt, Cairo 1925; E. Banse, Der gegenwärtige Stand der Erforschung der Libyschen Wüste und Tibestis, in Petermitter Mitteilungen, 1914; King, The Libyan Desert from native Information, in Geogr. Journ., 1913.