AGNELLO (Agnello Andrea), detto Agnello Ravennate
Nacque negli ultimi anni del sec. VIII o nei primi del IX: in un passo, nel suo Liber pontificalis ecclesie Ravennatis, della vita dell'arcivescovo Aureliano, che egli lesse negli anni tra l'827 e l'832, dichiarava di avere trentadue anni e dieci mesi (Liber, cap. 54).Venne chiamato A. e aggiunse solo in seguito il nome di Andrea in memoria del nonno (Liber, cap. 83). Fu di famiglia cospicua e illustre, come si rileva dai versi di un anonimo scolastico premessi al suo Liber e da molti passi di quest'opera. Ancora fanciullo aggregato al clero della Basilica Ursiana, vi ricevette un'educazione accurata. Sotto l'arcivescovo Martino egli ebbe, prima dell'810, l'investitura della chiesa di S. Maria ad Blachernas, mentre per eredità del diacono Sergio, suo zio paterno, ricevette il monastero di S. Bartolomeo. Fu ordinato sacerdote da Petronace, che pontificò tra l'817 e l'835. Forse nell'837-838 accompagnò a Pavia l'arcivescovo Giorgio, che fu padrino di battesimo di Rotruda, figlia di Lotario I (Liber, capp. 94, 171). Da alcuni accenni nella sua opera appare che egli era ancora in vita all'epoca della battaglia di Fontanetum, nell'841. Non conosciamo nessun altro dato sicuro sulla sua biografia. Ma la sua personalità, le sue idee, la sua cultura risultano vivacemente dalla sua opera.
Se ama Ravenna, perché la sua patria è la cornice che esalta e dà rilievo alla sua attività di storico, quello che più lo appassiona è la difesa di una vita ecclesiastica che si basa sull'autonomia dei preti e dei diaconi rispetto ai poteri dell'arcivescovo: autonomia che si deve concretare prevalentemente come facoltà di amministrare i beni della Chiesa, ed anche, su un piano più generale, come riconoscimento, nel clero, di un corpo unitario, capace di rappresentare aspirazioni religiose ed esigenze pratiche. Di questo clero A. vuol essere ad un tempo la guida e il rappresentante. Egli parla sempre a nome degli altri, che hanno ascoltato i racconti della tradizione e vogliono sentirli ripetere, rivestiti dei brillanti colori della retorica e del calore della personalità del narratore. Si viene così a creare una solidarietà, tra A. e le sue fonti, che permette l'assimilazione delle memorie dell'ecclesia orthodoxa dì Ravenna, con gli elementi della cultura sacra e profana. Ciò, in qualche modo, legittima da parte del clero l'esercizio di un compito collettivo insofferente di disciplina e di controllo assoluto. C'è in A. anche il timore che le durezze del presule provochino reazioni in composte nel campo religioso e sociale da parte dei populares (Liber, cap. 104): da ciò la polemica frequente contro gli abusi e la mondanità dell'arcivescovo Giorgio. Questo senso profondo del significato della società clericale come elemento fondamentale nella vita dell'ecclesia e della città, unite insieme e distinte, sta all'origine della composizione del Liber pontificalis. Sembra che perfino le pretese per l'autocefalia e l'orgoglio per l'indipendenza da Roma siano da interpretarsi da questo punto di vista. L'autonomia da Roma non è mai intesa in senso dogmatico, ma solo amministrativo e disciplinare e, in ogni caso, anche l'accordo con Roma viene esaltato quando serve a dare lustro alla città.
Accanto alle glorie e alle tradizioni cittadine anche quelle della famiglia di A. sono ricordate, come a mostrare negli antenati i creatori e gli interpreti di quella tradizione.
Perciò le parti più vive del Liber sono le ultime, quelle composte durante il pontificato di Giorgio (Liber, capp. 57-157), quando una più decisa posizione di lotta e di polemica dà maggior interesse al racconto. Il passato dell'età classica e gotica, del tempo degli esarchi o del dominio longobardo ha vita invece solo per quello che può importare agli interessi dell'autore.
La fortuna di A. è ricca di valutazioni contrastanti, che sono anch'esse una prova della sua straordinaria personalità. Si può citare un esempio caratteristico di esse nell'anonimo autore della vita di s. Severo, arcivescovo di Ravenna, contenuta in un codice del sec. XII-XIII, conservato a Rouen (Codex Rotomagensis, p. 102), e pubblicata in parte da A. Poncelet in Analecta Bollandiana, 1904, pp. 260-261. L'agiografo, probabilmente anch'egli ravennate, rimprovera ad A. di non aver portato sufficiente attenzione alle vicende del santo arcivescovo e definisce l'autore del Liber: "Litteratus benevolus et moratus, sed chronicis non assiduus". E, in certo senso, il giudizio è giusto, perché A. alle cronache - e però usò della vita di s. Apollinare, della Historia Langobardorum di Paolo Diacono, del Chronicon Maximianum, di cui l'Anonimo Valesiano sarebbe un frammento, degli Annales consulares Ravennates, dei Cataloghi dei vescovi ravennati - preferì l'esperienza che gli derivava o dalle vicende dell'età sua o dalla diretta indagine dei monumenti e dei documenti (privilegi imperiali, bolle pontificie, carte di donazione, epitafi, ecc.) che poteva personalmente interpretare: caratteristica è la sua attenzione alle figurazioni dei mosaici, dei vasi sacri e simili, elementi visivi, dai quali si muove il suo gusto di raccontare cose concrete.
Il Liber pontificalis ecclesie Ravennatis, che ci tramanda le biografie degli arcivescovi ravennati da sant'Apollinare a Giorgio (837-846), eccettuate quelle di Valerio (788-802 circa) e di Petronace (817-835), con lacune più o meno estese per altre vite, ci è giunto in due manoscritti: l'uno Estense, X, p. 49 (sec. XV), l'altro, che contiene solo ventidue vite, il Vat. lat. 5834 (sec. XVI), fu fatto scrivere a cura del ravennate Giampietro Ferretti, poi vescovo di Lavello in Puglia (m. 1557).
La prima edizione del Liber uscì a Modena in due volumi a cura di B. Bacchini nel 1708.
L. A. Muratori riportò il testo e il commento del Bacchini, con aggiunte e miglioramenti in Rer. Italic. Script., II, 1, Mediolani 1723. Nel 1878 O. Holder-Egger curò una nuova edizione per i Monumenta Gerin. Hist., Scriptores rerurn Langobardicarum et Italicarum, Hannoverae 1878, pp. 275-391. A lui risale la divisione in capitoli, che non figura nei due manoscritti. Finalmente nel 1924 A. Testi Rasponi preparò una nuova edizione di A. per la nuova stampa dei Rer. Italic. Script., 2 ediz., II, 3. L'autore, che aveva atteso per lunghi anni a minutissimi lavori preparatori, pubblicò il testo e il commento solo fino al capitolo 104.
Bibl.: T. H. Hodgkin, Italy and her invaders, I, 2, London 1892, p. 900; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, I, Stuttgart-Leipzig 1923, p. 401; W. Wattenbach, Deutschlands Geschichtsquellen im Mittelalter, I, Leipzig 1907, col. 343; L. A. Ferrai, A. ravennate e il pontificale ambrosiano, in Arch. stor. lombardo, XXII (1895), pp. 270-307; D. Giani, Alcune osservazioni sulla cronologia di A., in Studi Storici, 1898, pp. 399-409, 461-479; F. Lanzoni, Il Liber pontificalis ravennate, in Riv. di scienze storiche, 1909, p. 91 dell'estratto; A. Testi Rasponi, Note marginali al "Liber pontificalis", in Atti e Mem. d. R. Deput. di storia patria per la Romagna, s. 3, XXVII (1897); s. 4, I (1909-10); M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur im Mittelalter, I, München 1911, pp. 713-714; U. Balzani, Le Cronache italiane nel Medioevo, Milano 1901, pp. 86-92; B. Stein, Beiträge zur Geschichte von Ravenna, in Elio, 1920, pp. 40 ss.; A. W. Byvanck, De mozaiken te Ravenna het Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis, in Mededeelingen van het Nederlandsch Historisch Instituut te Rome, VIII (1928), pp. 61-82; H. L. Gonin, Excerpta Agnelliana - The Ravennate "Liber pontificalis" as a source for the History of Art, Utrecht 1933 (recensione di G. Gerola, in Byzantinische Zeitschrift, XXXIV [1934], pp. 148-151); S. Muratori, A. e il suo libro, in Felix Ravenna n. s., III (1932), pp. 189-203; A. Campana, Il terzo convegno di Studi romagnoli in Ravenna, in Studi Romagnoli, III (1952), pp. 107, VIII-IX; J. von Schlosser-Magnino, La letteratura artistica, Firenze 1956, p. 44.